01/12

Preghiera

Questa è la mia gloria, Signore Dio mio, confessarti in eterno, perché niente ho da me, ma ogni bene ho da te, che sei Dio, tutto in tutti. (En. in Ps. 29, 13)

 

Lettura

Ai retti di cuore si addice la lode

Ai retti si addice la lode. Chi sono i retti? Coloro che dirigono il cuore secondo la volontà di Dio; e, se l’umana fragilità li turba, li consola la divina equità. Infatti, anche se desiderano, dato il loro cuore corruttibile, qualcosa di particolare che convenga ai loro affari e faccende attuali o alla necessità presente, non appena avranno capito e riconosciuto che Dio vuole un’altra cosa, antepongono la volontà del migliore alla propria, la volontà dell’Onnipotente alla volontà del debole, la volontà di Dio a quella dell’uomo. Poiché quanto Dio dista dall’uomo, altrettanto dista la volontà di Dio dalla volontà dell’uomo. Per cui Cristo, che porta su di sé l’uomo, che ci propone una norma, che ci insegna a vivere e ce ne dà la possibilità, ha voluto mostrarci una certa particolare volontà di uomo, nella quale ha impersonato la sua e la nostra, in quanto è nostro Capo e a Lui - come sapete - apparteniamo come veraci membra: Padre - ha detto - se è possibile, passi da me questo calice. Questa era la volontà umana che voleva qualcosa di proprio e come di esclusivo. Ma poiché volle essere un uomo retto di cuore, così che quanto ci fosse in Lui di un poco ritorto si dirigesse verso Colui che sempre è retto, ha aggiunto: Non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre (Mt 26, 39). Ma che male poteva volere Cristo? Che altro, in definitiva, poteva volere che non voglia anche il Padre? Per coloro che costituiscono una sola divinità, non può esserci disparità di volontà. Ma, in persona di uomo, assumendo in sé i suoi - che già aveva assunto quando disse: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare (Mt 25, 35), che ancora assunse in sé, quando dal Cielo, pur non essendo stato toccato da alcuno, gridò a Paolo che infuriava e perseguitava i santi: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9, 4) - ha mostrato una certa particolare volontà umana: ti ha così fatto conoscere te stesso e ti ha corretto. Ecco - ha detto - guardati in me: che tu possa volere qualcosa di proprio, diverso da ciò che vuole Dio, è permesso all’umana fragilità, all’umana debolezza: è difficile che non ti capiti di volere qualcosa di particolare; ma subito rifletti a chi è sopra di te. Egli è sopra di te, tu sei sotto di Lui; egli è il Creatore, tu la creatura; egli è il Signore, tu il servo; egli è l’Onnipotente, tu sei debole: per questo ti corregge, ti sottomette alla sua volontà, dicendo per te: Non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre. (En. in Ps. 32, II, 2)

 

Per la riflessione

Come potresti essere separato da Dio se già vuoi ciò che Lui vuole? Sarai dunque retto, e a te converrà la lode. (En. in Ps. 32, II, 2)

 

Pensiero agostiniano

Non presentarti a Dio con il cuore in disordine! Non opporre resistenza alla sua volontà, pretendendo che egli si pieghi alle tue voglie, mentre sei tu che devi raddrizzarti conformandoti a lui. Se ti comporterai così, proverai la felicità che assaporano tutti coloro che hanno il cuore retto. (En. in Ps. 96, 18)

 

 

02/12

 

Preghiera

Tu, esaudiscimi prontamente, Signore; irrorami, consolidami, affinché non sia polvere che il vento sospinge qua e là sulla terra. Prontamente esaudiscimi, Signore; è venuto meno il mio spirito. Non si prolunghi la mia miseria! (En. in Ps. 142, 12)

 

Lettura

La volontà e le inclinazioni

C’è di mezzo l’indole della volontà dell’individuo: se è perversa avrà inclinazioni perverse, se è retta non solo saranno immuni da colpa, ma anche degne di lode. La volontà è in tutte le inclinazioni, anzi esse non sono altro che atti di volontà. Difatti il desiderio e la gioia sono la stessa volontà nella convergenza con gli oggetti che vogliamo. E il timore e la tristezza sono la volontà nella divergenza dagli oggetti che non vogliamo. Ma l’inclinazione si chiama desiderio se siamo in convergenza cercando di raggiungere gli oggetti che vogliamo e gioia se siamo in convergenza godendo delle cose che vogliamo. Allo stesso modo la volontà è timore se siamo in divergenza da ciò che non vogliamo ci avvenga ed è tristezza se siamo in divergenza da ciò che è avvenuto sebbene non lo volessimo. In definitiva stando alla diversità degli oggetti che si intendono raggiungere o si fuggono, secondo che la volontà umana viene attratta o respinta, essa si muta e si volge alle une o alle altre emozioni. Perciò un uomo che vive secondo Dio, non secondo l’uomo, necessariamente è amante del bene, ne consegue che odia il male. E poiché chi è cattivo non lo è per essenza ma per difetto, chi vive secondo Dio deve odio totale al male in modo da non odiare l’uomo a causa di un difetto e da non amare il difetto per amore dell’uomo, ma odi il difetto, ami l’uomo. Guarito il difetto, rimarrà tutto da amare, niente da odiare. (De civ. Dei XIV, 6)

 

Per la riflessione

Quando la volontà, abbandonato l’essere superiore, si volge alle cose inferiori, diventa cattiva, non perché è male l’oggetto a cui si volge, ma perché il suo volgersi implica un pervertimento. (De civ. Dei XII, 6)

 

Pensiero agostiniano

Solleva in cielo il cuore... I gradini sono i tuoi sentimenti; la via è la tua volontà. Amando sali, trascurando discendi. Pur stando in terra, sarai in cielo se amerai Dio. (En. in Ps. 85, 6)

 

 

 

03/12

 

Preghiera

Tu mi sei riparo dall’oppressione dei peccati che ha circondato il mio cuore. In te, Signore, è la mia gioia, riscattami da quella tristezza che in me suscitano i miei peccati. (En. in Ps. 31, I, 7)

 

Lettura

Libertà dalla colpa

La prima libertà consiste nell’essere esenti da crimini. State attenti, miei fratelli, state attenti per poter capire in che consiste ora e in che consisterà nel futuro questa libertà. Per giusto che possa risultare uno in questa vita, anche ammesso che meriti il nome di giusto, non è tuttavia senza peccato. Ascolta a questo proposito ciò che dice nella sua lettera lo stesso Giovanni, autore di questo Vangelo: Se diciamo di non aver peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi (1Gv 1, 8). Questo può dirlo solo chi era libero tra i morti, e vale solo per colui che non conobbe peccato, del quale soltanto si può dire che passò come noi attraverso tutte le esperienze, tranne quella del peccato. Lui soltanto ha potuto dire: Ecco viene il principe di questo mondo, e in me non troverà nulla (Gv 14, 30). Qualsiasi altro, per giusto che possa sembrarti, non è del tutto senza peccato. Neppure lo stesso Giobbe, al quale il Signore rese una testimonianza tale da provocare l’invidia del diavolo che domandò di poterlo tentare, uscendo dalla tentazione lui sconfitto e Giobbe provato. Appunto per questo Giobbe fu provato, non perché Dio avesse bisogno di conoscerlo per incoronarlo, ma affinché fosse noto a tutti gli uomini come esempio da imitare. Ebbene, Giobbe stesso cosa dice? Chi è mondo? Neppure il bambino di un giorno (Gb 14, 4 [LXX]). E’ vero che di molti si è detto che erano giusti e irreprensibili, ma nel senso che non si poteva rimproverare loro alcun crimine; poiché non sembra giusto, trattandosi di uomini, muovere rimprovero a chi è senza crimine. Il crimine è il peccato grave, degno in tutto di riprovazione e di condanna. Ma Dio non condanna alcuni peccati, giustificandone e lodandone altri; non ne approva nessuno, li detesta tutti. (In Io. Ev. 41, 9)

Per la riflessione

Allo stesso modo che un medico odia la malattia del malato e fa di tutto per eliminare la malattia e liberare il malato, così Dio con la sua grazia opera in noi per estinguere il peccato e liberare l’uomo. (In Io. Ev. 41, 9)

 

Pensiero agostiniano

Dio ti liberi da te stesso, o tu che hai detto: Liberaci dal male. (Sermo 302, 16)

 

 

04/12

 

Preghiera

Sanami, Signore, non per i miei meriti, ma per la tua misericordia. (En. in Ps. 6, 5)

 

 

Lettura

Con la carità si onora Dio

E’ questa la libertà piena e perfetta dono del Signore Gesù che ha detto: Se il Figlio vi libererà, allora sarete veramente liberi. Ma quando sarà veramente piena e perfetta? Quando non ci saranno più nemici, quando sarà distrutta l’ultima nemica che è la morte. Bisogna infatti che questo corpo corruttibile rivesta l’incorruttibilità, che questo corpo mortale rivesta l’immortalità; ma quando questo corpo mortale si sarà rivestito dell’immortalità, allora si compirà quella parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? (1Cor 15, 26; 53-55). Che significa: morte, dov’è la tua vittoria? Che quando dominava la carne del peccato, la carne aveva desideri contrari allo spirito e lo spirito desideri contrari alla carne. Morte, dov’è la tua vittoria? Ormai vivremo, non dovremo più morire, grazie a colui che per noi è morto ed è risorto affinché coloro che vivono - dice l’Apostolo - non vivano più per se stessi, ma per colui che morì e risuscitò per essi (2Cor 5, 15). Chiamiamo il medico, noi che siamo feriti, e facciamoci portare all’albergo per essere curati. Chi assicura la guarigione è colui che ebbe misericordia di quell’uomo che i briganti abbandonarono sulla strada mezzo morto: ne curò le ferite versandovi sopra olio e vino, se lo mise sulla cavalcatura, lo portò all’albergo e lo raccomandò all’albergatore. A quale albergatore? Penso a colui che disse: Noi siamo gli ambasciatori di Cristo (2Cor 5, 20). Perché il ferito fosse curato, sborsò due denari (cf. Lc 10, 30-35); che credo siano i due precetti che racchiudono tutta la legge e i profeti. (In Io. Ev. 41, 13)

