Studi agostiniani

 
Interiorità e Persona
Agostino nella Filosofia del Novecento/2
 

Luigi Alici, Remo Piccolomini
Antonio Pieretti (edd.)
  
  
 


Città Nuova

LUIGI ALICI, REMO PICCOLOMINI, ANTONIO PIERETTI (edd.)
Interiorità e persona
Agostino nella filosofia del Novecento
/2

Città Nuova, Roma 2001

ANTONIO PIERETTI

Introduzione

 

1. I limiti di una presenza.

Con questo secondo volume si allarga ulteriormente il fronte di ricerca che abbiamo aperto con il primo, perché sono presi in considerazione nuclei tematici nuovi e pensatori che hanno segnato in modo diverso il cammino percorso dalla filosofia nel Novecento. Al tempo stesso si dischiude lo spazio per una valutazione critica della influenza effettiva esercitata dall'itinerario spirituale e dall'opera di Agostino in un contesto speculativo dove non solo si suppone presente - anche se non sempre a buon diritto, come vedremo - ma si crede anche profondamente radicata. Gli autori esaminati infatti, all'infuori di Florenskij, appartengono tutti all'area latina, che è notoriamente assai sensibile alla vicenda esistenziale ed intellettuale dell'Ipponate. Essi inoltre sono in larga parte accomunati da un autentico interesse per le problematiche religiose e perciò sono impegnati a riflettere, come Agostino, sul legame che le unisce alla filosofia.

Con ciò non si intende dire che si tratta di pensatori che approdano alla stessa ed identica meta, quanto piuttosto che sono mossi dal medesimo intento e, pertanto, elaborano proposte filosofiche che si ispirano largamente al dialogo tra filosofia e Cristianesimo, pur senza farne l'argomento di un'esplicita ricerca, ad eccezione forse di Blondel, Lavelle, Sciacca e, in parte, Florenskij, e pur senza pervenire a forme di sincretismo a dir poco opinabili. In tal modo le rispettive posizioni speculative non si qualificano soltanto sotto il profilo teoretico, ma assumono anche la connotazione di suggestive testimonianze di conversione intellettuale e, insieme, di purificazione interiore, rivolte ad apririsi, all'interno della coscienza di cui riconoscono in generale la priorità se non ontologica quanto meno fenomenologica, un varco che consenta di ancorare la fragile esistenza umana sullo roccia ben salda di un'esperienza di fede e di una speranza di eternità.

A questo riguardo sembrerebbe ovvio che Agostino costituisca un modello di riferimento nell'impervio cammino che si impone alla riflessione filosofica, perché sullo sfondo delineato egli si è immesso prima ancora degli autori qui considerati, offrendo loro l'esempio di un itinerario di ricerca che, sebbene illuminato dalla fede ed alimentato dalla pratica religiosa, non per questo rinuncia alla propria autonomia e confluisce nel Cristianesimo. Ma non è affatto così. In molti casi infatti Agostino è un autore appena conosciuto e, peraltro, non già in seguito alla lettura diretta delle sue opere, ma attraverso la mediazione di altri autori, come Pascal, Descartes, Maine de Biran. Quando invece è conosciuto, per lo più il suo pensiero è considerato in relazione a specifiche tematiche di attualità nel dibattito filosofico contemporaneo e perciò assai raramente è colto nel suo significato più genuino. Quando infine prevale nei suoi confronti l'intento interpretativo, allora è riguardato come un pensatore da seguire, ma anche da integrare con una ben precisa dottrina ontologica o metafisica, in quanto la sua prospettiva filosofica appare poco definita sul piano razionale o perché condizionata da istanze di ordine etico o perché subordinata alle implicazioni derivanti da un'esperienza di fede continua e sistematica.

Sotto il profilo storiografico, dunque, indubbia è la presenza di Agostino nei principali indirizzi assunti dalla riflessione filosofica in Francia, in Italia, in Spagna e in Russia nel corso del secolo XX. Occorre però dire che non in tutti gli autori che ne fanno parte è manifesta ed esplicita: significativi a questo riguardo sono gli esempi rappresentati, per un verso, da Bergson e, e per l'altro, da Laberthonière. Ma anche quando è documentatata, tale presenza assume una configurazione assai varia, che risente in modo evidente degli orientamenti speculativi in cui è inserita.

Dal punto di vista teoretico invece la presenza di Agostino, almeno quando può essere accertata, trova un riscontro più puntuale e più definito. Si rinviene prima di tutto nell'affinità delle tematiche affrontate, poi nella preminenza che in generale è accordata, sul piano metodologico, alla sfera dell'interiorità. L'itinerario speculativo che con essa si apre infatti è considerato da tutti, pur nella diversità delle accentuazioni, come il più coerente e rigoroso sotto il profilo razionale e, insieme, come il più autentico per raggiungere il fondo della coscienza dove è presente e operante la verità. Così pure l'esperienza di amore che lo sostanzia è riguardata come l'unica possibile all'uomo per trascendere se stesso e disporsi alla comprensione degli altri e al richiamo della Trascendenza.

Ma non sempre gli esiti della riflessione agostiniana sono ritenuti idonei per rispondere alle nuove istanze imposte all'uomo dal progresso scientifico e tecnologico, oltre che da una più moderna consapevolezza di sé e del suo posto nel mondo; allora tali esiti sono rielaborati e ridefiniti secondo prospettive che tendono a svincolare il discorso filosofico da quello teologico e a restituire la ricerca della verità a tutta la sua intrinseca problematicità. ne scaturisce così un dialogo, alcune volte solo a distanza, altre invece assai ravvicinato, ma in ogni caso molto vivace e fecondo che, se stabilisce i limiti dell'incidenza del pensiero di Agostino sulla riflessione filosofica del Novecento, al tempo stesso mette in luce la funzione di stimolo e di sollecitazione da esso esercitata nel ripensare tematiche, come quelle relative all'interiorità e all'identità personale, che sono fondamentali ai fini della conquista della verità e della comprensione del senso della vita.

L'intento che caratterizza gli studi raccolti nel presente volume pertanto non è quello di ricostruire un panorama di pensiero, che si presenta assai ricco e vario, riconducendolo ad un denominatore comune o interpretandolo alla luce di una precisa proposta teoretica, quella agostiniana, e non è neppure quello di verificare, sulla scia della storiografia idealistica, l'attualità o meno di tale proposta. Si tratta piuttosto di individuare lo spirito che lo alimenta, allo scopo di stabilire la consistenza del dialogo di cui la presenza nascosta o manifesta di Agostino è stata parte attiva, anche se non esclusiva, per tutto il secolo.

