CAPITOLO SECONDO

CRISTO DIO-UOMO

1. - Un po' di storia

Agostino fu educato cristianamente 1. Aderendo al manicheismo, ne accettò il docetismo cristologico per non dover credere che Cristo, facendosi uomo, era stato " inquinato nella carne " 2. Alla vigilia della conversione comprese che il docetismo era in evidente contrasto con la narrazione evangelica, e lo respinse 3; poco dopo, quando già aveva accettato l'autorità normativa della Chiesa 4, intuì il mistero che si nasconde nelle parole: E il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14) e rimproverò ai "suoi" platonici di aver fatto filosofia " senza il Cristo uomo " 5. Essi, secondo Agostino, parlavano del Verbo, ma non ammettevano che il Verbo si era fatto carne 6, cioè che Cristo fosse l'uomo-Dio 7. Egli, pertanto, ancor prima della catechesi battesimale di Ambrogio, professò la divinità di Cristo - " Attenti! Il Figlio non è detto Dio in senso improprio " 8 -, ne riconobbe l'umanità, che " con i fatti ci mostrò il suo potere, con l'umiltà la sua clemenza, con l'insegnamento la sua natura " 9, e lo chiamò, vincendo gli scrupoli linguistici dell'amico Alipio, " Salvatore " 10.

Ma tra la fede nel mistero di Cristo e la sua formulazione esatta ci passa molto. E molto tempo passò prima che Agostino la trovasse. Nel primo periodo (386-391), occupato per lo più in problemi filosofici, usa una terminologia ancora incerta. Nell'ultima opera di questo periodo scrive: " La stessa Sapienza di Dio, cioè l'unico Figlio consustanziale e coeterno al Padre, si è degnato assumere la natura intera dell'uomo, e il Verbo si è fatto carne e abitò in mezzo a noi " 11. Divenuto sacerdote e immersosi nello studio della Scrittura e dei Padri, scopre molti errori cristologici (adozionismo, docetismo, apollinarismo) e li denuncia 12, ma la formulazione dell'unione ipostatica è ancora incerta (" reggere - o "portare" - la persona stessa della Sapienza di Dio "), anche se la netta distinzione che Agostino fa tra i giusti, che sono sapienti per la partecipazione alla Sapienza, e Cristo, che è la persona stessa della Sapienza, dia alla formula rilievo e precisione 13.

Nei primi libri de La Trinità, scritti verso il 399-400, viene messa in rilievo la stessa distinzione - " Una cosa è il Verbo nell'uomo, un'altra il Verbo-uomo " 14 - e viene espressa con forti parole l'unità del soggetto nel Cristo Dio-uomo: " Dio ambedue le nature, uomo ambedue le nature " 15. Ma occorre attendere il 412 per trovare formule che precorrono quella di Calcedonia: Cristo unisce " in un'unica persona entrambe le nature " 16. Ormai Agostino ormai non usa più espressioni come quella di "uomo del Signore" 17, che pur aveva letto in alcuni Padri greci e, per rispetto a loro, aveva usato; anzi, sente il bisogno di indicarne l'ambiguità e l'insufficienza, per cui vorrebbe non averla usata 18.

D'ora in poi la sua dottrina cristologica segna un progresso non piccolo su quella precedente: per la chiarezza del linguaggio, per il ricorso, che diventa più insistente e più approfondito, all'esempio dell'unione tra l'anima e il corpo, per la difesa contro tutte le eresie che negavano od oscuravano la perfetta natura divina e umana di Cristo, per la presentazione di Cristo-uomo come esempio fulgido della gratuità della grazia. Ebbe anzi occasione d'indurre il monaco Leporio, che non " voleva riconoscere un Dio nato da una donna, un Dio crocifisso " 19, a confessare il suo errore, che era, ante litteram, quello nestoriano 20. Ecco in breve una sintesi della cristologia agostiniana.