 

Per la riflessione

Anche la Chiesa, o fratelli, è quaggiù un albergo per i viandanti, poiché in essa si ha cura di chi è ferito; ma è in alto l’eredità a lei destinata. (In Io. Ev. 41, 13)

 

Pensiero agostiniano

Oh, quant’è cattivo il libero arbitrio non aiutato da Dio! Cosa riesca il libero arbitrio a fare senza Dio, l’abbiamo toccato con mano. E in tanto siamo diventati miseri, in quanto abbiamo voluto esperimentare cosa valga a fare il libero arbitrio abbandonato da Dio. (Sermo 26, 3)

 

 

 

05/12

 

Preghiera

Guarda, Signore, con misericordia e libera noi che ora t’invochiamo; liberane pure coloro che ancora non t’invocano, sì che possano invocarti ed esserne liberati. (Conf. I, 10.16)

 

Lettura

La liberazione mediante il sangue di Cristo

Se vogliamo sapere in che modo l’uomo cadde prigioniero, interroghiamo l’apostolo Paolo. Egli più d’ogni altro geme in tale prigionia e sospira verso l’eterna Gerusalemme, sicché è in grado d’insegnarci come debba gemere chi è animato dallo Spirito, se lo stesso Spirito animava lui e gli strappava dei gemiti. Dice infatti: Tutta la creazione è nel gemito e soffre dolori fino ad oggi. E ancora: La creatura è sottoposta alla vanità, non perché l’abbia voluto lei, ma a motivo di chi ve l’ha assoggettata nella speranza (Rom 8, 20). Chiama "ogni creatura" gli uomini che, sebbene avviati alla fede, tuttavia non credono ancora e che egli vede gemere in mezzo ai disagi. Ma si tratta veramente solo di questi, sicché nei credenti la creatura non geme più né è più fra i dolori del parto? Ascoltiamo come prosegue: Né solo costoro, ma anche noi, pur avendo le primizie dello Spirito, cioè noi che nello Spirito adoriamo Dio, che interiormente abbiamo abbracciato la fede in Dio e mediante questa fede abbiamo offerto a Dio una specie di primizia a cui seguiranno quelle altre primizie che siamo noi stessi. Ebbene, anche noi gemiamo nel nostro intimo in attesa dell’adozione a figli, cioè della liberazione del nostro corpo (Rom 8, 23). Gemeva l’Apostolo e, come lui, gemono tutti i fedeli che attendono l’adozione a figli e la redenzione del loro corpo. Dove gemono? Nella mortalità in cui si trovano. E qual è la liberazione che attendono? Quella del loro corpo, anticipata nella persona del Signore, risorto da morte e asceso al cielo. (En. in Ps. 125, 2)

 

Per la riflessione

Finché non s’avverano queste promesse, dobbiamo gemere e ciò anche se abbiamo la fede e la speranza. (En. in Ps. 125, 2)

 

Pensiero agostiniano

Felice la necessità che ci costringe a cose migliori. (Ep. 127, 8)

 

 

06/12

 

Preghiera

O beni del Signore, dolci, immortali, incomparabili, eterni, immutabili! Quando vi vedrò, o beni del Signore? Ho fede di vedervi, ma non nella terra di coloro che muoiono. Ho fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi. (En. in Ps. 26, II, 22)

 

Lettura

La legge umana e quella divina

Ecco le proprietà. In nome di quale diritto le rivendichi? In nome del diritto divino o di quello umano? Mi diranno che il diritto divino si trova nelle Scritture, quello umano nelle leggi dei re. Io replico: a che titolo uno possiede una cosa? non forse in virtù del diritto umano? perché in virtù del diritto divino al Signore appartiene la terra e la sua pienezza (Sal 23, 1). Con una medesima terra Dio ha creato i poveri e i ricchi ed una medesima terra sostiene i poveri e i ricchi. Tuttavia è in virtù del diritto umano che uno dice: questa terra è mia, questa casa è mia, questo servo è mio. Dunque in virtù del diritto umano, del diritto degli imperatori. E perché? Perché questi diritti Dio li ha distribuiti al genere umano per mezzo degli imperatori e dei re di questo mondo. Volete che prendiamo atto delle leggi degli imperatori e in base ad esse definiamo la questione della proprietà? Se volete possedere basandovi sul diritto umano, si proceda alla lettura delle leggi degli imperatori, e vediamo se era loro intenzione che gli eretici fossero proprietari. Ma che mi importa dell’imperatore! - dirai. Gli è che tu possiedi la terra in base al diritto da lui fissato. Sopprimendo questo diritto, nessuno potrà dire: questa terra è mia, questo servo è mio, questa casa è mia. Se, invece, gli uomini hanno questa proprietà perché ne hanno ricevuto il diritto dai re, volete che leggiamo queste leggi per convincervi che se godete il possesso anche soltanto di un orto, non lo dovete se non alla mansuetudine della colomba, che se non altro vi ci lascia? (In Io. Ev. 6, 25)

 

Per la riflessione

Tutti gli uomini che amano queste cose, - che Cristo non volle avere, perché voleva mostrare non possedendole, che erano da disprezzarsi, non già perché non avesse il potere di possederle, - tutti coloro che amano queste cose disprezzano Lui. (En. in Ps. 30, II, d. 3, 5)

 

Pensiero agostiniano

Non amate le cose temporali, perché se si amassero come un bene, le amerebbe l’uomo che il Figlio di Dio ha assunto. (De agone christiano 11.12)

 

 

07/12

 

Preghiera

Saggia al fuoco i miei reni e il mio cuore. Applica come fuoco la medicinale purificazione ai miei piaceri e ai miei pensieri. (En. in Ps. 25, I, 3)

 

Lettura

Per conseguire la santità

Per conseguire la santità dobbiamo esser forniti di queste tre doti: la verecondia del corpo, la castità del cuore, la verità della dottrina. Quanto alla verecondia del corpo, nessuno può violarla senza il consenso e l’approvazione dell’anima. Non è infatti impudicizia una cosa, qualunque sia, che ci raggiunga nel corpo per una violenza esterna senza che noi diamo alcun consenso, anzi restando contrari. Riguardo a questo, possono esserci dei motivi per permettere la cosa ma nessuno per acconsentirvi. Vi acconsentiamo quando approviamo il male e lo vogliamo; non lo vogliamo invece, ma solo lo permettiamo quando lo facciamo per evitare una qualche sconcezza più grave. Se al contrario si acconsente all’impudicizia del corpo, un tale atto viola anche la castità del cuore. In effetti la castità del cuore consiste nella volontà rivolta al bene e nell’amore sincero, che non è violato se non quando amiamo e desideriamo ciò che la Verità ci insegna di non dover amare o desiderare. Occorre dunque conservare la nitidezza della dilezione tanto verso Dio quanto verso il prossimo, poiché è con essa che viene consacrata la castità del cuore. Con tutte le forze e con devote suppliche ci si deve impegnare affinché, quando fosse insidiata la pudicizia del nostro corpo, nessuna attrattiva venga a toccare i sensi dell’anima, nemmeno quelli che, essendo più all’esterno, sono collegati con la carne. Se questo non sarà possibile, si conservi la castità del cuore negando il consenso [a tali moti]. Nella castità del cuore è poi importante conservare i requisiti dell’innocenza e della benevolenza, per quel che riguarda l’amore del prossimo, e la pietà per quanto riguarda l’amore di Dio. (De mendacio 19, 40)

 

Per la riflessione

Contro le seduzioni e le minacce del nemico Dio ci doni le due virtù: continenza e sopportazione: contenere i piaceri, perché le prosperità non ci seducano; sopportare i terrori perché le contrarietà non ci spezzino. (Sermo 20, 2)

 

Pensiero agostiniano

Chi ha perduto la costanza si è effeminato, ha perduto il suo vigore. (Sermo 26, II, 23)

 

 

08/12

 

Preghiera

Brucia i miei piaceri, Signore, brucia i miei pensieri in modo che non pensi nulla di male e non provi piacere in alcun male. (En. in Ps. 25, 7)

 

Lettura

Parentela di sangue e parentela spirituale

Un giorno – racconta il Vangelo – la madre e i fratelli di Gesù (cioè i suoi cugini) si fecero annunziare, ma rimasero fuori casa perché la folla non permetteva loro di avvicinarsi [al Maestro]. Gesù uscì in queste parole: Chi è mia madre? e chi sono i miei fratelli? E stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: Ecco i miei fratelli! Poiché, chiunque fa la volontà del Padre mio, questi è mio fratello e madre e sorella. (Mt 12, 48s) Ci insegnava con questo ad attribuire più importanza al nostro parentado spirituale che non a quello carnale. Ci insegnava a ritenere beata la gente, non per i vincoli di parentela o di sangue che vanta con persone giuste e sante, ma perché, attraverso l’obbedienza e l’imitazione, si adeguano al loro insegnamento e alla loro condotta. Proprio come Maria, la quale, se fu beata per aver concepito il corpo di Cristo, lo fu maggiormente per aver accettato la fede nel Cristo. A quel tale, infatti, che aveva esclamato: Beato il grembo che ti ha portato!, il Signore replicò: Beati sono, piuttosto, coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano. (Lc 11, 27-28) Si sa di certi fratelli di Gesù (cioè suoi parenti di famiglia), che non credettero in lui. A costoro cosa giovò la parentela che li univa a Cristo? E così anche per Maria: di nessun valore sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non l’avesse portato nel cuore, con una sorte più fortunata di quando lo concepì nella carne. (De sancta virginitate 3.3)