 

2. Un dialogo a distanza.

Per molti autori, come si è detto, sebbene possa sembrare strano, data l'affinità delle tematiche affrontate, Agostino è quasi sconosciuto. Emblematico è a questo riguardo, come mostra Silvia Ferretti, il caso di Henry Bergson. Eppure si deve ammettere tra i due una profonda analogia di pensiero, dovuta alla comune fonte di ispirazione; è al neoplatonismo infatti che si riconnette la loro scelta metodologica, la quale implica il ricorso alla introspezione e il riconoscimento della priorità ontologica della sfera interiore.

Ora, come è noto, il cammino delineato da Agostino in questa direzione rappresenta un modello insuperato. L'abisso che gli si apre quando ritorna in se stesso, gli rivela che al suo interno è presente la tendenza a svincolarsi dalle proprie affezioni e a raggiungere la parte più intima della propria anima. Per questo nel De vera religione, dopo aver sollecitato l'uomo a compiere un processo di ascesi e di liberazione intellettuale perché possa scoprire la verità che in lui risiede, lo invita a trascendere anche se stesso qualora si avverta soggetto alla mutabilità. Ma poiché implica questo passaggio dal piano dell'esistenza al piano dell'essere, l'interiorità si manifesta per Agostino come il luogo privilegiato non solo di un'esperienza psicologica nuova ed esaltante, ma anche di un itinerario metafisico.

Qualcosa di analogo avviene anche in Bergson; tuttavia il soprannaturale a cui perviene l'Ipponate si dispiega come Dio e perciò secondo una modalità che ha nella Rivelazione il suo fondamento e nella Grazia divina il suo sostegno; nel pensatore francese, invece "sembra piuttosto un prolungamento della natura". Anche per quanto riguarda la vita psichica, vi è nei due autori la tendenza a valutarla nella sua storicità e quindi ad individuarne il centro focale nella memoria affrancata dalle determinazioni spaziali, per cui essa comporta per l'uomo, oltre la percezione di sé, anche la percezione del divino. Tuttavia la proposta teoretica che si sviluppa attraverso questa scoperta in Bergson, a differenza di quanto avviene in Agostino, non sfocia in una teologia, in quanto resta indefinito il senso del trascendente ed egli rifugge da qualsiasi riferimento alla fede, sebbene si immedesimi con furore nell'esperienza mistica. Un esito del tutto analogo si registra anche quando i due pensatori si confrontano sul terreno tematico della temporalità. In Agostino infatti tale riflessione si traduce nella ben nota dottrina che risolve il tempo nella distentio animi svincolata sia dalle leggi dello spazio sia dal suo calcolo oggettivo e tale da costituire per l'uomo il segno della sua costitutiva appartenenza ad un orizzonte più alto e più vero; in Bergson invece si traduce nella dottrina della durata reale, libera anch'essa da vincoli materiali, ma senza alcuna implicazione di ordine trascendente.

Preso atto di queste differenze, resta allora da chiedersi in che senso si possa parlare di un dialogo, seppure a distanza, tra i due autori. In realtà è da escludere che vi sia stato; occorre tuttavia dire che, nel clima di reazione al positivismo determinatosi in Francia tra la fine dell'Ottocento e parte della prima metà del Novecento, l'esperienza personale e la prospettiva filosofica offerte da Agostino sono diventate un inevitabile punto di riferimento per tutti e tali forse sono state anche per Bergson, benché l'ipotesi non trovi alcun riscontro effettivo nei suoi scritti.

Diversa, in una certa misura, si presenta la questione per quanto concerne Lucien Laberthonnière, come documenta il saggio di Giacomo Losito. Già negli anni della formazione si era appropriato di alcune idee fondamentali di Agostino, attraverso la mediazione di Pascal; ma fu indotto ad intraprendere uno studio sistematico del suo pensiero quando si impegnò a difendere le tesi di Blondel. Tuttavia non si può dire che si sia accostato all'Ipponate con una strategia interpretativa ben definita; egli piuttosto si è limitato a farne propri alcuni nuclei tematici. In primo luogo polarizza la sua attenzione sull'identità ontologica dell'uomo. A questo riguardo Agostino, come è noto, evidenzia che l'interiorità si connota costitutivamente come intentio, cioè come tensione, movimento ideale verso. Questo significa che l'uomo nella sua essenza è esse ad che ha in altro da sé il proprio fondamento. E appunto Laberthonnière trae la conclusione, in piena consonanza con l'Ipponate, che solo in Dio, nel suo permanere in sé e per sé, questa esigenza può essere soddisfatta. Ma l'impulso che porta l'uomo a cercare la propria identità risiede nell'amore, il quale agisce nell'interiorità dell'anima spingendola oltre i propri limiti. Esso è in grado di svolgere questa funzione in quanto procede dal Creatore dell'universo e costituisce un effetto della sua bontà. Il processo di ritorno a Dio, che l'uomo compie tornando in se stesso, sotto l'impulso dell'amore, secondo Laberthonnière, trova in Cristo il suo artefice concreto, nella sua offerta redentiva il suo sostegno adeguato. Proponendosi come il Verbo eterno portatore di luce e di una promessa salvifica, Cristo non solo ha reso possibile la fede, ma ha anche aperto la strada alla conoscenza, in quanto tra credere e comprendere esiste un rapporto di feconda circolarità. Laberthonnière sostiene che l'uomo, nel compiere il cammino verso la verità, realizza anche un'ascesi spirituale che lo libera dalle impurità del mondo e gli dischiude le porte della beatitudine celeste. Quest'ultima tuttavia, oltre a presupporre la Grazia divina, richiede pure la cooperazione della volontà umana, che è possibile solo se fa propria la scelta della carità. A questo proposito però Laberthonnière, sulla scia delle istanze moderniste, non esita a manifestare una certa insoddisfazione nei confronti del pensiero di Agostino, perché vi ravvisa il pericolo della subordinazione dell'amore per il prossimo all'amore per Dio e della esclusione dalla storia della salvezza degli uomini che, sebbene caritatevoli, sono rimasti all'oscuro della Parola rivelata anche dopo la venuta di Cristo.

