CAPITOLO PRIMO

L'AMORE PER LA SAPIENZA

L'amore per la sapienza, destatosi nell'animo di Agostino a diciannove anni, è il filo conduttore del suo lungo vagare lontano da Dio e del suo ritorno a Dio, anzi la ragione di tutta la sua vita. Alla vigilia della conversione gli si presentò, insieme con l'invito di S. Paolo, come motivo di rinunzia al matrimonio 1; dopo la conversione fu la molla che lo spinse sulle vie dello studio e della contemplazione. Si tratta di un amore forte, profondo, che dà fremiti e vibrazioni all'animo di Agostino fino alla commozione e al pianto. Di fronte a questo amore svaniscono le attrattive dei sensi, perché " non la scoperta, ma la sola indagine della sapienza merita di essere senz'altro preposta al possesso dei tesori e dei regni del mondo e alle voluttà del corpo, anche se ci affluissero intorno a nostro piacimento " 2. La sapienza ha un sapore, uno splendore, una fragranza, un'armonia, una dolcezza che i sensi non percepiscono, perché è sapore, splendore, fragranza, armonia, dolcezza dello spirito, " dove risuona la voce che il tempo non rapisce, dove odora un profumo che il vento non disperde, dove si gusta un sapore che la voracità non diminuisce, dove ci si stringe in un amplesso che la sazietà non discioglie " 3.

Agostino ha scritto sull'amore della sapienza pagine piene di commozione e di poesia; la sapienza racchiude tutti i beni cui l'anima avidamente aspira: la libertà, la bellezza, la beatitudine, l'immortalità.

Innanzi tutto la libertà, che fu sì cara a chi sofferse la schiavitù dell'errore e delle passioni, e pianse lungamente per liberarsene. In molte pagine del santo dottore sembra di udire ancora l'eco lontana di quel pianto. A parte le Confessioni, dove il senso del peccato, la drammaticità della lotta, la gioia della liberazione, sono colorite in pagine indimenticabili, Agostino esprime questi suoi sentimenti ogni volta che gli occorra di toccare l'argomento. Scrive contro i manichei, e il ricordo dei passati errori lo assale insieme col ricordo delle lacrime sparse per giungere all'aria pura della verità. Allora gli escono dalla penna pagine come questa: " Siano crudeli con voi quelli che non sanno con quanta fatica si trovi la verità e quanto difficilmente si evitino gli errori..., che non sanno quanto sia ardua e rara impresa superare i fantasmi dei sensi con la pia serenità della mente..., che non sanno con quanta difficoltà si risani l'occhio interiore perché possa intuire la luce (del vero)..., che non sanno quanti sospiri e quanti gemiti siano necessari per comprendere, sia pure in minima parte, Dio... Ma io che, lungamente sbattuto, ho potuto scorgere, finalmente, la verità che si percepisce senza i racconti di favole insulse..., che accarezzandomi mi invitava a sé per detergere la caligine della mia mente, che ho pianto a lungo perché la sostanza immutabile ed inviolabile, con l'autorità dei libri sacri, si degnasse darmi interiormente una ferma persuasione di se stessa... io non posso essere crudele con voi " 4.

Ora chi ha tanto sofferto per conquistare la libertà non può non amarla con tutte le fibre dell'anima. Ma la libertà (interiore) consiste nel riconoscere e nell'assoggettarsi alla verità: il riconoscimento ci libera dall'ignoranza e dall'errore, l'assoggettamento ci tiene lontani dalla colpa e dalle passioni, in altre parole, dalla soggezione alle creature. " Questa è la nostra libertà: essere soggetti alla verità ". E la ragione è chiara: " Non possiamo godere di alcuna cosa con libertà, se non possiamo goderne con sicurezza; ma nessuno è sicuro nel possesso di quei beni che può perdere contro suo volere. Ora, della verità e della sapienza non è così: non si può perderla senza volerlo " 5.

Tendere, dunque, alla sapienza non vuol dire solo conoscere la verità, ma raccogliere, per così dire, intorno ad essa tutta l'anima, e mettervela dentro e fissarvela stabilmente, perché, liberata ormai da tutte le affezioni disordinate verso le cose mutabili, di altro non si occupi e altro non ami se non Colui che non muta 6. Il tono caldo, umano, commosso che emerge spesso dalla pagine agostiniane sulla controversia pelagiana nasce dalla convinzione che solo la grazia può darci la libertà; e la libertà, legata indissolubilmente all'amore della sapienza, è un bene troppo prezioso perché Agostino possa difenderlo a ciglio asciutto.