2. - " Un'unica persona in ambedue le nature " 21

Le formule più felici dell'unità della persona e dualità delle nature in Cristo si trovano nei discorsi, e si capisce il perché. Oltre a quella ricordata sopra, eccone altre. " Colui che è uomo quello stesso è Dio, e Colui che è Dio quello stesso è uomo: non per la confusione della natura, ma per l'unità della persona " 22. " ...non due persone Dio e l'uomo. In Cristo ci sono certamente due sostanze, Dio e l'uomo, ma una sola persona " 23. Od anche altrove con una particolare insistenza sull'unità del soggetto in Cristo: " La stessa identica persona è l'uno e l'altro, costituita dall'uno e dall'altro, un solo Cristo (Dio e uomo) 24. Ma senza confusione: " Dio resta Dio: si unisce l'uomo a Dio e si fa una sola persona; non un semidio, Dio per la parte di Dio e uomo per la parte dell'uomo, ma tutto Dio e tutto uomo " 25. Particolarmente felice quest'ultima espressione: totus Deus, totus homo. Leone Magno dirà: Totus in suis, totus in nostris 26.

Quest'unione è singolare, mirabile, ineffabile 27. La distanza tra gli uomini santificati - santi ma uomini - e Cristo uomo-Dio è immensa, la differenza essenziale. Agostino lo ripete frequentemente: " Distinguiamo qual è la differenza tra l'uomo-uomo e l'uomo-Dio " 28. Altra espressione, questa, felicissima. L'esempio migliore di questa ineffabile unione è l'unione, nell'uomo, dell'anima e del corpo, anch'essa mirabile, anch'essa misteriosa. " Infatti come nell'unità della persona l'anima si unisce al corpo, e si ha l'uomo; così nell'unità della persona l'anima si unisce al corpo, e si ha l'uomo; così nell'unità della persona Dio si unisce all'uomo, e si ha il Cristo " 29. Perciò " come ogni uomo è una sola persona, anima razionale e corpo, così Cristo è una sola persona, Verbo e uomo " 30.

Da ciò nasce la comunicazione degli idiomi, che Agostino usa e difende. " Dio nato ", " Dio crocifisso ", " Dio morto " sono espressioni frequenti in lui. E ne dà la ragione: l'unità della persona, a causa della quale Dio è uomo e l'uomo è Dio 31. Perciò, " Dio non è stato ucciso, e tuttavia, secondo l'uomo, è stato ucciso " 32. Ecco un principio generale a commento di Gv 3,13: " Per l'unità della persona il Figlio di Dio è in terra e per la stessa unità della persona il figlio dell'uomo è in cielo... " 33. Si nota, poi, una particolare insistenza nel fatto che l'uomo (o la natura umana: le due espressioni in Agostino si equivalgono) è stato assunto all'unione personale col Verbo nel momento stesso in cui è stato creato, creato " con la stessa assunzione34; di modo che " da quando ha cominciato ad essere uomo, non ha cominciato ad essere altro se non l'unico Figlio di Dio " 35. Questa è la ragione per cui Cristo uomo è l'esempio fulgidissimo dell'assoluta gratuità della grazia 36.

Ecco un testo riassuntivo della dottrina cristologica di Agostino, scritto alla fine della vita: " Il cristiano fedele crede e confessa che c'è in Cristo una vera natura umana, cioè la nostra, benché sublimata alla dignità dell'unico Figlio di Dio, in quanto Dio Verbo l'ha assunta con una unione incomparabile, di modo che Colui che assunse e ciò che fu assunto è una sola persona in seno alla Trinità... Poiché noi non diciamo che Cristo sia soltanto Dio, come gli eretici manichei; né che sia soltanto uomo, come gli eretici fotiniani; né che sia uomo, ma privo di qualcosa che si sa appartenere alla natura umana, o dell'anima, o, nell'anima, della mente razionale, o di un corpo non formato da una donna, ma derivato dalla conversione e dalla mutazione del Verbo nella carne, che sono tre false e vane opinioni degli eretici apollinaristi...; ma diciamo che Cristo è vero Dio, nato da Dio Padre... e che lo stesso è vero uomo, nato da una donna madre... e che la sua umanità, con la quale è minore del Padre, non toglie nulla alla sua divinità con la quale è uguale al Padre. Una duplice natura, un solo Cristo... " 37.

