01/09

Preghiera

Il tuo nome supera ogni cosa, non soltanto in grandezza, ma anche in soavità. Infatti, gli iniqui mi hanno raccontato i loro piaceri, ma non erano pari alla tua legge, o Signore. (En. in Ps. 51, 18)

 

Lettura

La dolcezza del nome del Signore

Il nome di Dio è dolce per chi ama Dio al di sopra di ogni piacere. Vivrò nell’attesa del tuo nome, perché è delizioso. E a chi potrai dimostrare che esso è davvero dolce? Occorre un palato capace di gustare una tale dolcezza. Loda pure il miele per quanto puoi, esagerane la dolcezza con tutte le parole che riesci a trovare: chi non sa che cosa sia il miele, se prima non lo avrà assaggiato, non potrà comprendere cosa dici. Perciò un salmo, al fine di invitarti a gustare tale dolcezza, dice: Gustate e vedete quanto è dolce il Signore (Sal 33, 9). Senza gustarlo, tu pretendi di affermare che è dolce! Che cosa, poi, dovrà essere dolce? Se tu hai gustato questa dolcezza, essa deve palesarsi nei frutti che produci; non deve limitarsi soltanto alle parole, quasi che possa risiedere soltanto nelle foglie, perché non ti succeda di inaridire per la maledizione che ti lancerà il Signore come a quel fico (Cf Mt 21, 19). Dice: Gustate e vedete quanto è dolce il Signore. Gustate e vedete. Solo se avrete gustato potrete vedere. Ma come potrai farlo capire a chi non ha gusto? Puoi parlare finché vuoi della dolcezza del nome del Signore: saranno solo parole. Assaporarla è tutt’altra cosa. Anche gli empi ascoltano parole a lode del Signore, ma solo i santi assaporano quanto è dolce il suo nome. (En. in Ps. 51, 18)

 

Per la riflessione

È dolce il tuo nome, ma non al cospetto degli empi. Io so quanto sia dolce, ma per coloro che lo hanno gustato. (En. in Ps. 51, 18)

 

Pensiero agostiniano

È amaro il mondo, mentre il tuo nome è dolce. E se nel mondo ci sono cose dolci, tuttavia è con amarezza che si digeriscono. (En. in Ps. 51, 18)

 

 

02/09

 

Preghiera

Signore, sai che non ho fatto niente contro quel mio fratello, che lui ha mancato contro di me e che il suo peccato nei miei confronti danneggerebbe lui se non mi chiede perdono. Quanto a me ti chiedo di cuore di perdonargli. (Sermo 211, 5)

 

Lettura

Qual è il prossimo da amare per amare Dio

Adoperiamoci con tutti i nostri sforzi per far giungere a Dio anche quelli che amiamo come noi stessi, se sappiamo già amare noi stessi mediante l’amore verso di Lui. In realtà Cristo, cioè la Verità in persona, afferma che tutta la Legge e i Profeti dipendono da questi due comandamenti: amare cioè Dio con tutto il cuore con tutta l’anima, con tutta l’intelligenza e il prossimo come noi stessi (Mt 22, 37ss). Il "prossimo", di cui parla questo passo, non dobbiamo prenderlo nel senso di chi ci è congiunto per parentela carnale, ma per la comunanza della ragione che lega tra loro tutti gli uomini in un’unica società. Se infatti ci associa il rapporto del danaro, quanto più ci deve legare il rapporto della natura per la legge non d’un comune commercio, ma della comune provenienza. Ecco perché anche il famoso comico - giacché lo splendore della verità non difetta agli ingegni brillanti - in un dialogo, che immagina si svolga tra due vecchi, fa dire ad uno d’essi: I tuoi affari ti lasciano forse tanto tempo libero, da occuparti anche di quelli degli altri, che non ti riguardano affatto? Al che l’altro risponde: Sono uomo e penso che nessun fatto umano debba essermi indifferente! Si narra altresì che l’intero teatro, pieno di gente stolta e ignorante, applaudì la suddetta battuta, tanto la comunanza delle anime umane aveva commosso il sentimento comune di tutti, che ciascuno dei presenti si sentì "prossimo" di qualunque altro uomo. (Ep. 155, 4.14)

 

Per la riflessione

Non ci può essere nessun grado più certo, per elevarsi verso l’amore di Dio, della carità dell’uomo nei riguardi dell’uomo. (De moribus Ecclesiae Cath. I, 26.48)

 

Pensiero agostiniano

Tu che sei uomo, perdona un uomo, affinché, io che sono Dio, venga da te. (Sermo 114,2)

 

 

 

03/09

 

Preghiera

Se in qualche modo possiamo cercare Dio e trovare colui che è, e per giunta posto non lontano da ciascuno di noi: In Lui infatti viviamo ci muoviamo e siamo (At 17, 27-28), lodiamo la sua ineffabile essenza e amiamo la sua misericordia. Amen. (Sermo 7, 7)

 

Lettura

Chi ama, ascende verso Dio

Quando l’amore impuro infiamma un cuore, lo sollecita a desiderare le cose della terra e a cercare ciò che, destinato a perire, conduce l’anima alla stessa rovina: la precipita in basso, la sommerge nelle profondità dell’abisso. Analogamente è dell’amore santo: eleva alle cose del cielo, infiamma per i beni eterni, desta l’anima a bramare le cose immutabili e immortali, solleva l’uomo dalle profondità dell’inferno alle sommità del cielo. In una parola, ogni amore è dotato di una sua forza e, quando si trova in un cuore innamorato, non può restarsene inoperoso: deve per forza spingere all’azione. Vuoi vedere come sia il tuo amore? Osserva a che cosa ti spinge. Non vi esortiamo, quindi, a non amare, ma a non amare il mondo, affinché possiate amare con libertà colui che ha creato il mondo. Un’anima irretita dall’amore terreno è come se avesse del vischio nelle penne: non può volare. Quando invece è pura da quegli affetti luridi che l’attaccano al mondo, può - per così dire - volare con ambedue le ali spiegate: le sue ali sono libere da ogni impedimento, dove per "ali" intendo i due comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. E dove [volerà] se non verso Dio? Sì, è verso di lui che volando ascenderà, poiché in effetti amando ascende. Prima però di potersi elevare e mentre ne sente in cuore il desiderio, geme per essere ancora sulla terra e dice: Chi mi darà le ali, come di colomba, e volerò e mi riposerò? (Sal 54, 7) (En. in Ps. 121, 1)

 

Per la riflessione

Due amori diedero origine a due città, alla terrena l’amor di sé fino all’indifferenza per Iddio, alla celeste l’amore a Dio fino all’indifferenza per sé. Inoltre quella si gloria in sé, questa nel Signore. (De civ. Dei XIV, 28)

 

Pensiero agostiniano

Nel pellegrinaggio terreno sospiriamo, nella città eterna godremo. (ibid. 2)

 

 

04/09

 

Preghiera

Ti supplico, o Dio, col cui aiuto sappiamo distinguere il bene dal male; o Dio, col cui aiuto fuggiamo il male e operiamo il bene. (Sol. I, 1, 3)

 

Lettura

Con la carità si onora Dio

Che cos’è la pietà religiosa se non il culto di Dio? E in qual modo Iddio può essere onorato se non con la carità? In effetti, la carità, che nasce dal cuore puro, dalla coscienza retta e dalla fede sincera, è una grande e autentica virtù, poiché è proprio essa il compimento della Legge. Essa è giustamente forte come la morte (Ct 8,6): non solo perché non la vince nessuno come nessuno vince la morte, ma anche perché in questa vita la misura della carità è quella di amare fino alla morte, come ha detto il Signore: Nessuno ha carità più grande di chi dà la propria vita per gli amici (Gv 15, 13); e infine - forse soprattutto - perché allo stesso modo che la morte strappa l’anima alla sensibilità carnale, la carità la strappa alle passioni carnali. Al suo servizio è la scienza quando è utile, poiché senza di essa la scienza serve solo a gonfiare (1Cor 8, 1). Quando invece la carità, che edifica, ha riempito una cosa, la scienza non vi trova alcun vuoto da gonfiare. L’apostolo ha mostrato quale sia la scienza utile laddove, dopo aver detto: Ecco, la sapienza è il timor di Dio, subito soggiunge: La scienza invece consiste nell’astenersi dal male (Gb 28, 28). Perché mai, dunque, non diciamo che, se uno ha questa virtù, ha pure tutte le altre, dal momento che la carità è il compimento della Legge? (Rom 13, 10) Oppure che quanto più essa è radicata in una persona, tanto più questa è fornita di virtù e al contrario quanto meno lo è, tanto meno è ricco di virtù, poiché è proprio essa la virtù? Non è forse vero che quanto minore è la virtù che uno possiede, tanto più grande è il vizio? Ove dunque la virtù si trova nella sua pienezza e perfezione, non si trova più alcuna traccia di vizio. (Ep. 167, 3.11)

 

Per la riflessione

Vedete quanto sono perversi e fuori da ogni ordine coloro che ritengono di trasmetterci la conoscenza di Dio per renderci perfetti, quando è proprio essa la ricompensa dei perfetti. Che cosa dunque si deve fare, che cosa, io domando, se non amare prima con piena carità quello stesso che desideriamo conoscere? (De moribus Ecclesiae cath. I, 25.47)

