CAPITOLO QUARTO

LA SETE DI DIO

Su questo ricco fondo d'umanità la grazia costruì l'edificio della perfezione cristiana, di cui diamo una sintesi nelle pagine che seguono.

La sete della sapienza diventa in Agostino sete insaziabile di Dio: conseguenza naturale per chi identifica la sapienza con Dio e considera la filosofia non solo come ricerca teorica, ma anche, e non meno, come adesione pratica e consacrazione totale alla sapienza. Il vescovo d'Ippona sottolinea questa conseguenza con le parole di Platone: " Filosofo è colui che ama Dio " 1. Del resto egli legge nella Scrittura l'identificazione della pietà con la sapienza 2 e per pietà intende " il vero culto del vero Dio " 3, culto che riassume nell'amore. L'amore di Dio, infatti, fu dopo la conversione il grande programma della sua vita. " Ormai te solo amo, te solo seguo, te solo cerco, e a te solo son pronto a servire, perché tu solo domini con giustizia: voglio essere tua proprietà " 4.

Questo programma di totale dedizione a Dio non contrasta affatto per Agostino, come è stato già notato, con l'ideale umano della filosofia, anzi ne costituisce il complemento. La dottrina cristiana è la " vera e santa filosofia della vera pietà " 5, e il cristiano il vero filosofo che coglie in pratica i frutti della filosofia e ne raggiunge lo scopo. Agostino, dunque, si lancia sulle piste dell'amore di Dio con tutte le forze della natura e della grazia, e ne raggiunge le mete più alte. Innanzitutto la consolante certezza di appartenere al Signore, la certezza di amarlo. " Grazie a te, o Signore. Io son tuo: me lo provano i tuoi incitamenti e le tue consolazioni " 6. " O Signore, io ti amo. Non ho dubbio, son certo che ti amo: hai trafitto il mio cuore con la tua parola e ti ho amato. Ma il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi, ecco, da ogni parte mi dicono di amarti... " 7.

In questa certezza di amare il Signore c'è però il rimpianto e la fame, che sono due aspetti inseparabili e inconfondibili della pietà agostiniana: il rimpianto di aver cominciato troppo tardi ad amare l'eterna bellezza, e la fame di amarla ormai senza misura. Prima della conversione v'era in Agostino l'ansia inquieta di chi cerca la strada, dopo la conversione l'ansia serena, ma non meno sentita, di chi ha fretta di giungere alla mèta e trova nel ricordo amaro del passato e nella gioia nuova del presente uno stimolo ad accelerare il cammino. " Tardi ti ho amato, o bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato... Tu hai chiamato e gridato e squarciato la mia sordità. Tu hai balenato e brillato e fugato la mia cecità. Tu hai mandato il tuo olezzo e io l'ho aspirato; ed ora anelo a te. Ti ho gustato; ed ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ardo dal desiderio della tua pace " 8.

L'amore di Dio divenne ben presto la forza segreta di tutta la sua vita, il peso che lo muoveva dovunque si movesse. Tutti ricordano la breve analogia agostiniana che ravvicina l'amore al peso: è nata dalla sua esperienza, non meno che dalla sua intuizione. " Il mio peso è l'amore; da esso son tratto dovunque son tratto. Il tuo dono (Signore) ne accende e ci porta in alto " 9. Agostino sa e sente che Dio è " più dolce di ogni voluttà... più chiaro d'ogni luce... più riposto d'ogni intimità... più sublime d'ogni onore " 10, e verso di lui sospira giorno e notte: " O eterna verità e vera carità e cara eternità, tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte11. Le Confessioni ci offrono la possibilità di penetrare fino in fondo in questi sentimenti del vescovo d'Ippona. Basti ricordare le parole che ne esprimono il motivo animatore: " (Signore), ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te " 12; e quelle altre che danno alla stessa idea un fremito di poesia: " (Signore), non disprezzare questo tuo filo d'erba assetato " 13. Questo motivo pervade e colorisce ogni pagina, ci rivela un animo che si sente immensamente solo e che empie la sua solitudine con un colloquio interrotto con Dio. Il colloquio nasce dall'amore e implora un amore più grande. " Da' a me te stesso, o mio Dio, restituisci te stesso a me. Ecco, io ti amo, e se il mio amore è troppo fiacco, rendilo più ardente. Io non sono in grado di misurare quanto manchi all'amor mio per essere bastevole a far correre la mia vita verso il tuo amplesso... Questo solo io so, che, tolto te, non solo fuori di me, ma anche dentro di me mi trovo male; ed ogni ricchezza che non sia il mio Dio è per me indigenza " 14.

Sulla via dell'amor di Dio egli applica a sé il metodo che raccomanda ai suoi fedeli. " Ti dispiaccia sempre - dice loro - ciò che sei, se vuoi pervenire a ciò che ancora non sei. In quello stesso momento, in cui ti sei compiaciuto di te stesso, ti sei fermato; se poi hai detto basta, sei perito. Aggiungi sempre, cammina sempre, progredisci sempre: non ti fermare, non tornare indietro, non deviare " 15.