Ma non solo la libertà è legata alla sapienza, bensì anche la bellezza, di cui il santo fu appassionatamente invaghito fin dalla gioventù. Il primo argomento che attrasse la sua attenzione come scrittore fu il bello. Di quell'opera giovanile (De pulchro et apto), che è andata perduta, non conosciamo il contenuto, ma il solo argomento ci rivela la sfera d'interessi del giovane professore. " Forse che noi amiamo - diceva Agostino ai suoi amici - altra cosa del bello? Ma che s'intende per bello e bellezza? Che cos'è ciò che ne attira e ci affeziona alle cose che amiamo? Se non fosse in esse bellezza e leggiadria, in nessun modo ci attirerebbero " 7. Ma allora, inchiodato alla concezione materialistica delle cose, non vedeva che la bellezza corporea: più tardi imparò ad elevarsi alle bellezze spirituali e, da queste, alla bellezza della sapienza. Troviamo, poi, in lui lo studio delle leggi del bello, la concezione dell'arte come trascrizione di queste leggi nell'animo dell'artista, e dall'animo dell'artista, attraverso le sue mani, nella materia, come troviamo l'invito, più volte ripetuto, a rifare in senso inverso il cammino, interrogando le bellezze corporee per salire a quelle dello spirito e, finalmente, a Dio: un cammino che Agostino fece molto spesso a scopo di elevazione interiore. " Ma io, o mio Dio e bellezza mia, anche per le opere dell'arte levo a te un inno e sacrifico a te che mi santifichi un sacrifici di lodi; poiché tutte le cose belle, che attraverso l'anima passano nelle mani dell'artista, provengono da quella bellezza che è superiore alle anime e a cui giorno e notte l'anima mia sospira " 8.

Ma gli artisti e gli ammiratori delle bellezze esteriori traggono dalla bellezza, che è sopra l'anima, la misura dell'approvazione, ma non traggono, spesso, da essa la misura del godimento. La misura per godere delle creature non si può trovare se non si ami soprattutto la sapienza e non si contempli la sua bellezza. Di qui il precetto agostiniano: " Trascendi l'animo dell'artista per contemplare la bellezza eterna; ecco già la sapienza t'irraggia dalla sua sede, che è nell'uomo interiore, e dalla segreta abitazione della verità; e se il fulgore di questa luce respinge il tuo occhio ancor troppo debole, volgilo a quelle cose nelle quali la sapienza ti mostra ilare per via. Ma ricordati che hai distolto lo sguardo solo per renderlo più forte e più sano, e tornare poi a contemplarla " 9.

Possedendo la sapienza si possiede, oltre la libertà e la bellezza, il bene sommo, che è l'oggetto della nostra beatitudine. " Poiché con la verità si conosce e si possiede il sommo bene, e la verità è la sapienza, contempliamolo e possediamolo in essa, e godiamone: non v'è dubbio che colui che possiede il bene sommo è beato " 10. Infatti, chi è più beato di colui che gode della verità inconcussa, immutabile, altissima? O forse gli uomini proclamano di essere beati quanto si stringono a bellezze corporee lungamente bramate, quanto con le fauci riarse si appressano a una fonte zampillante e salubre o, affamati, gustano cibi squisiti, quando giacciono nelle rose e aspirano i profumi degli unguenti, quanto ascoltano l'armonia di canti o di suoni, quanto sono inondati dalla giocondità della luce; e noi dubiteremo di chiamarci beati quanto ci stringiamo alla verità, ne beviamo alla fonte, ne aspiriamo il profumo, ne gustiamo il sapore, ne contempliamo la luce?

Questa pagina agostiniana 11, qui riassunta, dove alla profonda intuizione delle realtà sovrasensibili si aggiunge la piena degli affetti, ci rivela che cosa fosse la sapienza per Agostino e perché tanta commozione lo invadeva appena avesse occasione di parlarne. Non fa meraviglia, dunque, che egli mettesse tutta la carica della sua affettività nel trattare quelle questioni, anche se le più speculative, che avessero un nesso con il possesso della sapienza e, quindi, della beatitudine. Così è, per esempio, per il problema dell'immortalità dell'anima. Nelle pagina dei Soliloqui si sente l'ansia di chi non vuol solo credere, ma dimostrare una verità da cui dipende, appunto, la beatitudine; che la beatitudine non è vera se non è eterna; ma non sarebbe eterna se l'anima non fosse immortale. L'argomento conclusivo è introdotto da questo dialogo: "Ragione: Non gemere, l'animo è immortale! Agostino: Da dove lo provi? R.: Da ciò che con molta cautela, penso, mi hai concesso sopra... A.: Parla ormai, sono qui tutto orecchi; perché mi tormenti così mortalmente? " 12. Cercare la verità con tutta l'anima è per Agostino una convinzione e un bisogno: ne sentiamo l'eco in un principio enunciato poco dopo il battesimo: " La sapienza e la verità se non si cercano con tutte le fibre dell'anima non le si possono trovare. Ma se si cercano così, com'è giusto, non si possono sottrarre o nascondere a coloro che le amano " 13.