CAPITOLO SETTIMO

UOMO DI PREGHIERA

Contro la curiosità (che è ben altra cosa dalla studiosità) Agostino si munisce con il raccoglimento interiore, indispensabile per lo spirito di preghiera e per la contemplazione. L'interiorità agostiniana non è solo un principio di metafisica o un assioma di dottrina spirituale, ma è insieme un programma di vita contemplativa: il vescovo d'Ippona la pone al centro della formazione sua e dei suoi discepoli. " Tu infatti - scrive all'amico Nebridio - puoi abitare piacevolmente anche in compagnia del tuo spirito; si richiede invece un grande sforzo perché essi (si riferisce a quelli che erano con sé a Tagaste) possano fare la stessa cosa " 1. Già a Cassiciaco raccomandava ai giovani Licenzio e Trigenzio di " abituarsi a vivere in se stessi " 2. Quanto a sé, mise in atto questo proposito fino alle mète più alte. Si vedano le Confessioni sulla cura che aveva per vincere la curiosità ed evitare ogni benché minima distrazione. Si accusa di lasciarsi distogliere dall'attenzione a gravi pensieri quando, in campagna, passando s'imbatte in un cane che insegue una lepre o, in casa, si ferma a vedere un ragno che dà la caccia alle mosche avvolgendole nella sua rete. È vero che da questi piccoli fatti prende lo spunto per lodare il Signore, ma, conclude, " altra cosa è rialzarsi subito, altra non cadere ".

E dopo la costatazione della propria debolezza, il gemito del dolore e la speranza: " Di tali miserie è piena la mia vita, e l'unica mia speranza è riposta nella tua misericordia grande assai " 3. Perciò supplica il Signore che lo liberi dalle distrazioni o, come egli dice, dal multiloquio, quello che soffre interiormente anche quando tace con il labbro. " Liberami, o Dio, dal multiloquio, che è dentro nella mia anima, misera al tuo cospetto e fiduciosa nella tua misericordia; poiché io non taccio con i pensieri anche quando taccio con la lingua. E se i miei pensieri non fossero se non quelli che piacciono a te, non ti pregherei di liberarmi da questo multiloquio. Ma molti dei miei pensieri, tu lo sai, sono pensieri di uomini, cioè pensieri vani. Dammi almeno di non acconsentire ad essi e, quando mi dilettano, di respingerli, senza fermarmi in essi quasi sonnecchiando " 4.

Sostenuto da questa brama di solitudine e di silenzio interiore, Agostino percorse tutti i gradi della vita di orazione fino alla contemplazione più alta. La preghiera divenne l'atteggiamento abituale della sua anima. Ne abbiamo uno splendido documento nelle Confessioni. Dedicava alla meditazione e alla preghiera metà della notte, la prima o la seconda parte, quando non dovesse occuparla a scrivere libri 5. " Lo svegliarmi di notte s'era tramutato in consuetudine per il mio amore di raggiungere il vero. Se tali problemi mi assillavano, vi riflettevo sopra o durante la prima parte della notte o durante la seconda, comunque per circa una metà della notte " 6. Un saggio di queste notturne meditazioni c'è restato nella preghiera che apre i Soliloqui, dove la foga degli affetti, il sentimento della colpa, il bisogno di liberazione e l'invocazione della grazia si uniscono alla più alta idea di Dio, " sopra il quale non vi è nulla, fuori del quale nulla, senza il quale nulla ", e ne fanno una stupenda litania d'amore 7.

Del resto, avendo identificato la preghiera con il desiderio (" Se desideri sempre, preghi sempre " 8), aveva trovato il modo di fare di tutta la vita una preghiera, tanto più ardente quanto più il desiderio gli bruciava nel cuore. Il Signore, poi, vi aggiunse i doni altissimi della contemplazione. L'estasi di Ostia non è l'unico esempio 9. Intorno a questo mirabile brano di letteratura religiosa sono state mosse non poche discussioni a causa dello schema filosofico nel quale l'esperienza mistica viene narrata. Ma bisogna riconoscere che dentro uno schema antico v'è un'anima nuova, un'esperienza religiosa che, se non viene dall'alto, l'uomo, da solo o con gli aiuti ordinari della grazia, non può raggiungere. La presenza di Monica, che condivise con il suo Agostino quell'esperienza, c'impedisce di dare a quel brano un'interpretazione che lo racchiuda nell'ambito d'una meditazione filosofica.

Ci preme notare, inoltre, che il ricordo di quell'esperienza restò indelebile nell'animo di Agostino: ridiscendendo dalla regione della fecondità indeficiente, dove Dio pasce in eterno i beati con il pascolo della verità, aveva lasciate lassù, come prigioniere, " le primizie dello spirito " (Rom, 8, 27). Quell'esperienza e questo ricordo spiegano la commozione che lo investe e che traspira dalle sue parole ogni volta che parli di Dio: v'è in lui la nostalgia d'un bene gustato per un momento e a cui si ha fretta di tornare per sempre.

Ma l'esperienza di Ostia, abbiamo detto, non fu l'unica. Ce lo assicura egli stesso con un linguaggio trasparente. " E talora, scrive nelle Confessioni, tu mi fai entrare in un sentimento quanto mai insolito, in una non so quale dolcezza, che se diventerà in me perfetta io non so dire che mai sarà, che non sarà certo questa vita. Ma il peso delle mie miserie mi fa ricadere nello stato usuale da cui mi sento riassorbire e trattenere: piango molto, ma la stretta non si allenta. Tanta forza ha il peso della consuetudine! Qui potrei stare e non voglio, lì vorrei stare e non posso: misero dall'una parte e dall'altra " 10.