 

Per la riflessione

Quanto a Maria, essa adempì la volontà del Padre; e in tal modo, se fisicamente fu soltanto madre di Cristo, spiritualmente gli fu sorella e madre. (De sancta. virg. 5.5)

 

Pensiero agostiniano

Maria concepì e rimase vergine sempre: nel concepimento, nel parto e fino alla morte. (De catechizandis rudibus 22, 40)

 

 

 

09/12

 

Preghiera

Ti lodi per le creature passeggere la mia anima, Dio creatore di tutto, ma senza lasciarsi in esse invischiare dall’amore, attraverso i sensi del corpo. (Conf. IV, 10.15)

 

Lettura

Le vergini sagge del Vangelo

Nel numero cinque [delle vergini] debbono comprendersi numerose migliaia, né di sole donne ma anche di uomini. Se l’uno e l’altro sesso è chiamato con nome femminile, è perché si ha in mente la Chiesa, e la Chiesa, formata da persone di ambo i sessi, è chiamata vergine. Vi ho fidanzati ad un solo uomo, per presentarvi a Cristo come una vergine pura (2Cor 11, 2). Di pochi è la verginità in senso fisico, di tutti dev’essere la verginità del cuore. La verginità fisica è il corpo intatto, la verginità del cuore è la fede incorrotta. Tutta la Chiesa quindi è detta vergine e, con nome maschile, si chiama popolo di Dio. Questo popolo di Dio comprende persone dei due sessi, e costituisce un unico popolo e una sola Chiesa e un’unica colomba. In questa verginità sono comprese innumerevoli migliaia di santi. Le cinque vergini pertanto rappresentano tutte le anime che entreranno nel regno di Dio. Né è senza motivo l’uso del numero cinque, in quanto cinque sono i sensi del corpo, a tutti noti. Cinque sono le porte per cui le cose attraverso il corpo entrano nell’anima. Ciò che potresti desiderare in modo disordinato entra o per gli occhi o per gli orecchi o per l’odorato o per il gusto o per il tatto. Chiunque non avrà lasciato libero l’ingresso alla corruzione per nessuna di queste cinque porte sarà computato nel numero delle cinque vergini. Si accorda l’ingresso alla corruzione consentendo ai cattivi desideri. (En. in Ps. 147, 10)

 

Per la riflessione

Il Signore, quando dice: Siano cinti i vostri lombi, inculca la continenza da ogni affezione per le cose mondane, e quando parla di lucerne accese si riferisce ancora alla continenza, che dev’essere da voi praticata per un fine giusto e con retta intenzione. (Quaestiones Evangeliorum II, 25)

 

Pensiero agostiniano

Quanto a te, rimarrai fuori a bussare inutilmente se non ti sarai interessato d’essere vergine di cuore o, se sarai stato vergine, lo sarai stato fra le vergini stolte. (En. in Ps. 147, 10)

 

 

10/12

 

Preghiera

O Signore, libera la mia anima (Sal 114, 4). Sono vere certamente anche queste cose, dice; tuttavia per "giorni miei" mi piace di più intendere i giorni della mia miseria e della mia mortalità, i giorni che risentono di Adamo e sono pieni di stenti e di sudore, i giorni condotti secondo il vecchio uomo e avviati alla corruzione del sepolcro. Io infatti sono un uomo prostrato a terra, immerso nel fango dell’abisso (Sal 68, 3). (En. in Ps. 114, 3)

 

Lettura

Anche se il giudizio di Dio fosse lontano, non lontana è la fine della tua vita

"Ma il giudizio, dirai tu, è ancora così lontano". Prima di tutto chi te lo ha detto che il giorno del giudizio è lontano? E se è lontano il giorno del giudizio, è lontano anche il tuo giorno? Come puoi sapere quando sarà? Quanti si sono addormentati sani e sono rimasti stecchiti! La nostra morte non la portiamo forse con noi, nella nostra carne? Non siamo forse più fragili che se fossimo di vetro? Il vetro infatti, per quanto fragile, se ci si sta attenti, può durare a lungo, e puoi trovare bicchieri di avi e di proavi nei quali bevono [ancora] nipoti e pronipoti. Una fragilità così grande, se ben custodita, può diventare annosa. Noi uomini invece, con tutto questo accavallarsi di morti quotidiane, andiamo avanti veramente fragili. E quand’anche non capitino dei casi repentini, non possiamo tuttavia vivere a lungo. Veramente breve è la vita umana. Tutta, dall’infanzia fino alla vecchiaia più decrepita, è veramente breve. Adamo, se fosse ancor vivo e dovesse morire oggi, a che gli avrebbe giovato una vita così lunga? E ci si aggiunga che quello stesso giorno, che già fermenta quasi naturalmente per [qualche] malattia nascosta, è quanto mai incerto. Tutti i giorni muoiono degli uomini. E quelli che restano ne fanno il trasporto, ne celebrano le esequie e si lusingano di sopravvivere a lungo. Ma nessuno dice: "Voglio correggermi, perché non voglio essere domani quello che è costui di cui ho fatto il trasporto". (Sermo 17, 7)

 

Per la riflessione

E’ necessario che tu ti converta, perché, rimandando, non sia sorpreso da morte improvvisa e così non si trovi proprio nulla che tu abbia radunato nel presente per poi possedere nel futuro. (Sermo 18, 5)

 

Pensiero agostiniano

Tu, che sei amante di una vita lunga, siilo piuttosto di una vita buona. Perché se tu vorrai vivere malamente, alla lunga la vita non sarà un vero bene, ma un lungo male. (Sermo 16, 2)

 

 

11/12

 

Preghiera

Tu, o Signore, ci salverai e ci custodirai da questa generazione e per sempre: qui come miseri e poveri, là come potenti e ricchi. (En. in Ps. 11, 8)

 

Lettura

Cristiani di nome, non di fatto!

Il mondo è tutto cristiano e in pari tempo è tutto empio; gli empi infatti sono sparsi in tutto il mondo e lo stesso si verifica per le persone pie: gli uni non conoscono gli altri. Come sappiamo che non si conoscono a vicenda? Da questo: che gli empi lanciano insulti contro coloro che vivono bene. Fate bene attenzione perché costoro si trovano forse anche in mezzo a voi. Ciascuno di voi già vive religiosamente, già disprezza le cose del secolo, non va agli spettacoli, non si ubriaca come si trattasse di un rito, non si rende impuro (e la cosa è molto importante) nelle feste dei santi, col pretesto di ottenere il loro patrocinio. Perché mai, dunque, chi non compie tali azioni viene insultato da chi le compie? Ma come potrebbe essere oggetto di insulto, se fosse conosciuto? Perché allora non sono conosciuti? Perché il mondo non conosce il Padre. Chi sono coloro che formano il mondo? Evidentemente quelli che abitano il mondo, così come, dicendo casa, si intende parlare dei suoi abitatori. Queste cose già le abbiamo dette e ripetute, né ci stanchiamo di ripeterle. Quando sentite parlare del mondo in senso cattivo, dovete intendere solo gli amatori del mondo. Essi abitano nel mondo in quanto lo amano; e poiché lo abitano, hanno anche meritato di assumerne il nome. (In 1 Io. Ep. 4, 4)

 

Per la riflessione

Per un medico dalla potenza infinita non esiste nessun male inguaribile. Tu devi solo permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue mani: Egli sa bene quel che c’è da fare. (En. in Ps. 102, 5)

 

Pensiero agostiniano

Molti si dicono cristiani, ma in definitiva non lo sono, non sono ciò che il loro nome significa. (In 1 Io. Ep. 4, 4)

 

 

12/12

 

Preghiera

T’invoca, Signore, la mia fede, che mi hai dato e ispirato mediante il tuo Figlio fatto uomo. (Conf. I, 1.1)

 

Lettura

Dio gradisce i sacrifici della fede e della lode

Fate voti al Signore, Dio vostro, e adempiteli (Sal 75, 12). Che voti farete? che voti adempirete? Offrirete, forse, quegli animali che venivano offerti una volta sugli altari? Nulla di tutto questo! Devi trovare in te stesso la materia del voto che pronunzi e manterrai. Dallo scrigno del cuore offri l’incenso della lode; dal segreto della buona coscienza offri il sacrificio della fede. Ciò che offri, brucialo con la fiamma della carità. Non manchino in te i sacrifici di lode, che tu prometti e mantieni a Dio. Di quale lode? Che cosa ti ha egli donato? Perché hai liberato la mia anima dalla morte. È, questa, la vita che egli raccontava al Signore. O Dio, diceva, ti ho narrato la vita mia. Che cosa ero? Un morto. Per quel che dipendeva da me, ero morto. E che cosa sono per opera tua? Uno che vive. Perciò, o Dio, sono in me i voti che ho fatti a te e che adempirò. Io amo il mio Dio: nessuno me lo toglie. Come pure nessuno mi può togliere ciò che do a lui, perché è racchiuso nel mio cuore. Con tale estrema fiducia, dice giustamente: Che cosa mi farà l’uomo? Si accanisca pure contro di me! Gli sia permesso di incrudelire e di compiere tutto ciò che vuol fare: che cosa mi potrà togliere? L’oro, l’argento, gli animali, i servi, le serve, le proprietà, le case? Tolga pure ogni cosa! Mi potrà, forse, togliere i voti che sono in me e che adempirò a lode di Dio? (En. in Ps. 55, 19)

 

