LETTERA 2* [272]

AGOSTINO A FERMO, SIGNORE MERITAMENTE ECCELLENTE, FIGLIO DEGNO D'ESSERE ASSAI ONORATO CON SENTIMENTI DI SINCERO AFFETTO, AUGURA SALUTE NEL SIGNORE

Ag. ragguaglia Fermo su le lettere inviate da lui.

1. A far sì che io rispondessi un po' troppo tardi alle tue lettere non è stato il disprezzo della tua volontà, che lo desiderava con sentimenti di devoto rispetto, ma l'essermi dovuto occupare dei miei impegni. Questo impedimento però non è terminato completamente lasciandomi il tempo di rispondere una buona volta, ma si è piuttosto interrotto in modo che, pur permanendo le stesse occupazioni assai importune, che me lo impedivano, mi è stato permesso di fare la cosa più gradita che mi premeva, per non differire più a lungo di pagare il debito che avevo desiderato di addossarmi. A pagare questo debito mi sono tuttavia accinto non senza aver letto prima con attenzione le tue lettere: la prima assai gradita, speditami da te dopo aver ricevuto i libri della Città di Dio che ti avevo inviato; la seconda recapitatami dal presbitero Lazzaro, nella quale mi dicevi di rimandare a più tardi l'invio della declamazione composta dal nostro figlio, che ti avevo chiesta; la terza inviata con la medesima declamazione.

Ag. chiede a Fermo il suo giudizio su gli ultimi 12 libri della Città di Dio.

2. È su queste tue tre lettere che mi sono risolto di parlare in questa mia: in quella da me ricordata per prima mi dicevi di aver letto i primi dieci dei ventidue libri; a proposito di essi mi scrivevi con tali sentimenti da mostrare quanto sia stata attenta la lettura che ne hai fatto. Quanto ai dodici libri successivi so che allora non li avevi ancora letti, poiché è potuto accadere che, spinto dalla tua bontà, tu li abbia dati a copiare tutti ai tuoi amici prima di aver terminato di leggerli tutti, e che, dopo averli dati, tu non li abbia ancora riavuti indietro, oppure che, dopo averli ripresi e letti, tu abbia creduto bene di mantenere ormai con me il silenzio a proposito di essi, reputando sufficiente quanto mi avevi scritto a proposito dei primi dieci non già in una risposta rapida, ma in una specie di recensione critica accurata. Può anche darsi che tu abbia voluto far la prova se io mi dessi pensiero di reclamare la parte del tuo debito che io pensassi non essere stata ancora pagata o se, al contrario, io non mi preoccupassi affatto non solo di notare ma neanche di esigere ciò che deve servire a completare il totale. Ecco insomma ciò che tu non hai fatto: io non solo lo so ma lo reclamo anche: pagami il debito relativo agli ultimi dodici libri.

Intendimento di quell'opera non è dilettare o insegnare, ma persuadere a entrare nella Città di Dio, che è la Chiesa.

3. In questo gruppo di libri si trova il testo del XVIII libro dell'opera, del quale tu ascoltasti attentamente con noi la lettura durante tre pomeriggi di seguito; da quel testo rimanesti infiammato del desiderio di averli tutti e hai continuato a insistere fino a quando riuscisti ad averli. Fa' sì - ti prego - che io non sia un riscotitore importuno della messe dopo aver sparso una semente assai abbondante. In realtà nella tua seconda lettera, scusandoti di non [voler] ricevere ancora il sacramento della rigenerazione, non fai altro che rifiutare il frutto di tanti libri che tu ami assai; poiché il loro frutto non è quello di deliziare il lettore né quello di far conoscere molte cose a chi non le sa, ma quello di convincere non solo ad entrare senza indugio ma anche ad abitare con perseveranza nella Città di Dio; di queste due grazie la prima è conferita dalla rigenerazione, la seconda dall'amore della giustizia. Se questi effetti non vengono prodotti dai libri in coloro che li leggono e li lodano, allora quale effetto producono? Per quanto dunque riguarda te stesso, dal momento che [quei libri] non hanno potuto produrre in te nemmeno il primo di quegli effetti, per quanto tu voglia esaltarli, non hanno prodotto ancora alcun effetto!