Di certo per Laberthonnière, a differenza di quanto avviene per Bergson, Agostino rappresenta un autore di riferimento; tuttavia egli ne accoglie le tematiche che considera più utili e più funzionali al dibattito che era in atto negli ambienti cattolici francesi alla fine dell'Ottocento e nel primo trentennio del Novecento. Inoltre, poiché non si accosta al suo pensiero in modo sistematico, spesso incorre in errori e in fraintendimenti piuttosto vistosi, che ridimensionano notevolmente la portata critica e la credibilità delle sue proposte interpretative.

In questo dialogo a distanza con l'Ippponate, che prosegue anche durante gli anni a ridosso della seconda guerra mondiale, rientra pure l'ampio movimento personalista nelle sue diverse articolazioni. Gli elementi che ne caratterizzano la prospettiva di fondo e che sono parte costitutiva del ruolo critico che ha svolto contro le degenerazioni politiche e sociali del mondo occidentale, però si possono ricondurre all'influsso di Agostino solo se, come sostiene Armando Rigobello, sono considerati in una connessione organica, in una reciproca implicazione. Nei vari personalismi infatti si può cogliere un'ispirazione di fondo, in cui si riflette l'essenzialità del messaggio cristiano fatta propria da Agostino, ma non certo l'esperienza personale e l'itinerario intellettuale che sono alla base della sua proposta speculativa e ancor meno la complessa articolazione che essa assume, sempre al confine tra fede e ragione, tra teologia e filosofia, nella sua formulazione più organica. Per quanto concerne i personalismi maturati in Francia poi, più che di una presenza agostiniana, si può parlare di un'influenza blondeliana, se non addirittura antecedente, cioè relativa a quel platonismo eterno che trova puntuale riferimento in tutti gli autori di ispirazione cristiana. D'altro canto, la loro stessa genesi rende improbabile l'esistenza di un rapporto stretto con il pensiero dell'Ipponate; in generale infatti sono sorti come forme di denuncia della crisi di cultura e di valori che ha colpito il mondo occidentale tra le due guerre, come ipotesi di reazione di fronte al dilagare dell'individualismo borghese o del collettivismo di massa. Di conseguenza non si qualificano come originali prospettive teoretiche, ma piuttosto come prese di posizione, testimonianze morali, caratterizzate da un intento prevalementemente antideologico e rivolte a ribadire il posto di preminenza che spetta all'uomo rispetto alle istituzioni e alle realtà socio-economiche.

Si tratta perciò di semplici convergenze, dovute alla comune ispirazione cristiana, e non certo di un'effettiva influenza del pensiero dell'Ipponate sul personalismo. Troppo differenti peraltro sono i moventi che sono all'origine delle rispettive posizioni: di natura esistenziale e religiosa sono infatti quelli a cui si ispira la prospettiva agostiniana, di natura etico-politica sono invece quelli a cui si richiama la prospettiva dei personalismi.

Nelle modalità che il personalismo assume con Armando Carlini e Luigi Stefanini l'agostinismo è inteso come una sorta di realismo cristiano, capace di fornire una risposta adeguata ai problemi e alle inquietudini che caratterizzano il dibattito filosofico sviluppatosi in Italia negli anni trenta intorno all'idealismo gentiliano, nella prospettiva di recuperare la trascendenza. Le Confessioni così sono interpretate, oltre che come un soliloquio interiore, anche come un dialogo con Dio e un colloquio con l'umanità. Agostino, dal canto suo, è stato identificato come una personalista ante litteram e diviene un interlocutore privilegiato per la sua concezione della storia, che, come è noto, nel De civitate Dei si presenta con una connotazione decisamente escatologica.

 

3. Una corrispondenza di spirito.

Anche per Maurice Blondel, come dimostra il saggio di Jean Leclercq, è difficile stabilire la portata reale dell'influenza di Agostino sul suo pensiero, in quanto, se non ha mai cessato di ricorrervi per tutta la vita, però lo ha fatto in modo non sempre manifesto e, cosa ancora più rilevante, attraverso la frequentazione assidua di altri autori, come Bernardo di Clairvaux e Pascal. Allo scopo di dar forma al realismo integrale che intende restaurare, Blondel esamina se è possibile connettere al punto di vista razionale, che è proprio della filosofia, la questione relativa al soprannaturale, che, sebbene sia di origine religiosa, tuttavia può essere incontrare l'interesse di tutti poiché risponde alle loro attese. Comune infatti è il destino dell'umanità e consiste nel trovare un senso per la vita attraverso la ricerca continua e sistematica della verità. Ora, al raggiungimento di questa meta può aspirare ogni individuo, purché sia disposto a percorrere il cammino spirituale che essa richiede. Egli, del resto, per pervenirvi dispone della volontà e della libertà che, oltre a conferire dignità alle sue scelte e alle sue azioni, gli consentono anche di penetrare nel mistero da cui è avvolto, senza che la sovranità di Dio sia messa in discussione.

Ebbene è nell'esperienza personale di Agostino che Blondel vede il paradigma del cammino che l'uomo è tenuto a compiere. I sensi, a tale riguardo, svolgono soltanto una funzione di stimolo: è l'attività interiore infatti che, sviluppandosi secondo il metodo dell'immanenza, gli consente di elevarsi dal cogito non più semplicemente speculativo, ma pratico e vissuto, al pensiero vivente, che è Dio, presente nell'anima e artefice del movimento che in essa si determina con la scelta dell'interiorità. La verità del resto, in quanto consiste nel "Maestro interiore", è un dono e perciò all'uomo non resta altro da fare che rendersi degno di riceverla, purificandosi dalle scorie che gli provengono dalle illusioni della percezione sensibile, e di accogliere la luce che da essa promana, al di là delle astrazioni intellettuali e delle forme antropomorfiche in cui è portato a rappresentarsela. Per impadronirsene effettivamente però, siccome è trascendente, egli deve ricorrere alla vita contemplativa, ma non già quella di derivazione gnostica, infarcita di intellettualismo, quanto piuttosto quella che trova la sua realizzazione nell'esperienza religiosa.

