"Dio si è fatto uomo.
Cosa diverrà l'uomo, se per lui Dio si è fatto uomo?"

(In Io. Gv. tr. 10, 1)

Premessa

Non vi è pagina agostiniana nella quale non risuoni il nome di Cristo: nei sermoni, in modo particolare, si evidenzia "la preponderanza riconosciuta a Cristo come oggetto di contemplazione e di predicazione". E se tale affermazione interessa tutto il ministero della predicazione di Agostino, ancor più essa si addice alla presentazione di Cristo nei discorsi pronunciati per le festività del S. Natale. A partire dalla luce di Cristo, vero sole di giustizia e nuovo giorno, si comprende il mistero di salvezza che Dio ha riservato all'uomo. E' un mistero paradossale: il Verbo di Dio, che dall'eternità è presso il Padre, entra nel tempo, annienta se stesso ed assume la condizione di creatura: si fa carne. Agostino si sofferma a meditare, approfondire senza sosta i due versetti del prologo del Vangelo di san Giovanni, che ritornano con insistenza tra le sue pagine: In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (1, 1.14). Sono i due poli per tentare di capire, ma ancor prima per accogliere con fede, il mistero dell'Incarnazione e il mistero di salvezza dell'uomo, che è reso idoneo alla vita divina. Con l'Incarnazione Dio già ci ricolma dei suoi doni (cf. Sermo 185, 3), e tra questi la chiamata a diventare figli di un Dio, che non per noi non ha disdegnato di diventare figlio dell'uomo (cf. Sermo 184, 3).

Il tema dell'Incarnazione non può essere separato da un'ulteriore espressione, propria del vocabolario agostiniano: umiltà. E' il segno che contraddistingue Cristo sin dal suo apparire nella grotta di Betlemme. Di fronte ad un Dio che si rivela nel segno dell'umiltà, l'uomo non può che spogliarsi di ogni segno di grandezza e di superbia. Agostino stesso lo ricorda nelle Confessioni (VII, 9, 13), riportando la propria esperienza: "In primo luogo Tu hai voluto farmi vedere come Tu ti opponi ai superbi e largisci la tua grazia agli umili; e con quanta misericordia hai additato agli uomini la via dell'umiltà, dal momento che il tuo Verbo si è fatto carne ed abitò in mezzo agli uomini". Solo chi segue la via dell'umiltà può riconoscere nel corpo di un bambino il Figlio di Dio. Da questo presupposto Agostino dà voce al suo canto lirico di contemplazione ed adorazione di fronte alla scena della Natività.