Si confutano le scuse di Fermo per ritardare il battesimo: 1) Non possono sostenere il peso della morale cristiana forze ancora deboli.

4. " Ma un fardello sì pesante non può essere portato da forze ancora deboli e non consolidate ". Questa è in realtà la prima ragione con cui giustifichi la tua scusa. Ma voi, o uomini d'ogni specie e condizione, i quali avete paura di questo fardello, non considerate che nel portarlo siete superati assai facilmente da donne fedeli e caste, della cui religiosa moltitudine è feconda la Chiesa. Poiché, se faceste attenzione a questo fatto, non potreste non vergognarvi e scacciare una siffatta inutile paura. Una di queste donne - tale devo considerare colei del cui battesimo già mi rallegro - è la tua consorte. Non temo davvero di offenderti esortandoti a seguire il suo esempio ed entrare nella Città di Dio, poiché se ciò è una cosa difficile, [devi considerare che] vi si trova già il sesso più debole; se invece è una cosa facile, non c'è alcun motivo perché non vi si trovi [anche] quello più forte. Un uomo, dunque, non deve vergognarsi a seguire una donna la quale entra in una condizione di vita che esige delle forze spirituali, ma dovrebbe piuttosto vergognarsi di non seguirla almeno quando entra e, una volta ch'essa è già dentro [la Città di Dio], ove si riceve la forza della vera salvezza e dell'autentico spirito religioso, dovresti essere tu a vergognarti di restartene fuori ad aspettare, tu che sei più capace di questa virtù. Una volta che vi sarai entrato, non sarai di certo tu a seguir lei ma sarà proprio lei a seguire te, poiché la precederai quanto alla virtù pur non seguendola quanto al tempo. Io sono convinto che, sebbene tu sia ancora catecumeno ed essa già battezzata, potrai spiegarle delle verità relative alla religione lette da te e non da lei, che invece non può spiegare a te quelle che conosce lei e tu ancora ignori. È giusto infatti e conforme all'ordine delle cose che le verità rivelate dei misteri della rigenerazione spirituale vengano fatti conoscere solo a coloro che li ricevono; per conseguenza tu sei meglio fornito di conoscenze ma essa possiede maggior sicurezza per effetto del sacramento [del battesimo].

Devono temersi piuttosto i pesi dei peccati da cui libera solo il battesimo.

5. D'altra parte a che giova la conoscenza anche del sommo Bene, se non si riceve la sola cosa con cui si riesce a evitare tutto ciò che è male? Evidentemente però è difficile sopportare il fardello delle nuove virtù, mentre è facile rimanere oppressi dal peso dei vecchi peccati. Ciò che piuttosto bisogna temere sono i pesi dai quali gli uomini si lasciano legare per essere oppressi e inghiottiti in eterno e dai quali non c'è altro mezzo di liberarsi se non venendo rigenerati in virtù di Cristo, divenendo così gli uomini membri del Capo Mediatore, il quale, lontanissimo da noi per la sua maestà divina, s'è degnato di farsi vicinissimo a noi assumendo l'umana debolezza.

2) Si accresce il rispetto per la religione se vi si accosta con esitazione.