Ed ecco un altro testo tratto da un discorso al popolo difficilmente databile: " Uomo vero e Dio vero: Dio e uomo, tutto il Cristo. Questa è la fede cattolica. Chi nega che Cristo sia Dio è fotiniano; chi nega che Cristo sia uomo è manicheo... Chi confessa che Cristo è l'uno e l'altro è cattolico " 38.

3. - Regole interpretative della Scrittura

Le " pagine sante ", avverte Agostino, parlano di Cristo in tre modi: 1) di Cristo Dio uguale e coeterno al Padre prima dell'incarnazione; 2) di Cristo Dio e uomo dopo l'incarnazione; 3) di Cristo totale, capo e corpo, nella pienezza della Chiesa 39. Non è difficile scoprire quando la Scrittura parla nel primo modo (cf., p. e., Gv 1, 1); meno facile quando parla nel secondo e nel terzo modo.

Per scoprire il secondo propone una regola " canonica " 40, in forza della quale alcuni testi debbono essere riferiti a Cristo Dio, altri a Cristo uomo, essendo lo stesso Cristo l'uno e l'altro. Più in particolare: 1) alcuni si riferiscono all'unità e alla perfetta uguaglianza del Figlio con il Padre (p. e. Gv 10, 30; Fil 2, 6); 2) altri indicano l'inferiorità del Figlio nei riguardi del Padre, ma secondo la natura umana che ha assunto (p. e. Gv 14, 28; 5, 22. 27); 3) altri ancora non indicano né inferiorità né uguaglianza, ma solo ordine di origine in quanto il Figlio ha dal Padre per generazione tutto ciò che ha (p. e. Gv 5, 19. 26): " Non viene manifestata una ineguaglianza ma la sua generazione " 41; 4) altri ancora hanno un significato equipollente: si possono riferire tanto alla natura umana che alla generazione eterna, come Gv 7, 16 42. Da questa diligente precisazione appare quanta fosse la cura del vescovo d'Ippona per concordare la Scrittura con se stessa partendo dalla regola della fede, che in questo caso è l'unità della persona in Cristo.

Per il terzo modo di parlare Agostino trova nella Scrittura molti testi che gli permettono di stabilire, come si dirà, una tesi di fondo, che gli è molto cara, quella della Chiesa corpo mistico di Cristo o del Cristo totale. Non già, osserva, che Cristo non sia integro in se stesso, ma ha voluto essere una sola cosa o, più propriamente, uno con noi, appunto il Cristo totale 43. Bisogna dunque distinguere quando parla come capo e quando parla come corpo. A questo scopo vale la prima regola di Ticonio 44. Agostino l'applica particolarmente all'interpretazione cristologica dei salmi, dove si ode la voce di Cristo o, in Cristo, la voce della Chiesa: " Cristo parla talvolta solo nella persona del Capo, talvolta nella persona del suo corpo " 45. Regola per distinguere l'una dall'altra è la "convenienza" dell'attribuzione: " Talvolta troverai parole che non convengono al Capo...; in altre parti invece trovi parole che non convengono al corpo, e tuttavia è sempre Cristo che parla " 46. In questo modo si avvera per Agostino quello che si è detto: tutta la Scrittura parla di Cristo 47.

4. - Cristo uomo

Data l'ampiezza e la profondità, è difficile esporre la dottrina agostiniana su Cristo uomo. In breve si può dire così: ne difese la realtà, l'integrità, la santità, la perpetuità, oltre, naturalmente, la funzione di mediatore, di giustificatore e di glorificatore. Eccone una rapida sintesi.