 

Pensiero agostiniano

E’ lui che amandoci quando noi non lo amavamo, ci ha dato di amarlo. (In Io. Ev. 102, 5)

 

 

 

05/09

 

Preghiera

Ti supplico, o Dio, che ci volgi verso di te; o Dio, che ci spogli di ciò che non è e ci rivesti di ciò che è; o Dio, che ci rendi degni di essere esauditi. (Sol. I, 1, 3)

 

Lettura

La virtù è la carità nel senso più ampio

Per condensare in poche parole quello ch’è complessivamente il mio concetto della virtù per quanto riguarda la retta condotta della vita, la virtù è la carità mediante la quale si ama ciò che dev’essere amato . Essa è più grande in alcuni che in altri, mentre in alcuni non c’è per nulla. La carità perfetta invece, quella cioè che non può ormai più aumentare finché viviamo quaggiù, non la possiede nessuno; ma fino a quando essa può aumentare, il fatto che sia minore di quel che dovrebbe essere, dipende senz’altro da qualche vizio. È questo vizio la causa per cui non c’è sulla terra alcun giusto che faccia solo il bene senza mai peccare; è per causa di questo vizio che nessuno sarà giustificato agli occhi di Dio (Sal 142, 2); proprio per questo vizio se noi diremo di non aver alcun peccato, c’illudiamo e la verità non abita in noi (1Gv 1, 8). Sempre a causa di questo vizio, per quanti progressi potremmo aver fatti, ci troviamo nella necessità di dire: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6, 12), anche se già nel battesimo ci sono stati rimessi tutti i peccati commessi in parole, opere e pensieri. Chi pertanto vede le cose dal lato giusto, vede bene da chi, quando e dove dobbiamo aspettare quella perfezione che non è suscettibile d’alcun altro aumento. Ora, se non ci fossero i comandamenti, mancherebbe all’uomo il modo di specchiarsi con una certa sicurezza al fin di vedere da che cosa deve allontanarsi, verso quale meta tendere con ogni sforzo, per quali motivi rallegrarsi e quali grazie chiedere nella preghiera. Grande è dunque l’utilità dei comandamenti, purché il libero arbitrio se ne serva solo per rendere onore sempre più ampio alla grazia di Dio. (Ep. 167, 4.15)

 

Per la riflessione

Altro è disporsi al fine ed altro esser disposto al fine. L’anima si dispone al fine amando con tutta se stessa ciò che è al di sopra di lei, cioè Dio, e come se stessa le anime dei propri simili. Con questa forza dell’amore essa dispone al fine le cose, senza esserne contaminata. (De musica VI, 16.46)

 

Pensiero agostiniano

Scava in te il fondamento dell’umiltà e arriverai al coronamento della carità. (Sermo 69, 4)

 

 

06/09

 

Preghiera

Signore, inseguirò i miei sentimenti carnali, non per essere da loro catturato; anzi li catturerò perché siano consumati. E non tornerò indietro finché non vengano meno: non desisterò da questo intento finché non verranno meno coloro che mi molestano. (En. in Ps. 17, 38)

 

Lettura

La forza dell’amore

O Gerusalemme, o città costruita in forma di città, la cui partecipazione è nell’Assoluto, si faccia la pace mediante il tuo vigore! Si faccia la pace mediante il tuo amore, poiché la tua forza è il tuo amore. Ascolta il Cantico dei Cantici: L’amore è forte come la morte (Ct 8, 6). Grande affermazione, fratelli! L’amore è forte come la morte. Ma non si sarebbe potuto descrivere in maniera più efficace quanto grande sia la forza dell’amore, che ricorrendo all’espressione: L’amore è forte come la morte. O c’è forse qualcuno, fratelli, che possa opporre resistenza alla morte? Si resiste al fuoco, alle inondazioni, al ferro; si resiste alle autorità e magari ai re; arriva la morte: è sola, ma chi può resisterle? Non c’è nulla più forte di lei. E proprio per questo alla sua forza è stata paragonata la carità quando fu detto: L’amore è forte come la morte. Inoltre, siccome la carità uccide in noi ciò che fummo un tempo per farci essere ciò che non eravamo, si può dire che l’amore opera in noi una specie di morte. Una tal morte aveva assaporato colui che diceva: Il mondo è a me crocifisso e io al mondo (Gal 6, 14); e altrettanto era capitato a coloro a cui egli diceva: Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3). L’amore è forte come la morte. Se dunque l’amore è forte, è anche robusto e dotato di grande vigore; anzi è lo stesso vigore, quel vigore per cui i deboli sono sostenuti dai robusti, la terra dal cielo, la gente comune dai seggi. Per questo, si faccia la pace mediante il tuo vigore, è lo stesso che: Si faccia la pace nel tuo amore. E con tale vigore, con tale amore, con tale pace venga l’abbondanza nelle tue torri, cioè nelle tue alture. (En. in Ps. 121, 12)

 

Per la riflessione

E chi sarà, o fratelli, ad avere questa carità? Colui che in questa vita non cerca il proprio tornaconto. (En. in Ps. 121, 12)

 

Pensiero agostiniano

L’amore rende assolutamente facili e riduce quasi a nulla le cose più spaventose ed orrende. (Sermo 70, 3)

 

 

07/09

 

Preghiera

Dio mio, a te grazie dei tuoi doni. Tu però conservameli, così conserverai me pure e tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà, e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere. (Conf. I, 20.31)

 

Lettura

La correzione che non infierisce

Se volete conservare la carità, fratelli, innanzitutto non pensate che essa sia avvilente e noiosa; non pensate che essa si conservi in forza di una certa mansuetudine, anzi di remissività e di negligenza. Non così essa si conserva. Non credere allora di amare il tuo servo, per il fatto che non lo percuoti; oppure che ami tuo figlio, per il fatto che non lo castighi; o che ami il tuo vicino allorquando non lo rimproveri; questa non è carità, ma trascuratezza. Sia fervida la carità nel correggere, nell’emendare; se i costumi sono buoni, questo ti rallegri; se sono cattivi, siano emendati, siano corretti. Non voler amare l’errore nell’uomo, ma l’uomo; Dio infatti fece l’uomo, l’uomo invece fece l’errore. Ama ciò che fece Dio, non amare ciò che fece l’uomo stesso. Amare quello significa distruggere questo: quando ami l’uno, correggi l’altro. Anche se qualche volta ti mostri crudele, ciò avvenga per il desiderio di correggere. Ecco perché la carità è simboleggiata dalla colomba che venne sopra il Signore (cf. Mt 3, 16); quella figura cioè di colomba, con cui venne lo Spirito Santo per infondere la carità in noi. Perché questo? Una colomba non ha fiele: tuttavia in difesa del nido combatte col becco e con le penne, colpisce senza amarezza. […] Ecco, o fratelli, un grande esempio, una grande regola. […] L’amore infierisce, la carità infierisce: ma infierisce, in certo qual modo, senza veleno, al modo delle colombe e non dei corvi. (In 1 Io. Ep. 7, 11)

 

Per la riflessione

A voi vien fatto l’elogio della carità; se essa vi piace, abbiatela, possedetela; non è necessario che facciate un furto a qualcuno, non è necessario che pensiate di comprarla. Essa è gratuita. Tenetela, abbracciatela: niente è più dolce di essa. Se di tal pregio essa è quando viene presentata a voce, quale sarà il suo pregio quando è posseduta? (In 1 Io. Ep. 7, 10)

 

Pensiero agostiniano

Solo la carità fa sì che la felicità altrui non ti turbi, perché non è gelosa. Solo essa non si esalta per la prosperità, perché non si gonfia di superbia. In virtù di essa sola non vi è rodìo di cattiva coscienza, perché non agisce con ingiustizia. (Sermo 350, 3)

 

 

08/09

 

Preghiera

O Dio, che ci richiami sulla via; o Dio, che ci accompagni alla porta; o Dio, il quale fai sì che si apra a coloro che bussano (Mt 7, 8), vieni incontro benevolo. (Sol. I, 1, 3)

 

Lettura

La gerarchia dei beni creati e il Creatore

L’anima razionale può fare anche buon uso della felicità temporale e corporale, qualora non si dia in balìa della creatura trascurando il Creatore, ma ponga piuttosto la felicità a servizio del Creatore, il quale ha donato la felicità stessa con l’infinita larghezza della sua bontà. Allo stesso modo che sono buone tutte le cose create da Dio, a partire dalla creatura razionale sino al corpo più vile, così l’anima razionale si comporta bene nei riguardi di queste qualora osservi l’ordine, e distinguendo, scegliendo, giudicando, subordini le cose più futili alle più nobili, le corporali alle spirituali, le inferiori alle superiori, le temporali alle eterne; eviterà così di far decadere se stessa e il corpo dalla sua nobiltà col disprezzo dei beni superiori e la brama di quelli inferiori (in tal modo essa diventa più vile), mentre con l’amore regolato otterrà piuttosto di mutar in meglio se stessa e il corpo. Poiché tutte le sostanze sono buone per natura, viene onorato il lodevole ordinamento che regna in esse, ma ne viene condannato il colpevole sovvertimento. L’anima tuttavia, pur usando male delle cose create, non può eludere l’ordinamento stabilito dal Creatore, poiché se essa fa cattivo uso delle cose buone, Egli fa buon uso anche delle cattive; essa quindi, usando male le cose buone, diviene cattiva, mentre Egli rimane sempre buono, usando ordinatamente anche le cose cattive. Mi spiego: chi si mette fuori dell’ordine mediante l’ingiustizia dei peccati, è fatto rientrare nell’ordine mediante la giustizia dei castighi. (Ep. 140, 2.4)