6. " Con questo indugio si procura un vantaggio anche alla religione in quanto chi ha intenzione di arrivare agli augusti segreti del sacro mistero si accosta con esitazione a realtà piuttosto lontane ". Questa è - tu dici - la seconda ragione del tuo indugiare. Ma in fatto di religione un progresso sicuro è possibile solo all'interno [di essa] quando, in vista della vita eterna, non si ha più paura delle incertezze della vita presente. Allora infatti non s'ha da ricercare con vana e colpevole curiosità, quando uno morrà o se questo corpo si disgregherà a causa d'una malattia o se l'anima ne verrà portata via per l'irruzione di qualche forza repentina e inattesa. Perciò allo stesso modo che si riflette sull'affermazione divina riferita dal Vangelo: Se uno non rinascerà mediante l'acqua e lo Spirito, non entrerà nel regno di Dio 1, così affinché uno, dopo essere rinato, viva nella giustizia, si deve riflettere anche a quest'altra, poiché anch'essa è uscita dalla bocca di Cristo: Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella dei maestri della legge e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli 2. In un altro passo infatti egli fa vedere che i maestri della legge e i farisei possedevano di solito la buona dottrina ma tuttavia non facevano le azioni buone da loro insegnate 3. Ecco perché è superiore alla loro giustizia quella di coloro che non solo insegnano il bene spinti dalla verità della loro dottrina ma fanno anche il bene spinti dalla carità della loro giustizia, come dice l'apostolo Giacomo: La fede senza le opere è morta in se stessa 4, poiché anche i demoni credono, eppure tremano di paura 5, come afferma il medesimo Apostolo. I demoni non saranno di certo salvi, poiché compiono sempre il male. Per questo motivo anche l'apostolo Paolo ha definito come fede dei membri di Cristo quella che opera mediante la carità 6. All'interno di essa, dunque, occorre progredire poiché la cupidigia di questo mondo, cattiva consigliera, diminuisce con il crescere della carità verso Dio e scompare quando questa carità è perfetta. Se uno progredisce così, vivendo dentro [questa carità], qualsiasi specie di morte lo coglierà nell'ultimo giorno di questa vita, che svanisce come il fumo 7, tutto ciò che della giustizia è mancato alla sua perfezione viene colmato dalla grazia. Al contrario, per coloro che credono necessario d'indugiare a ricevere ciò che non negano essere un bene, è stata pronunciata la seguente massima delle divine Scritture che risuona terribilmente: Non indugiare a convertirti al Signore e non rimandarlo di giorno in giorno, poiché l'ira del Signore si abbatterà all'improvviso e potrà farti sparire al momento del giudizio 8. Per evitare che ti capiti questa sventura, rompi tutti gli indugi 9, e impossèssati del campo fortificato, non per prenderlo d'assalto, ma per starvi al sicuro e così combattere coraggiosamente contro il nemico, che tempo addietro, denigrando la religione cristiana, ora invece anche esaltandola subdolamente, distoglie dall'accoglierla. Quel nemico infatti, che nel passato insinuava nella mente degli uomini che un bene sì grande era un male, dice ora ch'è un bene sì grande che, anche se si comincia a praticarlo, assai difficilmente lo si compie [come si deve]. Guàrdati dal lupo vestito d'una pelle d'agnello 10. Per intraprendere ciò di cui hai paura come d'una cosa difficile, riponi la tua speranza in Dio e le cose diverranno facili.

3) Si deve attendere la volontà di Dio che solo ci spinge a tutti i nostri desideri.

7. Tu poi, in terzo luogo, quale motivo della tua scusa, hai anche scritto che " in simili faccende occorre soprattutto aspettare la volontà di colui mediante la cui volontà noi veniamo spinti verso tutti i nostri desideri " e che dagli uomini non deve rendersi conto delle cose che Dio ci esorta a volere, poiché tutti, sia le persone istruite che quelle ignoranti, sono d'accordo nell'affermare che senza di lui non fu mai fatto né può darsi che venga fatto nulla. Tu dunque, nell'esaminare la presente questione, non devi pensare in modo da sembrarti di fare la volontà di Dio quando non metti in pratica i suoi comandamenti, uno dei quali è quello da me ricordato più sopra, e cioè: Non indugiare a convertirti al Signore e non rimandarlo di giorno in giorno 11, ma piuttosto devi considerare la cosa nei seguenti termini: il precetto che Dio ti ha dato per la tua salvezza eterna devi aver fiducia di metterlo in pratica, non con le tue forze ma con l'aiuto di lui stesso e perciò devi confidare non in te, Fermo, che sei infermo, ma in Colui che può far tutto perché tu possa cambiare in meglio la tua vita e ricevere la grazia della rigenerazione. Non devi aspettare neppure quando egli vorrà, come se tu l'offendessi qualora tu volessi prima di lui, poiché proprio in virtù del suo aiuto e dell'opera sua tu vorrai in qualunque momento vorrai. Senza dubbio è la sua misericordia a prevenirti perché tu voglia ma, quando tu vorrai, a volere sarai assolutamente tu stesso. Poiché, se non siamo noi a volere quando vogliamo, allora Dio non ci attribuisce alcuna parte quando fa sì che noi vogliamo. Quanto a me, almeno, che cosa faccio quando ti parlo in questo modo se non che tu voglia? Ma io lo faccio in un modo, egli in altro modo; io dall'esterno, egli nell'interno; io quando tu mi ascolti o mi leggi, egli invece quando tu rifletti e perché tu rifletta; io dicendo delle parole, egli invece in un modo indicibile; io solamente per un suo dono, egli invece da se stesso; io agisco in quanto suo ministro e in quanto ho ricevuto da lui questo ministero, egli invece senza aver bisogno d'un ministro in quanto è anche il creatore dei ministri e si serve di ministri fedeli per fare anche ad essi dono del bene di questa attività; infine io agisco come un uomo che per lo più non riesca nemmeno a persuadere, Egli invece agisce in quanto Dio che possiede il potere di persuadere quando lo vorrà 12.