Ne difese la realtà contro i doceti: " Non ascoltiamo quelli che dicono che il Figlio di Dio non ha assunto un uomo vero... " 48. Egli stesso nel periodo manicheo era stato doceta per un motivo di pietà: pensava che il Verbo, mescolandosi alla carne, ne sarebbe stato inquinato 49. Alla vigilia della conversione comprese che questa interpretazione, che continuava quella gnostica, era inconciliabile con la verità storica del Vangelo 50. Questa convinzione fu tanto forte e tanto spesso ripetuta 51, che certe espressioni (come: Cristo volle essere nutrito per degnazione, non per necessità) debbono essere comprese, come risulta dal contesto 52, nel senso di una volontarietà e degnazione in radice, cioè quella dell'incarnazione, e non nel senso più o meno doceta nel quale sembra muoversi, piuttosto confusamente, Ilario 53. Altra cosa dopo la risurrezione, quando Cristo mangerà e berrà " non avendo più bisogno di cibo " 54.

Più sottile l'errore apollinarista, ma anch'esso urtava contro la verità storica del Vangelo. Agostino se ne avvide per tempo, mentre l'amico Alipio pensò che fosse l'insegnamento della Chiesa cattolica e perciò " si muoveva verso la fede cristiana piuttosto pigramente ". Solo più tardi capì che quell'errore era degli apollinaristi, non della Chiesa 55. Dell'apollinarismo Agostino conobbe almeno tre forme e le respinse tutte e tre energicamente 56, spesso con formule icastiche come questa: " Gli hanno concesso l'anima d'una bestia e gli hanno sottratto l'anima dell'uomo " 57. La sintesi positiva del suo pensiero può essere colta in queste sue parole: " È confermato nella fede cattolica che quell'uomo, che la Sapienza di Dio assunse, non ha nulla in meno degli altri uomini per l'integrità della natura, ha ben altro dagli altri uomini per l'eccellenza della persona ", poiché degli altri si può dire che hanno il Verbo di Dio, ma di nessuno, se non di Lui, si può dire che è il Verbo di Dio 58.

Della santità di Cristo mise in rilievo la pienezza della grazia - egli ebbe in sé tutti i " profondi tesori della scienza e della sapienza " 59 - e fu esente non solo da ogni peccato, ma anche da ogni inclinazione al peccato. Non v'è dubbio che ebbe anche le passioni umane - l'amore e il desiderio, la tristezza e la gioia - ma ordinatissime 60, sicché tutto ciò che Cristo, perfetto uomo, " desiderò, era lecito; tutto ciò che non era lecito, non lo desiderò " 61. Contro chi ne avesse dubitato, come mostrava di fare Giuliano, Agostino lancia la più severa delle sue condanne: sia anatema 62.

Difese inoltre la permanenza e la perpetuità della natura umana di Cristo dopo la fine dei tempi. La difese contro una strana opinione, ricordata almeno due volte 63, secondo la quale l'umanità di Cristo, compiuta l'opera della redenzione, si trasformerà nel Verbo che l'ha assunta e l'uomo si tramuterà in Dio o, come spiega il nostro dottore, scomparirà in Dio. Di questa opinione dice seccamente: " Non vedo assolutamente come si possa conciliare con la verità " 64. Egli invece ritiene che la lode e il ringraziamento a Cristo uomo, dal cui sangue siamo stati liberati, costituirà un motivo perpetuo di ineffabile giocondità nella città dei beati: "Quella città non avrà niente di più gioioso che questo cantico di lode alla grazia di Cristo " 65.