 

Per la riflessione

La tua parola, Dio, è fonte di vita eterna e non passa. Perciò nella tua parola s’intriga quel distacco. Non uniformatevi a questo secolo, ci si dice, affinché la terra irrorata dalla fonte della vita produca l’anima vivente, un’anima che per la tua parola e il tramite dei tuoi evangelisti si mantiene nell’imitazione degli imitatori del tuo Cristo. (Conf. XIII, 21.31)

 

Pensiero agostiniano

Il timore è schiavo, la carità è libera; così che possiamo anche dire: il timore è lo schiavo della carità. Ad evitare che il diavolo prenda possesso del tuo cuore, entri prima lo schiavo nel tuo cuore, e conservi il posto alla signora che verrà. (Sermo 156, 13.14)

 

 

 

09/09

 

Preghiera

Ci accolga il Signore, consolandoci nei beni temporali, facendoci beati in quelli eterni. Giacché il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato; ma il Signore mi ha raccolto. (En. in Ps. 26, II, 19)

 

Lettura

La carità è il viatico del nostro pellegrinaggio terreno

Questo mondo è per tutti i fedeli che cercano la patria ciò che fu il deserto per il popolo d’Israele. Essi vagavano per il deserto ma cercavano la patria: tuttavia, sotto la guida del Signore, non potevano fallire la meta. La loro strada era il comando stesso del Signore. Sebbene essi andassero vagando per quarant’anni, quel loro cammino può essere compiuto in pochissime tappe, note a tutti. Si attardarono non perché abbandonati dal Signore, ma perché Dio voleva provarli. Ciò che anche a noi il Signore promette, è una dolcezza ineffabile, un bene, come dice la Scrittura e come spesso vi abbiamo ricordato, che occhio umano non vide, né orecchio udì, né mai s’è presentato allo spirito dell’uomo (Is 64, 4; 1Cor 2, 9). Siamo provati dai lavori della vita temporale e le tentazioni della vita presente ci aprono gli occhi. Ma se non volete morire di sete, in questo deserto della vita presente, bevete l’acqua della carità. Essa è la fonte che il Signore ha voluto apprestarci quaggiù, affinché non venissimo meno lungo la strada: beviamone in abbondanza e quando saremo arrivati in patria, ne berremo ancor più abbondantemente. (In 1 Io. Ep. 7, 1)

 

Per la riflessione

Togli dal cuore la carità ed esso conserverà l’odio e non saprà perdonare. Là ci sia la carità ed essa sicuramente perdona, perché non si chiude in se stessa. (In 1 Io. Ep. 7, 1)

 

Pensiero agostiniano

Il timore va diminuendo con l’avvicinarsi della patria alla quale siamo diretti. (Sermo 348, 4)

 

 

10/09

 

Preghiera

In tuo potere, Signore, sono le mie sorti. Non vedo infatti alcun merito per il quale tu dalla universale empietà del genere umano, mi abbia in modo particolare scelto per la salvezza; anche se presso di te c’è il giusto e occulto disegno della mia elezione, tuttavia io, che non conosco tale disegno, ho ricevuto in sorte la tunica del mio Signore. Liberami dalle mani dei miei nemici e da coloro che mi perseguitano. (En. in Ps. 30, I, 16)

 

Lettura

Pregare per i nemici

È cosa buona, e dobbiamo pregare affinché Dio ci liberi dalle mani dei nostri nemici. Ma dobbiamo capire che vi sono nemici per i quali dobbiamo pregare, e altri contro i quali dobbiamo pregare. I nostri nemici di questa terra, quali che siano, non devono essere odiati; quando un uomo vuole del male a colui che gli fa del male, ambedue diventano malvagi. Ma piuttosto il buono ami anche colui dal quale soffre il male, e così almeno uno solo sarà il malvagio. Il diavolo e i suoi angeli, ecco i nemici contro i quali dobbiamo pregare: costoro invidiano a noi il Regno dei Cieli; costoro non vogliono che noi ascendiamo là da dove essi sono stati scacciati: preghiamo che da costoro sia liberata la nostra anima. Infatti anche quando sono degli uomini ad accanirsi contro di noi, è perché sono divenuti loro strumenti. Per questo l’apostolo Paolo, ammonendoci su quanto dobbiamo essere prudenti contro i nemici, dice ai servi di Dio che subivano tribolazioni, cioè violenze, ingiustizie e inimicizie da parte degli uomini: Non dovete lottare contro la carne e il sangue, ossia contro gli uomini, ma contro i principi e le potestà e i reggitori dei mondo (Ef 6, 12). Di quale mondo? Del cielo e della terra? Niente affatto. Il reggitore di questo mondo altri non è che il Creatore. Allora che cosa chiama mondo? Quelli che amano il mondo. Infatti continua e spiega: quando dico del mondo, intendo di queste tenebre. Ma di quali tenebre se non dell’infedeltà e dell’empietà? Infatti anche agli infedeli e agli empi, divenuti fedeli e pii, così si rivolge l’Apostolo stesso: foste un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore (Ef 5, 8). Il vostro combattimento dunque, egli dice, si svolge contro gli spiriti della malvagità che sono nei cieli, contro il diavolo e gli angeli suoi: non vedete i vostri nemici eppure li vincete. (En. in Ps. 30, II, d. 3, 2)

 

Per la riflessione

Quando invochi Dio perché opprima il tuo nemico, allorché vuoi godere per il male altrui e per questo invochi Dio, lo fai complice della tua malvagità. (En. in Ps. 39, 4)

 

Pensiero agostiniano

Prega anche tu contro la cattiveria del tuo nemico: muoia quella ed egli viva. (Sermo 56, 10.14)

 

 

11/09

 

Preghiera

Signore, la meditazione del mio cuore sarà sempre al tuo cospetto: la meditazione del mio cuore non ha per scopo di piacere agli uomini, perché è già annientata la superbia; ma è sempre al tuo cospetto, perché tu scruti la coscienza pura. (En. in Ps. 18, I, 15)

 

Lettura

L’amore per il prossimo

Dice appunto il suo secondo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mt 22, 39). Ora tu ami te stesso utilmente, se ami Dio più di te. Ciò che dunque tu fai con te, bisogna che lo faccia con il prossimo, e questo perché anch’egli ami Dio con un amore perfetto. In effetti, non lo ami come te stesso, se non t’adoperi per condurlo a quel bene al quale tu stesso tendi, poiché è il solo bene che, per quanti vi tendano insieme a te, non soffre diminuzione. Da questo precetto nascono i doveri nei confronti della comunità umana, nei quali è difficile non errare. Prima di tutto però dobbiamo agire in modo da essere benevoli, cioè dobbiamo astenerci da ogni malvagità, da ogni inganno nei confronti dell’uomo. Chi infatti è più prossimo all’uomo dell’uomo stesso?

Senti anche ciò che dice Paolo: L’amore non fa nessun male al prossimo (Rom 13, 10). Mi servo di testimonianze molto brevi, ma, se non mi inganno, idonee e soddisfacenti per il mio caso. Chi ignora infatti quante parole e di quale autorità ci sono in quei libri, sparse per ogni dove, sulla carità verso il prossimo? Ma poiché contro l’uomo si pecca in due maniere, nell’una quando gli si fa torto, nell’altra quando non lo si aiuta, pur potendolo fare, e siccome sono le stesse maniere per le quali gli uomini sono giudicati cattivi, in quanto nessuna delle due è usata da chi ama, ciò che intendiamo dire lo dimostra a sufficienza questa sentenza: L’amore non fa nessun male al prossimo. E se non possiamo pervenire al bene che desistendo dall’operare il male, questi atti con i quali amiamo il prossimo sono come l’infanzia dell’amore di Dio, di modo che, siccome l’amore non fa nessun male al prossimo, da qui eleviamoci a ciò che è stato detto: Sappiamo che tutte le cose concorrono al bene di coloro che amano Dio (Rom 8, 28). (De moribus Ecclesiae cath. I, 26.49-50)

 

Per la riflessione

Non dobbiamo abbandonare impunemente e crudelmente alla loro cattiva volontà coloro che amiamo, ma, se ne abbiamo la possibilità, dobbiamo tenerli lontani dal male e costringerli al bene. (Ep. 173, 2)

 

Pensiero agostiniano

Tutti siamo prossimi per la condizione della nascita terrena; ma anche fratelli per la speranza della celeste eredità. (En. in Ps. 25, II, 2)

 

 

12/09

 

Preghiera

O eterna verità e vera carità e cara eternità, tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. (Conf. VII, 10.16)

 

