01/07

Preghiera

A te, Chiesa cattolica, vera sposa del vero Cristo, a te io rivolgerò la mia parola secondo le mie capacità, come un figlio tra tanti e come tuo servo […] anche i miei pericoli potrebbero giovare a te, da cui ora dipende la mia liberazione. (Contra Faustum man. XV, 3)

 

Lettura

La Chiesa cattolica

Onorate, amate, predicate la santa Chiesa, madre vostra, come la santa città di Dio, la celeste Gerusalemme. È lei che in questa fede che avete ascoltato porta frutti e cresce in tutto il mondo, Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità. Nella comunione dei sacramenti essa tollera i cattivi, che alla fine dovranno essere separati, ma da cui già prende le distanze con la diversità dei costumi. A beneficio del suo frumento (che geme ancora in mezzo alla pula e la cui massa, destinata ai granai, si manifesterà solo nell’ultima ventilazione), essa ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli, e così in lei, per mezzo del sangue di Cristo, ad opera dello Spirito Santo, si ha la remissione dei peccati. In questa Chiesa infatti l’anima, che era morta a causa dei peccati, riprende a vivere e così risuscita insieme a Cristo, per la cui grazia siamo stati salvati. (Sermo 214, 11)

 

Per la riflessione

Una cosa sola raccomando alla vostra attenzione, che teniate in tutti i modi il vostro animo e il vostro ascolto lontano da chi non sia cattolico, perché possiate conseguire la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna nell’una, vera e santa Chiesa cattolica, nella quale si conosce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, unico Dio, a cui è onore e gloria nei secoli dei secoli. (Sermo 215, 9)

 

Pensiero agostiniano

E’ molto ragionevole credere che una prassi conservata da tutta la Chiesa e non istituita dai concili, ma sempre conservata, non può averla tramandata che l’autorità degli Apostoli. (De baptismo contra Donatistas IV, 24.31)

02/07

 

Preghiera

O Signore, ormai sono persuaso che Cristo è lo sposo. È un dato di fatto. Che però nessuno mi stacchi dalle membra della tua sposa, né succeda che tu cessi d’essere mio capo per non essere io fra le sue membra. (En. in Ps. 147, 18)

 

Lettura

Rimaniamo saldi nella Chiesa, anche se scossa dalle tempeste delle avversità

La barca che trasporta i discepoli, cioè la Chiesa, è agitata e scossa dalle tempeste delle avversità, e non cessa il vento contrario, cioè il diavolo che le si oppone e si sforza d’impedirle di giungere alla tranquillità del porto. Ma più potente è Colui che intercede per noi. Poiché in mezzo a queste nostre tempeste, che ci travagliano, egli ci dà fiducia venendo verso di noi e confortandoci; quando siamo turbati badiamo soltanto di non uscire dalla barca e gettarci in mare. In realtà anche se la barca è sbattuta è tuttavia sempre una barca. Essa sola porta i discepoli e accoglie Cristo. È vero, essa corre pericolo nel mare, ma senza di essa uno va in perdizione. Rimani perciò ben saldo nella barca e prega Dio. Quando non approdano ad alcun risultato tutti gli accorgimenti e sono insufficienti le manovre del pilota e le stesse vele spiegate possono apportare più pericolo che utilità; quando non si può più fare affidamento su ogni specie di aiuti e di forze dell’uomo, ai passeggeri non resta altro che intensificare le preghiere e implorare l’aiuto di Dio. (Sermo 75, 3.4)

 

Per la riflessione

Colui il quale dà ai naviganti la possibilità di arrivare al porto, abbandonerà forse la propria Chiesa senza condurla alla tranquillità? (Sermo 75, 3.4)

 

Pensiero agostiniano

Lavoriamo ora nella Chiesa; verrà giorno in cui erediteremo la Chiesa. (Sermo 45, 5)

 

03/07

 

Preghiera

O verità, lume del mio cuore, non vorrei che fossero le mie tenebre a parlarmi. Riversatomi fra gli esseri di questo mondo, la mia vista si è oscurata; ma anche di quaggiù, di quaggiù ancora ti ho amato intensamente. (Conf. XII, 10.10)

 

Lettura

Siamo soggetti alle tempeste, ma Dio viene in nostro aiuto

Attraverso tutte le azioni da lui compiute il Signore ci ammonisce dunque su come dobbiamo vivere quaggiù. In questo mondo tutti infatti sono pellegrini, sebbene non tutti desiderino tornare nella patria. Ma proprio a causa di questo viaggio noi incontriamo le sofferenze dovute a sconvolgimenti e a tempeste; è quindi necessario che siamo almeno nella barca. Poiché se nella barca corriamo pericoli, fuori della barca andiamo incontro a una morte sicura. In realtà, per quante forze abbia nei muscoli delle braccia chi nuota nel mare, talora, sopraffatto dal mare grosso, viene inghiottito dalle onde e affoga. È necessario quindi che siamo nella barca, cioè siamo portati sul legno per essere in grado di attraversare questo mare. Orbene, questo legno, dal quale viene portata la nostra debolezza, è la croce del Signore con la quale veniamo segnati e veniamo preservati dall’annegare nelle tempeste di questo mondo. Siamo soggetti alle tempeste, ma c’è Dio che può venire in nostro aiuto. (Sermo 75, 2.2)

 

Per la riflessione

Pertanto chi si gloria, si glori nel Signore (1Cor 1, 31). Per quale Signore? Per Cristo crocifisso. Dove l’umiltà, ivi la maestà; dove la debolezza, ivi la potenza; dove la morte, ivi la vita. Se vuoi raggiungerle, non disprezzare queste. (Sermo 160, 4)

 

Pensiero agostiniano

Cerchiamo di vivere bene e i tempi saranno buoni. (Sermo 80, 8)

04/07

 

Preghiera

Dio hai esaudito la mia voce dal mio proprio cuore, nel quale dimora. E il mio grido al suo cospetto: il mio grido, che faccio penetrare non nelle orecchie degli uomini, ma al suo cospetto, entrerà nelle sue orecchie. (En. in Ps. 17, 7)

 

Lettura

Le persecuzioni inflitte alla Chiesa

Sappiamo quali persecuzioni abbia subito da parte dei re della terra il corpo di Cristo, cioè la santa Chiesa. Riconosciamo quindi la sua voce nelle parole che qui dice: I principi mi hanno perseguitato senza ragione, ma delle tue parole ha avuto paura il mio cuore. Che nocumento infatti avevano recato ai regni terreni i Cristiani, ai quali dal loro Re era stato promesso il regno dei cieli? Forse che il Re [divino] aveva vietato ai suoi soldati di pagare i tributi e di rendere gli onori dovuti ai sovrani terreni? Non aveva invece risposto ai Giudei che macchinavano tali calunnie contro di lui: Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio? (Mt 22, 21) Non aveva lui personalmente pagato il tributo, prendendo la moneta dalla bocca del pesce? Lo stesso il suo precursore. Quando certi soldati del regno di questo mondo andarono a domandargli cosa dovessero fare per conseguire la salute eterna, non rispose: "Svestite la divisa, buttate via le armi, abbandonate il vostro re e così potrete essere soldati del Signore". Disse invece: Astenetevi da ogni vessazione e da ogni calunnia e accontentatevi della vostra paga (Lc 3, 14). Non diversamente uno dei suoi soldati, anzi uno dei prediletti fra i componenti il suo seguito. Parlando ai suoi commilitoni e, per così dire, ai tributari di Cristo diceva: Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori. E un po’ più avanti: Date a tutti ciò che è loro dovuto: a chi il tributo il tributo, a chi il dazio il dazio, a chi il timore il timore, a chi l’onore l’onore. Non abbiate con alcuno altro debito all’infuori di quello di amarvi scambievolmente (Rom 13, 7-8). Non comandò egli ancora che la Chiesa dovesse pregare per gli stessi sovrani? Quale fu, dunque, l’offesa che ad essi recarono i Cristiani? Quale il debito che essi non soddisfecero? A quale ossequio mancarono nei riguardi dei re della terra? Non vi è dubbio: fu senza alcun motivo che i re della terra perseguitarono i Cristiani. (En. in Ps. 118, 31, 1)

 

Per la riflessione

Anche i persecutori usavano parole di minaccia: Ti mando in esilio, ti proscrivo, ti uccido, ti lacero con gli uncini, ti brucio, ti do in pasto alle fiere, ti dilanio le membra; ma le tue parole mi facevano ancor più paura: Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono fare altro (Mt 10, 28). (En. in Ps. 118, 31, 1)

 

Pensiero agostiniano

In quell’ordine di pace col quale alcuni uomini sono soggetti ad altri, come giova l’umiltà a quelli che sono schiavi, così nuoce la superbia a coloro che sono padroni. (De civ. Dei XIX, 15)

 

05/07

 

Preghiera

Dio, che mi ha cinto perché sia forte, in modo che i traboccanti abissi della cupidigia non ostacolino le mie opere e i miei passi, ha reso immacolata la mia via; ha stabilito la via immacolata della carità per la quale io possa giungere a lui, come immacolata è la via della fede per la quale egli viene a me. (En. in Ps. 17, 33)

 