Questo itinerario, secondo Blondel, è significativamente espresso nella concezione agostiniana del tempo, dove è all'opera una doppia intenzionalità, quella della dispersione e quella della concentrazione, per cui esso diventa prefigurazione del destino di eternità a cui l'uomo è chiamato dalla sua stessa identità ontologica. Non ci sono perciò due vie da seguire: quella del filosofo, che si arresta entro l'orizzonte della storia e quella del credente che lo oltrepassa, ma una soltanto, quella in cui il filosofo e il credente si trovano accomunati nelle sforzo di affrancarsi dal contingente e di cogliere nel tempo i segni dell'eternità. A questo proposito, per Blondel l'agostinismo è esemplare in quanto, pur sostenendo che concorrono entrambe a far sì che l'uomo non contravvenga al proprio destino, tuttavia distingue la filosofia dall'esperienza religiosa e restituisce a ciascuna il suo compito specifico. Al tempo stesso esso si colloca in una posizione di sapiente equilibrio tra una visione ottimistica che concederebbe al pensiero, in virtù della sua natura spirituale, la capacità di possedere Dio e una visione pessimistica che invece, a causa del peccato, ne farebbe una potenza decaduta e incapace della minima iniziativa.

Vi è dunque una corrispondenza di spirito con Agostino, in quanto Blondel ritiene di condividere con lui la fedeltà al metodo dell'immanenza nel ripiegamento interiore e nello scandaglio continuo della vita spirituale, la fiducia nella possibilità di restaurare un realismo integrale, fondato sulla certezza dell'esistenza di una "realtà più piena della realtà" e di "un'esistenza ulteriore e superiore" a qualsiasi altra, e la vocazione a concepire l'obbligazione morale come connessa alla norma che, procedendo dalla libertà infinita di Dio, si impone alla ragione e alla volontà umana, senza però far loro violenza. Ma non si può parlare di una presenza di Agostino nel suo pensiero, in quanto diverso è il modo di intendere il movimento della vita interiore, il rapporto tra la intentio e la extentio, la relazione tra la filosofia e il Cristianesimo. Blondel inoltre crede di ravvisare nel pensiero di Agostino una certa semplificazione che lo porta a sottovalutare il dinamismo che caratterizza le scienze positive e la psicologia, il rischio di un acosmismo che lo spinge a prendere apertamente le distanze dalla città terrena e di un millenarismo che non gli consente di cogliere la profonda differenza di ruolo che sono chiamati a svolgere nella storia la Chiesa e l'Impero.

 

4. Un confronto ravvicinato.

Intorno agli anni trenta, come è noto, vede la luce in Francia, sotto la direzione di Louis Lavelle e René Le Senne, una collana di saggi intitolata "Philosophie de l'Esprit". Non costituisce il nome né di un movimento né di una scuola, ma di un indirizzo di pensiero di intonazione spiritualistica che si inserisce nel solco della reazione al positivismo e risponde all'istanza di ripensare la vocazione religiosa della filosofia. Gli autori che ne fanno parte, pur nella diversità delle posizioni, in generale sono accomunati dalla convinzione che Dio esista e che sia il termine ultimo del cammino spirituale, però rivendicano per la filosofia un itinerario autonomo e dall'esito non necessariamente teologico. Al tempo stesso, in opposizione a gran parte degli orientamenti dominanti, essi si fanno interpreti della ripresa dei grandi temi della metafisica, mostrando che sono essenziali al pensiero filosofico e che è possibile affrontarli in termini razionali e senza incorrere nell'accusa di dommatismo. Ne scaturisce così uno stile di pensiero che riconosce allo spirito la priorità sia sul piano conoscitivo sia su quello etico, per cui ne fa il tema centrale della riflessione filosofica. Quest'ultima però non si arresta alla sfera dell'uomo, ma investe anche l'universo, cercando di cogliere il legame che li unisce; pertanto si configura come un'attività di chiara impostazione metafisica, che tuttavia non sopprime l'istanza problematica propria della conoscenza umana storicamente situata, ma la valorizza e la feconda. Ora, poiché si tratta di partire dallo spirito e di iscrivere il relativo cammino entro l'orizzonte della trascendenza, secondo un orientamento che ha nell'amore il suo alimento, l'esperienza intellettuale di Agostino, filtrata attraverso quella di Pascal, di Maine di Biran e di Blondel, appare quanto mai appropriata; essa inoltre costituisce un efficace antidoto contro la seduzione del materialismo che contraddistingue la modernità. Ma nel confronto ravvicinato che ne scaturisce, non tutti gli autori che fanno capo alla "Philosophie de l'Esprit" si comportano allo stesso modo: alcuni, come Nabert e Le Senne, restano al di qua di Agostino; altri, come Lavelle e Sciacca, si spingono al di là dell'Ipponate; altri ancora, come Nédoncelle e Forest, invece non si discostano dalla sua prospettiva, ma ne riprendono soltanto le tesi di fondo e tralasciano il movimento speculativo da cui sono scaturite.

Per quanto il cammino delineato dalle Confessioni trovi ampi riscontri in quello proposto da Jean Nabert, non si può dire che il suo pensiero si ispiri a quello di Agostino. Non vi si avvicina neppure quando sostiene che la coscienza, nel suo aprirsi ad altre coscienze, dà luogo ad atti che sono testimonianze del divino. Anche in tal caso infatti resta legato al metodo dell'immanenza e ai suoi esiti, per cui è estraneo alla trascendenza, che invece informa con la sua luce l'itinerario agostiniano.

Per quanto concerne René Le Senne, come sostiene Stéphane Robilliard, la presenza di Agostino è individuabile in modo molto puntuale, ma sotto un'angolatura essenzialmente storiografica. All'Ipponate l'autore francese riconosce un posto di preminenza nell'evoluzione delle posizioni di ispirazione cristiana: tra tutte quelle che vi si richiamano la sua riveste un valore esemplare in quanto, senza contestare i diritti dell'intelligenza e della libertà, fa dell'amore di Dio e del prossimo la sommità e la sorgente della vita. Tuttavia non condivide il legame di continuità che Agostino vede tra la ricerca filosofica e l'esperienza di fede. In quanto presta attenzione in particolare alla condizione esistenziale della coscienza finita, Le Senne concepisce l'attività speculativa come impegnata a delineare l'incessante sforzo a cui essa è chiamata per adeguarsi a se stessa, ma esclude che possa giungere alla contemplazione di Dio. Per questo ritiene impossibile per l'uomo superare le contraddizioni in cui è avviluppato e sottrarsi all'inquietudine.