Lettura

La carità canta il cantico nuovo

Sta scritto: O Dio, ti canterò un cantico nuovo; salmeggerò a te sul salterio a dieci corde (Sal 143, 9). Il salterio a dieci corde è - lo si comprende - i dieci comandamenti della legge. Quanto al cantare e al salmeggiare è, di solito, occupazione di persone innamorate. Se infatti l’uomo vecchio è nel timore, il nuovo è nell’amore (Col 3, 9). In tal modo distinguiamo anche due Testamenti, il vecchio e il nuovo: Testamenti che l’Apostolo dice figurati allegoricamente già nei figli di Abramo, nati uno dalla serva e l’altro dalla donna libera. Dice: Essi sono i due Testamenti (Gal 4, 22s). Ora la schiavitù ha pertinenza col timore, la libertà con l’amore. Dice l’Apostolo: Non avete ricevuto di nuovo uno spirito di servitù nel timore, ma avete ricevuto lo Spirito dell’adozione filiale, nel quale gridiamo: Abbà, Padre (Rom 8, 15). Dice pure Giovanni: Il timore non è nella carità, ma la carità, quando è perfetta, caccia via il timore (1Gv 4, 18). La carità dunque canta il cantico nuovo. Il timore servile, viceversa, qual è posseduto dall’uomo vecchio, può sì avere il salterio a dieci corde, in quanto anche ai giudei carnali fu data la legge compendiata nei dieci comandamenti, ma con essa non può cantare il cantico nuovo. È infatti sotto la legge e non è in grado di adempiere la legge. Tiene in mano lo strumento, ma non lo usa, e viene appesantita, non abbellita, dal salterio. Colui che, invece, è sotto la grazia e non sotto la legge adempie la legge, e questa non gli è un peso, ma un pregio: non è il tormento di colui che teme, ma l’ornamento di colui che ama. Acceso infatti dallo Spirito di amore, canta ormai il cantico nuovo col salterio a dieci corde. (Sermo 33, 1)

 

Per la riflessione

Chi non vuol cantare in unione con tutta la terra non si stacca dall’uomo vecchio, non canta il cantico nuovo né salmeggia con il salterio a dieci corde. (Sermo 33, 5)

 

Pensiero agostiniano

Fratelli, non badate soltanto al suono: quando lodate Dio, lodatelo con tutto l’essere: canti la voce, canti la vita, cantino le opere. (En. in Ps. 148, 2)

 

 

13/09

 

Preghiera

Tienici, Signore, stendi le tue ali e ci rifugeremo sotto di esse. Sii tu la nostra gloria! (Conf. X, 36.59)

 

Lettura

Con la sua forza Cristo ci ha creati, con la sua debolezza Cristo ci ha ricreati

La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato. La forza di Cristo ha chiamato all’esistenza ciò che non era, la debolezza di Cristo ha impedito che si perdesse ciò che esisteva. Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci.

E’ con la sua debolezza che egli nutre i deboli, come la gallina nutre i suoi pulcini: egli stesso del resto si è paragonato alla gallina: Quante volte - dice a Gerusalemme - ho voluto raccogliere i tuoi figli sotto le ali, come la gallina i suoi pulcini, e tu non l’hai voluto! (Mt 23, 37). Non vedete, o fratelli, come la gallina partecipa alla debolezza dei suoi pulcini? Nessun altro uccello esprime così evidentemente la sua maternità. Abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi passeri che fanno il nido; vediamo rondini, cicogne, colombe fare il nido; ma soltanto quando sono nel nido, ci accorgiamo che sono madri. La gallina, invece, si fa talmente debole con i suoi piccoli, che, anche quando i pulcini non le vanno dietro, anche se non vedi i figli, ti accorgi che è madre. Le ali abbassate, le piume ispide, la voce roca, in tutto così dimessa e trascurata, è tale che, anche quando - come ho detto - non vedi i pulcini, t’accorgi tuttavia che è madre. Così era Gesù, debole e stanco per il cammino. Il suo cammino è la carne che per noi ha assunto. Perché, come potrebbe muoversi colui che è dovunque e che da nessuna parte è assente? Se va, se viene, se viene a noi, è perché ha assunto la forma della carne visibile. Poiché dunque si è degnato di venire a noi apparendo in forma di servo per la carne assunta, questa stessa carne assunta è il suo cammino. Perciò stanco per il cammino, che altro significa se non affaticato nella carne? (In Io. Ev. 15, 6-7)

 

Per la riflessione

Pertanto tutti coloro che in Cristo vengono rinnovati e cominciano ad essere partecipi della vita eterna, cantano il cantico nuovo. E questo è un cantico di pace, un cantico d’amore. (En. in Ps. 149, 1-2)

 

Pensiero agostiniano

La carità loda il Signore, la discordia lo bestemmia. (En. in Ps. 149, 2)

 

 

14/09

 

Preghiera

Il mio bene è l’unione con Dio (Sal 72, 28), poiché, se non rimarrò in lui, non potrò rimanere neppure in me. Egli invece rimanendo stabile in sé, rinnova ogni cosa (Sap 7, 27). Tu sei il mio Signore, perché non hai bisogno dei miei beni (Sal 15, 2). (Conf. VII, 11.17)

 

Lettura

L’amore rende dolce ogni fatica

L’amore rende assolutamente facili e riduce quasi a nulla le cose più spaventose ed orrende. Quanto dunque la carità rende più sicuro e più facile il cammino verso l’acquisto della vera felicità, mentre la cupidigia, per quanto lo può, rende facile il cammino alla miseria! Quanto facilmente si sopporta qualsiasi avversità temporale per evitare l’eterno castigo e acquistare l’eterno riposo! Non a torto l’Apostolo, strumento scelto da Dio, con gran gioia disse: Le sofferenze del tempo presente non hanno assolutamente un valore proporzionato alla gloria che si manifesterà in noi (Rom 8, 18). Ecco perché ciò rende soave il giogo e leggero il peso. E anche se esso è difficile da portare per i pochi che lo scelgono, è facile per tutti quelli che amano. Dice il Salmista: A causa delle parole delle tue labbra ho battuto vie faticose (Sal 16, 4). Ma le cose che sono aspre per coloro che provano affanno, si addolciscono per quelli che amano. Per un disegno della divina bontà è quindi avvenuto che l’uomo interiore, che si rinnova di giorno in giorno, non vivesse più sotto la Legge, ma ormai sotto la grazia, liberato dal peso d’innumerevoli osservanze, ch’erano davvero un giogo gravoso, ma giustamente imposto a quelle dure cervici; e che in virtù della gioia interiore e grazie alla facilità proveniente da una sincera fede, da una ferma speranza e da una santa carità, divenisse leggera ogni difficoltà apportata dal principe [di questo mondo] ch’è stato buttato fuori. (Sermo 70, 3)

 

Per la riflessione

Per quanto possano essere crudeli le persecuzioni di questo mondo, non v’è nulla di più vero di quello che gli angeli proclamarono alla nascita del Signore: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. (Lc 2, 14)

 

Pensiero agostiniano

Tutto ciò ch’è penoso nei precetti, lo rende dolce la carità. (Sermo 96, 1)

 

 

15/09

 

Preghiera

O Signore, tu sei dolce e mite! Sei mite perché mi sopporti. A causa della mia malattia io tendo a dissiparmi. Curami e avrò stabilità! Rafforzami e sarò saldo. Ma, finché non mi renderai così, sopportami, perché tu, Signore, sei dolce e mite. (En. in Ps. 85, 7)

 

Lettura

Dio ha promesso il perdono a chi si corregge

Dolce e retto è il Signore (Sal 24, 8). Se lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto dice: Ho taciuto; ma in quanto è giusto aggiunge: Forse che sempre tacerò? (Is 42, 14 [LXX]). Il Signore è misericordioso e benigno. Certamente. Aggiungi: longanime, e ancora: molto misericordioso, ma tieni conto anche di ciò che è detto alla fine del testo scritturale, cioè verace (Sal 85, 15). Allora infatti giudicherà quanti l’avranno disprezzato, egli che adesso sopporta i peccatori. Forse che disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della sua longanimità, non comprendendo che questa bontà di Dio ti spinge solo al pentimento? Con la tua ostinatezza e con il tuo cuore impenitente accumuli sul tuo capo l’ira per il giorno dell’ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2, 4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti; ma tu fai assegnamento su questa dilazione, senza impegnarti a correggerti. Ieri sei stato cattivo? oggi sii buono. Anche oggi sei caduto nel male? almeno domani cambia. Tu invece rimandi sempre e ti riprometti moltissimo dalla misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita molto lunga. Che ne sai cosa ti porterà il domani? Giustamente dici in cuor tuo: Quando mi correggerò, Dio mi perdonerà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a chi si corregge e si converte; è vero, puoi citarmi una profezia secondo cui Dio ha promesso il perdono a chi si corregge; non puoi, però, citarmi una profezia secondo cui Dio ti ha promesso una vita lunga. (In Io. Ev. 33, 7)

 

Per la riflessione

Gli uomini corrono due pericoli contrari, ai quali corrispondono due opposti sentimenti: quello della speranza e quello della disperazione. (In Io. Ev. 33, 8)

 

Pensiero agostiniano

È mite colui al quale per tutto il bene che fa non piace se non Dio e per tutto il male che subisce non dispiace Dio. (Sermo 81, 5)