Lettura

Ti sia come specchio la sacra Scrittura

Dio, che è retto, non piace a chi è tortuoso. Vuoi che ti piaccia colui che è retto? Sii retto! Giùdicati, non ti risparmiare. Ciò che giustamente in te ti dispiace, castigalo, emendalo, correggilo. Ti sia come specchio la sacra Scrittura. Questo specchio ha un riflesso non menzognero, un riflesso che non adula, che non ha preferenze per alcuno. Se sei bello, lì ti vedrai bello; se sei brutto, lì ti vedrai brutto. Quando però sei brutto e prendi lo specchio e lì ti riscontri essere brutto, non incolpare lo specchio. Torna in te: lo specchio non ti inganna; non essere tu a ingannare te stesso. Giùdicati, rattrìstati della tua bruttezza, di modo che, lasciando lo specchio e allontanandoti rattristato perché sei brutto, una volta corretto puoi ritornare bello. In primo luogo dunque giudica te stesso e giudicati senza adulazione; successivamente giudica con amore anche il prossimo. Puoi infatti giudicare qualcosa solo sulla base di ciò che vedi. Può succedere, ad esempio, che tu veda la colpa di cui tu sei imbrattato; può succedere che lo stesso tuo prossimo ti confessi la sua colpa e manifesti all’amico ciò che teneva nascosto nel cuore. Giudica come vedi. Ciò che non vedi, lascialo al giudizio di Dio. Quando poi giudichi, ama la persona, odia il vizio. Non amare il vizio per l’amore che devi all’uomo; non odiare l’uomo a motivo dei suoi vizi. L’uomo è tuo prossimo, il vizio è un nemico del tuo prossimo. (Sermo 49, 5)

 

Per la riflessione

Come i nostri orecchi si volgono all’ascolto delle nostre parole, così l’orecchio di Dio ai nostri pensieri. (En. in Ps. 148, 2)

 

Pensiero agostiniano

Amerai veramente l’amico solo se e quando odierai ciò che all’amico nuoce. (Sermo 49, 5)

06/07

 

Preghiera

Signore, tu sei il buon Pastore, tu che sei mite Agnello, il medesimo Pastore e pascolo, il medesimo Agnello e leone: tu aiutaci ad intendere. (Sermo 138, 4)

 

Lettura

La creazione frutto dell’attività della Trinità

Quando Dio creò l’uomo traendolo dalla polvere e lo animò col suo alito, non è indicato nel Libro sacro che si sia servito delle mani. Non vedo pertanto quale sia il motivo per cui certuni, mentre ritengono che tutte le altre creature Dio le abbia fatte col suo Verbo, l’uomo (che è come il suo capolavoro) l’abbia fatto con le sue mani. A meno che non si voglia pensare che, essendo stato l’uomo formato, come si legge, di polvere, questo non possa essere avvenuto senza l’uso delle mani. Costoro tuttavia non riflettono a quel che è scritto nel Vangelo riguardo al Verbo di Dio, che cioè per suo mezzo tutte le cose sono state create (Gv 1, 3) e che questa affermazione non sarebbe esatta se, come le altre cose, così anche il corpo umano non fosse stato fatto ad opera del Verbo. È vero che essi citano la testimonianza di questo salmo e argomentano: Ecco un testo in cui l’uomo chiarissimamente grida al Signore: Le tue mani mi hanno fatto e formato. Come se altrove non si trovi scritto con eguale chiarezza: Vedrò i cieli, opera delle tue dita (Sal 8, 4). E ancora con la solita chiarezza: E i cieli sono opera delle tue mani (Sal 101, 26). Anzi la chiarezza è maggiore là dove si dice: E le sue mani plasmarono la terra asciutta (Sal 94, 5). Sono dunque mani di Dio la stessa potenza divina. Che se li impressiona l’uso del plurale (poiché vi si dice non "la tua mano" ma le tue mani), intendano per "mani di Dio" la potenza e la sapienza di Dio, due attributi applicati all’unica persona di Cristo: il quale è da intendersi anche nell’immagine di "braccio del Signore", come nel passo: E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? (Is 53, 1) In alternativa a questa spiegazione, per "mani di Dio" si potrebbero intendere il Figlio e lo Spirito Santo, poiché anche lo Spirito Santo collabora nelle opere del Padre e del Figlio. Ne parla l’Apostolo dove dice: Tutte queste cose le produce l’unico e medesimo Spirito (1Cor 12, 11). (En. in Ps. 118, 18, 1)

 

Per la riflessione

È libera l’interpretazione di cosa intendere per "mani di Dio", a patto però che non si neghi che Dio faccia col suo Verbo ciò che fa con le mani e che quanto fa mediante il Verbo sia fatto attraverso le sue mani. Parimenti non si deve credere che, per il fatto che si menzionano le mani di Dio, egli abbia una forma corporea e che abbia una mano sinistra distinta dalla mano destra, ovvero che nel suo operare, siccome agisce mediante il Verbo, abbia emesso dei suoni attraverso la bocca o che siano in lui moti spirituali transeunti. (En. in Ps. 118, 18, 1)

 

Pensiero agostiniano

Quando una questione naturalmente oscura sorpassa la capacità della nostra intelligenza e non ci viene apertamente in aiuto la Sacra Scrittura, la congettura umana a torto s’immagina di dare una risposta precisa su di essa senza incorrere nella temerità. (Ep. 190, 5.16)

07/07

 

Preghiera

Veramente, Signore, tu sei giusto, perché tanto proteggi i giusti che li illumini mediante te stesso, e fai in modo che i peccatori siano puniti non dalla tua, ma dalla loro malvagità. (En. in Ps. 7, 19)

 

Lettura

La confessione dei giusti sulle opere di Dio

Questa confessione loda a tal punto il Signore, che più a nulla valgono le bestemmie degli empi, i quali, volendo scusare i loro delitti non vogliono imputare i propri peccati a loro colpa, cioè non vogliono imputare a loro colpa la loro stessa colpa. Trovano modo perciò di accusare o la fortuna o il destino; oppure il diavolo, mentre colui che ci ha creati ha posto in nostro potere la facoltà di non consentire ad esso; oppure tirano in ballo un’altra natura, che non procederebbe da Dio, oscillando miseri e vagando piuttosto che confessare Dio perché li perdoni. Il perdono conviene infatti solo a colui che dice: ho peccato. Orbene, chi comprende che i meriti delle anime sono ordinati da Dio in modo che, mentre a ciascuno viene dato il suo, in nessuna parte sia violata la bellezza dell’universo, loda Dio in ogni cosa: e questa è la confessione dei giusti, quella nella quale il Signore dice: Ti confesso, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11, 25). Del pari nell’Ecclesiastico è detto: Confessate il Signore in tutte le sue opere. E questo confesserete che ottime sono tutte le opere del Signore (Sir 39, 19-21). Il che si può intendere anche in questo salmo se uno, con pia intenzione e con l’aiuto del Signore, discerne tra i premi dei giusti e i supplizi dei peccatori in qual modo da queste due disposizioni l’intera creazione, che Dio governa dopo averla creata, è adornata con meravigliosa bellezza, a pochi nota. Dice pertanto: Confesserò al Signore secondo la sua giustizia, come chi abbia visto che le tenebre non furon create da Dio, ma tuttavia ordinate da lui. […] Ecco la distinzione: una cosa ha fatta e ha ordinata; mentre un’altra cosa non ha fatta, e tuttavia ha ordinato anche questa. Che nelle tenebre siano significati i peccati, si legge già nel profeta: E le tue tenebre saranno come il mezzogiorno (Is 58, 10); [..] e soprattutto nelle parole: Spogliamoci delle opere delle tenebre e rivestiamoci delle armi della luce (1Gv 2, 11). (En. in Ps. 7, 19)

 

Per la riflessione

Chi abbandona colui dal quale è fatto, per decadere in ciò di cui fu fatto, cioè nel nulla, diviene tenebra in questo peccato; e tuttavia non perisce del tutto, ma si colloca nell’estrema bassezza. (En. in Ps. 7, 19)

 

Pensiero agostiniano

La felicità che il Signore ti concede in questa vita, è per consolarti, non per corromperti. (In Io. Ev. 12, 14)

08/07

 

Preghiera

Signore, tu sei stato rifugio per nutrire i tuoi disertori, tu sei rifugio per erigere e dirigere i tuoi figli. (Sermo 55, 6.6)

 

Lettura

L’economia salvifica realizzata da Cristo

[Cristo] elesse discepoli che denominò anche Apostoli, nati da umile gente, senza cariche, senza cultura, affinché tutto ciò che fossero e operassero di grande, egli stesso lo fosse e lo operasse in loro. Fra di essi ve ne fu uno cattivo affinché egli, usandone bene, raggiungesse quanto era disposto per la sua passione e offrisse alla sua Chiesa l’esempio di sopportare i malvagi. Sparso il seme del Vangelo mediante la sua presenza corporale, subì la passione e la morte e risuscitò, mostrando con la passione ciò che dobbiamo sopportare per la verità, con la risurrezione ciò che dobbiamo sperare nell’eternità, a parte la sublimità del mistero del suo sangue sparso per la remissione dei peccati. Si trattenne con i suoi discepoli per quaranta giorni, alla loro presenza salì al cielo e dopo dieci giorni mandò lo Spirito Santo che aveva promesso. Simbolo immenso e immensamente necessario della sua venuta su coloro i quali avevano già creduto fu che ciascuno di essi parlasse nella lingua di tutte le nazioni. Simboleggiava così che sarebbe avvenuta fra tutte le nazioni l’unità della Chiesa cattolica ed essa avrebbe parlato in tutte le lingue. (De civ. Dei XVIII, 49)

 