Per la riflessione

Fratelli, tutte queste cose ci debbono insegnare ad amare Dio con disinteresse, a sperare sempre in lui e a non temere né l’uomo né il diavolo. (En. in Ps. 55, 20)

 

Pensiero agostiniano

Hai ricevuto il pegno, esso ti viene offerto ogni giorno. Tu che vivi del pegno, non disperare. (Sermo 334, 2)

 

 

13/12

 

Preghiera

Eccolo il mio cuore, mio Dio, eccolo nel suo intimo. Vedilo attraverso i miei ricordi, o speranza mia, tu che mi purifichi dall’impurità di questi sentimenti, dirigendo i miei occhi verso di te e strappando dal laccio i miei piedi (Sal 24, 15). (Conf. IV, 6.11)

 

Lettura

Cerchiamo prima il regno e la giustizia di Dio

Dobbiamo con cuore sincero fare del bene per tutti in vista del regno di Dio e nel compiere l’opera buona non attendere la ricompensa degli utili nel tempo o sola o assieme al regno di Dio. E a significare tutte le cose nel tempo ha indicato il domani, dicendo: Non affannatevi per il domani. Difatti non si può indicare il domani se non nel tempo, in cui al passato segue il futuro. Dunque quando compiamo qualche buona azione, non pensiamo alle cose del tempo, ma dell’eternità. Allora l’azione sarà buona e perfetta. Infatti il domani, soggiunge, avrà già per sé le sue inquietudini, ossia: quando sarà necessario, prendi il cibo, la bevanda, il vestito, quando cioè il bisogno comincerà a pressare. Vi saranno allora questi utili, perché il nostro Padre sa che di tutte queste cose abbiamo bisogno. Infatti, conclude, a ciascun giorno basta la sua afflizione (Mt 6, 34), cioè: Basta che ad usare questi beni solleciti il bisogno, e ritengo che appunto per questo l’ha considerata afflizione, perché è per noi causa di pena, in quanto appartiene a questa soggezione alla sofferenza e alla morte che abbiamo meritato peccando. Dunque alla pena del bisogno nel tempo non aggiungere un male più grave, al punto che non solo soffri la mancanza di questi beni, ma anche che soltanto per soddisfarla onori Dio. (De sermone Domini in monte, II, 17.56)

 

Per la riflessione

Il nostro medico considera queste afflizioni come rimedi perché una volta per sempre ci siamo affidati interamente a lui e da lui abbiamo la garanzia della vita presente e della futura quando deve aggiungere quando togliere, come giudica che a noi giovi. Infatti egli ci guida e dirige per confortarci ed esercitarci in questa vita e per costituirci perennemente dopo questa vita nel riposo eterno. (De sermone Domini in monte, II, 17.58)

 

Pensiero agostiniano

Se osserverai i suoi comandamenti avrai la pace, la felicità, l’eternità, l’immortalità. Come sei certo di questo, così devi essere convinto che, se non ti curerai dei suoi comandamenti, incorrerai nella morte, nei tormenti del fuoco eterno, e sarai dannato insieme col diavolo. (En. in Ps. 94, 15)

 

 

 

14/12

 

Preghiera

Non perdere con gli empi la mia anima. Non perdere dunque insieme con coloro che ti hanno odiato la mia anima, che ha amato la bellezza della tua casa. E la mia vita con gli uomini sanguinari: con coloro che hanno odiato il loro prossimo. Con questi due precetti infatti è resa bella la tua dimora. (En. in Ps. 25, I, 9)

 

Lettura

Imita gli uomini buoni

Non credere poi che gli uomini malvagi, sebbene entrino fra le pareti di una chiesa, possano entrare nel regno dei cieli; giacché, se non muteranno in meglio se stessi, a tempo debito saranno separati dai giusti. Imita dunque gli uomini buoni, sopporta i malvagi, ama tutti, poiché non sai che cosa sarà domani chi oggi è malvagio. E non amare la loro ingiustizia, ma amali perché apprendano la giustizia. Poiché non ci è stato solo comandato l’amore a Dio, ma anche l’amore del prossimo: due comandamenti nei quali si raccoglie tutta la Legge e i profeti. E non compie la legge se non chi avrà ricevuto in dono lo Spirito Santo, del tutto uguale al Padre e al Figlio: perché la stessa Trinità è Dio e in questo Dio deve essere riposta ogni speranza. Non la si deve riporre nell’uomo, chiunque egli sia. Occorre distinguere infatti tra Colui dal quale siamo giustificati e coloro insieme ai quali siamo giustificati. Per parte sua il diavolo induce in tentazione non solo attraverso le passioni, ma anche attraverso le paure provocate dagli scherni, dai dolori e dalla morte stessa. Ma qualunque cosa l’uomo avrà patito per il nome di Cristo e per la speranza della vita eterna, e avrà sopportato perseverando, varrà ad accrescergli la ricompensa. Se avrà acconsentito al diavolo, con lui sarà dannato. (De catechizandis rudibus 22, 40)

 

Per la riflessione

Le opere di misericordia, accompagnate da una devota umiltà, ottengono dal Signore che egli non permetta che i suoi servi siano tentati più di quanto possano tollerare. (De catechizandis rudibus 22, 40)

 

Pensiero agostiniano

Indubbiamente il diavolo è stato incatenato, né gli è permesso di fare tutto quello che potrebbe e vorrebbe. Tuttavia gli è consentito di tentare ancora, nella misura in cui le tentazioni giovano a farci progredire. (En. in Ps. 63, 1)

 

 

15/12

 

Preghiera

Esaudisci, o Signore, la [mia] voce interiore che con intenso desiderio ho diretto alle tue orecchie. Abbi pietà di me ed in essa esaudiscimi. (En. in Ps. 26, 7)

 

Lettura

La verecondia del corpo

Quanto alla verecondia del corpo, nessuno può violarla senza il consenso e l’approvazione dell’anima. Non è infatti impudicizia una cosa, qualunque sia, che ci raggiunga nel corpo per una violenza esterna senza che noi diamo alcun consenso, anzi restando contrari. Riguardo a questo, possono esserci dei motivi per permettere la cosa ma nessuno per acconsentirvi. Vi acconsentiamo quando approviamo il male e lo vogliamo; non lo vogliamo invece ma solo lo permettiamo quando lo facciamo per evitare una qualche sconcezza più grave. Se al contrario si acconsente all’impudicizia del corpo, un tale atto viola anche la castità del cuore. In effetti la castità del cuore consiste nella volontà rivolta al bene e nell’amore sincero, che non è violato se non quando amiamo e desideriamo ciò che la Verità ci insegna di non dover amare o desiderare. Occorre dunque conservare la nitidezza della dilezione tanto verso Dio quanto verso il prossimo, poiché è con essa che viene consacrata la castità del cuore. Con tutte le forze e con devote suppliche ci si deve impegnare affinché, quando fosse insidiata la pudicizia del nostro corpo, nessuna attrattiva venga a toccare i sensi dell’anima, nemmeno quelli che, essendo più all’esterno, sono collegati con la carne. Se questo non sarà possibile, si conservi la castità del cuore negando il consenso [a tali moti]. Nella castità del cuore è poi importante conservare i requisiti dell’innocenza e della benevolenza, per quel che riguarda l’amore del prossimo, e la pietà per quanto riguarda l’amore di Dio. (De mendacio 19.40)

 

Per la riflessione

L’innocenza sta nel non nuocere ad alcuno, la benevolenza si ha quando ci rendiamo utili a chi ci è possibile; la pietà consiste nell’onorare Dio. (De mendacio 19.40)

 

Pensiero agostiniano

L’integrità della castità esercita tanta influenza sull’anima che, rimanendo questa inviolata, la pudicizia non può rimanere violata neppure nel corpo, anche nel caso che le membra abbiano sofferto la violenza. (Ep. 111, 9)

 

 

16/12

 

Preghiera

O Signore, libera la mia anima! (Sal 114, 4) In effetti io sono un uomo misero, e chi mi libererà da questo corpo mortale se non la grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo? (Rom 7, 24) (En. in Ps. 114, 4)

 

Lettura

Nella solitudine, se l’anima è attenta, Dio si lascia vedere

Noi portiamo il prossimo e camminiamo verso Dio; e allo stesso modo che noi non vediamo ancora Colui verso il quale camminiamo, così quello non conosceva ancora Gesù. E’ un mistero che ci viene suggerito: noi crediamo in Colui che ancora non vediamo, ed Egli per non esser visto, scompare tra la folla. E’ difficile scorgere Cristo in mezzo alla folla. La nostra anima ha bisogno di solitudine. Nella solitudine, se l’anima è attenta, Dio si lascia vedere. La folla è chiassosa: per vedere Dio è necessario il silenzio. Prendi il tuo lettuccio, porta il tuo prossimo, dal quale sei stato portato; e cammina per raggiungere Dio. Non cercare Gesù tra la folla, perché egli non è uno della folla: ha preceduto in tutti i modi la folla. Quel grande Pesce salì per primo dal mare e siede in cielo ad intercedere per noi: egli solo, come grande sacerdote, è penetrato nel Santo dei Santi oltre il velo, mentre la folla rimane fuori. Cammina, tu che porti il prossimo; purché abbia imparato a portarlo, tu che eri abituato a farti portare. Insomma, tu ancora non conosci Gesù, ancora non vedi Gesù; ma ascolta ciò che segue. Siccome quello non abbandonò il suo lettuccio e seguitava a camminare, poco dopo Gesù lo incontrò nel tempio. Non lo aveva incontrato in mezzo alla folla, lo incontrò nel tempio. Il Signore Gesù vedeva lui sia tra la folla, sia nel tempio; l’infermo non riconobbe Gesù tra la folla, ma solo nel tempio. Quello, dunque, raggiunse il Signore: lo incontrò nel tempio, nel luogo sacro, nel luogo santo. (In Io. Ev. 17, 11)