 

 

16/09

 

Preghiera

Ti supplico, o Dio, dal quale uscire è morire, al quale avviarsi è tornare a vivere, nel quale abitare è vivere. (Sol. I, 1, 3)

 

Lettura

Che vuol dire: Chi non odia la propria vita…

I genitori non devono adirarsi contro il Signore che ci ordina di odiarli, dal momento che la medesima cosa ci viene ordinata riguardo all’anima nostra (Lc 14, 26). Poiché, allo stesso modo che ora ci viene ordinato di odiare l’anima e i genitori per amore di Cristo, così può applicarsi molto bene anche ai genitori ciò che in un altro passo il Signore dice dell’anima: Chi ama la propria anima, la perderà (Gv 12, 25). Dirò anzi senza esitazione: "Chi ama i propri genitori, li perderà", poiché riguardo all’anima usò in quel passo odierà come in questo perderà. Ma questo precetto di "perdere" la nostra anima non significa che dobbiamo ucciderci, cosa che sarebbe un delitto imperdonabile, ma significa che dobbiamo estirpare dall’anima l’affetto carnale, impedimento, questo, per la vita futura, a causa del quale si ama la vita presente: questo infatti vuol dire l’espressione evangelica "odierà la propria anima" e "la perderà"; ma ciò si compie amando, dal momento che nel medesimo precetto (Cristo) ricorda molto chiaramente il frutto che consiste nel guadagnare la propria anima, dicendo: Chi l’avrà perduta in questo mondo, la troverà per la vita eterna. Allo stesso modo, con tutta ragione, dei genitori si può dire che, se uno li ama, li perde non già uccidendoli come fanno i parricidi, ma in modo che chi li ama, animato da spirito di pietà e di fede, colpisca con la spada della parola di Dio e uccida il loro affetto carnale, col quale tentano d’impastoiare se stessi e i propri figli nei lacci del mondo, e faccia vivere in essi il vero amore cristiano in virtù del quale sono fratelli e insieme coi loro figli temporali riconoscono come genitori eterni Dio e la Chiesa. (Ep. 243, 5)

 

Per la riflessione

Ti ama meno chi ama altre cose con te senza amarle per causa tua. (Conf. X, 29.40)

 

Pensiero agostiniano

Vuoi essere sempre contento? Aderisci a colui che è eterno. (In Io. Ev. 14, 2)

 

 

17/09

 

Preghiera

(O buon Gesù) volgi lo sguardo alla moltitudine dei vergini: santi fanciulli e sante fanciulle. Questa categoria di persone è sorta nella tua Chiesa. (De sancta virginitate 36, 37)

 

Lettura

Seguire Cristo-Agnello

Avanti, o santi di Dio, fanciulli e giovinette, uomini e donne, celibi e nubili! Continuate con perseveranza sino alla fine! Lodate il Signore, tanto più dolcemente quanto più intensamente pensate a lui. Sperate in lui con tanta più felicità quanto maggiore è lo zelo con cui lo servite. Tanto più ardente sia il vostro amore per lui quanto maggiore è la cura nel piacergli. Con i fianchi cinti e le lampade accese aspettate il Signore al suo ritorno dalle nozze. Nelle nozze dell’Agnello voi cantate un cantico nuovo, accompagnandovi con le vostre cetre. Certamente non sarà, quel canto, lo stesso che canterà la terra intera, a cui si dice: Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, o terra tutta! (Sal 95, 1) Sarà un canto che nessuno potrà cantare se non voi. Così infatti vi ha visti nell’Apocalisse colui che più degli altri fu amato dall’Agnello, colui che era solito posare il capo sopra il suo cuore e sorbiva, per poi effonderle agli altri, le meraviglie sovrumane del Verbo di Dio. Questo veggente vi contemplò in numero di centoquarantaquattromila santi citaredi, contraddistinti da verginità illibata nel corpo, da inviolata verità nel cuore; e di voi scrisse che seguite l’Agnello dovunque egli vada (Ap 14, 1s). Dove pensiamo che vada questo Agnello, che nessuno osa o riesce a seguire, se non voi? Dove pensiamo che vada? In quali pascoli o in quali prati? Là – penso – dove sono pascoli le gioie celesti: non le gioie vuote o le follie ingannatrici di questo mondo, e nemmeno le gioie che nel Regno di Dio saranno concesse agli altri, non vergini, ma gioie diverse da tutte le altre. La gioia delle vergini di Cristo, da Cristo, in Cristo, con Cristo, al seguito di Cristo, per mezzo di Cristo, in ordine a Cristo.

 

Per la riflessione

Ama la bontà di Dio, temi la sua severità: tutt’e due ti impediranno d’essere superba. (De sancta virginitate 38, 39)

 

Pensiero agostiniano

Tu sappi soltanto che hai un Capo che ti ha già preceduto in cielo. Ti ha lasciato una via per la quale seguirlo, dirigiti verso di lui. (Sermo 4, 37)

 

 

18/09

 

Preghiera

Ho considerato il mondo che crede in Cristo; e, per il fatto che Dio si è umiliato nel tempo per noi, con gioia l’ho lodato, poiché si diletta di una tale vittima. Canterò e inneggerò al Signore. Con il cuore e con le opere mi allieterò nel Signore. (En. in Ps. 26, I, 6)

 

Lettura

Tutte le mie ossa diranno: Signore, chi è simile a Te?

Con il nome di "ossa" nel Corpo del Signore sono designati tutti i giusti, i fermi di cuore, i forti, che non cedono a nessuna persecuzione ed a nessuna tentazione acconsentendo al male. In questa occasione non cederanno alle tentazioni, quando i persecutori diranno: Ecco qui Dio, ecco qual è Dio, venga, si allei con te; ecco, questo è non so quale grande sacerdote sul monte; forse per questo tu sei povero, perché quel Dio non ti aiuta: supplicalo e ti aiuterà; forse per questo sei malato, perché non lo supplichi: supplicalo e guarirai; forse per questo non hai figli: supplicalo e ne avrai. Ma colui che fa veramente parte delle ossa nel Corpo di Cristo, respinge tutte queste voci e dice: Signore, chi è simile a Te? Da’, se vuoi dare, anche in questa vita, ciò che chiedo; se non vuoi, sii Tu la mia vita, Tu che sempre io cerco. Potrò uscire da questo mondo a fronte alta, se avrò adorato un altro e Ti avrò offeso? Forse domani morirò e con qual faccia Ti guarderò? Grande è la sua misericordia, ci ha insegnato a vivere bene e ci ha tenuto nascosto il giorno estremo della nostra morte, affinché non ci ripromettiamo niente dal futuro. Oggi agisco e vivo: domani non opererò. E se per te non ci sarà domani? Di’ dunque fra le ossa di Cristo: Signore, chi è simile a Te? Tutte le mie ossa diranno: Signore, chi è simile a Te? (En. in Ps. 34, d. 1, 14)

Per la riflessione

Uno solo dobbiamo cercare: Colui che ci riscatta e ci fa liberi, che ha dato il suo sangue per comprarci e che dei servi ha fatto i suoi fratelli. (En. in Ps. 34, d. 1, 15)

 

Pensiero agostiniano

La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato. La forza di Cristo ha chiamato all’esistenza ciò che non era, la debolezza di Cristo ha impedito che si perdesse ciò che esisteva. (In Io. Ev. 15, 6)

 

 

19/09

 

Preghiera

Poiché non vi è inganno nella mia lingua. Qual è il motivo di queste parole? È una confessione che ti faccio: percorrendo la mia via io mi sono allontanato da te; ti ho abbandonato mentre sarebbe stata mia felicità restare con te. Per fortuna però ho avvertito quale sventura sia stata la mia lontananza da te. Se infatti mi fossi trovato bene senza di te, forse avrei ricusato di tornare a te. (En. in Ps. 138, 6)

 

Lettura

Chi non va avanti, si ferma!