Per la riflessione

Tutti i nemici della Chiesa, qualsivoglia sia l’errore che li rende ciechi e la malvagità che li rende disonesti, se hanno la possibilità di affliggerla nel corpo, allenano la sua pazienza, se la contrariano con false dottrine, allenano la sua sapienza. Ed affinché siano amati anche i nemici, allenano la sua attitudine a volere il bene o anche a farlo, tanto se si comporta con loro mediante la convinzione dell’insegnamento, quanto mediante il timore della correzione. (De civ. Dei XVIII, 51)

 

Pensiero agostiniano

È una dottrina semplice essere convinti che Dio quando dona, dona per misericordia e quando toglie, toglie per misericordia. Come non devi crederti abbandonato dalla divina misericordia quando Dio ti accarezza con doni (ciò fa perché non ti scoraggi), così nemmeno quando ti fa esperimentare la sua severità, cosa che egli dispone perché non ti rovini nella tua gioia. (En. in Ps. 144, 4)

09/07

 

Preghiera

Signore, di generazione in generazione tu sei diventato per noi un rifugio (Sal 89, 1). Nella prima e nella seconda generazione tu sei stato per noi un rifugio. Tu sei stato rifugio affinché nascessimo, poiché prima non esistevamo; tu sei stato nostro rifugio affinché rinascessimo, poiché eravamo cattivi. (Sermo 55, 6.6)

 

Lettura

In questo mondo molti malvagi sono mescolati ai buoni

In questo mondo malevolo, in questo tempo perverso, in cui attraverso l’abbattimento presente la Chiesa si acquista la futura elevazione e viene istruita con lo sprone dei timori e il tormento delle sofferenze, con i disagi del lavoro e i pericoli delle tentazioni, lieta soltanto nella speranza, quando sa esser lieta, molti malvagi sono mescolati ai buoni. Gli uni e gli altri sono, per così dire, radunati nella pesca del Vangelo e chiusi nelle reti nuotano, senza distinguersi, in questo mondo come in un mare, fino a che si giunga alla riva, dove i cattivi sono separati dai buoni e nei buoni, come nel suo tempio, Dio sia tutto in tutti (1Cor 15, 28). Perciò avvertiamo che si adempie la parola del salmista il quale diceva: Ho annunziato e proclamato: sono aumentati al di là di ogni numero (Sal 39, 6). Questo avviene ora, da quando prima con la parola del suo precursore Giovanni, poi con la sua parola annunziò e proclamò: Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino (Mt 3, 2). (De civ. Dei XVIII, 49)

 

Per la riflessione

Non inutilmente Dio ha dato all’esistenza tutti i figli degli uomini, perché ne riscatta molti dall’inutilità per opera di Gesù mediatore. E ha dato all’esistenza anche coloro di cui ha avuto prescienza che non sarebbero riscattati, senz’altro non inutilmente, nel sublime e giustissimo ordinamento della creatura ragionevole, per utilità dei riscattati e nel confronto per reciproca opposizione delle due città. (De civ. Dei XVII, 11)

 

Pensiero agostiniano

I diecimila che si mettono a combattere contro il re che ne ha ventimila indicano la semplicità del cristiano, che si dispone a lottare contro la doppiezza del diavolo, cioè contro i suoi inganni e le sue false lusinghe. Il Signore colloca queste virtù nel cuore di colui che rinunzia a tutto ciò che ha di proprio. (Quaestiones Evangelorum II, 31)

10/07

 

Preghiera

Chi mi farà riposare in te? Chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali e il mio unico bene abbraccerei: te. (Conf. I, 5.5)

 

Lettura

Chi corregge è misericordioso

Molti sono stati condotti sulla retta via con l’amore, molti con il timore, ma attraverso la paura del timore pervennero all’amore. Istruitevi, voi che giudicate la terra (Sal 2, 10). Amate e giudicate. L’innocenza non va cercata a scapito della correzione. Sta scritto: Chi disprezza la correzione è infelice (Sap 3, 11). Si può rettamente aggiungere a questa massima: come chi disprezza la correzione è infelice, così chi ricusa di dare la correzione è crudele. Ho osato dire qualcosa, fratelli miei, che però sono costretto ad esporvi in maniera alquanto più completa, perché l’argomento è poco chiaro. Ripeto quanto ho detto: Chi disprezza la correzione è infelice. Questo è chiaro. Chi ricusa di dare la correzione è crudele. Sono convinto senz’altro, sono convinto e lo dimostro, che chi ferisce è misericordioso, chi risparmia è crudele. Vi pongo un esempio dinanzi agli occhi. Come provo che è misericordioso chi ferisce? Mi riferisco all’esempio di un padre e del [suo] figlio, non ad altri. Il padre anche quando ferisce ama. E non vuole che il figlio perisca. Non bada al suo sentimento paterno, pensa a ciò che è utile [al figlio]. Perché? Perché è padre, perché prepara l’erede, perché educa il suo successore. Ecco: colpendo, il padre si mostra buono, colpendo si mostra misericordioso. Portami l’esempio di un uomo che risparmiando è crudele. Non mi allontano da quelle persone, vi pongo le stesse davanti agli occhi. Se il figlio, che è inesperto e non viene corretto, vive in maniera da perire, e se il padre fa finta di niente, se il padre lascia correre, se il padre teme di urtare il figlio traviato con la severità della correzione, risparmiandolo non si mostra crudele? Istruitevi dunque voi che giudicate la terra e, giudicando rettamente, aspettate il premio non dalla terra, ma da colui che ha fatto il cielo e la terra. (Sermo 13, 9)

 

Per la riflessione

Certo, vengano inflitte le pene. Non lo respingo, non lo proibisco; però con la disposizione di uno che ama, con la disposizione di uno che vuol bene, con la disposizione di uno che corregge. (Sermo 13, 8)

 

Pensiero agostiniano

Se uno si renderà conto di aver deviato, torni sulla via per percorrerla; se si renderà conto di essere sulla via, cammini per giungere alla meta. (En. in Ps. 31, II, 1)

11/07

 

Preghiera

O Dio, padre della verità, padre della sapienza, padre della vera e somma vita, padre della beatitudine, padre del bene e del bello, padre della luce intelligibile, padre del nostro risveglio e della nostra illuminazione, padre della caparra mediante la quale siamo ammoniti di ritornare a te: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.2)

 

Lettura

Tutto è dono di Dio!

La vera sapienza nella vita presente, consiste nel vero culto del vero Dio, affinché nella vita futura il godimento di lui sia sicuro e intero: quaggiù la più perseverante pietà, lassù l’eterna felicità. Se possiedo un po’ di questa sapienza, ch’è l’unica vera, non ho la presunzione che sia una mia proprietà, ma l’ho attinta da Dio e spero che sarà portata a maturazione da Colui dal quale, umilmente sì, ma con gioia, riconosco che me n’è stato infuso il germe: non sono poi incredulo riguardo a quanto non m’ha ancora elargito né ingrato per quanto m’ha già concesso. Se infatti ho qualche dote degna di lode, non lo devo alla mia indole né al mio merito, ma a un dono di Lui. Alcuni ingegni, molto acuti e superiori agli altri, sono caduti in errori tanto più gravi con quanto maggior fiducia in sé stessi hanno voluto correre quasi con le proprie forze, senza pregare con umiltà e sincerità Iddio di mostrare loro la vera strada! Quali meriti, al contrario, possono avere gli uomini, quali che essi siano, dal momento che Dio, venendo sulla terra non con la ricompensa dovuta ma con la grazia gratuita, li ha trovati tutti peccatori, mentre egli è l’unico ad essere immune da peccati e l’unico salvatore? (Ep. 155, 2.5)

 

Per la riflessione

La sapienza e la verità, se non sono desiderate con tutte le forze dello spirito, in nessun modo è possibile trovarle. Se invece si cercano come si conviene, esse non possono né sottrarsi né nascondersi a coloro che le amano. (De moribus ecclesiae Cath. I, 17.31)

 

Pensiero agostiniano

A tutti piace un posto elevato, ma il gradino è l’umiltà. (Sermo 96, 3)

12/07

 

Preghiera

O Dio luce intelligibile, fondamento, principio e ordinatore della luce intelligibile di tutti gli esseri che partecipano alla luce intelligibile: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

La speranza delle persone timorate di Dio

Se hai desiderato le vanità del mondo quando non le avevi ancora conosciute, cerca dì disprezzarle adesso che ne hai fatta l’esperienza. La vanità porta infatti con sé un piacere fallace, una fatica inutile, una paura continua, un prestigio pericoloso. Si incomincia senza riflessione e si finisce senza soddisfazione. Così vanno tutte le cose che, nell’attuale nostra condizione piena di affanni, si bramano più inconsideratamente che prudentemente. Ben diversa è la speranza delle persone timorate di Dio, ben diversi i frutti delle loro sofferenze, ben diversa la ricompensa per le prove sostenute. Impossibile è d’altra parte evitare quaggiù le ansie, i dolori, le fatiche e le prove. Ma quel che soprattutto importa è per qual motivo, con quale aspettativa e per qual fine si soffre. Io, per conto mio, quando considero i mondani, non so quale potrebbe essere il momento più opportuno per far capire loro come comportarsi da saggi per guarirne le anime, poiché quando pare loro che tutto vada a gonfie vele, nella loro orgogliosa presunzione disprezzano gli ammonimenti dati per la salvezza e li prendono come una tiritera da vecchie; quando invece sono abbattuti dalle angustie, si danno pensiero di uscirne fuori anziché accettare il rimedio per guarire e così arrivare ove non potranno essere angustiati in alcun modo. Talora però c’è chi nel fondo del cuore presta orecchio ed attenzione alla verità; cosa ch’è più rara quando si è nella prosperità che quando si è nell’avversità. (Ep. 203)

