CAPITOLO TERZO

MEZZO ED ESERCIZIO DELLA VITA SPIRITUALE: LA PREGHIERA

Il nostro dottore non ha scritto un trattato sulla preghiera, se si eccettua la Lettera 130 alla matrona romana Proba, ma ne ha parlato tanto spesso nelle sue opere e con tanta appassionata insistenza, ne ha scandagliato e messo in luce gli aspetti più diversi e l'inesauribile ricchezza in modo da offrire ai lettori una "summa" di perenne valore sulla teologia della preghiera. Non per nulla l'Occidente cristiano si è nutrito copiosamente della sua dottrina e ha pregato spesso con le sue parole.

Questa "summa", oltre la necessità della preghiera legata alla necessità della grazia, contiene almeno questi argomenti: la natura, la ragione, l'interiorità, la socialità, la soprannaturalità, la cristicità, l'oggetto, la modalità, la gradualità della preghiera. Non potendo dir tutto, ecco almeno qualche accenno.

1) Necessità

La necessità della preghiera era, insieme all'origine della carità di cui sopra, il punto focale della controversia pelagiana. Dicevano i pelagiani: Dio non comanda l'impossibile; dunque non è necessaria la grazia. Rispondeva Agostino: è vero, Dio non comanda l'impossibile; dunque è necessaria la preghiera per ottenere la grazia. Pur partendo da un principio comune, nella conclusione il contrasto non poteva essere né più netto né più profondo: da una parte la negazione della necessità della grazia, dall'altra l'affermazione netta di questa necessità attraverso la difesa della necessità della preghiera. Dio infatti ha disposto che nella lotta fra il bene e il male o, paolinamente, tra la carne e lo spirito (cf. Gal 5, 4) " noi combattiamo più con la preghiera che con le (nostre) forze, perché queste stesse forze, quante ce ne sono necessarie, le somministra a chi combatte Colui che noi preghiamo " 1. Perciò concludendo la lettera a Proba sulla preghiera scrive: " Combatti con la preghiera per vincere questo mondo; prega nella speranza, prega con fede e amore, prega con costanza e pazienza, prega come una vedova di Cristo " 2. Chi dunque non si sente attratto da Cristo, preghi perché venga attratto 3.

Anche la perseveranza finale, che non cade sotto il merito, cade sotto l'efficacia della preghiera: non possiamo meritarla perché è " un grande dono di Dio, ma possiamo ottenerla pregando " 4. Il principio generale è questo: " Si sa, scrive Agostino, che Dio ha stabilito di dare alcuni doni anche a chi non prega, come l'inizio della fede, altri soltanto a chi prega, come la perseveranza finale " 5.

2) Natura

Data l'insostituibile necessità della preghiera, il vescovo d'Ippona ne approfondisce diversi aspetti e le qualità che la distinguono. Prima di tutto la natura. Che cosa è la preghiera? Risponde: " un discorso fatto a Dio ". E continua riprendendo una dottrina ormai tradizionale: " Quando leggi, Dio parla a te; quando preghi tu parli a Dio " 6. Questo discorso, come si è detto sopra, prende tanti toni quanti sono gli atteggiamenti dell'uomo di fronte a Dio.

Ma qui interessa rilevare con Agostino ciò che esso importa. Importa davvero molto; cioè la conversione del cuore, l'intenzione, l'attenzione, la purificazione, la comunione. Ognuno di questi termini ha uno sfondo dottrinale vastissimo che affonda le sue radici nella metafisica, nella teologia, nella psicologia, nella pedagogia. Pertanto, per spiegare il fatto semplicissimo della preghiera - semplicissimo: il bambino non deve andare a scuola per imparare a chiedere alla mamma ciò di cui ha bisogno o per dirle che le vuol bene -, si dovrebbe riassumere gran parte della dottrina agostiniana.

La conversione ci rimanda alla condizione dell'uomo " allontanatosi da Dio " a causa del peccato; l'intenzione rimanda al suo dinamismo interiore per cui, pur "disteso" o "distratto" nel tempo, si protende con insopprimibile anelito verso l'eterno: intentio - distensio - extentio 7; l'attenzione rimanda alla presenza dell'uomo in Dio e di Dio nell'uomo: intimior intimo meo... 8 e memoria sui - memoria Dei 9; la purificazione rimanda all'adesione disordinata dell'uomo alle creature; la comunione rimanda all'incontro a tu per tu nella fede con Dio: io, il piccolo io della creatura, e tu, il tu trascendente del Creatore. Affrontare questo vasto panorama è impossibile, averlo però accennato non sarà stato inutile. Mi limito a citare un testo agostiniano, significativo in sé, più significativo per la prospettiva mistica che lo anima.