Chi crede di sapere qualcosa, non sa ancora in che modo bisogna sapere. Quindi: E se in qualche cosa pensate diversamente, quasi dei bambini, Dio vi illuminerà anche su questo. Nondimeno, dal punto in cui siamo arrivati, continuiamo ad avanzare secondo la stessa linea (Fil 3, 15-16). Perché Dio ci illumini anche su ciò che pensiamo diversamente ed a cui siamo arrivati, non fermiamoci là, ma continuiamo ad avanzare secondo la stessa linea. Considerate che siamo viandanti. Voi dite: Che significato ha "camminare"? Lo dico in breve: "Progredire". Non vi capiti di non intendere e di camminare con maggior pigrizia. Fate progressi, fratelli miei, esaminatevi sempre, senza inganno, senza adulazione, senza accarezzarvi. Nel tuo intimo infatti non c’è con te uno alla cui presenza ti debba vergognare e ti possa vantare. Vi è colui al quale piace l’umiltà, egli sia a provarti. Anche tu metti a prova te stesso. Ti dispiaccia sempre ciò che sei, se vuoi guadagnare ciò che non sei. In realtà, dove ti sei compiaciuto di te, là sei rimasto. Se poi hai detto: Basta; sei addirittura perito. Aggiungi sempre, avanza sempre, progredisci sempre. Non fermarti lungo la via, non indietreggiare, non deviare. Chi non va avanti, si ferma; torna indietro chi si volge di nuovo alle cose da cui si era allontanato; chi apostata, abbandona la via giusta. Uno zoppo sulla via va avanti meglio di chi corre fuori strada. (Sermo 169, 15.18)

 

Per la riflessione

Se anche tu cammini, se vai proteso in avanti, se pensi alle realtà future, dimentica le cose passate, non volgerti indietro a riguardarle, per non fermarti laddove hai posto il tuo sguardo. (Sermo 169, 15.18)

 

Pensiero agostiniano

Il cammino di questa vita è duro e irto di prove: quando le cose vanno bene non bisogna esaltarsi, quando vanno male non bisogna abbattersi. (In Io. Ev. 12, 14)

 

 

20/09

 

Preghiera

Insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. O confessione, o ammonimento [salutare]! Dice: Poiché tu sei il mio Dio. Correrò da un altro perché mi riformi se è stato un altro a formarmi. Ma tu sei il mio tutto, poiché tu sei il mio Dio. Cercherò un padre per ottenere l’eredità? Tu sei il mio Dio: non solo quindi colui che mi dona l’eredità, ma colui che costituisce l’eredità stessa. Il Signore è la porzione della mia eredità (Sal 15, 5). Cercherò un padrone per il riscatto? Tu sei il mio Dio. Cercherò un patrono per la liberazione? Tu sei il mio Dio. E finalmente, voglio essere una nuova creatura dopo essere stato già una prima volta creato? Tu sei il mio Dio: tu il mio creatore, che col tuo Verbo mi creasti e con lo stesso Verbo mi hai ricreato. Mi creasti col tuo Verbo esistente presso di te, mi hai ricreato con lo stesso Verbo fattosi carne per amore nostro. (En. in Ps. 142, 17)

 

Lettura

La trasmissione del peccato

Dio ha creato onesto l’uomo perché è principio dell’essere e non della depravazione. L’uomo volontariamente pervertito e giustamente condannato ha generato individui pervertiti e condannati. Tutti fummo in quell’uno, quando tutti fummo quell’uno che cadde nel peccato tramite la donna, che da lui era stata prelevata prima del peccato. Non ancora per noi singolarmente era stata data all’esistenza e distribuita la forma in cui ognuno doveva vivere, ma vi era già la natura seminale da cui dovevamo provenire. Poiché essa era viziata per il peccato, irretita nel laccio della morte e giustamente condannata, l’uomo non poteva provenire dall’uomo in condizione diversa. Dal cattivo uso del libero arbitrio ebbe inizio la trasmissione di questa condanna. Essa, poiché è depravata l’origine, come una radice marcita, conduce il genere umano in un contesto d’infelicità alla rovina della seconda morte che non ha fine, fatta eccezione soltanto per quelli che sono stati liberati dalla grazia di Dio. (De civ. Dei XIII, 14)

 

Per la riflessione

Dio ti creò animale ragionevole, ti dette il dominio sulle bestie, ti formò a sua immagine. E così dunque devi servirti degli occhi quale bestia, solo per vedere di che riempire il ventre, non la mente? Cerca in alto l’orizzonte della ragione, fa’ valere gli occhi dell’uomo che sei, guarda il cielo e la terra, gli splendori del firmamento, la fertilità della terra, il volare degli uccelli, il nuotare dei pesci, la vitalità dei semi, il succedersi regolare delle stagioni. Volgi l’attenzione al creato e pensa al Creatore. Ammira le cose che vedi e tendi a ciò che non vedi. (Sermo 126, 2.3)

 

Pensiero agostiniano

Questa è la prima grazia del dono di Dio, ricondurci a confessare la debolezza, affinché qualunque cosa di buono possiamo fare, in qualunque cosa siamo capaci, lo siamo in Lui. (En. in Ps. 38, 18)

 

 

21/09

 

Preghiera

O Signore, sii tu la mia eredità: io ti amo, con tutto me stesso ti amo, ti amo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Che conterà per me tutto ciò che mi avrai dato senza di te? (Sermo 334, 3)

 

Lettura

Considera da quale schiavitù Cristo ti ha riscattato!

Davano ordini opposti l’avarizia e la prodigalità in modo che ti era impossibile ubbidire ad ambedue. Una infatti diceva: "Conserva per te e pensa al tuo avvenire"; l’altra invece diceva: "Spendi e tratta bene l’anima tua". Se ti si presentasse il tuo Signore e Redentore, ti rivolgerebbe lo stesso discorso, ma senza contraddizioni. Se tu non vorrai ascoltarlo, sappi che alla sua casa non è necessario chi serve malvolentieri. Presta attenzione al tuo Redentore, considera quanto gli sei costato. È venuto per riscattarti e per questo ha versato il suo sangue. Tu gli eri assai caro, perché ti aveva comprato a caro prezzo. Se riconosci colui che ti ha riscattato, considera da quale schiavitù ti ha riscattato! Non parlo di tutti gli altri vizi e del superbo dominio che esercitavano su di te, poiché tu eri schiavo d’innumerevoli vizi. Parlo solo di queste due padrone, ossia l’avarizia e la prodigalità, che ti dànno ordini opposti, che ti trascinano in direzioni opposte. Stràppati da esse, vieni dal tuo Dio. Se prima eri servo dell’iniquità, sii ora servo della giustizia. Le stesse parole che ti dicevano esse dandoti ordini opposti, le sentirai anche dal tuo Signore senza che però ti dia ordini opposti. Egli non elimina il loro linguaggio, ma elimina il loro potere. Che ti diceva l’avarizia? "Conserva per te, pensa al tuo avvenire". Non cambia la parola eterna, il Verbo, cambia solo l’uomo. Se dunque ti aggrada, fa’ il confronto tra i consiglieri. L’uno è l’avarizia, l’altro è la giustizia. (Sermo 86, 7.7)

 

Per la riflessione

L’amore di ciò che è terreno ti tormenta? Prendi la tua croce e segui il Signore. E lo stesso tuo Salvatore, pur sempre Dio nella carne, pur sempre Dio con la carne, mostrò tuttavia una sensibilità umana quando disse: Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice. (Mt 26, 39) (Sermo 344, 3)

 

Pensiero agostiniano

Non amate le cose temporali: perché se si amassero come un bene, le amerebbe l’uomo che il Figlio di Dio ha assunto. (De agone christiano 11.12)

 

 

22/09

 

Preghiera

Ti lodino, Dio nostro, nell’alto tutti gli angeli tuoi; tutte le potenze tue, il sole e la luna, tutte le stelle e la luce, i cieli dei cieli e le acque che stanno sopra i cieli, lodino il tuo nome. (Conf. VII, 13.19)

 

Lettura

I buoni sono ricchi nella coscienza

I buoni fedeli sono tutti ricchi. Nessuno si deprima: sebbene povero nella dispensa, il buono è ricco nella coscienza. Ora chi è ricco nella coscienza dorme più tranquillo, sebbene per terra, di quanto non dorma, magari nella porpora, il ricco di denaro. Là sulla [nuda] terra non lo sveglia l’angosciosa preoccupazione proveniente dal cuore trafitto dalla colpa. Conserva nel tuo cuore le ricchezze che ti ha recato la povertà del tuo Signore; anzi prendi lui per tuo custode. Affinché dal cuore non svanisca quel che ti ha dato, provveda lui stesso che te l’ha dato. Sono dunque ricchi tutti i buoni fedeli, ma non ricchi di questo mondo. Le loro ricchezze nemmeno loro le avvertono; le scopriranno più tardi. Vive la radice, ma d’inverno anche l’albero verde è simile all’albero secco. In effetti d’inverno e l’albero secco e l’albero vivo sono tutt’e due privi delle foglie che li adornano, privi dei frutti che li abbelliscono. Verrà l’estate e i due alberi appariranno diversi. La radice viva produrrà le foglie e riempirà di frutti la pianta, la radice secca resterà arida come lo era d’inverno. Pertanto all’una sarà preparato il magazzino; contro l’altra si ricorrerà alla scure, affinché si tagli e la si getti nel fuoco. In questo caso per nostra estate consideriamo la venuta del Signore. Nostro inverno è il nascondimento di Cristo, nostra estate la manifestazione di Cristo. Ora, agli alberi buoni e fedeli l’Apostolo rivolge questa apostrofe: Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3). Certamente morti, ma morti per quanto si vede, vivi invece nella radice. (Sermo 36, 4)

 

Per la riflessione

Nota come, in riferimento al futuro tempo dell’estate, prosegue dicendo: Quando apparirà Cristo, vostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria (Col 3, 4). Questi sono i ricchi, ma non ricchi di questo mondo. (Sermo 36, 4)

 

Pensiero agostiniano

Se vuoi amare Dio, amalo con tutte le tue viscere e con casti sospiri. Siine innamorato, ardi per lui, anela a colui del quale non troverai niente di più gioioso, niente di più eccellente, niente di più lieto, niente di più duraturo. (En. in Ps. 85, 8)

 

 

23/09

 

Preghiera

O Signore mio Dio, o Signore Dio nostro, rendici felici di te affinché arriviamo fino a te. Non vogliamo esser beati in virtù dell’oro o dell’argento o di poderi; non vogliamo esser felici per questi beni terreni pieni di vanità e transitori della vita caduca. (Sermo 113, 6)