Ma dove la teologia agostiniana su Cristo uomo rivela meglio le sue profondità è sull'argomento delle relazioni tra la natura umana assunta dal Verbo e la salvezza degli uomini, che Agostino pone al centro della sua dottrina sulla grazia. Non solo egli rimprovera i filosofi di aver fatto filosofia senza Cristo uomo 66 (ritiene però, com'è noto, che abbiano parlato del Verbo 67, anche se li confuta duramente quando negavano che Cristo è Dio 68), ma non risparmia neppure Ambrogio (e si sa quanta venerazione avesse per lui 69), il quale, per scusare Pietro che aveva negato Cristo, disse che aveva negato solo l'uomo 70. La reazione di Agostino non poteva essere più energica: " Falsa benevolenza ", risponde. A tutti dispiace dover riconoscere che Pietro negò Cristo, ma non si può negare Cristo per scusare Pietro. Infatti, " chi confessa Cristo Dio e nega Cristo uomo, Cristo non è morto per lui, perché Cristo è morto come uomo. Chi nega Cristo uomo, non può essere riconciliato con Dio per mezzo del mediatore. Uno solo è Dio, uno solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù (1 Tim 2, 5). Chi nega l'uomo Cristo non può essere giustificato, perché, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così per l'obbedienza di un solo uomo tutti saranno costituiti giusti (Rom 5, 19). Chi nega l'uomo Cristo, non risorgerà nella risurrezione della vita, poiché come per mezzo di un uomo venne la morte, così per mezzo di un uomo la risurrezione dai morti (1 Cor 15, 21) ". Agostino continua: " A quale titolo Cristo è capo della Chiesa, se non perché uomo... ? Come può dunque appartenere al corpo di Cristo chi nega l'uomo Cristo? " 71.

La pagina che ho in parte riportato non poteva essere più densa: senza Cristo uomo non c'è né mediazione, né riconciliazione, né giustificazione, né risurrezione, né appartenenza alla Chiesa; cioè nulla di tutto ciò che costituisce la sostanza della soteriologia cristiana.

L'accusa di platonismo, che da qualche parte si continua a rivolgere alla cristologia agostiniana, quasi che il vescovo d'Ippona da buon platonico avesse parlato molto del Verbo e poco dell'uomo Cristo, è proprio, come si vede, senza fondamento.

Si può continuare ad esporre la dottrina agostiniana, sempre molto ricca, su Cristo uomo. Agostino, per ragioni personali, apologetiche e pastorali, oltre che teologiche, insiste su Cristo via. Sarebbe lungo spiegare queste ragioni. Per quelle personali si veda la sua conversione, che nel momento culminante trovò il motivo essenziale nella scoperta di Cristo via, cioè mediatore 72; per le ragioni apologetiche si ricordi la ripetuta affermazione che i filosofi hanno scorto da lontano la meta ma non hanno conosciuto la vita 73 e il rimprovero che fa loro di non voler accettare Cristo che è appunto la " via universale alla liberazione dell'anima " 74; per le ragioni pastorali si osservi la frequenza e la grande passione con la quale parla di Cristo modello da imitare 75, medico da invocare 76, latte da succhiare 77: tre aspetti fondamentali della spiritualità, oltre che della teologia, del vescovo d'Ippona.

Nella sua dottrina cristologica ha un'incidenza essenziale il passo evangelico: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6); ne costituisce, si può ben dire, il fulcro e la sintesi 78. Anche se spesso attribuisce l'essere via a Cristo uomo, l'essere verità e vita a Cristo Dio - " Il Figlio di Dio, che è sempre nel Padre verità e vita, assumendo la natura umana si è fatto via " 79 -, dando l'impressione in questo modo di avere una concezione riduttiva del compito e della dignità di Cristo uomo. È un'impressione errata. Bastino poche osservazioni.

1) La prima è questa: Agostino può dire che Cristo è via come uomo, verità e vita come Dio, perché ha sempre presente la profonda unità della persona: " Il Verbo e l'uomo non sono due persone diverse: l'uno e l'altro sono il Cristo che è una sola persona " 80; perciò, passando da Cristo via a Cristo verità e vita, non ci si allontana dall'unico e medesimo Cristo, che è insieme cammino e meta, via e patria, " patria verso cui andiamo, via su cui camminiamo ". Dunque, " per mezzo di Lui andiamo a Lui " 81; " per mezzo di Cristo uomo a Cristo Dio " 82. " Io sono la via, la verità e la vita. Come se dicesse: Perché temi? Tu cammini in me, tu cammini verso di me, tu ti riposi in me " 83. Infatti, dopo aver ripetuto che Cristo è via come uomo, aggiunge: " Questa è la sola via sicura contro tutti gli errori: che un medesimo individuo sia Dio e uomo, Dio come meta del cammino, uomo come via per cui camminare " 84.