 

Per la riflessione

Chi ama la libertà, cerchi di essere libero dall’amore per le cose mutevoli; e chi ama il potere, si sottometta come suddito a Dio, l’unico che regna su tutto, amandolo più di se stesso. (De vera religione 47.93)

 

Pensiero agostiniano

Manda [le ricchezze] in rovina per non andare tu stesso in rovina; donale per acquistarle, spargile come seme per poterle mietere. (Sermo 113, 4.4)

13/07

 

Preghiera

O Dio, dal quale allontanarsi è cadere, verso cui voltarsi è risorgere, nel quale rimanere è aver sicurezza: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Preferire Dio ai beni particolari

Le spese occorrenti a costruire la torre e i diecimila soldati capaci di tenere testa all’altro re che ne dispone di ventimila, non significano altro se non che ciascuno deve rinunciare ai suoi beni. Il preambolo del discorso concorda con la conclusione. Nel fatto per cui ciascuno rinuncia ai propri beni è compreso anche quello di odiare il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita. Tutte queste cose, infatti, sono come beni particolari di ciascuno e sono, per lo più, d’impaccio e d’ostacolo per entrare in possesso, non già dei beni esclusivi di ciascuno, che sono destinati a passare col tempo, bensì dei beni comuni a tutti ed eterni. Per il fatto, per esempio, che una donna è tua madre, per ciò stesso non è certo la mia. Si tratta quindi d’un bene temporale e passeggero, come appunto puoi constatare ch’è già passato il fatto d’averti concepito, d’averti portato nel seno, d’averti dato alla luce e d’averti allattato. Per il fatto invece ch’essa è sorella in Cristo lo è non solo per te, ma anche per me e per tutti coloro ai quali è promessa l’unica eredità del cielo e hanno Dio per padre e Cristo per fratello, in virtù dell’amore che ci unisce in una sola famiglia. Questi, sì, sono i beni eterni e non si consumano per l’ingiuria del tempo; sono i beni che tanto più sicuramente speriamo di possedere, quanto meno predichiamo che si possono ottenere per diritto privato piuttosto che per diritto pubblico. (Ep. 243, 3)

 

Per la riflessione

O verità, lume del mio cuore, non vorrei che fossero le mie tenebre a parlarmi. (Conf. XII, 10.10)

 

Pensiero agostiniano

Se sei buono, lo sei per un dono di Lui; se sei cattivo, lo sei per colpa tua. Fuggi da te e vieni da colui che ti ha creato. (Sermo 29, 4)

14/07

 

Preghiera

O Dio, che ci dai il pane della vita; o Dio, che ci asseti di quella bevanda sorbendo la quale non avremo più sete: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Nella felicità temporale è adombrata la felicità eterna

Volendo Dio mostrare come anche la felicità terrena e temporale è suo dono e bisogna solo sperarla da Lui, stimò bene di organizzare nelle prime età del mondo l’Antica Alleanza che fosse adatta all’uomo antico, da cui codesta vita deve necessariamente cominciare. Ma viene proclamato che la prosperità dei Patriarchi fu concessa per grazia di Dio, sebbene essa avesse attinenza con questa vita transitoria. Quei doni erano promessi e concessi palesemente, ma segretamente per mezzo di tutti quei doni veniva preannunziata allegoricamente la Nuova Alleanza e ciò veniva compreso dall’intelligenza di alcune poche persone fatte degne del dono della profezia dalla grazia di Dio. Quei santi dunque vivevano secondo le regole dell’Antica Alleanza in armonia con ciò che era conveniente a quei tempi, ma già facevano parte della Nuova Alleanza, poiché anche quando vivevano nella felicità temporale, comprendevano che la felicità vera e da preferire era quella eterna: e se ne servivano in rapporto a quella di cui era simbolo, per conseguire quella del premio. Se talvolta dovevano soffrire delle contrarietà, le sopportavano perché, liberati dall’aiuto evidentissimo di Dio, lo glorificassero come dispensatore di tutti i beni, non solo di quelli sempiterni che religiosamente speravano, ma anche di quelli temporali, che godevano secondo il loro significato profetico. (Ep. 140, 2.5)

 

Per la riflessione

Tu, Signore, li creasti, tu che sei bello, poiché sono belli; tu che sei buono, poiché sono buoni; tu che sei, poiché sono. Non sono così belli, né sono così buoni, né sono così come tu, loro creatore, al cui confronto non sono belli, né son buoni, né sono. Lo sappiamo, e ne siano rese grazie a te, sebbene il nostro sapere paragonato al tuo sia un ignorare. (Conf. XI, 4.6)

 

Pensiero agostiniano

L’allegrezza del mondo è la cattiveria impunita. (Sermo 171, 4)

15/07

 

Preghiera

A te, Padre sapientissimo ed ottimo, io anelo e proprio a te chiedo i mezzi con cui il mio anelito sia soddisfatto. Infatti se tu abbandoni, si va in rovina; ma tu non abbandoni, perché sei il sommo bene che sempre si è raggiunto se si è rettamente cercato. (Soliloquia I, 1.6)

 

Lettura

L’unione delle creature al Creatore si compie nell’amore purissimo e santissimo

La creatura razionale, sia trattandosi di spirito angelico, sia di anima umana, è così fatta che non può essere per se stessa il bene capace di renderla beata; ma se la sua natura mutevole si volge al bene immutabile, diviene felice; se invece gli volge le spalle, diviene infelice. Il suo allontanarsi è il suo vizio; il suo avvicinarsi è la sua virtù. La natura quindi non è cattiva, poiché la creatura dello spirito vitale razionale, anche se privata del bene che comunicandosi ad essa la rende beata, cioè anche se difettosa, vale sempre più della sostanza materiale ch’è la più nobile di tutte, cioè vale più della luce percepita dai nostri occhi carnali, poiché anch’essa è una sostanza fisica. Qualsivoglia natura incorporea è superiore a qualsiasi corpo: non per la mole, che è qualità propria solo dei corpi, ma per un’energia che sorpassa ogni immaginazione, che l’anima medita e rimugina tra sé, dopo averla attinta dai sensi corporei. Ma come nei corpi medesimi quelli inferiori, quali la terra, l’acqua ed anche l’aria, diventano migliori quando ricevono parte di un corpo migliore, cioè quando sono illuminati dalla luce e vengono ravvivati dal calore, così le nature razionali incorporee diventano migliori partecipando del Creatore, quando s’uniscono a Lui per mezzo dell’amore purissimo e santissimo; se invece sono affatto prive di questo, vivono nelle tenebre e, in qualche modo, induriscono. (Ep. 140, 23.56)

 

Per la riflessione

Quanto più l’anima si allontana da Dio non per distanza spaziale, ma per amore e cupidigia delle cose inferiori a se stessa, tanto più si riempie di stoltezza e di miseria. Pertanto, essa ritorna a Dio con l’amore, però non con quello con cui aspira ad eguagliarlo, ma con quello col quale aspira a sottomettersi a lui. E quanto più lo avrà fatto con passione e con applicazione, tanto più sarà felice ed eccelso e, sotto la sola dominazione di Dio, sarà completamente libero. (De moribus ecclesiae Cath. I, 12.21)

 

Pensiero agostiniano

Dio, il quale dà a te, non ti dà di meglio che se stesso. (Sermo 105, 3.4)

16/07

 

Preghiera

Mi hai redento, Signore, Dio di verità, facendo quanto hai promesso, non ingannando nella tua promessa, Dio di verità! (En. in Ps. 30, II, d. 1, 11)

 

Lettura

La morte di cui parla il Vangelo

Nella mia lettera precedente, [carissimo Paolino, mio signore] ti domandavo come ti raffiguri la vita dei santi nell’eternità. Tu però mi hai giustamente risposto che bisogna pure preoccuparci delle condizioni della vita presente. […] Hai detto pure, assai giustamente, che "bisogna morire in anticipo della morte di cui parla il Vangelo, prevenendo cioè la dissoluzione del nostro corpo con la morte volontaria, staccandoci dalla vita di questo mondo col cuore ed il pensiero, non già col darci la morte fisica". Questa è una forma di attività semplice, non turbata da nessun’ansia di dubbio, poiché siamo ben certi che nella nostra esistenza terrena bisogna trascorrere la nostra vita mortale sì da renderci, per così dire, conformi alla vita immortale. Ma il problema che angustia le persone come me, nella loro condotta pratica e nella loro ricerca teorica, consiste tutto nel sapere in qual modo debbano vivere in mezzo a coloro e per il bene di coloro che non sanno ancora vivere, morendo non già con la morte fisica, ma staccandosi col desiderio della volontà dalle lusinghe dei sensi. Infatti nella maggior parte dei casi abbiamo l’impressione che, se non ci adattiamo un po’ alle cose da cui desideriamo staccarli, non potremo arrecare loro alcun giovamento spirituale. Così facendo si insinua pure in noi tanto fascino per tali cose, che spesso godiamo parlare di sciocchezze e ascoltare chi ne parla; e non solo ne sorridiamo, ma ci lasciamo vincere da un riso sfrenato. In tal modo appesantendo, per così dire, l’anima nostra con la polvere e il fango degli affetti terreni, con più fatica e lentezza la solleviamo a Dio, per vivere una vita evangelica mediante la morte di cui parla il Vangelo. E se talora ci riusciamo, ci sentiamo tosto sussurrare: "Bravo, bravo!"; e questa voce non ci viene dagli altri, perché nessuno può avvertire negli altri tale approvazione dello spirito, ma in certo qual modo dal profondo del nostro intimo donde, non so come, si alza quel grido "Bravo, bravo!". […] Ecco perché la vita dell’uomo su questa terra è tutta una tentazione, dal momento che l’uomo è tentato nell’atto stesso in cui cerca di conformare, per quanto è capace, la sua vita e renderla simile a quella celeste. (Ep. 95, 2)

 

Per la riflessione

Allontana da me una simile follia, Signore, affinché la mia bocca non sia per me l’olio del peccatore per ungere il mio capo (Sal 140, 5). (Conf. X, 37.62)

 

Pensiero agostiniano

Tu che ti dai tanto da fare per morire un po’ più tardi, fa’ qualcosa per non morire mai. (Sermo 302, 4)

17/07

 

Preghiera

O Dio verità, fondamento, principio e ordinatore della verità di tutti gli esseri che sono veri: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Quante sofferenze per allungare questa misera vita!