 

Per la riflessione

Aspettate, vi prego, di aver fatto ulteriori progressi nella via di Dio. Per vedere questo bisogna essere arrivati nel tempio di Dio, nel luogo santo. Caricatevi del prossimo e camminate. Arriverete a vedere Dio là dove non avrete più bisogno di parole umane. (In Io. Ev. 17, 14)

 

Pensiero agostiniano

Per poter vedere Dio, purifichiamo i nostri cuori con la fede, risaniamoli con la carità, rafforziamoli nella pace. (Sermo 23, 18)

 

 

17/12

 

Preghiera

Sia quando ci accarezzi perché non ci affatichiamo nella via, sia quando castighi perché non andiamo fuori strada: O Signore, tu sei diventato per noi un rifugio. (Sal 89, 1) (Sermo 55, 6.6)

 

Lettura

Il prestigio del corpo umano

Quanta bontà di Dio e quanta provvidenza del grande Creatore si manifesta nel corpo stesso, sebbene esso per la soggezione al morire sia comune con le bestie e più debole nell’uomo che in molte di esse. Infatti in esso la posizione dei sensi e le altre membra non sono forse così disposte, l’aspetto, l’atteggiamento e la statura di tutto il corpo non sono forse così regolati che esso si rivela organizzato per il servizio dell’anima razionale? Notiamo appunto che l’uomo non è stato creato come gli animali privi di ragione e chini verso la terra, ma la forma del corpo, che si erge verso il cielo, fa pensare che egli capisca le cose dell’alto. La sorprendente facilità di movimento, che è stata assegnata alla lingua e alle mani, appropriata e congiunta al parlare e allo scrivere e a compiere le opere di molte tecniche e servizi, non dimostra forse chiaramente a quale anima, per esserle sottomesso, è stato unito un corpo simile? Però a parte le inevitabili contingenze dell’agire, l’accordo di tutte le parti è così ritmico e attraente e si corrisponde con tale limpida simmetria che non sai se nel formarlo è stato osservato di più il criterio dell’utilità che della bellezza. (De civ. Dei XXII, 24.4)

 

Per la riflessione

La bellezza dei corpi è un bene che è dono di Dio, ma è concessa anche ai cattivi perché non sembri un gran bene ai buoni. (De civ. Dei XV, 22)

 

Pensiero agostiniano

La prosperità è un dono di Dio con cui ci vuole consolare, mentre l’avversità è un dono di Dio con cui ci vuole avvertire. (Ep. 210.1)

 

 

18/12

 

Preghiera

Tu sei lo stesso, non sei mutato. Vedo mutati i tempi, non muta il Creatore dei tempi. Tu sei lo stesso mio re e mio Dio. Tu sei solito guidarmi, tu reggermi, tu soccorrermi. (En. in Ps. 43, 5)

 

Lettura

La lode quotidiana per il Creatore

Il miracolo con cui nostro Signore Gesù Cristo cambiò l’acqua in vino, non sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore che aveva fatto riempire di acqua (Gv 2, 6-11), è quello stesso che ogni anno fa ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto meriterebbe maggior considerazione di quanto avvenne dentro le anfore piene d’acqua. Come è possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come sopraffatti da tanti prodigi? Che meraviglia, ad esempio, e quale sgomento prova chi considera la potenza anche d’un granello di un qualsiasi seme! Ma siccome gli uomini, ad altro intenti, trascurano di considerare le opere di Dio, e trarne argomento di lode quotidiana per il Creatore, Dio si è come riservato di compiere alcune cose insolite, per scuotere gli uomini dal loro torpore e richiamarli al suo culto con nuove meraviglie. Risuscita un morto e tutti rimangono meravigliati; eppure ogni giorno ne nascono tanti e nessuno ci bada. Ma se consideriamo più attentamente, è un miracolo più grande creare ciò che non era, che risuscitare ciò che era. (In Io. Ev. 8, 1)

 

Per la riflessione

Noi contempliamo le opere del Signore e se in noi c’è il suo Spirito, ci piacciono e c’invitano a lodare l’artefice; eviteremo così di volgerci a queste opere allontanandoci dal loro artefice o di rivolgere, per così dire, il volto a queste creature voltando le spalle al loro creatore. (In Io. Ev. 8, 1)

 

Pensiero agostiniano

Dio è tutto per te, è tutto quello che ami. (In Io. Ev. 13, 5)

 

 

19/12

 

Preghiera

Mettimi alla prova e sperimentami, o Signore, perché nulla in me rimanga nascosto; rendimi noto, non a te, cui niente è nascosto, ma a me e agli uomini. (En. in Ps. 25, I, 3)

 

Lettura

Quel che hai è dono di Dio; tuo è solo il peccato

Considera dunque, o anima, tutte le retribuzioni di Dio ripensando a tutte le tue azioni malvagie, perché quante sono queste tue azioni malvagie, altrettante sono le retribuzioni buone che ti vengono da lui. E tu che cosa gli potrai offrire in contraccambio? Quali regali, quali doni, quali sacrifici? Dato che non dimentichi le sue retribuzioni, eccolo il sacrificio di cui egli si compiace: Benedici, anima mia, il Signore. Il sacrificio della lode mi darà gloria: immola a Dio il sacrificio della lode, e rendi all’Altissimo i tuoi voti (Sal 49, 14.23). Dio vuole essere lodato da te, e lo vuole per il tuo progresso spirituale, non per la sua esaltazione. Non esiste in assoluto qualcosa che tu gli possa rendere: ciò che richiede, non per sé, ma per te lo richiede e a te riuscirà utile, a te è riservato. Non desidera da te quel che possa ingrandirlo, ma quel che valga a condurti a lui. Per tale ragione i martiri cercavano qualcosa da offrirgli, e quasi venendo meno perché non trovavano nulla, ripetevano: Che cosa io renderò al Signore in cambio di tutto quel che mi ha retribuito? (Sal 115, 12s) Essi non trovarono altro da rendergli se non questo: Prenderò il calice di salvezza, ed invocherò il nome del Signore. Che cosa dunque renderai al Signore? Te lo sei domandato senza riuscire a trovare nulla: Prenderò il calice di salvezza. Che cosa? Questo calice di salvezza non te l’ha dato lo stesso Signore? Prova a rendergli qualcosa del tuo, se ci riesci. No anzi - vorrei dirti - non lo fare, non rendere qualcosa del tuo: è Dio che non vuole che gli renda qualcosa del tuo, perché in questo caso gli renderesti il peccato. Difatti tutto ciò che hai, l’hai in quanto ricevuto da lui: soltanto il peccato l’hai come cosa tua. Egli non vuole che gli sia reso qualcosa del tuo: lo vuole del suo. […] Ma che significa prendere il calice di salvezza? Significa imitare i patimenti del Signore. (En. in Ps. 102, 4)

 

Per la riflessione

Tu, nel rendere i tuoi voti, devi sempre ricordare di aver ricevuto quello che rendi; perciò la tua anima deve benedire il Signore, in modo da non dimenticare tutte le sue retribuzioni. (En. in Ps. 102, 4)

 

Pensiero agostiniano

Brutta cosa è il sonno dell’anima! Tanto brutta quanto bello è il sonno del corpo, con il quale si ristora la salute. Sonno dell’anima è dimenticare Dio. (En. in Ps. 62, 4)

 

 

20/12

 

Preghiera

O Signore, ascoltaci. Rinnovaci tu che ci hai creati. Tu che hai fatto di noi degli uomini illuminati, fa’ di noi dei buoni. Codesti biancovestiti, illuminati, ascoltano la tua parola per mio tramite. Poiché illuminati dalla tua grazia, sono alla tua presenza. Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Ma tanto più s’impegnino, tanto più preghino affinché, quando saranno trascorsi questi giorni, i giorni [dell’Ottava di Pasqua] non diventino tenebre essi che sono diventati la luce dei prodigi e dei benefici di Dio. (Sermo 120, 3)

 

Lettura

Dio coronerà i suoi doni, non i nostri meriti

Si dà forse il caso che tu abbia cominciato a presumere di te, sentendo quel Ti corona. Forse hai concluso: io sono grande, perché io ho lottato. Con quali forze? Sì, con le tue, ma lui te le ha date. È evidente che tu stia lottando e sarai coronato perché vincerai; devi considerare però chi ha vinto per primo e chi, in secondo luogo, ha fatto di te un vincitore. Io - egli dice - ho vinto il mondo: rallegratevi! (Gv 16, 33) E come ci rallegriamo, se egli ha vinto il mondo? Come se lo avessimo vinto noi stessi? Sì, noi ci rallegriamo, perché noi l’abbiamo vinto: se siamo stati vinti in noi, in lui l’abbiamo vinto. Egli dunque ti corona, perché corona i suoi doni e non i tuoi meriti. Ben più di tutti quelli io ho faticato, dice l’Apostolo; ma considera quello che aggiunge: Non io però, ma la grazia di Dio insieme con me (1Cor 15, 10). E dopo tutte le sue fatiche egli si attende la propria corona, dicendo: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede; per il resto è riservata per me la corona della giustizia, che mi darà in quel giorno il Signore come giudice giusto (2Tim 4, 7-8). E perché me la darà? Perché ho combattuto la battaglia, perché ho terminato la corsa, perché ho conservato la fede. E in che modo hai combattuto, in che modo hai conservato la fede? Non io però, ma la grazia di Dio insieme con me. Se dunque tu sei coronato, ciò avviene per la misericordia di Dio. Per nessuna ragione tu devi essere superbo: loda sempre il Signore, senza mai dimenticare tutte le sue retribuzioni. È una sua retribuzione che tu, pur essendo peccatore ed empio, sia stato chiamato alla grazia della giustificazione. È una sua retribuzione che tu sia stato rialzato e sorretto per più non cadere. È una sua retribuzione che ti siano state fornite le energie necessarie per perseverare fino alla fine. È una sua retribuzione che anche questa tua carne, di cui senti il peso continuo, risorga e non cada dalla tua testa neppure un capello. È una sua retribuzione che, dopo essere risorto, tu sia coronato. È una sua retribuzione che tu possa lodare eternamente il tuo Dio senza mai venir meno. (En. in Ps. 102, 7)

 

Per la riflessione

Se vuoi che la tua anima benedica il Signore, che ti corona con la sua compassione e misericordia, non dimenticare tutte le sue retribuzioni. (En. in Ps. 102, 7)

 

Pensiero agostiniano

Egli ti corona, perché corona i suoi doni e non i tuoi meriti. (En. in Ps. 102, 7)

 

 

21/12

 

Preghiera

Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace. (Conf. X, 27.38)

 

Lettura

Umiltà di Cristo

La prima volta Cristo è venuto umile ed occulto; e tanto più occulto quanto più umile. Ma i popoli, disprezzando nella loro superbia l’umiltà di Dio, misero in croce il loro Salvatore, e ne fecero il loro giudice.

