DISCORSO 229/H

NEL MARTEDÌ DI PASQUA

In Cristo tutto era ordinato alla risurrezione che dà la misura della nostra fede.

1. La risurrezione del Signore Gesù Cristo è il centro della fede cristiana. Perché il fatto che egli, Dio da Dio, Dio fuori di ogni tempo, come uomo nacque dall'uomo in un tempo determinato, il fatto cioè che nacque in una carne mortale, in una carne simile a quella del peccato 1, il fatto che superò l'infanzia, attraversò la fanciullezza, giunse alla giovinezza, e questa lo condusse verso la morte, tutto questo era ordinato alla risurrezione. Non sarebbe potuto risorgere infatti se non fosse morto; non sarebbe morto, se non fosse nato; per questo la sua nascita e la sua morte furono finalizzate alla risurrezione. Che Cristo Signore fosse nato come uomo dall'uomo lo credettero molti, anche lontani ed empi; anche se non lo sapevano nato da una vergine, tuttavia che Cristo era nato come uomo dall'uomo lo credettero sia gli amici che i nemici, ma che egli fosse risuscitato non lo seppero altri che gli amici. E questo perché? Perché Cristo Signore, quando volle nascere, quando volle morire, aveva come intento il risorgere; e in questo pose il centro della nostra fede. Nel nostro genere infatti, ossia nel genere umano, due cose noi conoscevamo molto bene: il nascere e il morire. Egli si rese partecipe di quello che conoscevamo per farci conoscere quello che ignoravamo. Era normale in questa regione terrena, nella condizione della nostra mortalità, assolutamente normale era il nascere e il morire: tanto normale che, mentre in cielo non può esserci, in terra non può finire di esserci. Ma il risorgere e vivere in eterno, questo chi lo conosceva? Questa è la novità che portò nella nostra regione colui che venne da Dio. Si è fatto uomo per l'uomo. Che grande misericordia! Il creatore dell'uomo si è fatto uomo! Non era cosa grande per Cristo essere quel che era: volle ancora qualcosa di grande, diventare quel che lui stesso aveva fatto. E che significa diventare quel che lui stesso aveva fatto? Diventare uomo, lui che aveva fatto l'uomo. Questa è la sua grande misericordia.

Siamo nati per morire e non c'è scampo a questo destino.

2. Tutto quel che si fa nella vita presente, in cui gli uomini vorrebbero essere felici e non lo possono.... [E pensare che] quel che desiderano con tanto ardore è cosa buona, però quel che desiderano non lo cercano nella regione giusta. Ogni cosa si trova in una sua regione adatta. In terra non dappertutto si trova l'oro, non dappertutto l'argento, non dappertutto il piombo; gli stessi prodotti della terra provengono ciascuno da luoghi diversi; secondo che ciascuna regione è adatta o non adatta alcuni frutti si trovano in quel luogo, altri in quell'altro o in quell'altro ancora, ognuno in posti diversi; nulla che sia dappertutto, fuorché il nascere e il morire. O, se vogliamo, questo nascere e morire non è per tutto l'universo, ma solo in questa parte più bassa del mondo; nel cielo infatti, là dove hanno avuto origine tutte le cose, il nascere e il morire non c'è. Di lì poté cadere il principe degli angeli insieme ai suoi compagni; ma sul posto degli angeli caduti ci saliranno gli uomini e riempiranno il luogo di quelli che decaddero. E siccome il diavolo vide che l'uomo sarebbe salito là donde egli era caduto, vide e si rose dentro, cadde e lo trascinò con sé. In che senso il diavolo cadde? In che senso trascinò con sé l'uomo? Ma tutto supera colui che non cadde, ma discese. Cadde l'uomo: discese Dio e si fece uomo. E così dove abbonda il nascere e il morire, quella è la regione della miseria; e gli uomini cercano di esser felici nella regione della miseria, cercano l'eternità nella regione della morte. Così ci parla il Signore, ci parla la Verità: Quel che voi cercate non è qui, perché non è cosa di qui. È cosa buona quella che voi cercate, cosa che ognuno desidera. Voi cercate una cosa buona, perché il vivere è cosa buona; noi però siamo nati proprio per morire. Non fermarti al tuo desiderio, ma considera la condizione in cui ti trovi: noi siamo nati proprio per morire. Noi desideriamo la vita, non l'otteniamo perché destinati a morire e, proprio per questo, siamo tanto più disgraziati. Se dovessimo morire e non desiderassimo vivere, non saremmo poi così disgraziati; e invece siamo tanto più disgraziati in quanto vogliamo vivere e invece non c'è scampo al morire. Tu sai che l'uomo, chiunque sia, non può stare sempre sveglio, ma ha bisogno anche di dormire. Non è che dorma contro la sua volontà; non può stare sempre sveglio e quindi desidera dormire. Non ci può essere uomo senza questo vegliare e dormire. Si viene alla vita e ognuno dice: Io voglio vivere. Nessuno vuol morire. Nessuno vuol morire e frattanto si è spinti verso la morte. Ognuno fa quel che può; si mangia, si beve, si dorme, si provvede al necessario, si naviga, si va in giro, si corre, si sta attenti, perché si vuol vivere. Spesso uno vive perché riesce a scampare a un sacco di pericoli; ma fermi un po', se gli è possibile, lo scorrere dell'età; veda un po' di non invecchiare. Si chiude un giorno pieno di pericoli e uno dice: Sono scampato alla morte. Come sei scampato alla morte? Perché questo giorno pieno di pericoli è passato. Però ti è cresciuto un giorno: a contar bene, ne hai vissuto uno di più e ora ne hai uno di meno, Se infatti dovevi vivere, mettiamo [altri] trent'anni, passato questo giorno, va tolto dalla somma di quelli che devi vivere e va messo nel mucchio di quelli che ti avvicinano alla morte. Con tutto ciò si suol dire: A quell'uomo si ammucchiano gli anni. Io dico invece che diminuiscono: io bado alla quantità che gli rimane, non a quella che è passata. In che senso si ammucchiano? Perché uno che aveva cinquant'anni ora ne ha cinquantuno. Ma quali sta vivendo o deve ancora vivere? Mettiamo che debba vivere ottant'anni; ora ne ha cinquanta: gliene restano trenta. Ne ha vissuto ancora uno: ora ha anche quello che ha vissuto e ne sono cinquantuno, ma da vivere gliene restano ventinove; da una parte ne è calato uno, dall'altra è cresciuto; ma, crescendo, non l'hai più dalla parte da cui è calato. Con un po' di apprensione ne vive un altro e ne restano ventotto: un altro ancora e ne restano ventisette. Più si vive e più cala la parte da vivere e, andando avanti, la vita si accorcia e infine non resta niente perché non c'è modo per scampare l'ultimo giorno.