Le Senne passa per le categorie religiose per evocare Dio, ma tende a pensarlo nel quadro della "intrascendenza" che caratterizza la coscienza umana e dunque là dove si rivela come il Valore assoluto in grado di dare un senso alla vita. Ma è soprattutto nel rapporto di aiuto e di collaborazione che Agostino individua tra la libertà umana e la grazia divina che si appuntano i suoi rilievi critici. Ritiene infatti che tale rapporto comporti la radicale subordinazione della volontà umana all'intervento imprevedibile della grazia divina, con la conseguenza di limitarne in modo consistente la libertà e di togliere ogni valore al superamento degli ostacoli, allo sforzo che essa compie per sottrarsi alla disperazione. Le Senne inoltre giudica la dottrina agostiniana della predestinazione non solo moralmente inammissibile, ma anche logicamente in contrasto con l'essenza del Cristianesimo, che non solo riconosce all'uomo il diritto alla libertà ma valorizza anche i gesti di carità che compie verso Dio e nei dei suoi simili. In Agostino perciò, per quanto non sia estraneo al suo pensiero, non vi ricopre di certo un posto di primo piano: è piuttosto un interlocutore con il quale discute alcuni dei grandi temi della metafisica tradizionale, ma per lo più con esiti che sottolineano la distanza che li separa, anziché la convergenza che li unisce.

Questo tuttavia avviene con Le Senne, che finisce con il ritenere preminente, se non addirittura esclusivo, il ruolo della ricerca della verità; non si verifica invece con Louis Lavelle, che, come sostiene ancora Robilliard, tematizza in forma radicale la beatitudine della verità trovata. La sua proposta filosofica si delinea così come una riflessione sulla "presenza totale" di Dio e come una meditazione sulla partecipazione di tutti gli esseri all'ordine dell'universo da lui presieduto. Sulla scia di Agostino, vede uno stretto legame tra l'essere e il bene e pertanto concepisce Dio tanto come colui che è pienamente e quindi costituisce la sorgente di ogni essere, quanto come colui che vale pienamente e quindi costituisce l'origine di ogni bene. L'essere in quanto bene è presente anche alla coscienza, perché equivale per essa a ciò che ha sempre visto, ma al tempo stesso ne rappresenta l'esperienza più inquietante, perché la pone di fronte alla necessità di scegliere tra sé e il nulla e la costringe ad oltrepassarsi, scoprendosi così come atto. La fiducia in sé che l'uomo ne ricava, tuttavia, anziché indurlo a chiudersi in se stesso, lo porta ad aprirsi alla presenza totale e dunque si traduce in una sorta di abbandono, che equivale ad una partecipazione, ad un consenso all'essere. Con questa esperienza, che culmina nell'atto d'amore, per cui si pone sotto lo sguardo di Dio, egli contribuisce ad introdurre l'universale nel particolare, l'assoluto nel relativo, il divino nell'umano, e perciò riscatta la storia, facendone il luogo della presenza continua e costante dell'eterno.

Nella prospettiva delineata da Lavelle però l'agostinismo subisce una curvatura in senso decisamente ontologico, per cui Dio è identificato con l'essere assoluto, privo di qualsiasi identità personale. Al tempo stesso la nozione di partecipazione assume una connotazione palesemente panteistica, che dà luogo ad una visione del mondo dove ciascun ente in qualche modo gode della pienezza dell'essere. Il male, di conseguenza, vi trova posto con difficoltà e comunque con una identità per cui non appare in nessun modo giustificato. Anche la materialità è quasi riassorbita nell'essere spirituale al punto che la beatitudine è alla portata dell'uomo già sulla terra, purché la voglia e si impegni a cercarla, senza che sia necessaria una storia della salvezza. Ma con ciò appare evidente che, se Le Senne resta al di qua di Agostino in quanto tiene nettamente distinta la ricerca della verità dall'esperienza di fede, svincolando così la filosofia da qualsiasi implicazione teologica, Lavelle invece va al di là di Agostino, in quanto inserisce la sua dottrina della conversione verso l'interiorità e dell'amore in una ontologia che, siccome prevede la presenza totale di Dio, finisce con il ridimensionare il valore della vicenda spirituale contenuta nelle Confessioni e per risolvere nell'attività razionale l'esperienza di fede.

La presenza di Agostino, come mostra il saggio di Santino Cavaciuti, trova riscontro anche in Augusto Guzzo e, più ancora, in Michele Federico Sciacca. Guzzo però si confronta, più che con il pensiero agostiniano nella sua interezza, con alcuni aspetti soltanto, quelli che ritiene maggiormente influenzati dal Cristianesimo. Vede nell'Ipponate un realista convinto, ma reputa che si tratti di un realismo particolare che si impernia sulla verità interiore, per cui concorda con l'idealismo moderno anziché contraddirlo. In questo platonismo trasformato, dove non solo la verità si identifica con Dio, ma il mondo intelligibile è ormai l'altro mondo del Cristianesimo, anche la filosofia è profondamente modificata, in quanto si identifica con la teologia. Inoltre non vi è più contrapposizione, ma integrazione tra libero arbitrio e grazia divina, poiché l'uno è necessario ma non sufficiente e l'altra è sufficiente ma non necessaria, altrimenti equivarrebbe al fato di antica memoria.

Ben più rilevante, come si è detto, è l'influenza di Agostino sul pensiero di Sciacca, anche perché contribuisce in modo determinante a farlo passare dall'interiorità immanente di derivazione idealistica, gentiliana, all'interiorità aperta alla trascendenza, con la persistente valorizzazione e centralità dell'autocoscienza. La proposta agostiniana comunque non è considerata come l'espressione definitiva della verità, quanto piuttosto come un'indicazione del cammino che occorre percorrere per raggiungerla. Per questo appunto, se, da un lato, ne riprende la metafisica dell'interiorità, dall'altro Sciacca la sviluppa, soprattutto alla luce del contributo teoretico che gli proviene da Rosmini. Così, nella sua interpretazione, l'autocoscienza, in quanto comporta l'idea dell'essere, risulta costitutivamente aperta all'essere in quanto tale, secondo la ben nota formula dell'interiorità oggettiva. Di tale apertura però Sciacca, diversamente da Agostino, fa non solo il riflesso dell'esse ad costitutivo dell'uomo, ma il principio su cui costruire una metafisica, che comprenda oltre all'aspetto ontologico, anche quello teologico. Questo modo di procedere, a suo avviso, è giustificato dal fatto che, attraverso il movimento che la contraddistingue, all'autocoscienza è dato di cogliere tanto il suo statuto originario quanto il principio che ne è a fondamento, ossia Dio. All'essere di Dio tuttavia l'uomo accede con l'amore che è libertà matura, cioè libertà che ha realizzato la propria vocazione, che si è attuata come abbandono fiducioso al suo Creatore. Per Sciacca dunque Agostino svolge la funzione di aprirgli il terreno in vista della costruzione non solo di una metafisica dell'essere, ma anche di una metafisica del realismo spirituale, dove però si perdono in buona parte l'ansia esistenziale della ricerca e la gioia profondamente umana dell'esperienza totale e liberante della verità e della salvezza, come effetto della vittoria sullo smarrimento e del ritrovamento di sé nel ritrovamento di Dio.