Ma colui che è venuto la prima volta in modo occulto, in quanto è venuto nell’umiltà, non dovrà forse venire poi in modo manifesto, nella sua gloria? Avete ascoltato poco fa il salmo: Il nostro Dio verrà in modo manifesto, e non tacerà (Sal 49, 3). Ha taciuto per consentire che lo giudicassero, ma non tacerà quando comincerà a giudicare. Non avrebbe detto il salmista: verrà in modo manifesto, se prima non fosse venuto in modo occulto; né avrebbe detto: non tacerà, se prima non avesse taciuto. In che senso ha taciuto? Ascolta Isaia: Come pecora fu condotto al macello e come agnello muto davanti a chi lo tosa, non ha aperto bocca (Is 53, 7). Ma verrà in modo manifesto, e non tacerà. Quale sarà questo modo manifesto? Lo precederà il fuoco, e sarà accompagnato da una potente tempesta (Sal 49, 3). Quella tempesta dovrà spazzar via dall’aia la paglia, che adesso viene battuta, e il fuoco consumerà quanto la tempesta avrà portato via. Egli ora tace; tace quanto al giudicare, ma non tace quanto al dar precetti. Se infatti Cristo tacesse del tutto, che senso avrebbero questi Vangeli, la voce degli Apostoli, il canto dei Salmi, gli oracoli dei Profeti? Tutte queste cose, infatti, dimostrano che Cristo non tace. Egli ora tace, in quanto non castiga; non tace, in quanto ammonisce. (In Io. Ev. 4, 1-2)

 

Per la riflessione

Badate - dice - al giorno della fine, al giorno del ritorno del figlio dell’uomo. Quel giorno faranno un cattivo incontro coloro che adesso sono sicuri, sono cioè sicuri di una falsa sicurezza: si credono sicuri assecondando le loro voglie mondane, mentre dovrebbero essere sicuri per averle domate. (En. in Ps. 147, 4)

 

Pensiero agostiniano

Verrà un giorno nella sua terribile potenza, e si mostrerà a tutti, anche a quelli che non credono in lui. (In Io. Ev. 4, 2)

 

 

22/12

 

Preghiera

Signore, tu sei diventato per noi un rifugio (Sal 89, 1). Tu ci dai i beni, ci accarezzi perché non ci affatichiamo nella via: tu ci punisci, ci picchi, ci percuoti, ci guidi perché non andiamo fuori dal retto sentiero. (Sermo 55, 6.6)

 

Lettura

Il fondamento dell’umiltà

Quando in un servo di Dio s’insinua la superbia, subito le si accompagna anche l’invidia. Non c’è superbo che non sia anche invidioso. L’invidia è figlia della superbia, e questa è una madre che non resta mai sterile: dove si trova, subito genera. Perché essa non entri in voi, considerate che nel tempo della persecuzione non ricevette la corona solo Agnese che era vergine, ma anche Crispina che era donna sposata; e risulta che alcuni dei consacrati cedettero, mentre molti dei coniugati sostennero il combattimento e vinsero. Non invano quindi l’Apostolo dice a tutti i membri di Cristo: Ciascuno di voi consideri gli altri superiori a se stesso, e ancora: Gareggiate nello stimarvi a vicenda (Fil 2, 3). Se questa è la vostra convinzione, non vi riterrete mai dei "grandi". Conviene che facciate attenzione più a quello che vi manca che a quello che avete: badate di non perdere quello che avete e fate suppliche per ricevere quello che ancora vi manca. Bisogna considerare in quante cose siamo inferiori, non in quante superiori. Se infatti vuoi misurare di quanto hai superato un altro, rischi di insuperbirti; se invece consideri tutto quello di cui ancora difetti, ne gemi, ma proprio questa pena serve a curarti, a mantenerti umile, e camminerai con più sicurezza, evitando sia di cadere sia di gonfiarti di orgoglio. (Sermo 354, 5.5)

 

Per la riflessione

Al posto più alto non si deve tendere per amore dell’altezza: solo mantenendosi nell’umiltà è dato di raggiungerlo. Se ti esalti, Dio ti abbassa; ma se ti abbassi, Dio ti innalza. (Sermo 354, 8.8)

 

Pensiero agostiniano

La superbia è fallace grandezza di chi è debole. E quando la superbia si sia impadronita di un animo, sollevandolo in alto lo fa precipitare, gonfiandolo lo svuota, riempiendolo lo spezza. (Sermo 353, 2.1)

 

 

23/12

 

Preghiera

Mi valga per il conseguimento della liberazione il prezzo tanto grande del sangue del mio Signore; e nei pericoli di questa vita, non mi abbandoni la tua misericordia. (En. in Ps. 25, I, 11)

 

Lettura

Umiltà e superbia

Ci viene proposto l’esempio di quei due uomini che pregano nel tempio, uno fariseo, l’altro pubblicano (Lc 18, 10): parabola detta per coloro che si credono giusti e disprezzano gli altri, e nella quale alla enumerazione dei meriti viene chiaramente preferita la confessione dei peccati. Il fariseo ringraziava il Signore per delle cose che lo riempivano di soddisfazione. Ti ringrazio diceva – perché non sono come gli altri uomini, ingiusti, rapaci, adulteri, e nemmeno come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana; pago le decime di tutto ciò che possiedo. Il pubblicano, invece, se ne stava in lontananza e non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo, ma si percuoteva il petto dicendo: O Dio, sii propizio a me peccatore. Segue la sentenza divina: In verità vi dico: Il pubblicano uscì dal tempio giustificato, molto più che non il fariseo. E si allega anche il motivo della giusta sentenza: Chi si esalta sarà umiliato; chi si umilia sarà esaltato (Lc 18, 11-14). Può capitare che qualcuno eviti effettivamente il male e trovi in se stesso dei beni veramente positivi, per i quali si sente obbligato a ringraziare il Padre dei lumi, da cui trae origine ogni grazia segnalata, ogni dono perfetto (Gc 1, 17). Nondimeno, costui non può incontrare l’approvazione divina e proprio per il vizio della superbia: se, cioè, orgogliosamente insulta, anche con il solo pensiero – che certamente Dio conosce –, gli altri peccatori, specialmente quelli che confessano i loro peccati nella preghiera. A costoro infatti non si deve il rimprovero superbo, ma la comprensione che non fa disperare. (De sancta virginitate 32.32)

 

Per la riflessione

Avanti dunque, o santi di Dio, fanciulli e giovinette, uomini e donne, celibi e nubili! Continuate con perseveranza sino alla fine! (…) Seguano pertanto l’Agnello i fedeli che hanno perso la verginità fisica: non però dovunque egli vada, ma fin dove essi lo potranno. (De sancta. virg. 27-28)

 

Pensiero agostiniano

Se pensi di costruire l’edificio alto della santità, prepara prima il fondamento dell’umiltà. (Sermo 69, 1.2)

 

 

24/12

 

Preghiera

O Signore, tu che sei il nostro Signore, quanto ti ammirano tutti coloro che abitano la terra! Perché la tua magnificenza si è innalzata dalla umiltà terrena fin sopra i cieli. Di là infatti si è reso manifesto chi eri tu che ne discendevi, quando alcuni hanno visto, e altri hanno creduto ove tu salivi. (En. in Ps. 8, 4)

Lettura

Dio ha promesso il perdono a chi si corregge

O terra, tu esultavi nella tua bontà, attribuivi a te stessa la forza della tua magnificenza, ed ecco il Signore si volge a guardarti e ti fa tremare. Oh si volga a guardarti e ti faccia tremare, perché è molto meglio il tremore dell’umiltà che la fiducia sicura della superbia. Osservate in che modo Dio riguarda la terra e la fa tremare. Alla terra che troppo confida in se stessa e ne esulta, così parla l’Apostolo: Con timore e tremore operate la vostra salvezza. Con timore e tremore, perché è Dio che opera in voi (Fil 2, 12s). Tu, o Paolo, dici operate; ci dici di operare, ma perché con tremore? Perché è Dio - soggiunge - che opera in voi. Dobbiamo dunque farlo con tremore, perché è Dio che opera. Poiché è lui che ti ha dato e non proviene da te ciò che hai, opererai con timore e tremore: se infatti non tremerai dinanzi a lui, ti toglierà ciò che ti ha dato. Devi dunque operare con tremore. Senti un altro Salmo: Servite il Signore con timore ed esultate per lui con tremore (Sal 2, 11). Se bisogna esultare con tremore, è segno che Dio riguarda e fa muovere la terra: quando Dio riguarda, tremano i nostri cuori ed allora Dio vi riposerà. Ascolta come parla in un altro testo: Sopra chi riposerà il mio spirito? Sopra l’umile, il mansueto e chi trema alle mie parole (Is 66, 2). Egli riguarda la terra, e la fa tremare; egli tocca i monti, e si metteranno a fumare. Superbi erano i monti e menavano vanto, perché Dio non li aveva toccati; egli li tocca e si metteranno a fumare. Che cos’è questo fumare dei monti? È l’orazione che viene elevata al Signore. Ecco i monti grandi e superbi, i monti immensi non usavano pregare Dio: volevano essere pregati, ma non pregavano essi l’Altissimo. (En. in Ps. 103, IV, 16)