Tutto accade per volere o permesso di Dio che trae il bene anche dal male.

8. In effetti così parlano di lui le Sacre Scritture e l'intelligenza imbevuta d'uno, sia pur debole, spirito di fede. Chi infatti, se non uno molto nemico della verità, oserebbe pensare o credere che Dio vuole persuadere qualcosa ma non lo può? Egli dunque ti persuaderà quando vorrà, sia mediante il nostro ministero, sia in qualunque altro modo egli vorrà; perché Dio faccia questo, io ho il dovere di pregarlo come anche quello di esortarti. Poiché, se tu ubbidirai ai suoi veri e salutari precetti, è un effetto della sua grazia, ma se non ubbidirai è colpa tua; tutti coloro che egli libera da questa colpa è opera della sua misericordia - nel numero di questi io desidero che ci sia anche tu, anzi ti esorto e ti supplico che lo voglia anche tu -; quanto invece a coloro che Dio non libera da quella colpa è opera del suo giudizio. Noi inoltre non conosciamo molti suoi giudizi occulti; sappiamo tuttavia che nessuno di essi può essere ingiusto. Proprio per aiutare in misura non piccola i suoi, che comprendono [i suoi disegni di salvezza], a non differire il giorno della rigenerazione spirituale, Dio ha reso incerto quello della morte. " Noi dunque siamo spinti dalla sua volontà in tutti i nostri desideri ": è così, come dici tu, poiché io prendo per " desideri " tutti quelli relativi alle cose di cui tu parlavi quando dicevi così. In realtà tu hai detto che, per quanto riguardava le cose alle quali per l'appunto ti esortavo e che tu ritieni di dover differire, occorre soprattutto attendere la volontà di colui, dalla volontà del quale siamo spinti a tutti i nostri desideri; tu poi aggiungevi: " Gli uomini non devono render conto delle cose che Dio ci esorta a volere ". Se tu dunque intendi con ciò i desideri delle cose [religiose], è vero, poiché non è vero che noi siamo spinti dalla sua volontà anche verso ogni specie di desideri, anche empi; al contrario, se tu pensi così in quanto si afferma - pare in modo non illogico - che per volontà di Dio avviene ciò che non avverrebbe senza il suo permesso, la tua opinione non è da rigettarsi. Poiché non accade assolutamente nulla se non ciò che è compiuto o è permesso da lui e, in quanto lo fa lui perché lo vuole o lo permette lui, non accade affatto nulla ch'egli non voglia. Con verità si dice tuttavia che avviene contro la sua volontà tutto ciò che gli dispiace. Egli tuttavia permette il male poiché ha il potere di fare il bene anche servendosi del male non suo. In effetti è un bene tutto ciò che è giusto, ed è giusto punire i peccati; è bene anche perdonare i peccati; è un bene fare ciò che è utile per liberare gli uomini; [così è anche un bene impedire i peccati, perché non progrediscano di più; è un bene... liberare dai peccati e da ciò che meritano i peccati]. In tal modo, con il punire alcuni peccati, con il perdonarne altri e con il farne servire altri a vantaggio e aiuto dei buoni, Dio, che permette il nascere del male, trae dal male il bene per tutti i buoni. Dio inoltre non apparirebbe come l'Onnipotente autore d'ogni bene, se non permettesse l'esistenza del male, benché io non sia in grado di trovare che cosa [in particolare] potrebbe fare servendosi del male. Egli lo ha tuttavia respinto lontano con una separazione immensa dal regno dei beati e perciò, neppure trattandosi del male da lui permesso, Dio ha cessato ogni specie di attività ma ha fatto in modo che non ci fosse alcun male dove ha voluto così. Se invece avesse fatto così dappertutto, non ci sarebbe nel mondo tutto il bene, poiché naturalmente non ci sarebbe stato il bene ch'egli avrebbe potuto trarre dal male. Noi tuttavia non siamo utili a Dio con il male che facciamo e che nasce dalla cattiva volontà sia dell'uomo che dell'angelo, come se aggiungessimo una quantità di buone opere a quelle compiute da lui. In realtà in che cosa mai gli siamo utili anche quando siamo buoni? Se dunque noi non fossimo stati mai cattivi, ciò sarebbe stato un vantaggio per noi ma non per Dio che si serve anche del male per fare il bene. Inoltre, anche se la nostra bontà fosse esistita sempre, a Dio non avrebbe arrecato alcun giovamento; quanto meno gli è utile la nostra cattiveria, sebbene con essa abbia potuto compiere il bene in virtù dell'onnipotenza della sua bontà! Quel bene tuttavia non sarebbe potuto nascere, se non fosse stato preceduto dal male; ma anche se questo non fosse esistito, egli non starebbe né meglio né peggio, poiché a lui non può né accadere alcun male né aggiungersi alcun bene, in quanto la sua felicità non può né diminuire per alcun male né aumentare per alcun bene. Dobbiamo perciò dire che tutto si compie per sua volontà ma distinguendo bene in Dio ciò che permette, da ciò che egli compie, poiché non possiamo dire ch'egli non è giudice. Più esattamente, quando egli giudica e rende a ciascuno secondo le proprie opere 13, ha condannato forse qualcuno per le sue opere [buone] compiute da lui stesso per mezzo di quello? Per nulla affatto. Egli tuttavia ha condannato per le opere [cattive] che ha permesso fossero compiute, poiché certamente non sarebbero state compiute affatto senza il permesso dell'Onnipotente quelle azioni che egli non avrebbe potuto ignorare.

