PARTE QUARTA: IL PENSIERO FILOSOFICO

CAPITOLO PRIMO

IL GRANDE PROBLEMA: RAGIONE E FEDE

Il problema delle relazioni tra ragione e fede, un problema fondamentale e difficile, tormentò Agostino come pensatore prima della conversione e lo affaticò poi quando volle darne una soluzione ragionevole insieme e feconda. In base ad essa volle costruire quella vasta sintesi di pensiero, la quale, seguendo il movimento interiore dello spirito - che ama la verità, vuol conoscerla e vuole goderne come del sommo bene -, comprende insieme filosofia, teologia e mistica.

La prima soluzione che diede a questo grosso problema fu una soluzione sbagliata; sbagliata a causa dell'impostazione su cui poggiava. Infatti a 19 anni, come si è detto, ne accettò un'impostazione che, pur avendo un'apparenza di vero, era profondamente errata: l'impostazione del razionalismo manicheo. Questo, trasformando un fecondo binomio in un dirompente dilemma, rigettava la fede e seguiva, o pretendeva di seguire, la sola ragione. Si vedano sopra le conseguenze negative, per Agostino, di questa soluzione.

La conversione cominciò col sospetto che questa soluzione poteva essere appunto, metodologicamente parlando, sbagliata. Si rilegga il testo del De utilitate credendi citato sopra 1. Egli intuì che la mente umana, così sagace, non poteva ignorare la verità; ignorava piuttosto il modo di cercarla. Questo doveva cominciare dall'autorità e precisamente da un'autorità divina.

Presto il sospetto divenne certezza 2, e la certezza rovesciò l'impostazione iniziale: non più ragione o fede, ma ragione e fede. Solo questo binomio gli apparve ragionevole e fecondo. Restava da stabilire soltanto a chi spettasse il primato e quale dovesse essere la collaborazione tra loro. Lo studiò lungamente e ripetutamente ne scrisse, sia prima che dopo il battesimo. Nella riflessione gli fu guida il posto insostituibile che occupa la fede nella vita umana 3 - senza la fede, questa sarebbe assolutamente impossibile -, e ne concluse che le vie che conducono l'uomo alla conoscenza della verità sono due, non una: la ragione che genera la scienza, l'autorità cui si aderisce per fede. Dice nel De ordine: " Ad imparare siamo condotti necessariamente da un duplice principio: l'autorità e la ragione. In ordine di tempo viene prima l'autorità, in ordine d'importanza la ragione " 4. Luminosa distinzione che permette alla linea dottrinale del vescovo d'Ippona di passare incolume tra gli opposti scogli del fideismo e del razionalismo, unendo insieme, senza confonderli, gli apporti della ragione, che non perde il suo primato in ordine alla conoscenza della verità, e della fede che ha un primato non assoluto bensì, temporale. Egli non vuole solo credere, ma anche capire, poiché " nulla l'anima desidera più fortemente che la verità " 5 e la verità conosciuta nello splendore della sua evidenza. Il fondo intellettuale del pensiero agostiniano è qui evidente.

Ecco il suo programma: " Tutti sanno che noi siamo stimolati alla conoscenza dal duplice peso dell'autorità e della ragione. Io ritengo come definitivamente certo di non dovermi mai allontanare dall'autorità di Cristo, perché non ne trovo un'altra più valida. Riguardo poi a ciò che si deve raggiungere con la sottile indagine della ragione, ho fiducia di trovare frattanto nei platonici ciò che non ripugna ai nostri sacri misteri. Tale è infatti la mia attuale disposizione: apprendere ciò che è vero non solo con la fede ma anche con la ragione " 6.

In seguito a questo programma egli raccoglie il suo metodo in due notissimi effati complementari tra loro, che sono: " credere per capire " e " capire per credere " 7. Il primo indica l'utilità della fede, il secondo la necessità della ragione. Sul primo scrisse un celebre libro che ha questo titolo significativo: L'utilità del credere. La fede è utile per tutti, anche per il filosofo.

Questa utilità è molteplice e può essere riassunta come segue: la fede è la medicina che sana l'occhio dello spirito perché possa fissarsi sulla verità indefettibile 8; è la fortezza inespugnabile che difende e assicura chiunque, soprattutto i deboli, dalla molteplicità degli errori: " questo è il vero metodo - esclama Agostino -: ricevere gli infermi nella roccaforte della fede e, messili ormai al sicuro, combattere per loro con tutte le forze della ragione " 9; è il nido dove si mettono le penne per il volo verso alti orizzonti del vero 10; è l'accorciatoia che permette di conoscere presto e senza sforzo le verità essenziali che sono necessarie per condurre una vita sapiente.

Ma la fede non è mai senza ragione. Ecco il perché del secondo precetto che completa il primo: " capire per credere ". Nessuno infatti crede alcunché " se prima non ha pensato di dovere credere ": " credere non vuol dire altro che pensare con assenso... la fede che non sia pensata non è fede " 11.