2) La dottrina di Cristo-via è tanto ricca e profonda da includere tutto ciò che si è detto e che si dirà su Cristo mediatore, sulla centralità della redenzione per mezzo della croce, sulla necessità della grazia: ne scaturisce tutta la soteriologia cristiana. Lungi dal ridurre, essa mette in rilievo ed esalta la funzione di Cristo uomo.

3) Nella dottrina di Cristo via c'è inclusa quella di Cristo verità e vita. Cristo uomo è via al Padre, ma lo è perché, come maestro e rivelatore del Padre, è verità e, come datore di grazia, è vita. Dice Agostino commentando il solito passo: Cristo " nella fede è per noi via, nella visione è verità e vita " 85. Ma nella fede - e Agostino lo spiega copiosamente 86 - suppone l'adesione alla verità, non vista ma conosciuta in forza dell'adesione all'autorità di Cristo rivelatore e maestro. Perciò quando ci muoviamo dalla fede alla visione, ci muoviamo da Cristo verità, che come uomo ci merita e c'infonde la fede, a Cristo verità come Verbo e Sapienza del Padre, non più creduto tale ma visto faccia a faccia.

Così pure Cristo uomo è datore di grazia. Ora, la grazia è la vita dell'anima. È questa una delle tesi più profonde e più frequenti dell'antropologia soprannaturale di Agostino: " Come l'anima è la vita del corpo, così Dio è la vita dell'anima " 87. Ne segue che il passaggio dalla vita della grazia a quella della gloria è il passaggio dalla vita divina iniziale e imperfetta alla vita divina perfetta e totale, dono, l'una e l'altra, di Cristo uomo, che ci ha condotto finalmente al possesso pieno di se stesso Verbo e, in sé, del Padre e dello Spirito Santo. Per questo Agostino può parlare di Lui come della "vita eterna" e insieme della "via eterna" 88.

Forse gioverà insistere ancora un po' sulla realtà di Cristo uomo datore di grazia. Ecco il principio generale: " Per mezzo di Cristo uomo si rivela la grazia della Nuova Alleanza " 89. Ed eccone un altro applicativo e più esplicito: " ... alcuni eretici... non vollero affatto riconoscere (in Cristo) la natura umana di uomo, mentre in essa c'è tutta la ragione della grazia, con la quale egli salva coloro che credono in lui, che ha in sé i profondi tesori della scienza e della sapienza e riempie di fede le intelligenze per innalzarle all'eterna contemplazione della verità immutabile " 90. Infatti " dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Gv 1, 16). Che significa noi tutti? I Patriarchi, i Profeti, gli Apostoli e santi, sia quelli mandati prima dell'incarnazione, sia quelli mandati dal Verbo incarnato... Noi siamo i vasi, egli la fonte " 91. L'immagine non ha bisogno di commenti. Ma perché non si pensi che questa sia un'espressione retorica, usata in un discorso, ecco un testo ancora più esplicito in un'opera dommatica, e delle ultime: " Ci sia manifesta dunque nel nostro Capo la fonte stessa della grazia, da cui secondo la misura assegnata a ciascuno essa si diffonde per tutte le sue membra " 92. Il testo continua insistendo sul fatto che la grazia di Cristo e dei cristiani è la stessa. Idea, questa, che ripete spesso altrove 93.