 

Per la riflessione

Chiunque è empio - anima veramente infelice - non sa pregare Dio, e vuol esser lui pregato dagli uomini. (En. in Ps. 103, IV, 16)

 

Pensiero agostiniano

Buoni sono coloro che con tutta la loro volontà servono a Dio; i cattivi servono per necessità. (De agone christiano 7.7)

 

 

25/12

 

Preghiera

Il Signore ci cavalchi e ci attiri dove vuole lui: siamo il suo giumento, andiamo verso Gerusalemme! Cavalcandoci lui, non veniamo oppressi ma elevati. Guidandoci lui non devieremo. Andiamo a lui, andiamo per mezzo di lui, per godere in eterno con il Bambino nato in questo giorno. (Sermo 189, 4)

 

Lettura

Cristo Bambino e Verbo

Il Signore, venendo a cercare ciò che era perduto, volle occuparsi, onorandoli, di ambedue i sessi, perché ambedue erano perduti. Perciò in nessuno dei due sessi dobbiamo fare ingiuria al Creatore: la natività del Signore è garanzia per ambedue a sperare nella salvezza. Il sesso maschile è stato onorato nel corpo di Cristo, il sesso femminile è stato onorato nella madre di Cristo. La grazia di Gesù Cristo ha vinto l’astuzia del serpente.

Ambedue i sessi rinascano quindi in colui che oggi è nato e celebrino questo giorno. In questo giorno Cristo Signore non cominciò ad esistere ma, esistendo da sempre presso il Padre, portò alla luce di questo mondo il corpo che prese dalla madre; donò alla madre la fecondità, non le tolse l’integrità. Viene concepito, nasce, è infante. Chi è questo infante? - Si dice infante infatti perché non può favellare, cioè parlare -. È infante e nello stesso tempo è Verbo. Tace in quanto infante, ma insegna per mezzo degli angeli. Viene annunziato ai pastori colui che è principe e pastore dei pastori e giace in una mangiatoia come foraggio per i giumenti fedeli. Era stato predetto per mezzo del profeta: Il bue ha conosciuto il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone (Is 1, 3). Perciò sedette sopra un asinello quando entrò a Gerusalemme tra le acclamazioni di una moltitudine di gente che lo precedeva e lo seguiva. Riconosciamolo anche noi, accostiamoci anche noi alla mangiatoia, mangiamo anche noi il foraggio, portiamo su di noi il Signore, colui che ci regge, per arrivare, dietro alla sua guida, alla Gerusalemme celeste. (Sermo 190, 2.2-3.3)

 

Per la riflessione

Voi conoscete in concreto le occasioni che Dio vi offre, come si serve di voi per aprire la porta alla sua parola; ebbene, non stancatevi di guadagnare anime a Cristo, poiché voi stessi da Cristo siete stati guadagnati. (In Io. Ev. 10, 9)

 

Pensiero agostiniano

Il Figlio di Dio è morto per noi. Siine sicuro! Avendo già in mano il pegno, cioè la morte di Cristo, riceverai anche la vita di lui. (En. in Ps. 96, 17)

 

 

26/12

 

Preghiera

Dammi il timore casto, a chiedere il quale mi ha condotto l’altro timore, cioè quello della legge per cui ho temuto a causa dei tuoi giudizi e che è stato per me come un pedagogo perché io venissi a chiedertelo. (En. in Ps. 118, XXV, 7)

 

Lettura

La separazione tra i cristiani e i pagani

Coloro che ancora si mescolano ai pagani non sono salvati. Coloro che vengono radunati di mezzo alle genti vengono salvati con la salvezza della fede, della speranza, dell’autentica carità, con la salvezza spirituale, con la salvezza delle promesse di Dio. Chi crede, spera e ama non per questo si può ritenere salvato; bisogna vedere che cosa crede, in che cosa spera, che cosa ama. Qualunque tipo di vita si conduca nessuno vive senza questi tre sentimenti dell’animo: la fede, la speranza, l’amore. Se non credi le stesse cose che credono i pagani, se non speri nelle stesse cose in cui sperano i pagani, se non ami le stesse cose che amano i pagani, allora vieni radunato di mezzo alle genti, vieni segregato, cioè separato dalle genti. Se c’è una così profonda separazione dell’animo, non temere se non ci può essere ancora quella fisica. Ci può essere separazione maggiore di questa, che mentre i pagani ritengono dèi i demoni, tu credi nell’unico e vero Dio? I pagani sperano nelle cose futili del mondo, tu speri nella vita eterna insieme a Cristo? I pagani amano il mondo, mentre tu ami l’artefice del mondo? Chi dunque crede diversamente dai pagani, chi spera in altre cose, chi ama altre cose, lo dimostri con la vita, lo provi con i fatti. Se parteciperai alla festa delle strenne, come un qualunque pagano, se giocherai ai dadi, se ti ubriacherai, in che modo credi diversamente, speri diversamente, ami beni diversi? Come puoi cantare a fronte alta: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti? (Sal 105, 47) Sarai separato dai pagani se, pur materialmente vivendo insieme ad essi, condurrai una vita diversa. Quale sia questa vostra separazione dai pagani guardatela voi, dal modo come vi comportate, da come ne date prova. Il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, che per noi si è fatto uomo, ha già pagato per noi un prezzo. Sì, egli ha pagato il suo prezzo: e lo ha pagato per riscattarci, per radunarci di mezzo alle genti. Se tu ti mescoli ai pagani, non vuoi seguire colui che ti ha riscattato; e ti mescoli ai pagani se conduci la stessa vita, fai le stesse cose, hai gli stessi sentimenti, se credi, speri e ami come loro. Ti mostri ingrato al tuo Redentore, non tieni conto del prezzo per te pagato, del sangue dell’Agnello immacolato. (Sermo 198, 2)

 

Per la riflessione

Per seguire il tuo Redentore, che ti ha riscattato con il suo sangue, non mescolarti ai pagani con l’avere lo stesso comportamento e il fare le stesse cose. Essi si scambiano le strenne, voi fate le elemosine; essi si divertono con canti lascivi, voi ricreatevi con l’ascolto delle Scritture; essi corrono al teatro, voi correte alla chiesa. (Sermo 198, 2)

 

Pensiero agostiniano

Eccelsa è la patria, umile è la via. La patria è la vita di Cristo, la via è la sua morte; la patria è lassù ove Cristo dimora presso il Padre, la via è la sua passione. Chi ricusa la via, non cerca la patria. (In Io. Ev. 28, 5)

 

 

27/12

 

Preghiera

O Signore Gesù Cristo nostro Salvatore, Verbo di Dio per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose; che cosa ti deve mostrare il Padre che tu ancora non sappia? C’è qualcosa del Padre che ti è nascosto? Che cosa ci può essere per te di nascosto nel Padre, dal momento che non ti è nascosto il Padre? Quali opere maggiori ti deve mostrare? (In Io. Ev. 21, 5)

 

Lettura

Cristo impara

Perché non ha detto: il Padre mostrerà a voi, ma ha detto: mostrerà al Figlio? Perché noi pure siamo membra del Figlio; e come membra impariamo: e anche lui, in qualche modo, impara attraverso le sue membra. In che senso si può dire che impara in noi? Nello stesso modo che soffre in noi. Come possiamo provare che soffre in noi? Lo possiamo provare con quella voce che si udì dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9, 4). Non è forse lui che verrà come giudice alla fine del mondo e, collocando i giusti alla sua destra e gli iniqui alla sua sinistra, dirà: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno: perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare? E alla domanda: Signore, quando ti abbiamo veduto affamato?, risponderà: Ogni volta che l’avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me (Mt 25, 34 ss.). E adesso siamo noi che ci rivolgiamo a colui che ha detto queste cose e gli chiediamo: O Signore, quando mai tu dovrai imparare, tu che insegni ogni cosa? Egli subito ci risponde conforme alla nostra fede: Ogni volta che il più piccolo dei miei fratelli impara, anch’io imparo.