Con la sua risurrezione Cristo ci promette la vita eterna e beata.

3. Però è venuto il Signore nostro Gesù Cristo ed è come se ci avesse parlato così: Di che cosa avevate paura, o uomini che io ho creato e che non ho abbandonato? O uomini che siete la vostra rovina, ma anche la mia creatura, o uomini, che paura avevate di morire? Ecco, muoio io, ecco, patisco io; ecco, quel che temevate non temetelo più, perché io vi faccio vedere quel che dovete sperare. Egli ha fatto proprio così, ci ha fatto vedere la risurrezione verso l'eternità: verso di essa hanno puntato gli Evangelisti con i loro scritti, e gli Apostoli l'hanno predicata per il mondo intero. Per la fede in questa risurrezione non temettero di affrontar la morte i santi martiri, che pure avevano paura di morire; sarebbe stata però una morte ben peggiore se avessero avuto paura di morire e per la paura della morte avessero rinnegato Cristo. E rinnegare Cristo non è rinnegare la vita? Quale pazzia amare la vita e rinnegare la vita! Ecco dunque che la risurrezione di Cristo allarga gli orizzonti della nostra fede. Per questo sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento è scritto che ci si deve ravvedere e ottenere la remissione dei peccati per mezzo di un uomo nel quale [Dio] ha orientato la fede di tutti risuscitandolo dai morti 2. Essa dunque, la risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo, è il centro della fede. Voi vivete, se sempre vivrete; ossia vivrete in eterno, se sarete vissuti bene. Non abbiate paura di fare una brutta morte: abbiate paura piuttosto di vivere male. Che strana perversione! L'uomo ha paura di ciò che nessuno può evitare e intanto tralascia di fare quel che può fare. Tu non puoi far nulla per non morire, ma viver bene questo lo puoi. Fa' quello che puoi e quel che non puoi non ti farà paura. Nulla c'è di più sicuro per l'uomo quanto la morte. E questo fin dall'inizio: è concepito un bambino nell'utero, forse nasce, forse non nasce. È già nato: forse cresce, forse non cresce; forse impara, forse non impara; forse si sposa, forse non si sposa; forse avrà figli, forse non ne avrà; forse li avrà buoni, forse cattivi; la moglie forse l'avrà buona, forse cattiva; forse sarà ricco, forse sarà povero; forse sarà sconosciuto, forse sarà in vista. Ma si potrà dire, come per tutte queste cose: Forse morrà, forse non morrà? L'uomo, quando nasce, contrae una malattia dalla quale nessuno che nasca ha scampo. E di essa morrà. Proprio come si suol dire: Quello è idropico, dovrà morire, nessuno se la scampa. Quello ha la lebbra, dovrà morire, nessuno se la scampa. Così quello è nato, dovrà morire, nessuno se la scampa. E allora, siccome per la morte non c'è scampo, anzi la vita mai viene concessa all'uomo abbastanza lunga, per chiunque, dal bambino al vecchio più decrepito, non resta che rifugiarsi in colui che per noi è morto e risorgendo ci ha aperto la speranza; siccome in questa vita che stiamo percorrendo non possiamo che morire e, per quanto l'amiamo, non possiamo rendercela eterna, rifugiamoci in colui che ci ha promesso quella eterna. Riflettete bene che cosa il Signore ci ha promesso, fratelli: [la vita] eterna e felice. Certo è ben misera quella presente; chi non lo sa, chi non lo ripete? Quante ce ne capitano, quante ne subiamo, quante cose non vorremmo in questa vita! Risse, dissensi, prove, ignoranza reciproca dei nostri sentimenti, tanto che a volte nella nostra inconsapevolezza ci leghiamo a uno che ci è nemico e abbiamo sospetti sull'amico: qui fame, qui miseria, qui freddo, qui caldo, qui stanchezza, qui infermità, qui gelosie. È proprio piena di miserie questa vita! Eppure se, per quanto misera, ci potesse essere concessa eterna, chi non ci metterebbe la firma? Chi non direbbe: Mi contento così come sono, basta che non debba morire? Se tu ti contenti di una vita così misera, [pensa] chi è colui che te la vuol dare eterna e felice? Però se vuoi giungere a quella eterna e felice, bisogna che abbia buona quella temporale. Se sarà buona nella fatica, sarà felice nella ricompensa. Ma se rifiuti la fatica, con che faccia pretenderai la mercede? Se non' potrai dire a Cristo: Ho fatto quel che hai comandato, come oserai dirgli: Dammi quel che hai promesso?.