" Nella preghiera avviene la conversione del cuore verso Colui che è sempre pronto a dare se noi siamo in grado di ricevere... Nella conversione poi avviene la purificazione dell'occhio interiore, quando si escludono le cose che si bramano temporalmente, e ciò affinché la pupilla del cuore possa sopportare la luce semplice che risplende senza tramonto o mutazione; e non solo sopportarla ma anche abitare in essa; e abitarvi non solo senza fastidio ma anche con ineffabile gaudio, nel quale consiste la vita veramente e genuinamente beata " 10.

3) Interiorità

Alla natura della preghiera e in dipendenza da essa va congiunta la sua prerogativa principale: l'interiorità. C'era da aspettarsi che il filosofo e il teologo dell'interiorità la mettesse copiosamente in rilievo. E così fece. " Dobbiamo pregare col cuore - scrive Agostino -, non con le labbra " 11; " altro è un lungo discorso, altro è un diuturno affetto " 12. Di conseguenza, egli stabilisce arditamente una perfetta equazione tra desiderio e preghiera: " Il tuo stesso desiderio è la tua preghiera, e il continuo desiderio è una continua preghiera " 13.

Da questa equazione nasce la soluzione di molte questioni che si pongono intorno alla preghiera. Almeno quelle riguardanti la ragione, l'oggetto delle modalità della preghiera.

Che bisogno c'è di pregare se Dio conosce ciò di cui abbiamo bisogno? La domanda si riferisce direttamente - non occorre dirlo - alla preghiera d'implorazione. Risponde Agostino rovesciando i termini del rapporto: Dio vuole che lo preghiamo non per sapere ciò che sa, ma perché " nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio onde diventiamo capaci di ricevere ciò che prepara di darci ". Quel che vuol darci è molto grande 14 e noi ci disponiamo a riceverlo " con tanto maggiore capacità quanto maggiore è la fede con cui crediamo, la fermezza con cui speriamo, l'ardore con cui desideriamo " 15. In una parola, " Dio non dà se non a chi chiede per non dare a chi non è in grado di ricevere " 16.

La preghiera dunque prepara il luogo a Dio perché abiti in noi e ci concede di abitare in lui che è appunto il termine ultimo della preghiera. Pregandolo infatti lo invochiamo, cioè lo chiamiamo in noi 17 affinché noi possiamo essere presenti a lui 18.

Altra questione: che cosa possiamo chiedere pregando? Il nostro dottore risponde con lo stesso principio: tutto ciò che possiamo onestamente desiderare e nell'ordine in cui possiamo e dobbiamo desiderarlo. Prima di tutto, si capisce, la vita eterna - " Chiedi la vita beata ", scrive Agostino a Proba 19 - e il resto in ordine ad essa 20. A questo riguardo il "Padre nostro" può e deve essere la nostra guida. Nulla possiamo chiedere a Dio che non sia contenuto in esso, se preghiamo " in modo retto e appropriato " 21. Il "Padre nostro" non è solo scuola di preghiera ma anche scuola di vita, perché dà forma a tutti i nostri desideri e con ciò a tutta la nostra vita, dalla quale sgorga la nostra preghiera.

La terza questione è quella delle preghiera orale: perché pregare con le labbra se Dio vede il cuore? Anche a questa Agostino risponde richiamandosi all'interiorità. La preghiera orale è legata strettamente al desiderio interiore, di cui è l'espressione spontanea e verso cui esercita un'azione stimolante e chiarificatrice. Quanto più il desiderio, cioè l'amore, è grande tanto più si sente il bisogno di esprimerlo con le parole, il canto, il giubilo. Splendide e commoventi le cose che il vescovo d'Ippona ha scritto sul canto ecclesiastico 22, piene di acume psicologico quelle sul giubilo, espressioni d'un amore che non si può dire né si può tacere; luminose e risolutrici quelle sulle relazioni tra i segni esteriori (la parola) e gli affetti del cuore, relazioni che chiariscono perché, pur pregando sempre col desiderio continuo che sgorga dalla fede, dalla speranza e dalla carità e adempiendo così il precetto dell'Apostolo di pregare senza interruzione 23, dobbiamo segregarci in ore determinate dalle occupazioni e dagli affari per dedicarci alla preghiera 24.

Ci sono altre questioni che Agostino risolve ricorrendo al principio dell'interiorità, come quella della lunghezza o brevità delle preghiere locali; ma qui basterà il poco che si è detto per cogliere la stupenda semplicità e la grande fecondità di tale principio.