Se per la vita medesima che un giorno o l’altro dovrà finire si affrontano le fatiche, i pericoli, i disastri di questa vita transitoria non con lo scopo di allontanarne del tutto la fine, ma di differirla un poco, quanto più seriamente bisogna affrontare le presenti sciagure per la vita eterna, dove la natura non si premunisce contro la morte con trepidazione né la codardia la teme vigliaccamente né la sapienza la sopporta con fortezza. Per nessuno ci sarà più la morte poiché essa non esisterà più. La vita eterna ti annoveri dunque fra i suoi innamorati. Non vedi quanti spasimanti ha questa vita miserabile e povera e quanto li asservisce a se stessa? Spesso, turbati dai pericoli a cui la vita è soggetta, vi pongono termine tanto più presto proprio per la paura che termini e, mentre evitano la morte, la affrettano a guisa di chi si getta in un fiume per esserne travolto, nel tentativo di sfuggire ad un brigante o ad una belva. Quando la tempesta infuria, i marinai gettano in mare a volte anche gli alimenti; e per sopravvivere si disfanno dei mezzi per vivere, per non terminare presto la vita che si trascorre persino in mezzo ai travagli. Con quante pene si ottiene di prolungare le pene! Ma quando la morte comincia a sovrastare, allora si cerca di evitarla per temerla più a lungo. Difatti, in mezzo a tanti accidenti della fragilità umana, quante specie di morte si temono, mentre quando una sola di esse verrà, non v’è certo da temere le altre. E nondimeno se ne fugge una sola perché si abbia paura di tutte. Da che dolori lancinanti sono tormentati coloro che vengono curati e operati dai medici! Forse per non morire? Nient’affatto, ma solo per morire un po’ più tardi. Si sopportano molti tormenti sicuri, perché si aggiungano alla vita solo pochi giorni malsicuri. (Ep. 127, 2)

 

Per la riflessione

So soltanto che le cose caduche e passeggere si devono disprezzare, le cose immutabili ed eterne ricercare. Ciò so, o Padre, poiché questo solo ho appreso, ma ignoro da dove si deve partire per giungere a te. Tu suggeriscimelo, tu mostrami la via e forniscimi ciò che necessita al viaggio. (Soliloquia I, 1.5)

 

Pensiero agostiniano

Ti dispiaccia sempre ciò che sei, se vuoi guadagnare ciò che non sei. (Sermo 169, 15.18)

18/07

 

Preghiera

Ormai io te solo seguo, [Dio mio, Signore mio,] te solo cerco e sono disposto ad essere soggetto a te soltanto, poiché tu solo con giustizia eserciti il dominio ed io desidero essere di tuo diritto. (Soliloquia I, 1.5)

 

Lettura

Solo da Dio viene la felicità

Nessuno può essere veramente amico dell’uomo se non è innanzi tutto amico della verità: questo amore se non è disinteressato non è assolutamente possibile.

Su tale argomento hanno discusso molto anche i filosofi, ma nei loro scritti non si trova alcun cenno del vero sentimento religioso, cioè del genuino culto del vero Dio. La causa di ciò è - a mio parere – ch’essi hanno voluto fabbricarsi la felicità a modo loro e hanno creduto ch’era necessario procacciarsela da sé stessi anziché impetrarla, mentre Colui che la concede è soltanto Iddio. Infatti rende felice l’uomo, solo Colui che l’ha creato. In realtà Chi elargisce ai buoni e ai cattivi sì grandi beni della sua creazione, vale a dire l’esistenza, la natura umana, la vigoria dei sensi, l’energia fisica, l’abbondanza delle ricchezze, darà sé stesso ai buoni affinché siano felici, poiché anche l’essere buoni è dono di Lui. Al contrario i filosofi i quali in questa vita piena di affanni, con queste membra destinate alla morte, sotto il peso della carne corruttibile, hanno voluto essere autori e, per così dire, creatori della propria felicità come se potessero raggiungerla e quasi averla in possesso con le proprie virtù, senza chiederla e sperare di attingerla dalla fonte delle virtù, non hanno potuto affatto comprendere che Dio resisteva alla loro superbia. […] Essi cedono di fronte ai mali fisici divenuti eccessivi e dichiarano che si deve partire da questa vita quando le molestie sono troppo dolorose. (Ep. 155, 1.1-2)

 

Per la riflessione

Voglio te, giustizia e innocenza bella e ornata delle tue pure luci e di un’insaziabile sazietà. Accanto a te una pace profonda e una vita imperturbabile. Chi entra in te, entra nel gaudio del suo Signore (Mt 25, 21); non avrà timori e si troverà sommamente bene nel sommo Bene. (Conf. II, 10.18)

 

Pensiero agostiniano

Amico, rimani unito a Dio, dal quale sei stato creato uomo; rimani attaccato a lui, confida in lui, invoca lui, la tua forza è lui. (Sermo 97, 4)

19/07

 

Preghiera

Nella Chiesa del mondo intero ti confesserò. Scioglierò i miei voti alla presenza di quanti lo temono: eleverò alla presenza di chi lo teme il sacramento del mio corpo e del mio sangue. (En. in Ps. 21, I, 26)

 

Lettura

Non siano amanti di se stessi i pastori di Cristo!

Non siano amanti di se stessi coloro che pascono le pecore di Cristo, per non pascerle come proprie, ma come di Cristo. E non cerchino di trarre profitto da esse, come fanno gli amanti del denaro; né di dominarle come i vanagloriosi o vantarsi degli onori che da esse possono ottenere, come gli arroganti; né come i bestemmiatori presumere di sé al punto da creare eresie; né, come i disobbedienti ai genitori, siano indocili ai santi padri; né, come gli ingrati, rendano male per bene a quanti vogliono correggerli per salvarli; né, come gli scellerati, uccidano l’anima propria e quella degli altri; né come gli empi, strazino le viscere materne della Chiesa; né, come i disamorati, disprezzino i deboli; né, come i calunniatori, attentino alla fama dei fratelli; né, come gli incontinenti, si dimostrino incapaci di tenere a freno le loro perverse passioni; né, come gli spietati, siano portati a litigare; né, come chi è senza benignità, si dimostrino incapaci a soccorrere; né, come fanno i traditori, rivelino agli empi ciò che si deve tenere segreto; né, come i procaci, turbino il pudore con invereconde esibizioni; né, come chi è accecato dai fumi dell’orgoglio, si rendano incapaci d’intendere quanto dicono e sostengono; né, come gli amanti del piacere più che di Dio, antepongano i piaceri della carne alle gioie dello spirito. Tutti questi e altri simili vizi, sia che si trovino riuniti in uno stesso uomo, sia che si trovino sparsi qua e là, pullulano tutti dalla stessa radice, cioè dall’amore egoistico di sé. Il male che più d’ogni altro debbono evitare coloro che pascono le pecore di Cristo, è quello di cercare i propri interessi, invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle proprie cupidigie coloro per i quali fu versato il sangue di Cristo. L’amore per Cristo deve, in colui che pasce le sue pecore, crescere e raggiungere tale ardore spirituale da fargli vincere quel naturale timore della morte a causa del quale non vogliamo morire anche quando vogliamo vivere con Cristo. (In Io. Ev. 123, 5)

 

Per la riflessione

Se il buon pastore, che offrì la sua vita per le sue pecore, ha potuto suscitare per sé tanti martiri da queste medesime pecore, con quanto maggiore ardore devono lottare per la verità fino alla morte, e fino a versare il proprio sangue combattendo contro il peccato, coloro ai quali il Signore affidò le sue pecore da pascere, cioè da formare e da guidare? (In Io. Ev. 123, 5)

 

Pensiero agostiniano

Rispetta Cristo in te, riconosci Cristo in te. (Sermo 161, 1.1)

20/07

 

Preghiera

Signore, col tuo aiuto abbiamo fatto quel che ci avevi comandato; tu dacci quel che ci avevi promesso. (Sermo 31, 6)

 