Nulla avviene che non sia fatto o permesso da Dio.

9. Quando perciò tu in un passo [della tua lettera] affermi che tutti, istruiti e ignoranti, sono d'accordo che senza di Dio nulla fu fatto né può essere fatto; noi però non dovremmo discutere affatto sull'accordo di tutti gli ignoranti per evitare che una tale discussione tra noi ci procuri una dilazione che non ci è consentita. Poiché, sia che tutti siano d'accordo, sia che alcuni la pensino diversamente, ciononostante ammetto che tu abbia detto una cosa vera, purché tu distingua in Dio - come ti ho [già] esortato - il fare una cosa dal permetterla; poiché è verissimo dire che nulla è stato fatto né può essere fatto senza che Dio onnipotente lo permetta o lo effettui. Egli dunque permette che si commettano i peccati ma non è lui a commetterli. Sebbene a causa di certi peccati Dio abbandoni alcuni in balìa dei desideri del proprio cuore 14, e per conseguenza essi compiano azioni illecite, sia abbandonandoli sia mandando o lasciando andare da essi anche gli angeli cattivi per ingannarli, tuttavia ogni peccato di tal genere è comune a coloro che hanno meritato di esser lasciati cadere in siffatti peccati per un giusto castigo di Dio; in questo caso, al contrario, spetta a Dio soltanto la punizione del peccato che è giusta.

Il battesimo rigenera il genere umano condannato in Adamo.