Dopo questi testi si potrebbe dichiarare superflua la questione posta in questi ultimi anni sull'influsso dell'umanità di Cristo Capo - il terzo modo di parlare di Lui (vedi sopra) - nella santificazione degli uomini. Ma è stata posta. Che Agostino abbia parlato molto, con originalità e preferenza, di Cristo Capo (il Cristo totale) è risaputo. Il dubbio cade per alcuni sulla natura dell'influsso di Cristo Capo, e quindi, di nuovo, sull'azione salvifica di Cristo uomo. Si tratta di una causalità reale, universale, strumentale. Qualcuno (G. Philips) ha risposto negativamente, a causa - questa la spiegazione - del platonismo che avrebbe impedito ad Agostino di mettere in rilievo la causalità della carne di Cristo, delle cui virtù mistiche parlerà con slancio, per es., Cirillo Alessandrino. Altri (Y. Congar) hanno confermato la risposta. Per vederci chiaro occorre mettere da parte il platonismo, che non c'entra. Si sa che Agostino difese energicamente, contro i platonici, la risurrezione della carne, che attribuisce proprio all'umanità di Cristo 94, credendo, anzi, di trovarsi d'accordo in questo con Platone 95. Per la questione in sé si deve prescindere dalla nozione scolastica di causa strumentale, che voler trovare in Agostino è veramente troppo, e tener presente, per il resto, che la dottrina della causalità reale e universale dell'umanità di Cristo non solo non è ignorata da Agostino, ma è espressa ripetutamente. Ecco, per un esempio, il commento alle parole: La carne non giova a nulla (Gv 6, 63). Dopo aver chiesto, meravigliato, al Maestro buono come mai abbia potuto dire queste parole che sono in aperto contrasto con quelle precedenti (cf. Gv 6, 54), spiega: " Se la carne non giovasse nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne... Se tanto ci ha giovato il Cristo mediante la carne, come si può dire che la carne non giova nulla?96. E si capisce il perché: quella che giova è la carne vivificata dallo spirito, perché da sola non vale davvero nulla 97. Del resto l'idea della fonte, le cui acque si diffondono nelle membra di Cristo, è troppo espressiva per lasciare dubbi. Non si dimentichi, poi, che in questa sublime dottrina dell'influsso del Capo nelle membra del corpo mistico c'è 16 da evitare un pericolo, quello di un certo "emanatismo biologico". Il Philips lo nota, e fa bene. Agostino, insistendo sull'unità di Cristo Dio e uomo (vedi sopra), ha il merito di averlo evitato e di aver insegnato ad evitarlo.

5. La Madre di Cristo

Per completare la rapida sintesi della cristologia agostiniana mi resta di parlare, ancor più rapidamente, della Madre di Cristo. La mariologia del vescovo d'Ippona è, per l'epoca patristica, ampia e ricca. Fin dal 389 scriveva che la Madre del Signore, la Vergine Maria, è la " dignità della terra98. I punti salienti della sua dottrina sono quattro:

1) la maternità divina. Non è necessario insistervi dopo quanto si è detto sull'unità della persona in Cristo. Non esita ad affermare: " Dio è nato da una donna " 99; e spiega: " Come potremmo nella regola di fede confessare che crediamo nel Figlio di Dio che è nato dalla Vergine Maria, se non il Figlio di Dio, ma il figlio dell'uomo è nato dalla Vergine Maria? Chi tra i cristiani nega che da quella donna sia nato il figlio dell'uomo? Ma tuttavia Dio fatto uomo, e così l'uomo fatto Dio " 100.

2) la verginità perpetua. L'afferma e la difende con particolare vigore: " vergine concepì, vergine partorì, vergine rimase " 101. A Volusiano che presentava le ovvie difficoltà della ragione risponde: " Concediamo che Dio possa fare qualcosa che noi dobbiamo confessare di non poter indagare. In tali cose tutta la ragione del fatto risiede nella potenza di chi lo opera " 102. Il proposito della verginità fu emesso da Maria prima dell'annunciazione dell'angelo, dando così inizio all'ideale cristiano della verginità 103. Ciò non toglie che Maria sia stata vera sposa di Giuseppe e vero il matrimonio e l'affetto coniugale che la legavano a lui 104.

