CAPITOLO DECIMO

AGOSTINO SERVO DEI FEDELI

L'amore per la Chiesa si esplicava in una dedizione totale al suo servizio. Agostino si considerava servo, e ne tirava le conseguenze fino all'eroismo. Le parole pronunziate in occasione d'una consacrazione episcopale tradiscono chiaramente i suoi sentimenti. Eccone il tema. " Chi presiede deve convincersi anzitutto che è servo di molti " 1. Noi, vescovi, " siamo capi e siamo servi: siamo capi se siamo utili " 2. E devono servire come Gesù fino alla morte: " Così deve essere il buon vescovo: se non sarà così, non sarà vescovo " 3; sarà tutt'al più un " un fantoccio di paglia nella vigna " 4.

Tale non era Agostino. Lo zelo per le anime era diventato, dal momento dell'ordinazione, la ragione della sua vita. " Che cosa voglio, che cosa desidero, che cosa bramo, perché parlo? perché qui siedo? perché vivo, se non perché tutti viviamo insieme con Cristo?... Questa è la mia cupidigia, il mio onore, la mia gloria, il mio gaudio, il mio possesso... non voglio essere salvo senza di voi5. Animato da questo zelo, pregava il Signore che gli desse la forza di amare i fedeli fino al punto di morire per loro " o di fatto o con l'affetto " 6. In realtà Agostino si prodigava per le anime senza paura di rischiare la vita: " Bramiamo conquistare anime anche a prezzo del nostro sangue " 7. Si ricordi l'atteggiamento minaccioso dei donatisti e la sorte che riservarono a molti sacerdoti d'Ippona.

Amava gli erranti, anche se essi non volevano: " ...Tu vuoi perire, e io non voglio che tu perisca... Richiamerò l'errante, ricercherò la pecorella smarrita; lo voglia o no, lo farò. E se anche, mentre ti cerco, i rovi delle siepi mi lacereranno, mi caccerò nei luoghi più angusti, scuoterò tutte le siepi; finché il Signore, che mi atterrisce con la sua parola, mi darà la forza, batterò tutte le strade... Se non vuoi sopportarmi, non errare, non perire " 8. E come egli faceva, così raccomandava di fare: amiamoli, diceva ai fedeli a proposito dei donatisti, anche se non vogliono. " Dicano contro di noi quel che vogliono: noi li amiamo anche se non vogliono " 9.

La sua azione era piena di bontà e di mitezza. Ai manichei ricordava il suo passato, e ne traeva motivo per dichiarare che altri forse avrebbero potuto essere duri con loro; ma lui no, lui che aveva condiviso il loro cuore e aveva tanto sofferto per liberarsene: " Ma io... non posso in alcun modo infierire contro di voi " 10. Dei donatisti sopportava le persecuzioni e le calunnie, interveniva presso i giudici perché nel punire i loro delitti si ricordassero della mansuetudine della Chiesa 11 ed era sempre pronto a lasciare l'episcopato, se ciò avesse giovato per il loro ritorno all'unità 12. Né si mostrò meno amabile verso i pelagiani. Il metodo seguito traspare da questa esortazione ai fedeli di Cartagine: " Intrattenetevi con loro quanti li conoscete, comportatevi amichevolmente, fraternamente, con serenità, con amore, con dolore: operi la pietà tutto il possibile " 13. Cominciò a confutarne gli errori senza far nomi, sperando così di renderne più facile la correzione; anzi, parlò di Pelagio con parole di lode (" uomo santo, mi si dice, e cristiano di non poca perfezione " 14); più tardi la lotta fu condotta a viso aperto, ma sempre con amore: " Quanto a Pelagio, non solo lo abbiamo amato, ma lo amiamo ancora " 15. L'amore non venne meno anche quando, ribellatosi alla Chiesa, Giuliano intraprese una polemica condita spesso d'ingiurie e di calunnie: lo chiama ancora "figlio" e lo assicura che con tutte le sue ingiurie non riuscirà mai, con l'aiuto di Dio, a strappargli dalle midolle del cuore l'amore per lui 16. E non vi riuscì neppure quando Giuliano trascese all'ingiuria più amara e più volgare, l'ingiuria verso la memoria della madre. Agostino si limitò a ricordargli - gli tremava la mano scrivendo - che i maldicenti non possederanno il regno di Dio 17.

Per concludere, diremo che il vescovo d'Ippona, come aveva ricondotto lo studio delle lettere alla sapienza 18 e la sapienza alla pietà, così ricondusse la pietà all'apostolato. Ma un apostolato accettato per obbedienza e animato dal desiderio, mai appagato abbastanza, della vita di contemplazione. " Nessuno mi vincerebbe nel cercare la tranquillità della vita contemplativa. Nulla di meglio, nulla di più dolce che scrutare, nella quiete, i divini tesori: è dolce, è bene. Predicare, confutare, correggere, edificare, occuparsi di ognuno è una grande molestia, un grande peso, un grande lavoro. Chi non fuggirebbe da questo lavoro? Ma il Vangelo mi atterrisce19.