Rallegriamoci, dunque, e rendiamo grazie a Dio: non soltanto siamo diventati cristiani, ma siamo diventati Cristo stesso. Capite, fratelli? vi rendete conto della grazia che Dio ha profuso su di noi? Stupite, gioite: siamo diventati Cristo! Se Cristo è il capo e noi le membra, l’uomo totale è lui e noi. (In Io. Ev. 21, 7-8)

 

Per la riflessione

Arrogarci tale prerogativa sarebbe da parte nostra folle orgoglio, se Cristo medesimo non si fosse degnato farci questa promessa tramite lo stesso Apostolo: Voi siete il corpo di Cristo e, ciascuno per la sua parte, membra di lui (1 Cor 12, 27). (In Io. Ev. 21, 8)

 

Pensiero agostiniano

Capo di questo corpo [la Chiesa] è Cristo, la sua unità è messa in risalto dal nostro sacrificio. (Ep. 187, 6.20)

 

 

28/12

 

Preghiera

Rendiamo grazie al Signore e Salvatore nostro il quale, senza che mai avessimo avuto meriti precedenti, ci ha curati perché feriti, e ci ha riconciliati perché nemici e riscattati dalla schiavitù, ricondotti dalle tenebre alla luce, dalla morte richiamati alla vita. Confessando quindi umilmente la nostra debolezza, supplichiamo la sua misericordia dal momento che, secondo il salmista, la sua grazia ci previene (Sal 58, 11); si degni non solo di custodire, ma anche di accrescere in noi quelli che sono i suoi doni o i suoi benefici e che ha avuto la bontà di concedere di sua iniziativa; egli che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Amen. (Sermo 333, 7)

 

Lettura

Nella sua nascita Cristo onora l’uomo e la donna

Celebriamo in questo giorno, cristiani, non la sua nascita divina ma quella umana, con la quale si è fatto uguale a noi; perché per lui divenuto da invisibile visibile, noi potessimo, partendo dalle realtà visibili, giungere a quelle invisibili. Secondo la fede cattolica dobbiamo credere che due sono le nascite del Signore: una divina, l’altra umana; quella al di là del tempo, questa nel tempo. Però tutte e due mirabili: la prima senza necessità di madre, questa senza concorso di padre. Se non riusciamo a comprendere questa, come potremo parlare di quella divina? Chi potrebbe comprendere questa novità assolutamente straordinaria, inusitata, unica al mondo, incredibile, ma divenuta credibile e incredibilmente creduta da tutti: che una vergine concepisse, una vergine partorisse e nel partorire rimanesse vergine? Ciò che la ragione umana non trova credibile l’accetta la fede; e dove viene meno la ragione umana lì avanza la fede. Chi oserà dire che il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, non avrebbe potuto formarsi un corpo anche senza una madre, come ha creato il primo uomo senza un padre e senza una madre? Ma poiché è lui che ha creato ambedue i sessi, quello maschile e quello femminile, nel nascere li volle onorare ambedue, perché è venuto per salvarli ambedue. Ricordate certamente il racconto del peccato del primo uomo; il serpente non osò rivolgersi all’uomo, ma per ingannarlo si servì della donna. Passando attraverso la creatura più debole conquistò anche la più forte, penetrando nel cuore della donna riportò vittoria su ambedue. Perciò, affinché non facessimo ricadere sulla donna, come se fossimo mossi da giusto sdegno, la nostra morte, e affinché non pensassimo che la donna sia stata condannata senza possibilità di salvezza, il Signore, venendo a cercare ciò che era perduto, volle occuparsi, onorandoli, di ambedue i sessi, perché ambedue erano perduti. Perciò in nessuno dei due sessi dobbiamo fare ingiuria al Creatore: la natività del Signore è garanzia per ambedue a sperare nella salvezza. (Sermo 190, 2.2)

 

Per la riflessione

Il sesso maschile è stato onorato nel corpo di Cristo, il sesso femminile è stato onorato nella madre di Cristo. La grazia di Gesù Cristo ha vinto l’astuzia del serpente. (Sermo 190, 2.2)

 

Pensiero agostiniano

Per ingannarlo fu propinato all’uomo il veleno dalla donna; da una donna venga propinata all’uomo la salvezza per rigenerarlo con la grazia. (Sermo 51, 2.3)

 

 

29/12

 

Preghiera

Oh, dimmi, per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono (Sal 34, 3). (Conf. I, 5.5)

 

Lettura

Dio padre, la Chiesa madre

Poiché due genitori ci hanno generato per la morte, due genitori ci hanno generato per la vita. I genitori che ci hanno generato per la morte sono Adamo ed Eva, i genitori che ci hanno generato per la vita sono Cristo e la Chiesa. Mio padre che mi ha generato fu per me Adamo, mia madre fu per me Eva. Siamo nati secondo questa generazione carnale, per dono certo di Dio - perché anche questo dono non è di altri ma di Dio - e tuttavia, fratelli, perché siamo nati? Certo per morire. I predecessori generarono dei loro successori. Forse hanno generato figli con lo scopo di poter vivere per sempre con essi su questa terra? Ma siccome dovevano morire, si son generati dei figli che succedessero ad essi. Dio padre e la madre Chiesa invece non generano per questo. Generano per la vita eterna, perché anch’essi sono eterni. E abbiamo, come eredità promessa da Cristo, la vita eterna. Per il fatto che il Verbo si è fatto uomo ed abitò in mezzo a noi (Gv 1, 14), essendo stato allevato, crebbe. Dopo aver patito, dopo essere morto ed essere risuscitato, ricevette in eredità la vita eterna. In quanto uomo ricevette la resurrezione e la vita eterna; in quanto uomo la ricevette. In quanto Verbo invece non la ricevette, perché rimane immutabile per sempre. Poiché dunque quell’uomo che risorse e, reso vivo, ascese al cielo, ricevette la resurrezione e la vita eterna, questa stessa cosa è stata promessa a noi. Aspettiamo la stessa eredità, la vita eterna. (Sermo 22, 10)

 

Per la riflessione

Come ha promesso ai santi la vita, la beatitudine, il regno, l’eredità eterna senza fine, così ha minacciato agli empi il fuoco eterno. Se ancora non amiamo ciò che ha promesso, per lo meno temiamo ciò che ha minacciato. (Sermo 22, 10)

 

Pensiero agostiniano

Se non ami al verità, temi il severità. (Sermo 107, 4)

 

 

30/12

 

Preghiera

Ci aiuti Cristo, figlio della Vergine e sposo delle vergini, nato fisicamente da un grembo verginale, sposato misticamente con nozze verginali. (De sancta virginitate 2.2)

 

Lettura

I motivi della nascita di Cristo

Oggi è il giorno in cui venne al mondo colui per mezzo del quale è stato creato il mondo, in cui si è reso presente con un corpo colui che mai è assente con la sua potenza: perché era già in questo mondo e venne nella sua casa. Era nel mondo, ma il mondo non lo conosceva: la luce risplendeva nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne nella carne per purificare la carne dai vizi. Si presentò come terra medicamentosa, per guarire i nostri occhi interiori, che la nostra terra esteriore aveva accecato; affinché, guariti gli occhi, noi che eravamo prima tenebre diventassimo luce nel Signore. In modo che non più la luce risplenda nelle tenebre mentre noi siamo impossibilitati a vederla ma, potendola noi fissare, ci risplenda in tutto il suo chiarore. Per questo lo sposo uscì dalla stanza nuziale, percorrendo la sua via come lieto campione. Bello come uno sposo, forte come un campione, amabile e terribile, severo e sereno, bello per i buoni, duro per i cattivi, rimanendo nel seno del Padre entrò nel grembo della madre. In questo talamo, cioè nel grembo della Vergine, la natura divina si unì a quella umana: lì il Verbo si è fatto carne per noi perché, nato dalla madre, abitasse in mezzo a noi; perché, precedendoci presso il Padre, ci preparasse un posto ove abitare per sempre. (Sermo 195, 3)

 

Per la riflessione

Celebriamo con gioia e solennità questo giorno e aspiriamo con fede a quel giorno eterno, confidando in colui che, pur essendo eterno, è nato per noi nel tempo. (Sermo 195, 3)

 

Pensiero agostiniano

Chi si gloria, si glori nel Signore (1Cor 1, 31). Per quale Signore? Per Cristo crocifisso. Dove l’umiltà, ivi la maestà; dove la debolezza, ivi la potenza; dove la morte, ivi la vita. Se vuoi raggiungerle, non disprezzare queste. (Sermo 160, 4)

 

 

31/12

 

Preghiera

Tu, Signore, Signore. Cioè: tu che sei Signore con assoluta verità; non come sono signori gli uomini che si comprano [gli schiavi] sborsando di tasca propria, ma come lo è quell’unico Signore che [ci] comprò a prezzo del [suo] sangue. (En. in Ps. 139, 11)

 

Lettura

Cristo fine della nostra vita

La fine è Cristo (Rom 10, 4). Perché è detto "fine"? Non fine nel senso che egli consuma, ma fine nel senso che egli completa. Perché "consumare" significa usare una cosa fino a che non scompaia; "completare" significa portare a termine in maniera perfetta. Tutto ciò che chiamiamo "finito" deriva dalla parola "fine". Ma una cosa è dire: È finito il pane; e un’altra: È finita la tunica. È finito il pane che si mangiava; è finita la tunica che si tesseva. Il pane è finito in quanto è stato consumato; la tunica è finita in quanto è pronta per essere indossata. Il fine del nostro ideale è Cristo: infatti, per quanto ci sforziamo di perfezionarci, solo per lui e in lui otterremo la perfezione; e la nostra perfezione sarà questa: giungere a lui. Quando poi sarai giunto a lui, non cercare oltre: egli è il tuo fine. Come il termine del tuo cammino è il luogo verso il quale sei diretto, sicché, quando vi sei giunto, ti fermi, così il fine del tuo anelito, del tuo ideale, del tuo sforzo, del tuo tendere, è colui al quale tende la tua vita. Quando vi sarai giunto, non desidererai niente altro, poiché non vi potrà essere nulla di meglio. Dunque, egli ci ha dato l’esempio di come vivere in questa vita, e di questa vita ci darà il premio nella vita futura. (En. in Ps. 56, 2)

 

Per la riflessione

Gloria al nostro Signore e alla sua misericordia e alla sua verità, perché nella sua misericordia non ha omesso, con un dono della sua grazia, di renderci beati, né ci ha privati della verità. Infatti, fu la verità che per prima ci venne incontro, rivestendosi della nostra carne, al fine di guarire l’occhio interiore del nostro cuore e darci così in un secondo momento, la possibilità di contemplarla faccia a faccia. (En. in Ps. 56, 17)

 

Pensiero agostiniano

Il Signore nostro Gesù Cristo… prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi come nostro Dio. (En. in Ps. 85, 1)