4) Socialità

Chiamo socialità della preghiera l'utilità e l'efficacia che riveste a favore degli altri. In altre parole il valore della preghiera nella storia della salvezza, che è la storia della città di Dio. Si sa che il vescovo d'Ippona ha fatto della preghiera, che la Chiesa rivolge a Dio per i fedeli e gli infedeli, un luogo teologico privilegiato, cioè una fonte continua di argomentazione per la teologia della grazia, ma non è questo l'aspetto che qui ci interessa. Interessa invece il suo insegnamento sull'efficacia della preghiera per gli altri, appunto come mezzo di salvezza. È molto ricco e, per quel che riguarda l'aspetto personale, commovente. Qualcuno potrebbe pensare il contrario riferendosi alla sua dottrina della predestinazione, e, come spesso accade, interpretandola male. Egli invece inserisce l'efficacia della preghiera proprio nel piano della predestinazione, alla quale l'uomo deve cooperare, e non solo nei riguardi della propria ma anche della salvezza altrui. Scrive infatti: " Preghiamo per quelli che non sono stati ancora chiamati perché lo siano: forse sono stati predestinati in modo da essere concessi alle nostre preghiere, cosicché ricevano la stessa grazia con la quale vogliono diventare e diventino eletti " 25. Non si poteva dir meglio, né più esattamente. Nel piano divino della salvezza come entra la redenzione di Cristo, così entra, in dipendenza di essa, l'intercessione dei santi nel cielo e dei giusti qui in terra.

Per i giusti qui in terra Agostino conferma con l'esempio di Mosè che prega perché il Signore perdoni il peccato del suo popolo 26, dell'Apostolo che prega per i fedeli e si raccomanda alle loro preghiere 27, e col suo proprio esempio. Sul tramonto della sua vita ricorda di aver composto le Confessioni per dimostrare che la sua conversione era stato il frutto delle preghiere di sua madre: " Che era stato concesso, affinché non perissi, alle fedeli e quotidiane lacrime di mia madre " 28. Verso lo stesso tempo, poi, nell'inviare al conte Dario le sue Confessioni, si raccomanda con accenti commoventi alle preghiere dell'amico e di quanti attraverso lui lo avrebbero conosciuto. Il grande vescovo, avvicinandosi al termine dei suoi giorni, più che mai sente il bisogno che molti preghino per lui: " Prega, figlio, prega; so quel che dico, so quel che chiedo " 29. E al suo popolo: " Noi, o fratelli, preghiamo per voi, ma voi pregate per noi. Le membra preghino le une per le altre, il Capo interpelli per tutte " 30.

Quest'aspetto, che è fondamentale per l'influsso della vita mistica nel Corpo di Cristo che è la Chiesa, meriterebbe un approfondimento ulteriore che qui non è possibile fare.

5) Cristicità

Voglio dire con questa parola che Cristo è il centro della nostra preghiera, e lo è tal punto che questa non si può concepire senza di lui. Si sa che la tesi più profonda e più frequente dell'ecclesiologia agostiniana è quella della Chiesa, Corpo mistico di Cristo o della Chiesa-comunione, comunione dei membri con Cristo e tra loro. C'era da aspettarsi che il vescovo d'Ippona, parlando della preghiera, ne traesse tutte le conseguenze. Lo fece, infatti, e con tanta insistenza e abbondanza da destare meraviglia in chi non conosca il teologo e il mistico Agostino, che fu un grande innamorato di Cristo.

Tali conseguenze trasse soprattutto nell'immensa opera delle Esposizioni sui Salmi, in cui è dominante la spiegazione cristologica ed ecclesiologica. In essi egli sente la voce di Cristo e la voce della Chiesa: di Cristo che parla in nome del suo Corpo mistico, della Chiesa che, unita al suo Capo, loda, implora, canta lungo il pellegrinaggio terreno: " Dobbiamo sentire ormai nota e familiare, come fosse la nostra, la sua voce in ogni salmo, sia che canti o che gema, si allieti nella speranza o sospiri nella realtà " 31.

Una sintesi di quest'aspetto della preghiera cristiana, così caro al vescovo d'Ippona, si trova all'inizio del commento al Salmo 105. Vi si legge: " Il Signore nostro Gesù Cristo è colui che prega per noi, che prega in noi, che è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo in lui la nostra voce e noi la sua ". Sintesi stupenda, segno di acume e di maturità di pensiero. L'oratore continua spiegando: " Noi preghiamo rivolti a Lui, preghiamo per mezzo di Lui, preghiamo in Lui. Ciò che diciamo, lo diciamo con lui ed egli lo dice con noi... è Cristo che parla e sono io che parlo ". E ammonisce: " Non dire nulla senza di Lui ed Egli non dice nulla senza di te " 32. Ammonimento severo insieme e consolante, che riassume l'aspetto più profondo della nostra preghiera, la quale o è unita a Cristo o non è cristiana.

6) Gradualità

Ancora un accenno alla complessa realtà della preghiera, precisamente alla sua gradualità. La preghiera infatti alimenta il cammino della vita spirituale, ne accompagna i passi, ne esprime i bisogni, ne raccoglie i frutti, e diventa, di grado in grado, più pura, più intensa, più contemplativa, cioè più vicina a quella dei beati nel cielo.

Agostino fu attento anche a questo aspetto: ne stabilì il principio nella Regola ai servi di Dio, dove si legge: " (le vostre preghiere) per quanto più frequenti tanto più dovranno essere perfette (o - come egli dice - più sane) " 33, e ne indicò la graduale perfezione attraverso i gradi della vita spirituale. Occorre dunque tener presenti questi gradi per capire il movimento ascensionale della preghiera.