3) la santità. In polemica con i pelagiani Agostino afferma decisamente l'immunità di Maria da ogni peccato. Certamente da ogni peccato personale: " Eccettuata la santa Vergine Maria, della quale, per l'onore del Signore, non voglio assolutamente che si faccia questione quando si parla di peccato... " 105. Ma queste parole devono essere intese anche dell'immunità dal peccato originale? Credo di sì. Il principio è universale e vale per ogni peccato. Per Agostino, poi, non commettere peccati personali significa non aver avuto il peccato originale 106. V'è inoltre la risposta a Giuliano che l'accusava del contrario, dove, stando al testo contestato, si trova insieme l'affermazione della universalità del peccato originale e l'eccezione fatta per Maria. " Non consegniamo Maria al diavolo per la condizione della sua nascita (questa era l'accusa), ma perché (e questa è la risposta) la condizione della nascita viene tolta dalla grazia della rinascita " 107.

Non sembra possibile interpretare diversamente questo non facile passo, se poco dopo Agostino, nello stesso contesto, si gloria di rispondere alle difficoltà di Giuliano e lo sfida di dare una risposta alle sue. Ora la difficoltà di Giuliano era chiara: la dottrina agostiniana dell'universalità del peccato originale sottometteva ad esso anche Maria; cosa di cui Giuliano giustamente si scandalizzava. Se la difficoltà era chiara, e nasceva dal sentimento della pietà cristiana, non poteva non essere altrettanto chiara la risposta. Perciò la grazia della rinascita, che risolve la condizione della rinascita, non può essere che l'esenzione dal peccato originale.

In conclusione, Agostino difende contro i pelagiani, come si dirà, due tesi universali: 1) l'imperfezione della nostra giustizia per cui nessuno è senza peccato, e tutti, anche i santi, debbono ripetere per se stessi il Rimetti a noi i nostri debiti, e 2) l'universalità del peccato originale. Da queste due tesi universali non esime abitualmente che Cristo. Si comprende il perché; anzi, Agostino lo dice apertamente: solo Cristo non ebbe e non poteva avere il peccato; solo Cristo è nato verginalmente. Ma, provocato dagli avversari (per la prima da Pelagio, per la seconda da Giuliano), i quali si servivano dell'esempio della santità di Maria per dimostrare che quelle due tesi erano false, il nostro dottore riconferma l'una e l'altra, ma dall'una e dall'altra esime esplicitamente, insieme a Cristo, Maria: Cristo, che non poteva avere assolutamente nessun peccato, è la legge; Maria è l'eccezione.

Né si deve dire che Agostino non avesse l'idea della redenzione preventiva. L'aveva, e splendidamente espressa, per il peccato personale 108: non si vede perché sia antistorico estenderla anche al peccato originale. Anche l'espressione carne di peccato usata per la carne di Maria - carne di peccato che Cristo ha mondato o prima di assumerla o assumendola 109 - può avere una spiegazione plausibile.

4) i rapporti tra Maria e la Chiesa costituiscono un bel capitolo della mariologia agostiniana. La Chiesa " è somigliantissima a Maria " 110. La Chiesa, tutta la Chiesa, dev'essere nello spirito ciò che Maria è nello spirito e nel corpo: vergine e madre; vergine per l'integrità della fede, madre per l'ardore della carità 111. Maria dunque è il modello che la Chiesa imita, in quanto anch'essa è vergine e partorisce 112. La imita soprattutto nella fermezza della fede; Maria di fatti " fu più beata nell'accogliere la fede di Cristo che nel concepire la carne di Cristo " 113; ma anche nella carità 114, umiltà 115, obbedienza 116. " Vale più per Maria essere stata discepola di Cristo che madre di Cristo " 117. Maria è porzione eminente della Chiesa - " membro santo, membro eminente, ma tuttavia membro del corpo intero " 118 -, ma è anche madre della Chiesa perché ha cooperato con la carità, affinché i fedeli nascessero in essa. Ecco il testo prezioso: " Maria spiritualmente non fu madre del nostro Capo, cioè del nostro Salvatore, dal quale piuttosto lei ebbe la vita, come l'hanno tutti quelli che credono in lui (anche lei è una di questi!), ai quali si applica giustamente il nome di figli dello sposo (cf. Mt 9, 15). È invece senza dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, poiché ha cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa i fedeli che formano le membra di quel Capo119.