PARTE SECONDA: L'UOMO E IL SANTO

La grandezza singolare di Agostino dipende dai doni straordinari di cui fu dotato e dall'armonia di questi doni fra loro. Fu ricco d'intelligenza, di fantasia, di memoria in misura non comune a molti, seppur comune a qualche altro; ma non fu meno ricco di qualità affettive. Ebbe un carattere nobile e signorile, una sensibilità carica di emozione, un sentimento vigile e delicato dell'amicizia, una profonda capacità d'amare, una resistenza sorprendente al lavoro, benché di salute gracile e malferma, ma, soprattutto, ebbe una sete insaziabile della sapienza congiunta alla tenace volontà di conquistarla. Bell'armonia di doti intellettuali e morali, che davano alla sua personalità una completezza e un fascino senza pari. Queste doti si possono riconoscere tanto nell'opera del dottore quanto nella vita del santo. Ad esse si deve se Agostino fu, ad un tempo, acuto metafisico e profondo psicologo, dialettico e poeta, fedele alla tradizione e indagatore ardito, uomo di pensiero e uomo di azione, scrittore inesauribile e parlatore brillante. Ma ad esse pure si deve se la santità del vescovo d'Ippona, così alta, conservò sempre un fondo di ricca e commovente umanità.

Ciò che in Agostino maggiormente conquista è l'incontro dei doni straordinari della grazia con quelli, non meno straordinari, della natura e, in essi, la stretta unione degli aspetti più opposti. Egli si consacrò totalmente alla ricerca della sapienza, ma non rinunciò alle gioie dell'amicizia; sentì profondamente l'" amore per la verità " ma accettò di servire, fino all'eroismo, alle " esigenze dell'amore ". Al momento dell'ordinazione sacerdotale pianse, ma ubbidì: pianse, perché vide sfuggirsi la quiete tanto amata dello studio e della contemplazione 1, ma ubbidì, per non contraddire al volere di Dio. Doppiamente grande: perché non volle e perché ubbidì. Il sacerdozio gli apparve come il compito " più difficile, più laborioso, più pericoloso " 2; ma ricusarlo sarebbe stato una mancanza di amore verso Gesù e la Chiesa. L'accettò; ma portò nel cuore, per quarant'anni, la nostalgia del bene perduto.

" Invoco Gesù a testimonio - scrive ai monaci di Cartagine - che, per ciò che riguarda la mia utilità, preferirei molto e poi molto, ogni giorno, ad ore determinate, come si usa nei monasteri bene ordinati, occuparmi di opere manuali e avere poi le altre ore libere per leggere e per pregare o per studiare la S. Scrittura... " 3. E quando in un momento di sconforto la responsabilità dell'episcopato e il richiamo della vita contemplativa lo indussero nella tentazione di fuggire nel deserto, furono sempre le " esigenze dell'amore " a trattenerlo sulla breccia. " Atterrito dai miei peccati e dalla grande mole della mia miseria, avevo pensato dentro di me di fuggire nel deserto. Ma tu me lo vietasti e mi rassicurasti dicendo: Cristo è morto per tutti perché quelli che vivono, più non vivano per sé...4.

Per abbozzarne un quadro, che, pur restando lontano dal soggetto, serva almeno a dare un'idea non troppo incompleta, si tenterà di cogliere la personalità del vescovo d'Ippona alla confluenza di queste opposte tendenze.