Più che sul terreno metafisico, è sul terreno delle relazioni interpersonali concrete che Maurice Nédoncelle incontra il pensiero di Agostino. La persona che ama, secondo Nédoncelle, vuole essere ricambiata, non però per puro egoismo, ma perché così si sente potenziata nello sforzo che compie per aiutare il destinatario del suo amore a diventare se stesso, a raggiungere la pienezza del proprio io. Ci sono però ostacoli da superare a tale scopo e, in ogni caso, la relazione che si instaura non sarà mai perfetta, perché l'uomo è finito, limitato e quindi incapace di liberarsi dei propri appetiti. Solo in Dio è possibile trovare il fondamento per una vita comunitaria autentica e completa, perché non distrugge l'individualità delle persone che gli si affidano, ma la potenzia e le sviluppa in quanto le ricambia con un atto d'amore.

Nédoncelle vede nella reciprocità dell'amore umano un'analogia con il legame che unisce le tre persone della Trinità, pur senza ignorare la profonda differenza che le distingue. In quest'ottica rivela una evidente affinità con Agostino, anche se quest'ultimo medita sulla struttura trinitaria operante nell'universo non già secondo un modello intersoggettivo, ma secondo un modello intrasoggettivo, poiché procede attraverso l'analisi delle facoltà dell'uomo. Si discosta invece dall'Ipponate a proposito dell'origine del male, in quanto ritiene che la sua posizione risenta troppo dell'influenza platonica e si risolva in una sostanziale svalutazione della sua consistenza effettiva. La visione ottimistica di cui dà prova nei confronti della realtà infine, a suo avviso, comporta due pericoli: quello di sottostimare l'ampiezza del male presente nel mondo e quello di pensare che la creatura sia veramente se stessa solo quando si ribella a Dio. Nonostante questa riserva, che fa dipendere da un'insufficiente identificazione da parte di Agostino del compito della metafisica, Nédoncelle nutre una grande ammirazione per il suo pensiero, soprattutto dove più esplicito appare il suo orientamento cristiano. È attratto in particolare dalla sua dottrina dell'interiorità, in quanto gli consenta di individuare un itinerario attraverso il quale lo spirito si rivela costitutivamente aperto alla trascendenza.

Aimé Forest, come sostiene ancora Robilliard, è certamente colui che risente di più dell'agostinismo tra i pensatori che possono essere ricondotti alla "Philosophie de l'Esprit". Incentra la sua attenzione sull'anima, anziché sullo spirito, in quanto ritiene che gli consente di mostrare più facilmente il rapporto di continuità tra la riflessione autenticamente filosofica e l'ispirazione religiosa. È il tema del discernimento, che evoca lo sforzo del distacco dai sensi, in vista del raccoglimento interiore, ad avvicinarlo alla tradizione che è iniziata con Agostino e si è sviluppata nei secoli successivi soprattutto mediante Pascal e Blondel. Ora , secondo Forest, per quanto l'anima cerchi di ritrovarsi, è difficile che vi riesca; perché questo avvenga, è necessaria una decisione che si traduca in una conversione da ciò che è fuori di sé a se stessa. Questo movimento , che sembra risolversi in una chiusura egoistica nella propria intimità, in realtà si dispiega come un aprirsi, come un disporsi ad accogliere la verità che gli si fà incontro. Per questo Forest sostiene che il raccoglimento e l'accoglimento sono momenti inseparabili nell'esperienza spirituale. Essi però possono svilupparsi solo a condizione che l'uomo ponga in atto, oltre il discernimento, anche l'amore. Con quest'ultimo infatti l'anima si pone alla ricerca della propria identità ontologica e scopre nell'essere il suo fondamento. È solo con l'aiuto della grazia divina, comunque, che essa può portare a compimento il proprio cammino, in quanto è metafisico e religioso insieme.

Si può pertanto dire che gli autori della "Philosohie de l'Esprit" e dello spiritualismo italiano condividono con Agostino l'idea della priorità di un itinerario interiore che porti l'uomo ad aprirsi alla trascendenza e a dischiudergli la possibilità della salvezza eterna. Devono altresì al suo insegnamento l'esclusione che tale percorso spirituale si risolva in una sorta di solipsismo riflessivo e si configuri piuttosto come esperienza dell'accoglimento dell'altro da sé. La coscienza che vi si impegna e che lo vive sotto l'azione feconda del dono dell'amore, infatti, si scopre inserita costitutivamente in un rapporto che la oltrepassa e che gli svela la sua essenziale appartenenza all'ordine della verità e della felicità. Alcuni di tali autori tuttavia si discostano da Agostino quando cercano di individuare l'identità della trascendenza che la coscienza trova al fondo di se stessa, in quanto, sebbene in generale la identifichino con Dio, ne fanno o il Dio dei filosofi, cioè l'Essere, o il Valore, oppure il Dio dell'esperienza cristiana, ma non già l'uno e l'altro insieme, come invece auspicava l'Ipponate.

 

5. Affinità elettive

Diversamente da quanto avviene con gli autori fin qui ricordati, non è sul piano intellettuale ma su quello esistenziale che Miguel de Unamuno, come mostra Angelo Marocco, incontra Agostino. L'esperienza personale che è alla base del suo cammino spirituale esercita una forte suggestione sul pensatore spagnolo. Ne condivide infatti sia il richiamo all'interiorità sia l'apertura alla trascendenza che tale richiamo comporta quando è accolto con amore e purezza d'animo. Unamuno però, a differenza di Agostino, non è sostenuto dall'illuminazione che proviene dal "Maestro interiore", per cui l'apertura alla trascendenza non trova l'esito sperato. La sua riflessione così finisce con il rimanere imbrigliata nel soggettivismo, se non nella contemplazione narcisistica dell'effimera condizione esistenziale che caratterizza l'uomo. Mentre in Agostino la ricerca della verità è perseguita nell'orizzonte di una sapienza, identificata con una totale consacrazione a Dio; in Unamuno invece è compiuta confidando esclusivamente sulla ragione, rimettendosi alle sue forze, per cui si conclude con l'ammissione esplicita della sua irragiungibilità.