Lettura

Esser pronti a seguire la volontà di Dio

Fratelli se volete esser pronti a seguire la volontà di Dio - e questo lo diciamo a voi e, prima, lo diciamo a noi, anzi lo dice a tutti colui che parla con sicurezza - se vogliamo esser pronti a seguire la volontà di Dio, non amiamo le cose che passano, non crediamo che la nostra felicità sia quella di questo mondo. Ciò credevano quei figli stranieri: riponevano tutta la loro felicità nelle cose temporali, tutta la dolcezza nell’ombra [delle realtà], non nella stessa luce, non nella stessa verità. Osservate quindi, in questo salmo che è su Golia, la sua parte conclusiva. Tutto è proposto con parole quanto mai esplicite, con un dire sommamente piano, tanto che non si richiede l’interprete o l’espositore; per misericordia di Dio le cose sono descritte in modo che nessuno può dire: Ecco, questo l’ha asserito [l’espositore] perché così gli garbava, l’ha spiegato secondo la sua fantasia, l’ha compreso a suo talento. [Niente di tutto questo, ma] le cose sono state proposte in modo che nessuno avanzi scuse. Sono state poi così proposte da Davide, di cui ci si riferiscono le parole e che rappresenta la nuova vita, la vita di Cristo, la vita che ci è stata data ad opera di Cristo. Questa vita schernisce e condanna la vita vecchia, la vecchia felicità degli uomini, e coloro che in essa ripongono la propria speranza e ne vanno a caccia e la ritengono loro [sommo] godimento. (Sermo 32, 18)

 

Per la riflessione

Il desiderio dei beni eterni e della felicità eterna non deve mescolarsi col desiderio dei beni temporali, cioè della felicità presente e temporanea. (Sermo 32, 22)

 

Pensiero agostiniano

Eppure tutti questi beni naturali sono sollievi d’infelici e condannati, non premio dei beati. (De civ. Dei XXII, 24.5)

21/07

 

Preghiera

Lodiamo l’ineffabile essenza di Dio e amiamo la sua misericordia. (Sermo 7, 7)

 

Lettura

Dio sarà la nostra eterna ricompensa

Non aspettiamo il frutto della nostra semina in questo tempo in cui abbiamo seminato. Qui abbiamo seminato con fatica la messe delle buone opere, ma in futuro raccoglieremo con gioia i suoi frutti, secondo quanto è scritto: All’andata camminavano piangendo, gettando la loro semente; al ritorno verranno con gioia, portando i loro covoni (Sal 125, 6). Il fatto [di Elia] avvenne come simbolo, non come dono; quella vedova infatti ricevette quaggiù [la ricompensa] per il fatto che temette l’uomo di Dio. Non è molto quanto seminò, per questo raccolse una quantità non elevata di messe. È temporaneo quanto ricevette, cioè la farina che non veniva meno e l’olio che non diminuiva, fino a quando Dio avesse mandato la pioggia sulla terra; anche se proprio allora cominciò a sentire maggiormente la penuria, quando Dio si degnò di far piovere. Allora avrebbe lavorato, avrebbe aspettato i frutti della terra, li avrebbe raccolti. Quando invece non pioveva, il vitto le veniva senza fatica. Questo segno che Dio le aveva concesso per lo spazio di pochi giorni significava la vita futura, dove la nostra ricompensa non può venir mai meno. Dio sarà la nostra farina. Come l’olio e la farina per tutti quei giorni non vennero meno, così Dio non verrà mai meno. Speriamo in questo premio, quando operiamo il bene, perché nessuno di voi venga tentato da questo pensiero: "Nutrirò un servo di Dio che ha fame, affinché la mia brocca non si vuoti o nella mia botte si trovi sempre vino". Non cercare qui queste cose. (Sermo 11, 3)

 

Per la riflessione

Semina senza timore, la tua messe verrà più tardi, verrà più lentamente, ma quando sarà venuta non avrà più fine. (Sermo 11, 3)

 

Pensiero agostiniano

Gli uomini possono conoscere le nostre opere che compiamo con le azioni e con le parole, ma con quale animo le compiamo, e dove desideriamo giungere con esse, lo sa solo quel Dio che scruta reni e cuori. (En. in Ps. 7, 9)

22/07

 

Preghiera

Signore Dio mio, […] i miei beni sono opere tue e doni tuoi; i miei mali colpe mie e condanne tue. […] Ma tu, Signore, deliziato dal profumo del tuo santo tempio, abbi misericordia di me secondo la grandezza della tua misericordia (Sal 50, 3), in grazia del tuo nome. Tu, che non abbandoni mai le tue imprese a metà, completa ciò che è imperfetto in me. (Conf. X, 4.5)

 

Lettura

Se siamo qualcosa di buono, lo siamo per opera di Dio

Molto più alacremente dobbiamo accorrere a contemplare le opere divine anziché le nostre, poiché anche noi, se siamo qualcosa di buono, siamo opera di Dio, non degli uomini. Ecco perché l’Apostolo disse: Non è qualche cosa né chi pianta né chi irriga, ma è Dio che fa crescere (1Cor 3, 7).

Senocrate, in una conferenza sui vantaggi della temperanza, convertì d’un tratto a un tenore di vita morigerato Polemone, che non solo era un ubriacone, ma in quel momento era anche ubriaco. Sebbene quello non fosse guadagnato alla causa di Dio, ma liberato soltanto dalla tirannia della dissolutezza, tuttavia non attribuirei neppure questo suo mutamento in meglio all’opera di un uomo, ma di Dio. Poiché i beni del corpo stesso, cioè dell’infima parte di noi, quali sono ad esempio la bellezza, le forze, la salute e qualunque altro bene di tale genere, non provengono se non da Dio creatore e perfezionatore della natura: con quanto maggior ragione nessun altro può darci i beni dell’anima! Qual pensiero più orgoglioso e più ingrato potrebbe nutrire la pazza mente umana, che reputare che Dio renda bello l’uomo nel fisico, e che l’essere reso casto nell’anima provenga dall’uomo? Nel libro della Sapienza cristiana sta scritto: Poiché sapevo che nessuno può essere continente, se Dio non lo concede; ed era già questo un frutto della sapienza, il sapere cioè da chi ci è concesso questo dono (Sap 8, 21). (Ep. 144, 1-2)

 

Per la riflessione

Ciò soprattutto dovete riconoscere, ciò meditare con pietà ed umiltà. A Dio, fratelli miei, a Dio dovete esser grati; Dio dovete temere per non mancare, Dio amare per avanzare. (Ep. 144, 2)

 

Pensiero agostiniano

Siamo grati di ciò che abbiamo, perché ci sia dato in aggiunta ciò che non abbiamo e non perdiamo ciò che abbiamo. (Sermo 158, 5)

23/07

 

Preghiera

O Dio, che accusi il mondo sul peccato, la giustizia e il giudizio (Gv 16, 8); o Dio, col cui aiuto non ci sottraggono la convinzione coloro che non credono: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

La grazia della Nuova Alleanza

Quando giunse il compimento dei tempi, in cui ormai si rivelava nella Nuova Alleanza la grazia che si nascondeva sotto i veli di quella Antica, Dio mandò il Figlio suo, nato da donna (Gal 4, 4), termine questo con cui nella lingua ebraica, secondo il suo particolare modo di espressione, è chiamata ogni donna, ragazza o maritata. Per comprendere bene quale Figlio fu inviato da Dio che volle nascere da donna e quanto è grande quel Dio che si degnò di assumere l’umile nostra natura per la salvezza dei fedeli, fa attenzione ora a (quanto dice) l’Evangelo: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla è stato fatto di quanto è stato creato. In Lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini, e la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta (Gv 1, 1-5). Questo Dio dunque, Verbo di Dio, per mezzo del quale fu creata ogni cosa, è il Figlio di Dio immutabile, presente dovunque, non racchiuso da nessun luogo né diffuso nelle sue parti dappertutto, come se avesse una parte minore in un luogo più piccolo e una maggiore in un luogo più grande, ma intero ovunque e in tal modo presente pure nella mente degli empi, benché questi non lo vedano, come neppure la luce materiale è percepita dagli occhi dei ciechi, anche se viene loro messa davanti. Egli risplende dunque anche in quelle tenebre a cui accenna l’Apostolo quando dice: Un tempo siete stati tenebre, ma ora siete luce, per grazia del Signore (Ef 5, 8), ma siffatte tenebre non la accolsero.

Il Verbo assunse pertanto la natura umana, che poteva essere veduta dagli uomini affinché, guariti per mezzo della fede, riuscissero in seguito a scorgere ciò che allora non erano in grado di vedere. (Ep. 140, 3.6-7)

 

Per la riflessione

Hai nascosto queste verità ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11, 25), per attrarre quanti soffrono e sono oppressi a Cristo, che li ristori: poiché è mite e umile di cuore (Mt 11, 28) e guiderà i miti nella giustizia, insegna ai mansueti le sue vie (Sal 24, 9), osservando la nostra umiltà e la nostra sofferenza, rimettendoci tutti i nostri peccati (Sal 24, 18). (Conf. VII, 7.14)

 

Pensiero agostiniano

Se ti avvicini a lui, ne guadagnerai; ti perdi, se ti allontani da lui. (In Io. Ev. 11, 5)

24/07

 

Preghiera

O Dio, chi è simile a te? Dica ogni cuore fedele, dica ogni lingua obbediente, dica ogni pia coscienza, dica con certezza: Dio, chi è simile a te? (Sermo 24, 1)

 