 

Lettura

Non temere la venuta del Signore in te

Non è angusto il cuore del credente, per colui per il quale fu angusto il tempio di Salomone. Salomone stesso ebbe a fare quest’affermazione mentre lo stava costruendo: Se il più eccelso cielo non ti può contenere. (2Cr 6, 18). Tuttavia santo è il tempio di Dio, che siete voi (1Cor 3, 17). Noi infatti, dice in un altro passo, siamo il tempio del Dio vivo. E come se gli si dicesse: "Come lo dimostri?", soggiunge: Come è scritto: Abiterò in mezzo ad essi (2Cor 6, 16). Se un qualche importante personaggio ti dicesse: "Abiterò presso di te", tu che cosa faresti? Se la tua casa è molto piccola, senza dubbio rimarresti sconcertato, addirittura ti spaventeresti, desidereresti che la cosa non avvenisse. Non vorresti infatti essere in imbarazzo nell’accogliere quella persona importante, per la cui venuta la tua misera casa non sarebbe sufficiente. Non temere la venuta del tuo Dio, non temere il desiderio del tuo Dio. Non ti limita quando verrà; anzi venendo ti dilaterà. Infatti, perché tu sappia che ti dilaterà, ha promesso non solo la sua venuta: Abiterò in mezzo ad essi, ma [ha promesso] anche esplicitamente che ti dilaterà, aggiungendo: E camminerò (2Cor 6, 16). Se ami, vedrai questa dilatazione. Il timore porta con sé il castigo (1Gv 4, 8), perciò porta le angustie; e per questo, al contrario, l’amore porta la dilatazione. Guarda la dilatazione della carità: Poiché l’amore di Dio è stato diffuso -dice - nei nostri cuori (Rom 5, 5). (Sermo 23, 7)

 

Per la riflessione

Verremo -dice - a lui io e il Padre. A colui certamente che, come ha detto sopra, lo ama, obbedisce ai suoi comandi, osserva la sua legge, ama Dio, ama il prossimo. Verremo - dice - a lui e rimarremo presso di lui (Gv 14, 23). (Sermo 23, 6)

 

Pensiero agostiniano

Amate la giustizia e sarete voi il tempio di Dio. (En. in Ps. 64, 8)

 

 

24/09

 

Preghiera

Prenderò il calice di salvezza. Prenderò il calice di Cristo e berrò la passione del Signore. (En. in Ps. 102, 4)

 

Lettura

Il calice della salvezza

Al riguardo, che ci raccomanda nel Salmo, dove abbiamo trovato scritto e abbiamo cantato: È preziosa davanti al Signore la morte dei suoi santi (Sal 115, 5)? Là prese a considerare, l’uomo, quanti beni aveva ricevuto da Dio, abbracciò con lo sguardo quanti doni di grazia dell’Onnipotente, che lo creò, che lo cercò perduto, che perdonò quando l’ebbe trovato, che lo sostenne mentre lottava con le sue deboli forze, che non si sottrasse a lui in pericolo di perdersi, che lo coronò vincitore, che gli diede in premio se stesso. Considerò tutto questo e finì per esclamare: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha ridato? Non voleva essere ingrato, voleva ricompensare, ma non aveva con che farlo. Non disse: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato, ma: per quanto mi ha ridato. Non ha dato, ma ha ridato. Se ha ridato, da parte nostra avevamo un credito. Veramente il nostro credito erano i nostri mali ed egli ha ridato i suoi beni. Ha ridato infatti beni per mali, mentre noi potevamo rendere mali per beni. L’uomo cerca perciò cosa possa rendere; è angustiato non trovando come pagare il debito: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha ridato? E quasi abbia trovato cosa rendere, dice: Prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore (Sal 115, 13). Che vuol dire questo? Intendeva certamente di restituire. Vuole ancora avere: Prenderò il calice della salvezza. Che calice è questo? Il calice della passione, amaro e salutare: quel calice che l’infermo avrebbe paura di toccare, se non l’avesse già bevuto il Medico. È proprio quello il calice: lo riconosciamo, questo calice, sulle labbra di Cristo che dice: Padre, se è possibile, passi da me questo calice (Mt 26, 39). (Sermo 329, 2)

 

Per la riflessione

Voi mirate in alto? È attraversando la valle che si giunge al monte. Volete una sede di grandezza? Bevete prima il calice dell'umiltà. (Sermo 329, 2)

 

Pensiero agostiniano

L’animo sia devoto, sia fedelmente cristiano, non sia ingrato verso la grazia. Riconosci il medico: mai l’infermo risana se stesso. (Sermo 160, 7)

 

 

25/09

 

Preghiera

O Signore, ascoltaci. Rinnovaci tu che ci hai creati. Tu che hai fatto di noi degli uomini illuminati, fa’ di noi dei buoni. (Sermo 120, 3)

 

Lettura

E’ questo il tempo di fare il bene

Il Signore nostro Dio, non volendo che alcuno di noi perisca, coltiva la sua Chiesa come il proprio campo, cerca il frutto dai suoi alberi prima che arrivi il tempo della scure, essendo per lui necessario tagliare gli alberi infruttuosi; per questo non cessa di ammonirci perché, essendo questo il tempo e potendole compiere con l’aiuto di Dio, compiamo le opere buone. Quando sarà passato il tempo utile per fare il bene, non rimarrà che il tempo per ricevere la ricompensa. Nessuno ti dirà, dopo la risurrezione dei morti, nel regno di Dio: Spezza il pane all’affamato (Is 58, 7), perché non troverai nessun affamato. Nessuno ti dirà: "Vesti l’ignudo", dove tutti avranno la tunica dell’immortalità. Nessuno ti dirà: "Accogli il pellegrino", dove tutti si troveranno nella propria patria, mentre adesso siamo pellegrini colà diretti. Nessuno ti dirà: "Visita l’ammalato" dove è sanità eterna. Nessuno ti dirà: "Seppellisci il morto" dove la morte è morta. Tutti questi doveri di pietà non saranno necessari nella vita eterna, ove sarà soltanto pace e gioia eterna. Nel tempo presente invece, come sappiamo che Dio raccomanda caldamente le opere di misericordia, così permise che gli stessi suoi santi si trovassero nella necessità affinché, come qui si fanno degli amici con il denaro d’iniquità, così un giorno questi accolgano i loro amici nelle dimore eterne. Ossia, affinché, mentre i devoti servi di Dio, dedicandosi continuamente a Dio, qualche volta si trovano nelle necessità, coloro che possiedono le ricchezze del mondo possano fare l’elemosina. Come li fanno partecipi nei beni terreni, così meriteranno di avere parte con essi alla vita eterna. (Sermo 11, 1)

 

Per la riflessione

Speriamo in questo premio quando operiamo il bene, perché nessuno di voi venga tentato da questo pensiero: "Nutrirò un servo di Dio che ha fame, affinché la mia brocca non si vuoti o nella mia botte si trovi sempre vino". Non cercare qui queste cose. Semina senza timore, la tua messe verrà più tardi, verrà più lentamente, ma quando sarà venuta non avrà più fine. (Sermo 11, 3)

 

Pensiero agostiniano

Per infondere coraggio al tuo cuore egli venne a patire e a morire; fu coperto di sputi e coronato di spine; udì oltraggi, e infine fu confitto in croce. Tutte queste cose egli subì per te e tu non vorresti sopportare nulla! Non per lui, ma per te. (Sermo 46, 10)

 

 

26/09

 

Preghiera

Signore, Signore, forza di mia salvezza. Hai steso la tua ombra sopra la mia testa nel giorno della guerra. Ecco, adesso sto ancora combattendo. Al di fuori contro i finti buoni, al di dentro combatto contro le mie passioni disordinate. (En. in Ps. 139, 11)

 

Lettura

Lode della carità

La carità non avrà mai fine (1Cor 13, 8). Quanto è grande la carità? E’ l’anima dei Libri sacri, è la virtù della profezia, è la salvezza dei sacramenti, è la forza della scienza, il frutto della fede, la ricchezza dei poveri, la vita dei morenti. Che cosa c’è di più magnanimo che dare la vita per i malvagi? Quale benevolenza maggiore che amare i nemici? Solo la carità fa sì che la felicità altrui non ti turbi, perché non è gelosa. Solo essa non si esalta per la prosperità, perché non si gonfia di superbia. In virtù di essa sola non vi è rodìo di cattiva coscienza, perché non agisce con ingiustizia. Essa va tranquilla fra gli insulti, è benefica fra gli odi. Di fronte al ribollire delle ire è placida, in mezzo a trame insidiose è innocente. E’ afflitta nelle cattiverie, respira nella verità. Di fronte alle ingiurie che cosa vi è di più forte della carità? In quanto non ricambia le offese ma lascia correre. Che cosa vi è di più fedele della carità? Fedele non all’effimero, ma all’eterno. Essa sopporta tutto nella presente vita, per la ragione che tutto crede sulla futura vita: sopporta tutte le cose che qui ci sono date da sopportare, perché spera tutto quello che le viene promesso là. Giustamente non ha mai fine. (Sermo 350, 3)

 