Anche il filosofo spagnolo perviene al pensiero di Dio a partire dalla constatazione della esigenza di un fondamento pieno e saldo per tutti gli esseri; ma, privo della certezza della sua esistenza, che solo la fede gli avrebbe potuto garantire, non procede alla sua tematizzazione, limitandosi a raccomandare all'uomo di non fermarsi, di andare oltre ogni determinazione. In un certo senso, dunque, fa propria l'inquietudine dell'Ipponate, ma la eleva a principio, nella presunta consapevolezza che non c'è né riposo né sollievo per lo spirito che cerca la verità. All'uomo così è dato di avvertire nel proprio intimo l'esigenza di Dio, che però si risolve per lui inevitabilmente nella constatazione di in un'assenza, in quanto gli sfugge sempre e non riesce mai a raggiungerla. Il legame che può unirlo all'Alterità perciò non è riconducibile alla conoscenza, ma all'invocazione, senza però che questa sia preceduta dalla comprensione.

Resta allora da dire che, nonostante le evidenti affinità che è dato di riscontrare tra le due proposte speculative, tuttavia non ricorrono le condizioni perché si possa parlare di una presenza di Agostino nell'opera di Unamuno. Del resto, c'è una profonda diversità d'impostazione che li separa: mentre infatti in Agostino la riflessione sull'uomo si dispone come un itinerario di progressivo approfondimento del suo statuto ontologico, in grado di coinvolgere la totalità dell'esistenza entro un originario orizzonte di salvezza, in Unamuno si articola come come una fenomenologia della sua insuperabile fragilità esistenziale, che ne fa un essere costitutivamente in cammino, orientato in senso prospettico, ma incapace di trovare un solido approdo al suo nomadismo irrequieto.

Quanto detto, pur sotto un'ottica diversa, vale anche a proposito della presenza di Agostino nella prospettiva filosofica di José Ortega y Gasset. Indiscusso è l'apprezzamento che riserva all'Ipponate, in quanto gli riconosce di essere l'unico pensatore del mondo antico ad avere intuito il ruolo che l'interiorità avrebbe assunto nel corso della storia della filosofia. In Agostino, inoltre crede di trovare una conferma indiretta della sua antropologia storicistica, per cui l'uomo non ha una natura sua propria, ma soltanto quella che si costruisce attraverso il tempo. Ortega y Gasset tuttavia non manca di rilevare che il ricorso all'interiorità propugnato e messo in atto da Agostino, anche se assolutamente legittimo in quanto passaggio obbligato per ogni autentica riflessione filosofica incentrata sull'uomo, rischia di tradursi in una sorta di intimismo che gli fa perdere di vista il mondo esterno. Per questo reclama la necessità che l'essere umano non si sradichi mai dalla propria circostanza e si impegni a darle un senso.

D'altro canto, in conformità con l'orientamento di fondo che caratterizza il pensiero contemporaneo, che si rivela sempre più intenzionato ad occuparsi dell'uomo nella sua realtà esistenziale, Ortega y Gasset, pur apprezzando il richiamo agostiniano all'interiorità, non ne fa la via per cogliere nel fondo dell'anima il Dio trinitario che la trascende e la illumina di verità. L'orizzonte entro il quale tale richiamo trova eco nel filosofo spagnolo è quello della circostanza, per cui il soggetto è sollecitato a diventare consapevole del posto preciso che deve occupare nell'immensa prospettiva del mondo. Di conseguenza, la circostanza diventa per lui il limite invalicabile che si oppone a qualsiasi pretesa di aprirsi un varco verso la trascendenza. E ancora: siccome per Ortega l'uomo ha il dovere non già di contemplare la vita, ma di costruirsela con le proprie forze, tende a stimare positivamente tale impegno e a valorizzarlo. In questo crede di trovare un solido alleato in Agostino; ma, al tempo stesso, ravvisa in lui un deciso denigratore delle realtà terrene, dei valori umani non tanto però per la presunta sudditanza nei confronti del neoplatonismo, quanto piuttosto a causa della sua ossessione per il peccato.

Nel contesto di quelle che abbiamo chiamato affinità elettive, il volume prende in esame anche una possibile influenza di Agostino sul mondo ortodosso. Di certo sono profonde le differenze che li separano, anche in conseguenza della diversità dei contesti in cui le rispettive proposte speculative si iscrivono. Così, per esempio, il mondo ortodosso oppone al metodo trascendente di Agostino, il metodo discendente, che, anziché dall'anima, parte da Dio e dal prototipo per arrivare solo in un secondo momento all'anima, nella convinzione che l'uomo possa essere definito nella sua identità solo procedendo dall'alto, come è richiesto dal principio di conformità. E ancora: rifiuta il rapporto di collaborazione che l'Ipponate individua tra la libertà umana e la grazia divina, perché ritiene che sia strettamente connesso con la dottrina del peccato originale e quindi rappresenti una conseguenza della visione pessimistica dell'umanità. Ma, nonostante queste differenze che sfociano in critiche acute e talora perfino pungenti, Agostino è per il mondo ortodosso il più amato e il più apprezzato dei Padri della Chiesa. Non è allora un caso che, come dimostra Natalino Valentini, anche Pavel A. Florenskij gli riservi una particolare attenzione. Nella proposta filosofica di Agostino egli individua una delle sorgenti utili a dar vita ad un nuovo pensiero, non più disperso nel divenire del mondo, ma impegnato a proporsi come contemplazione dell'essere nella sua pienezza, attraverso la meravigliosa scoperta dell'unità nella molteplicità, dell'eternità nel tempo. E nel suo itinerario spirituale vede delineato il cammino ascetico di divinizzazione, sostenuto dal dono della grazia, che l'uomo è chiamato a compiere per dare un senso alla propria esistenza.