Lettura

E’ grazia la creazione, ma grazia più grande la giustificazione

Questa grazia va predicata. Essa è la grazia dei cristiani, conseguita ad opera dell’Uomo-Mediatore, di colui che patì e risuscitò, che salì al cielo e imprigionò i prigionieri e diede doni agli uomini. Questa grazia, ripeto, va predicata. Contro questa grazia non discutano gli ingrati. Il bastone del profeta non fu sufficiente per risuscitare il morto. E basterebbe la natura, morta anche lei? Anche se non lo troviamo così chiamato in nessun passo dalla Scrittura, chiamiamo pur grazia il dono d’essere stati creati, in quanto ci è stato dato gratis; ma lasciate che vi dimostriamo come sia maggiore la grazia per cui siamo cristiani. Statemi attenti! Prima d’essere creati non avevamo alcun merito buono, e quindi è grazia il dono d’essere stati creati senza che avessimo alcun merito. Se però è una grazia grande quella che abbiamo ricevuto quando eravamo senza meriti buoni, quanto non sarà grande quella che ricevemmo avendo tanti demeriti? Colui che non esisteva era sprovvisto di meriti, il peccatore accumulava demeriti. Colui che sarebbe stato creato, prima non esisteva. Non esisteva, ma non aveva nemmeno offeso [Dio]. Non esisteva e fu creato; ha offeso [Dio] ed è stato salvato. Colui che non esisteva, non sperava nulla e fu creato; il colpevole viceversa si attendeva la dannazione e ne fu liberato. Questa è la grazia per opera del nostro Signore Gesù Cristo (Rom 7, 25). Egli ci ha fatti (Sal 99, 2): ci ha fatti, ovviamente, quando non avevamo alcuna esistenza, ma poi, una volta creati e diventati colpevoli, egli ci ha fatti giusti, e non siamo stati noi a farci [così]. (En. in Ps. 121, 12)

 

Per la riflessione

Anche se i venti soffieranno, anche se i flutti ruggiranno e l’umana fragilità ti spingerà a qualche timore per la tua salvezza, hai chi chiamare e dire: Signore, perisco! Non ti lascia perire colui che ti ha ordinato di camminare. (En. in Ps. 39, 9)

 

Pensiero agostiniano

In seguito venne il Figlio di Dio: il grande dal piccolo, il Salvatore dal salvando, il vivo dal morto. (Sermo 26, 11)

25/07

 

Preghiera

Ascolta, Signore, la mia implorazione (Sal 60, 2): non venga meno la mia anima sotto la tua disciplina, non venga meno io nel confessarti gli atti della tua commiserazione. (Conf. I, 15.24)

 

Lettura

Cristo nostra medicina

Due sono i compiti della medicina, risanare le infermità e conservare la salute. Riferendosi al primo compito nel salmo precedente è detto: abbi pietà di me, Signore, perché sono infermo (Sal 6, 3); riferendosi all’altro è detto in questo salmo: se c’è iniquità nelle mie mani, se ho ricambiato chi mi ha restituito il male, soccomba pure, misero, ai miei nemici (Sal 7, 4-5). Là l’infermo prega per essere liberato; qui, ormai sano, prega per non ammalarsi: nel primo intento, là dice: salvami per la tua misericordia (Sal 6, 5); nel secondo caso, qui dice: giudicami, Signore, secondo la mia giustizia (Sal 7, 9). Là chiede il rimedio per sfuggire al male, qui chiede protezione per non ricadere nel male; nel primo caso ha detto: salvami, Signore, secondo la tua misericordia; qui esclama: Il mio giusto aiuto [procede] dal Signore, che salva i retti di cuore. Infatti la misericordia e l’aiuto salvano ambedue; ma la misericordia porta alla salute dalla malattia, l’aiuto conserva nella salute stessa: nel primo caso l’aiuto è misericordioso, perché non ha alcun merito il peccatore che desidera essere giustificato, credendo in colui che giustifica l’empio; qui invece l’aiuto è giusto, perché viene dato a chi è già giusto. Ebbene, il peccatore che ha detto: sono infermo, dica ora: Salvami, Signore, per la tua misericordia! e il giusto che ha detto: se ho ricambiato chi mi ha restituito il male, gridi: Il mio giusto aiuto [procede] dal Signore che salva i retti di cuore. (En. in Ps. 7, 10)

 

Per la riflessione

Se il Signore ci porge la medicina per risanarci quando siamo infermi, quanto più ci porgerà la medicina per conservarci in salute? (En. in Ps. 7, 10)

 

Pensiero agostiniano

Dio non desidera condannare, ma salvare e se ha pazienza verso i cattivi, è per poter cambiare i cattivi e renderli buoni. (Sermo 18, 2)

26/07

 

Preghiera

Tu sei la vita delle anime, la vita delle vite, vivente per tua sola virtù senza mai mutare, vita dell’anima mia. (Conf. III, 6.10)

 

Lettura

Cristo è luce degli uomini

E la vita era la luce degli uomini (Gv 1, 4). E’ da questa vita che gli uomini vengono illuminati. Gli animali non vengono illuminati, perché gli animali non possiedono un’anima razionale, che consenta loro di contemplare la sapienza. L’uomo, invece, fatto a immagine di Dio, possiede un’anima razionale, capace di accogliere la sapienza. Dunque quella vita, per mezzo della quale furono fatte tutte le cose, quella vita è essa stessa luce; e non di qualsiasi essere animato, ma luce dell’uomo. E’ per questo che l’evangelista fra poco dirà: Era la vera luce, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 9).

Ma i cuori degli stolti non sono ancora in grado di accogliere questa luce, perché il peso dei peccati impedisce loro di vederla. Non pensino costoro che la luce non c’è, solo perché essi non riescono a vederla. E’ che a causa dei peccati essi sono tenebre: E la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno compresa (Gv 1, 5). Immaginate, fratelli, un cieco in pieno sole: il sole è presente a lui, ma lui è assente al sole. Così è degli stolti, dei malvagi, degli iniqui: il loro cuore è cieco; la sapienza è lì presente, ma trovandosi di fronte a un cieco, per gli occhi di costui è come se essa non ci fosse; non perché la sapienza non sia presente a lui, ma è lui che è assente. Che deve fare allora quest’uomo? Purifichi l’occhio con cui potrà vedere Dio. Faccia conto di non riuscire a vedere perché ha gli occhi sporchi o malati: per la polvere, per un’infiammazione o per il fumo. Il medico gli dirà: Pulisciti gli occhi, liberandoti da tutto ciò che ti impedisce di vedere la luce. Polvere, infiammazione, fumo, sono i peccati e le iniquità. Togli via tutto e vedrai la sapienza, che è presente, perché Dio è la sapienza. (In Io. Ev. 1, 18-19)

 

Per la riflessione

Sta scritto: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5, 8). (In Io. Ev. 1, 19)

Pensiero agostiniano

Chiunque dice la verità, la dice sotto l’influsso di Colui ch’è la Verità in persona. (Ep. 166, 4.9)

27/07

 

Preghiera

Sii il mio assuntore. E guidami sui retti sentieri a motivo dei miei nemici. Dammi la legge, ma non togliermi la misericordia. (En. in Ps. 26, II, 20)

 

Lettura

I nostri meriti e la grazia di Dio

Cos’altro dice? Come la rugiada dell’Hermon che cade sopra i monti di Sion. Volle significare, miei fratelli, che è per grazia di Dio che i fratelli dimorano nella unità. Non è per le loro forze né per i loro meriti, ma per dono di Dio, per la sua grazia, che come rugiada [scende] dal cielo. Non è infatti la terra che manda a se stessa la pioggia: quella pioggia che se non venisse dal cielo, ogni prodotto finirebbe col seccarsi. In un passo del salmo è detto: Distillerai pioggia volontaria, Dio, per la tua eredità (Sal 67, 10). Perché la chiama volontaria? Perché non dipende dai nostri meriti, ma dalla sua volontà. Qual merito infatti avremmo potuto mai allegare noi peccatori e iniqui? Da Adamo [noi siamo nati altrettanti] Adamo e su un tale Adamo ha proliferato una moltitudine di peccati. Ogni uomo che nasce, nasce [nella condizione di] Adamo: da lui dannato [nasce] dannato. E per giunta, vivendo male, aggiunge colpe alla colpa di Adamo. Qual merito dunque poteva avere questo Adamo? Eppure colui che è misericordioso lo ha amato: lo sposo ha amato [la sposa] non perché fosse bella, ma perché voleva renderla bella. Per rugiada caduta sull’Hermon dunque intende la grazia di Dio.

Hermon significa "lume posto in alto". Orbene, da Cristo scende la rugiada poiché all’infuori di Cristo non c’è altro lume posto in alto. E in che senso fu egli posto in alto? Prima sulla croce, poi in cielo. Fu in alto sulla croce nel giorno della sua umiliazione, poiché anche la sua umiliazione non poteva essere se non una elevazione. […] Sta comunque di fatto che il lume posto in alto è Cristo. Da lui proviene la rugiada dell’Hermon: sicché quanti intendete convivere nell’unità dovete bramare questa rugiada e lasciarvi irrorare da lei. Altrimenti non potrete mantenere ciò che avete professato. Come non potrete avere il coraggio di promettere senza che lui abbia tuonato dal cielo, così non potrete perseverare senza il nutrimento da lui inviato. Dico di quel nutrimento che scende sopra i monti di Sion. (En. in Ps. 132, 10-11)

 

Per la riflessione

Non potranno abitare in vita comune se non coloro che hanno perfetta la carità di Cristo. (En. in Ps. 132, 12)

 

Pensiero agostiniano

Unisciti ai buoni, a coloro che tu vedi condividere con te l’amore per il tuo Re. Scoprirai infatti che ce ne sono molti, se anche tu comincerai ad esser tale. (De catech. rudibus 25.49)

28/07

 

Preghiera

Signore, chi è simile a Te? Da’, se vuoi dare, anche in questa vita, ciò che chiedo; se non vuoi, sii Tu la mia vita, Tu che sempre io cerco. (En. in Ps. 34, I, 14)

 