È la ragione inoltre che dimostra " a chi si debba credere " 12. Pertanto " anche la fede ha i suoi occhi con i quali vede in qualche misura che è vero quello che ancora non vede " 13. Stupendo principio, che non annulla la fede, la quale resta, come dev'essere, assenso a ciò che non si vede, ma che inserisce nel contesto della fede la ragione, la quale vede già " in qualche misura " che è vero ciò che ancora non vede. " In qualche misura ", perché altro sarebbe vedere ciò che si crede - nel qual caso del resto la fede non sarebbe più fede ma visione: " non c'è fede quando vedi " 14 -, altro è vedere solo che è credibile l'autorità a cui si aderisce per fede. Perciò, se è ragionevole, sul piano del metodo, che la fede preceda la ragione, è necessario, anche, sul piano della credibilità, che la ragione preceda la fede, altrimenti questa non sarebbe più fede ma credulità vana.

L'importante discorso sugli occhi della fede prelude a quello sui motivi di credibilità, su cui Agostino torna spesso 15. " Molte sono le ragioni che mi trattengono nel seno (della Chiesa cattolica). Mi trattiene il consenso dei popoli e delle genti; mi trattiene l'autorità fondata con i miracoli, nutrita con la speranza, aumentata con la carità, consolidata con l'antichità; mi trattiene la successione dei vescovi, della sede stessa dell'apostolo Pietro, a cui il Signore, dopo la risurrezione, diede da pascere le sue pecore, fino al presente episcopato; mi trattiene infine lo stesso nome di Cattolica, che non senza ragione solo questa Chiesa ha ottenuto... Questi vincoli del nome cristiano - tanti, tanto grandi e dolcissimi - trattengono il credente in seno alla Chiesa cattolica, anche se la verità, a causa della tardezza della nostra mente e l'indegnità della nostra vita, non appare ancora " 16.

Da questo passo emergono due aspetti del metodo che Agostino seguiva nel dimostrare le credibilità della fede, aspetti che si possono riassumere così: dell'autorità e della globalità. Il primo - il metodo dell'autorità - si basa su questi punti essenziali: 1) la fede occupa, anche nelle cose umane, un posto insostituibile 17; 2) la necessità di un'autorità divina perché

la fede sia sicura: " Vi è un'autorità divina ed una umana; ma soltanto quella divina è vera, certa e sommamente autorevole " 18; 3) la provvidenza non può lasciare l'umanità senza " la via aperta a tutti per la liberazione dell'anima " 19.

Il secondo - il metodo della globalità - si basa sulla storia della salvezza che culmina nella realtà storica della Chiesa, grande e perenne motivo di credibilità, come ha detto il Concilio Vaticano II.

Si veda una prima sintesi di questo metodo nel De mor. Eccl. cath. (1, 7, 12) e una sintesi più ampia nell'Epistola 137 (4, 15-16). Questa termina con le stupende parole: " Qual è dunque l'anima bramosa d'eternità e pensosa di fronte alla brevità della vita presente che vorrà lottare contro la luce e la forza sublime di questa divina autorità? " 20. L'esposizione più ampia la troverà, poi, nel De utilitate credendi e finalmente nella Città di Dio che risponde alle obiezioni dei pagani 21.

Inoltre Agostino difende la giustezza del metodo, che è quello di mettere al sicuro nella roccaforte della fede i deboli e i vacillanti per poi combattere per essi con tutte le forze della ragione. Ciò viene fatto da alcuni " piamente dotti e uomini veramente spirituali " 22.

In ultimo, dal discorso sugli occhi della fede emerge la stretta unione che c'è in Agostino tra filosofia e teologia, a cui si aggiunge come complemento la mistica: tre momenti dell'ascensione dello spirito verso la bellezza della sapienza eterna, tre momenti profondamente uniti, senza confusione, nell'animo e nel pensiero di Agostino: la filosofia trae vantaggio dalla fede, e questa dalla filosofia, e l'una e l'altra dalla mistica.

Questa unione nasce dal metodo stesso del filosofare agostiniano. Questo metodo ha tre punti fermi: 1) la ricerca assidua dell'evidenza della ragione, da cui nasce l'insistente ritorno all'autocoscienza dove splende la percezione immediata della verità, al punto che né il dubbio né l'errore possono offuscarla 23; 2) l'utilità del credere che esclude i " garruli ragionatori " - " quelli che non vogliono partire dalla fede " 24 -, e prepara alla conoscenza diretta del vero; 3) la tensione sapienzale che porta a cercare la verità come sommo bene, e quindi non solo a conoscerla ma anche ad amarla e a possederla. Quest'amore pertanto sarà prima esuriente perché sempre in ricerca, in movimento; poi fruente, quando la verità apparirà nella piena visione. La sapienza infatti altro non è che " la verità in cui si conosce e si possiede il sommo bene " 25.

È proprio questo metodo che dà al pensiero agostiniano le prerogative che lo distinguono: la luminosità e il calore.