10. Ognuno dunque è spinto a desideri illeciti adescato e preso in trappola dalla propria concupiscenza 15. Quando libera da questo male, Dio usa misericordia 16, quando invece non libera, usa giustizia; di lui infatti la Chiesa canta la bontà e la giustizia 17; agire in un senso o nell'altro lo decide lui stesso con il suo potere sovrano. E proprio da questa libera decisione di Dio deriva il fatto che noi ignoriamo i suoi modi di agire e penso che lo ignoreremo per sempre. Chi però afferma che Dio non avrebbe dovuto permettere che l'uomo peccasse, non riflette abbastanza che una natura la quale non dovrebbe peccare - ma che ormai può farlo - è senza dubbio migliore se non pecca, pur avendo la libertà di farlo, che non una natura priva di questa libertà. Ecco perché Dio, buono e giusto creò [la natura dell'uomo] capace di non commettere all'origine, se non avesse voluto, il peccato lasciato alla sua libertà, ma poiché quella natura peccò, egli la punì in modo che, nel suo asservimento al dominio dei peccati, restasse soggetta anche agli angeli cattivi poiché essa, che sarebbe stata resa uguale agli angeli santi, non aveva voluto assoggettarsi alla giustizia del suo Signore. Di qui sono derivati gli errori e le tribolazioni dei mortali che noi vediamo e dei quali è piena la vita umana, in cui ai suoi amanti nuoce più la falsa felicità - per godere la quale accumulano peccati su peccati - che non la crudele e acerba miseria, che nessuno vuol sopportare ma nessuno sa sopportare; nessuno infatti ne va esente se non dopo morte, purché quaggiù sia vissuto nel santo timor di Dio poiché, secondo le parole della Sacra Scrittura: Un giogo pesante grava sui discendenti di Adamo dal giorno in cui escono dal ventre della loro madre fino al giorno della sepoltura nella [terra, che è] madre di tutti 18; tanto è vero che nemmeno i bambini battezzati - ai quali dal battesimo della rigenerazione è lavato e cancellato solo il peccato originale ch'essi contraggono per discendenza dalla stirpe condannata - si trovano immuni da quanto afferma la suddetta massima. Poiché ciò che si riceve mediante la grazia di Cristo non è un dono di questo mondo, ma il pegno di quello futuro; la generazione umana infatti è tutta condannata per causa di Adamo ma, perché si possa sfuggire questa condanna è stata istituita la rigenerazione. Per quanto, invece, riguarda le miserie di questo mondo, la fine di questa condanna non avviene per nessuno, nemmeno per i fedeli timorati di Dio, se non dopo la morte; per gli empi, al contrario, neppure dopo la morte; anzi per gli empi i mali aumentano anche dopo la dissoluzione del corpo terrestre e dopo che lo avranno ripreso [nella risurrezione] allorché saranno stati sottratti loro i beni di cui facevano quaggiù un uso cattivo. Ma per qual motivo questa rigenerazione è concessa ad alcuni e non ad altri non solo degli adulti ma anche dei bambini? Sono inscrutabili decisioni di Dio 19, ma in esse non c'è nulla di nascosto che non sia anche giusto.

Fermo riceva la rigenerazione che differisce trattenuto dalla concupiscenza.

11. Quando ti esorto a ricevere questa rigenerazione, non aspettare che ciò sia voluto da Dio, ma fa' ciò ch'egli comanda. Ciò anzi ti deve risultare chiaro dalla seguente ragione: tu non potresti farlo se non lo volesse lui stesso. Poiché la carità, in virtù della quale farai ciò, proviene da Dio, mentre, al contrario, non deriva da lui la concupiscenza da cui sei ancora trattenuto dal farlo. Per conseguenza fin quando non lo fai, sia perché inconsapevolmente vieni ingannato dal tuo vizio, sia perché ne resti colpevolmente soggiogato, devi attribuirlo a te stesso e non a Dio. Quando al contrario lo avrai fatto, devi credere d'averne avuto l'aiuto da Dio, essendo questa una verità assolutamente certa, e questo aiuto divino non devi aspettarlo rinviando [il battesimo], ma devi piuttosto sperimentarlo compiendo l'atto [che rinvii].