Lettura

La vita comune nella Chiesa primitiva

Com’è buono e giocondo che i fratelli vivano nell’unità! […] Queste parole del salterio, questa dolce armonia, questa melodia soave tanto a cantarsi quanto a considerarsi con la mente, hanno effettivamente generato i monasteri. Da questa armonia sono stati destati quei fratelli che maturarono il desiderio di vivere nell’unità. Questo verso fu per loro come una tromba: squillò per il mondo ed ecco riunirsi gente prima sparpagliata. Il grido divino, il grido dello Spirito Santo, il grido della profezia, non udito in Giudea, è stato udito nel mondo intero. A questo suono rimasero sordi coloro in mezzo a cui veniva cantato, mentre aprirono l’orecchio coloro di cui era stato scritto: Lo vedranno coloro a cui non fu annunziato, lo capiranno coloro che non l’udirono (Is 52, 15). Se però, o carissimi, consideriamo a fondo le cose, questa benedizione prese avvio proprio da quella parete formata dai circoncisi. Forse che, infatti, tutti i giudei si sono perduti? Ma da dove son venuti gli Apostoli, figli dei profeti, figli degli sbattuti (Sal 126, 4)? Da dove quei cinquecento che videro il Signore risorto, dei quali parla l’apostolo Paolo? Da dove quei centoventi che si trovavano riuniti in uno stesso luogo dopo la resurrezione del Signore e la sua ascensione al cielo? Su costoro, riuniti in uno stesso luogo, il giorno di Pentecoste scese lo Spirito Santo mandato dal cielo, mandato in conformità con le promesse. Tutti costoro appartenevano al popolo giudaico, e furono proprio loro a cominciare la vita nell’unità, vendendo tutti i propri averi e ponendone il prezzo ricavato ai piedi degli Apostoli. È quel che si legge negli Atti degli Apostoli: E ne distribuivano a ciascuno secondo il suo bisogno e nessuno diceva di alcunché che era sua proprietà, ma tutto era fra loro comune (At 2, 45). (En. in Ps. 132, 2)

 

Per la riflessione

Non è compromessa la vita santa dei [veri] fratelli a motivo di quei tali che si spacciano per ciò che non sono. (En. in Ps. 132, 4)

 

Pensiero agostiniano

Nessuno ha da fidarsi delle proprie forze nel mantenere quanto ha promesso. (En. in Ps. 131, 3)

29/07

 

Preghiera

Dio Padre nostro, che ci esorti a pregarti e ci dai ciò di cui sei pregato, poiché, quando ti preghiamo, viviamo meglio e diventiamo migliori, esaudisci me che rabbrividisco in queste tenebre e porgimi la destra. (Soliloquia II, 6.9)

 

Lettura

Le primizie dello Spirito

Noi gemiamo interiormente, noi che possediamo le primizie dello spirito. Ha detto bene: noi che possediamo le primizie dello spirito per significare coloro i cui spiriti sono già stati offerti a Dio in sacrificio e sono stati avvolti dal fuoco divino della carità. Queste sono le primizie dell’uomo, perché la verità dapprima afferra il nostro spirito e per suo mezzo conquista tutto il resto. Possiede dunque già le primizie offerte a Dio chi dice: Con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato (Rom 7, 25); altrettanto chi dice: Dio a cui servo nel mio spirito (Rom 1, 9), come anche colui di cui si dice: Lo spirito è pronto, ma la carne è debole (Mt 26, 41). Ma poiché aggiunge anche: sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? (Rom 7, 24), e si riferisce ancora a tali persone: Darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo dello Spirito che abita in voi (Rom 8, 11); non c’è ancora l’olocausto. Ci sarà invece quando la morte sarà assorbita nella vittoria e le si dirà: Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? (1Cor 15, 54-55) Ora dunque, afferma, non solo tutta la creazione, ossia quella del corpo, ma anche noi che possediamo le primizie dello spirito, cioè anche noi anime, che abbiamo già offerto a Dio come primizie le nostre menti, gemiamo interiormente, cioè oltre il corpo, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo (Rom 8, 23). Aspettiamo cioè che lo stesso corpo, ricevendo il dono dell’adozione a figli, alla quale siamo stati chiamati, manifesti che noi, totalmente liberi ed affrancati da ogni disagio, siamo completamente figli di Dio. (De diversis quaestionibus 83, 67, 6)

 

Per la riflessione

Poiché in questa vita, sebbene l’anima diventi felice nel raggiungimento intellettuale di Dio, si sopportano molte molestie del corpo, essa deve sperare che tutte queste contrarietà non rimarranno dopo morte. (Soliloquia I, 7.14)

 

Pensiero agostiniano

E non è un trascurabile avvicinarsi alla felicità il riconoscimento della propria miseria. (De serm. Domini in monte I, 12.36)

30/07

 

Preghiera

Tu però, Signore, sempre vivo e di cui nulla muore perché prima dell’inizio dei secoli e prima di ogni cosa cui pure si potesse dare il nome di "prima" tu sei e sei Dio e Signore di tutte le cose, create da te, e in te perdurano stabili le cause di tutte le cose instabili, e di tutte le cose mutabili si conservano in te immutabili i princìpi, e di tutte le cose irrazionali e temporali sussistono in te sempiterne le ragioni (Conf. III, 6.10): ascolta me, mio Dio, mio Signore. (Soliloquia I, 1.4)

 

Lettura

La vera lode è nell’amore

Chi riuscirà a contare le opere compiute dal Signore nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi? Comunque, per quanto incapaci di conoscerle adeguatamente, dobbiamo ammettere per fede e ritenere con certezza assoluta che ogni creatura esistente nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi è opera di Dio, se, come abbiamo affermato, è vero che tutte le cose che ha voluto, le ha fatte in cielo e sulla, terra, nel mare e in tutti gli abissi. Quanto alle cose da lui fatte, è da escludersi che le abbia fatte per costrizione, ma tutte quante le ha fatte perché ha voluto. Causa dell’intero universo creato è la sua volontà. Tu ti costruisci una casa perché, se non ti decidessi a costruirla, dovresti rimanere senza un luogo dove abitare. La necessità, non la tua libera volontà, ti spinge a costruirti la casa. Ti cuci una veste perché, se non te la facessi, dovresti andar nudo. A confezionarti la veste ti muove una necessità, non lo fai per libera scelta della volontà. […]

Riusciremo pertanto a trovare qualcosa che compiamo volontariamente e liberamente? Certo che lo troveremo. Amare Dio e lodarlo. Agisci senza dubbio per libera volontà quando a tributare la lode ti spinge l’amore, quando lo fai non per una necessità, ma perché ti piace. (En. in Ps. 134, 10-11)

 

Per la riflessione

Quando ti è possibile, glorificalo con le labbra, e questo ti gioverà a salvezza; ma se non puoi questo, credi a lui col cuore e ti varrà a conseguire la giustizia. Se col cuore loderai e benedirai [il Signore], se di cuore offrirai vittime sante sull’altare della coscienza, ti si risponderà: Pace in terra agli uomini di buona volontà (Lc 2, 14). (En. in Ps. 134, 11)

 

Pensiero agostiniano

Cantate con le voci, cantate con i cuori; cantate con le labbra, cantate con i costumi. (Sermo 34, 6)

31/07

 

Preghiera

O Dio, che ci purifichi e ci prepari ai premi divini: ti invoco, vienimi incontro benevolo. (Soliloquia I, 1.3)

 

Lettura

Non si deve servire Dio con lo scopo di conseguire la felicità terrena

Affinché per mezzo suo si rivelasse la grazia della Nuova Alleanza, che non appartiene alla vita temporale ma all’eterna, Cristo uomo non doveva manifestarsi con l’aureola della felicità temporale. Ecco il perché dell’umiltà della sua passione, dei flagelli, degli sputi, degli oltraggi, della crocifissione, delle ferite e, come se fosse stato vinto e soggiogato, perfino della morte, affinché i suoi fedeli apprendessero quale premio della loro pietà dovessero chiedere e sperare da Dio, di cui erano diventati figli; per far loro comprendere che non dovevano servire Dio con lo scopo di ottenere qualcosa di temporale, di conseguire la felicità terrena, gettando via e calpestando la propria fede per stimarla degna solo di una ricompensa così bassa. Ecco perché Dio onnipotente, nella sua infinitamente benefica Provvidenza, concesse la felicità terrena anche agli empi, perché non fosse ricercata dai buoni come una cosa di gran valore. Ecco perché il Salmo settantaduesimo ci presenta una persona che si pente dopo aver servito un tempo Dio senza retta intenzione, ma per la ricompensa terrena, perché vedendo che per causa di essa gli empi prosperavano e spiccavano tra gli altri, ne era rimasto turbato e aveva cominciato a pensare che Dio non si curasse della sorte degli uomini. Avendolo però richiamato da questo pensiero l’autorità dei santi che hanno di mira solo Dio, prese a riflettere attentamente e a penetrare un mistero sì grande, che non gli fu svelato durante la sua afflizione, finché non entrò nel santuario di Dio e non ebbe la chiara visione degli ultimi avvenimenti, fino a quando cioè, ricevuto lo Spirito Santo, non imparò a desiderare beni migliori e comprese quale tremendo castigo fosse destinato agli empi, anche a quelli che avessero prosperato in una felicità che inaridisce - per così dire - come paglia. (Ep. 140, 5.13)

 

Per la riflessione

Dopo la rivelazione del Nuovo Testamento, certo più dolce è la disciplina voluta dal Signore Gesù Cristo, ma più terribile è la minaccia della geenna. (En. in Ps. 105, 26)

 

Pensiero agostiniano

Imparate, o uomini, a bramare la vita eterna mediante la grazia della Nuova Alleanza. (Ep. 140, 8.22)