Egli sa che Dio esige tutto il nostro amore: " Tutto ti esige chi ti ha creato " 16; ma sa anche, e difende, che questa pienezza d'amore non si può raggiungere quaggiù 17. Perciò si strugge in aspirazioni insoddisfatte, in sospiri, in desideri pungenti del bene infinito. " Oh amare! oh andare! oh morire a se stesso! oh giungere a Dio! " 18, esclama con un grido sublime, che tocca le vette della mistica; e altrove: " Non nascondermi la tua faccia (Signore): che io muoia per non morire, per vederla " 19. Leggendo le parole del Salmo: " Il tuo volto, Signore, cercherò; non nascondermi il tuo volto; non rigettare con sdegno il tuo servo ", non può fare a meno di commentare: " Magnificamente! non si poteva dir nulla di più divino. Lo sanno coloro che veramente amano " 20. Ed egli era, senza dubbio, uno di quelli.

Da questa fame e da questa sete di Dio nasce il bisogno crescente di scrutare il mistero della Trinità e di meditare la S. Scrittura. La pietà di Agostino è anzitutto una pietà trinitaria. Il De Trinitate fu scritto per illustrare e difendere il più augusto mistero della fede, ma anche e non meno, per tracciare all'anima una via di ascesa a Dio. Nulla v'è di più utile che scrutare questo mistero, anche se è vero che non v'è nulla di più difficile: " Non c'è altro argomento a proposito del quale l'errore sia più pericoloso, la ricerca più ardua, la scoperta più feconda " 21. Tutto il nostro gaudio consiste nel godere di Dio-Trinità, alla cui immagine siamo stati creati 22. Perciò a null'altro dobbiamo ordinare la nostra vita che a ricordare, a conoscere, ad amare la Trinità: " Per ricordare, vedere, amare quella suprema Trinità (l'uomo) deve ad essa riferire tutto ciò che vive " 23.

Questo fece Agostino e questo insegnò a fare: cercò avidamente ogni vestigio della Trinità nelle creature, indagò e scoprì nella mente dell'uomo, che conosce ed ama, un'immagine delle tre Persone divine e fece di questa immagine il centro della sua vita spirituale, anzi della sua dottrina 24. Il De Trinitate si chiude con una bella preghiera nella quale Agostino chiede di ricordare, di conoscere, di amare Dio, affinché l'immagine diventi ogni giorno più conforme all'esemplare: " Fa' che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interamente... " 25.

Un altro aspetto della pietà agostiniana è la venerazione e l'amore per la Scrittura. Troviamo la Scrittura nei momenti più importanti della vita di Agostino; e sempre, se si eccettua il primo incontro con essa a diciannove anni 26, come soluzione di angosciosi problemi, nutrimento spirituale, luce e guida. Dopo la lettura dei platonici Agostino cercò nella Scrittura ciò che quelli non gli avevano saputo insegnare 27; nel momento della conversione fu la Scrittura ad indicargli il cammino e il programma di vita 28; ritiratosi a Tagaste, si consacrò, dice il suo primo biografo, al servizio di Dio e alla meditazione delle Scritture 29; ordinato sacerdote, implorò una dilazione di tempo, prima d'impegnarsi nel ministero della predicazione, per approfondire lo studio della Scrittura 30; all'età di settantadue anni si elesse solennemente un successore allo scopo, è vero, di risparmiare torbidi alla sua diocesi, ma anche, come dichiarò esplicitamente, per dedicarsi con più libertà alla Scrittura 31; nell'ultima malattia, ghermito ormai dalla morte, ancora una volta cercò e trovò nella Scrittura l'espressione divina alla foga dei suoi sentimenti 32. Aveva per la Scrittura una venerazione profonda, una venerazione che s'inchina senza riserve all'autorità, che non discute, ma crede. È restato celebre questo suo aforisma: " Se ti pare che la Scrittura sbagli, ciò dipende o da un difetto del manoscritto o da un errore del traduttore oppure dal fatto che tu non comprendi " 33. Quel che importa, dunque, è conoscere il senso della Scrittura, sapere ciò che Dio ha voluto rivelarci.

Da queste premesse nasce l'applicazione allo studio delle Scritture. Ad esse dedicava tutto il tempo che aveva libero dalle occupazioni dell'apostolato e dalla necessità di rifocillare il corpo, " e dalla servitù, com'egli scrive, che debbo agli uomini e anche da quella che non debbo, eppur presto loro " 34.

In questa meditazione trovava riposo, conforto, delizia: " Siano le tue Scritture le mie caste delizie " 35; e il tempo era sempre troppo breve per saziare la sua fame. Se non che, insieme alla fame, provava un sentimento insolito di trepidazione, che gli veniva dalla venerazione che sentiva per " la lettera di Dio " 36 e dall'ammirazione per le profondità inesauribili del suo contenuto 37. Temeva di capirla male, e quindi d'ingannarsi e di ingannare. Le eresie sorgono appunto, come osserva lo stesso Agostino, per il fatto che le Scritture, buone in se stesse, sono capite male 38. Gli eretici sono tali, per lo più, non perché disprezzano le Scritture, ma perché non le capiscono come si deve 39. Perciò ricorreva assiduamente allo studio e alla preghiera: si muniva di tutte le risorse della scienza 40, ma soprattutto del ricorso a Dio: " O Signore, compi in me l'opera tua e disvelami quelle pagine. Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce è per me sopra ogni abbondanza di godimenti. Appaga l'amor mio, ché io amo. E quest'amore me lo hai dato tu " 41.

Nella Scrittura, che è maestra di virtù e specchio senza inganno 42, Agostino cerca particolarmente la carità, che ne costituisce, per così dire, tutto il contenuto: " In ciò che comprendi delle Scritture è la carità che si manifesta; in ciò che non comprendi è la carità che si cela " 43; e, insieme con la carità, Agostino cerca Colui che della carità è l'autore, Gesù Cristo: " È Lui che cerco nei tuoi libri " 44.