Ag. si compiace del " Greco ", figlio di Fermo.

12. Ora, a proposito del nostro " Greco ", di cui parla tutta l'ultima tua lettera, dirò all'Eccellenza tua ciò che vedo mio dovere dirti. Mi ha riempito d'una grande gioia la sua egregia indole dotata d'un ingegno acuto e il notevole progresso fatto nell'educazione liberale. Quale però sia lo scopo a cui devono indirizzarsi queste eccellenti doti tu sai molto bene ch'è una cosa molto importante. Se invece nelle declamazioni [pubbliche] egli si fosse mostrato come in quelle a cui si dedica adesso per la necessità delle esercitazioni [scolastiche], tu non avresti voluto ch'io fossi giudice del suo ingegno piuttosto che dei suoi sentimenti cosicché, mettendo da parte le considerazioni volute dalla necessità dell'argomento, io dessi un giudizio relativo solo al suo talento. Con la tua domanda hai tu stesso in qualche modo giudicato ciò che adesso non hai voluto fosse l'oggetto del mio giudizio. Da parte mia, al contrario, quanto più mi compiaccio del suo ingegno e della sua singolare disposizione all'oratoria, tanto più sono preoccupato - poiché nutro per lui un sincero affetto - delle disposizioni morali a cui dovrebbero servire queste sue meravigliose doti delle quali - come sai - ci si può servire sia in bene che in male. Non approvo neppure né desidero ch'egli voglia farsi apprezzare dalla massa del pubblico anziché dai più intelligenti che tu dici essere la condizione dell'arte dell'eloquenza. Ma in realtà questa opinione scaturisce da una mentalità indubbiamente inveterata ma cattiva del genere umano e non dalla sorgente della verità. Se, d'altra parte, tu stesso non lo sapessi, non diresti: " Pare questa l'esigenza di quell'arte ". Sembra così ma non è così; sembra così anche a coloro che non leggono o non comprendono gli autori più famosi della medesima arte oppure, anche dopo averli letti e compresi, non credono a essi. In effetti è del tutto vero ciò che dice il più eloquente e il più elegante maestro della medesima disciplina: Grandissimo giovamento alle città è l'eloquenza unita alla saggezza; al contrario è per lo più di grande nocumento e mai di giovamento l'eloquenza senza la saggezza 20. Per conseguenza gli antichi pensarono di dover definire non già l'uomo eloquente - potendo esservi l'eloquenza senza la saggezza - ma l'oratore un uomo dabbene, abile nel parlare 21. Se da questa definizione si toglieranno le prime due parole [latine], si lascerà ciò che è un grande impedimento. Ecco perché gli antichi pensarono e dissero che quando si dànno i precetti dell'eloquenza a individui privi di saggezza, non si formano degli oratori, ma si dà una sorta d'armi a dei forsennati 22.

"Greco" aspiri a piacere non solo per l'eloquenza ma soprattutto per i buoni costumi.

13. Per quanto dunque riguarda il nostro " Greco " io desidero, faccio voti, lo esorto, affinché si adoperi - se non ci sarà alcun danno per ciò che è moralmente buono - di riuscire gradito sia ai competenti che ai più; qualora invece non gli fosse possibile di piacere agli uni e agli altri, preferisca di piacere ai competenti piuttosto che ai più e non solo con le parole e le declamazioni, ma altresì con la vita e con le azioni. Desidero quindi conoscere soprattutto le sue qualità morali di cui ti congratuli con te stesso, affinché tu renda anche me partecipe della gioia ch'egli ti procura. Poiché non dubito che tu desideri vederlo migliore di te sotto ogni rispetto. Vorrei sapere inoltre: quanti anni ha tuo figlio adesso? Quali sono le opere delle due lingue ch'egli ha letto alla scuola dei suoi maestri, quali in casa tua oppure con te? Quali sono quelle lette forse da se stesso, a quali si sta applicando adesso la sua intelligenza amante della cultura? Ecco quanto desidero sapere nella tua risposta, non perché io sia curioso, ma perché - in modo onesto, io penso - mi prendo cura di lui.