Per la riflessione

Praticate la carità e portate, meditandola santamente, frutti di giustizia. (Sermo 350, 3)

 

Pensiero agostiniano

Tutti gli altri doni di Dio non giovano a nulla se manca il vincolo della carità. (Sermo 209, 3)

 

 

27/09

 

Preghiera

Oh, se sentissimo fino a gemere la nostra condizione di pellegrini e non amassimo il mondo; se con animo filiale non cessassimo di bussare alla porta di colui che ci ha chiamati! (In Io. Ev. 40, 10)

 

Lettura

Si ami la vita, ma si scelga la vita

Non ne facciamo oggetto di critica né di biasimo anche se viene amata questa vita. Questa vita si ami tuttavia in modo che non ci sia peccato nell’amore di essa. Si ami la vita, ma si scelga la vita. Mi rivolgo a quanti amano la vita e dico: C’è qualcuno che desidera la vita? Anche con il silenzio tutti rispondete: Chi è che non desideri la vita? Proseguo con quel che aggiunge il Salmo: C’è qualcuno che desidera la vita e brama di gustare giorni felici? Si risponde: Chi è infatti che non desideri la vita e che non brami di gustare giorni felici? Se, dunque, vuoi vivere e gustare giorni felici, dato che questo costituisce una ricompensa, fa’ attenzione all’opera che vale questa ricompensa: Preserva la tua lingua dal male. Così è detto più avanti nel Salmo: C’è qualcuno che desidera la vita e brama di gustare giorni felici? Aggiunge: Preserva la tua lingua dal male e le tue labbra non dicano il falso: allontànati dal male e fa’ il bene (Sal 33, 15). Dillo ora: voglio. Chiedevo: vuoi la vita? Rispondevi: La voglio. Chiedevo: Vuoi gustare giorni felici? Rispondevi: Voglio. Preserva la tua lingua dal male. Dillo ora: Voglio. Allontanati dal male e fa’ il bene. Di’: Voglio! Ma se questo vuoi, realizza l’opera e ti affretti verso la ricompensa. (Sermo 297, 3.4)

 

Per la riflessione

Aspra la via della morte, irta di spine, ma, avendone fatto il percorso la Pietra [Cristo], tali spine sono rimaste triturate da passi di pietra. (Sermo 297, 2.3)

 

Pensiero agostiniano

Amore, parola dolce, ma realtà ancora più dolce. (In 1Io. Ep. 8, 1)

 

 

28/09

 

Preghiera

Che io ti cerchi, Signore, invocandoti, e t’invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto. (Conf. I, 1)

 

Lettura

La ricerca di Dio

Cercate il Signore e confortatevi. (…) Ed in effetti al Signore si dice: Mia fortezza (Sal 17, 4), ed anche: Conserverò presso di te la mia fortezza (Sal 58, 10), per cui insomma, cercando lui ed avvicinandoci a lui, noi siamo interiormente illuminati e confortati, evitando così di non vedere per la nostra cecità quel che bisogna operare, o di non operare per la nostra debolezza quel che pure vediamo. Ciò che dunque riguarda il vedere: Avvicinatevi a lui e illuminatevi (Sal 33, 5), corrisponde a ciò che riguarda l’operare: Cercate il Signore e confortatevi. Cercate sempre - si aggiunge - la sua faccia. Che cos’è la faccia del Signore? È la presenza di Dio. Analogamente si parla di faccia del vento e di faccia del fuoco, perché sta scritto: Come pula dinanzi alla faccia del vento (Sal 82, 14), e: Come fonde la cera in faccia del fuoco (Sal 67, 3). Si aggiunga che la Sacra Scrittura fa uso di molte simili espressioni, null’altro volendo intendere se non la presenza di quelle cose, di cui nomina la faccia. Ma che cosa significa: Cercate sempre la sua faccia? So bene che per me il mio bene è stare presso Dio (Sal 72, 28); ma se egli viene sempre cercato, quando sarà trovato? O forse qui si dice sempre, nel senso che per tutta la vita che si vive quaggiù, fin dal tempo in cui abbiamo compreso che noi dobbiamo far questo, egli deve essere cercato anche quando è stato trovato? Nessun dubbio che la fede già l’ha trovato, ma è pur vero che la speranza ancora lo cerca. La carità poi, se l’ha certo trovato per mezzo della fede, cerca però di possederlo per mezzo della visione, nella quale sarà finalmente trovato in maniera da soddisfare il nostro desiderio e da escludere ogni ulteriore ricerca. (En. in Ps. 104, 3)

 

Per la riflessione

Senza fine dobbiamo cercare Dio, perché senza fine dobbiamo amarlo. (Cf. En. in Ps. 104, 3)

 

Pensiero agostiniano

A Dio non veniamo con ali o con i piedi, ma con l’affetto. (Sermo 344, 1)

 

 

29/09

 

Preghiera

Sia la tua misericordia, o Signore, su di noi; non ci può infatti ingannare la speranza, perché è in te che abbiamo sperato. (En. in Ps. 32, I, 22)

 

Lettura

Dio è la nostra eredità!

Saremo beati, possedendo Dio. Ma come? Noi lo possederemo ed Egli non ci possederà? Perché allora Isaia dice: Signore, possiedici? (Is 26, 13) Ebbene, egli ci possiede ed è posseduto, ed è interamente per noi. Poiché Egli non possiede noi per essere beato, così come è posseduto da noi affinché noi siamo beati in Lui: Egli ci possiede ed è posseduto per niente altro se non perché noi siamo beati. Lo possediamo ed Egli possiede noi: noi lo adoriamo ed Egli ci coltiva. Noi lo adoriamo come Signore Dio, egli ci coltiva come sua terra. Nessuno dubita che noi Lo adoriamo; chi ci mostra però che Egli ci coltiva? Egli stesso, dicendo: Io sono la vite, voi siete i tralci, il Padre mio l’agricoltore (Gv 15, 1ss). Ecco che anche in questo salmo ci viene detta l’una e l’altra cosa, l’una e l’altra cosa ci è mostrata. Già ha detto che noi lo possediamo: Beato il popolo che ha il Signore per suo Dio. Di chi è questa proprietà? Di Lui. Di chi quella? Di Lui. Di chi è questa? Diciamo di Dio, diciamo di chi è. E come, quando noi chiediamo notizie di qualche podere o di qualche proprietà terriera grande e molto bella, ci viene solitamente risposto: C’è un tale senatore, chiamato così e così, e sua è questa proprietà; e noi ribattiamo: Beato quell’uomo!, allo stesso modo se chiediamo: Di chi è questo Dio? Beata è quella gente cui egli appartiene: infatti il Signore è il suo Dio. (En. in Ps. 32, II, d. 2, 18)

 

Per la riflessione

Dica l’anima, dica con tutta sicurezza: Tu sei il mio Dio, che dici alla nostra anima: Io sono la tua salvezza. Lo dica, lo dica sicura; non commetterà ingiustizia così dicendo; o piuttosto la commetterà se non dirà così. (En. in Ps. 32, II, d. 2, 17)

 

Pensiero agostiniano

Abbi fiducia di arrivare, vivendo bene, a contemplare Colui dal quale sei visto anche vivendo male. (Sermo 69, 3.4)

 

 

30/09

 

Preghiera

Ho detto: Annuncerò non contro Dio, come nello strepito dell’empietà quando tacqui, ma contro di me, la mia ingiustizia al Signore. E tu hai perdonato l’empietà del mio cuore, udendo la voce della confessione nel cuore, prima ancora che sia proferita con la bocca. (En. in Ps. 31, I, 5)

 

Lettura

La salvezza dono di Dio

L’animo umano, incerto e ondeggiante tra la confessione della debolezza e l’audacia della presunzione, il più delle volte è percosso da una parte e dall’altra, e tanto è sospinto che per lui inclinarsi verso qualunque parte significa cadere in un precipizio. Se infatti si sarà abbandonato completamente alla propria debolezza e si sarà fatto dominare da questo pensiero, finirà per dire che la misericordia di Dio è alla fine ordinata in tal modo per tutti i peccatori, quali che siano i peccati che essi continuano a commettere, che, con il solo credere che Dio libera, che Dio perdona, nessuno dei fedeli iniqui potrà perire; cioè che non perirà nessuno di coloro che dicono a se stessi: Qualunque cosa io faccia, di qualunque delitto o crimine io mi macchi, pecchi pure quanto voglia, Dio mi libera per la sua misericordia, perché ho creduto in Lui. Ebbene, chi dice che nessuno di costoro perisce, dal suo errato pensiero è indotto a credere all’impunità dei peccati; e quel Dio giusto cui si canta la misericordia e la giustizia, non la sola misericordia, ma anche la giustizia, trova quest’uomo che presume male di se stesso, e abusa della misericordia di Dio a sua perdizione, e di conseguenza è inevitabile che lo condanni. (En. in Ps. 31, II, 1)

 

Per la riflessione

Non presumere dunque di conseguire il Regno per la tua giustizia, e non presumere della misericordia di Dio per peccare. (En. in Ps. 31, II, 1)

 

Pensiero agostiniano

Nessuno riceverà da Dio il dono della fortezza, se non è persuaso della propria debolezza. (Sermo 76, 6)