Per questo l'opera di Florenskij presenta tratti che non solo lasciano intravvedere un'evidente assimilazione della dottrina dell'interiorità, ma che sembrano anche condividerne lo spirito, soprattutto là dove essa sollecita l'uomo a compiere una conversione intellettuale e morale perché possa liberarsi dalle scorie della sensibilità esteriore e così giungere alla riscoperta del suo cuore cherubico, che costituisce il sigillo dell'immagine di Dio impressa nella sua persona. In questo contesto la filosofia si dispiega come esercizio della ragione, nella consapevolezza però che può svilupparsi solo in quanto è animata da una fede viva, capace di far sì che essa oltrepassi se stessa e trovi il proprio radicamento ultimo nel Dio-Trinità, quale relazione di amore eterno delle tre Persone, di cui è un'emanazione l'amore per il fratello. E, nell'attuare la propria vocazione sapienziale, la filosofia non si dispiega soltanto come amore del sapere, ma anche come esperienza concreta di sapienza, perché consente all'uomo sia di ascendere a Dio-Trinità sia di realizzare un'autentica partecipazione alla sua vita.

 

5. Conclusione

E' indubbio che Florenskij si spinge oltre Agostino perché, sullo sfondo della dottrina dell'interiorità, persegue l'obiettivo di costruire una metafisica che renda possibile una teodicea. Tuttavia va detto che vi resta legato, se non per un'effettiva continuità di pensiero, quanto meno per un'evidente affinità sia nel modo di sentire i problemi sia nel modo di affrontarli. Questo peraltro avviene anche per autori come Bergson, da un lato, e Unamuno e Ortega dall'altro: si muovono in una direzione diversa da quella seguita dall'Ipponate, ma ne condividono la sensibilità tutta esistenziale con cui egli procede nella ricerca filosofica. La loro attività speculativa infatti si sviluppa in un clima agostiniano; per questo la via dell'interiorità, finalizzata alla riscoperta dell'io e dell'identità personale in una prospettiva che esclude qualsiasi chiusura solipsistica in quanto è fondata sulla forza espansiva dell'amore, è ritenuta da tutti la più concreta e la più efficace. Essa peraltro dischiude al pensiero uno spazio che gli consente di svincolarsi dalla materialità e di intraprendere un cammino alternativo rispetto a quello proposto dal positivismo.

Gli autori che invece si confrontano più direttamente con Agostino, non solo recuperano un rapporto di interdipendenza tra ricerca filosofica ed esperienza religiosa, ma sostanziano questo rapporto con la costruzione di una dottrina dell'essere o del valore, cioè di una metafisica, che implica una circolarità tra ragione e fede, pur senza annullare le differenze che le separano. E' in questa direzione peraltro che, come mostra Donatella Pagliacci, si è configurata la rilevanza assunta da Agostino in autori di ispirazione tomista. In generale infatti essi ritengono che l'Ipponate, pur non avendo colto per intero lo spessore speculativo della ragione, sia pervenuto a soluzioni che preludono a dottrine metafisiche coincidenti con la prospettiva tomistica. In questo ordine di idee allora l'unico elemento di differenziazione è individuato nella diversità del metodo seguito dai due autori.

Vasto ed articolato dunque si presenta il panorama offerto da questo secondo volume. Per molti aspetti è anche frammentato, in quanto tra gli autori presi in esame, benché siano tutti sensibili all'istanza religiosa, si riscontrano profonde discrepanze di opinione, e il rapporto con il pensiero e l'opera di Agostino non è sempre documentabile. L'eredità agostiniana configurabile nei loro scritti è pertanto sfuggente e tale da non poter essere ricondotta a parametri interpretativi ben definiti. Ma, per quanto essa sia fragile, tuttavia si può parlare di un clima determinato dalla sua presenza, che ha dato a pensare a molti autori del nostro secolo, anche se non ha influito direttamente sugli esiti della loro attività speculativa.

INDICE GENERALE

 

INTRODUZIONE (Antonio Pieretti)

Henry Bergson. Memoria e autenticità (Silvia Ferretti)

1. Un confronto problematico

2. Affinità e differenze

3. I diversi contesti culturali

4. Distanza storica e contemporaneità

Lucien Laberthonnière. Doctor caritatis o augustiniene furvoyé? (Giacomo Losito)

1. Laberthonnière "agostiniano"

2. La formazione "agostiniana" di Laberthonnière

3. La ricezione dell’opera di Agostino negli anni della maturità

4. Concordia discors

Maurice Blondel lettore alla francese di Sant’Agostino (Jean Leclercq)

1. Preludio e prospettive

2. Le prime tracce e le risourse latenti de L’Action del 1893

3. I corsi universitari: la fecondità sempre crescente

4. Gli articoli della maturità

5. Una fecondità ‘tanto vecchia e tanto nuova’: aperture

In cammino verso l’interiorità. Agostino nella Philosophie de l’Esprit (Stéphane Robilliard)

1. Introduzione

2. Spiritualismo e personalismo

3. Aspetti dell’agostinismo

4. I Philosophes de l’Esprit

5. Conclusione

Agostino e i personalismi contemporanei (Armando Rigobello)

1. L’ambito del discorso

2. Luigi Stefanini, la persona, Agostino e il pensiero contemporaneo

3. Emmanuel Mounier, il personalismo francese, suggestioni agostiniane

4. Temi agostiniani in frammenti personalisti

5. Un bilancio conclusivo tra interiorità ed escatologia

Augusto Guzzo e Michele Federico Sciacca. Presenze agostiniane (Santino Cavaciuti)

1. Augusto Guzzo

2. Michele Federico Sciacca

 

Miguel de Unamuno. Interiorità e inquietudine (Angelo Marocco)

1. La difficoltà nell’impostare il problema

2. Dimensioni esistenziali e cosmiche del dolore

3. Il dolore come condizione di apertura verso il prossimo

4. La filosofia come ricerca dell’originario nell’uomo

5. L’emergenza del divino in noi

6. La presenza di un’assenza

José Ortega y Gasset. Intimità e vita (Francesco Russo)

1. Premessa

2. Risonanze agostiniane

3. Classicità e modernità

4. L’intimità dell’uomo

5. La vita

Pavel A. Florenskij. La sapienza dell’amore (Natalino Valentini)

1. Agostino e l’Oriente cristiano

2. Un profilo del pensatore russo

3. Presupposti per un confronto con Agostino

4. Le "Confessioni" e la "Colonna"

5. Verità, amore e bellezza

6. Verso una comune filosofia dell’amicizia

Indagini critiche (Donatella Pagliacci)

1. La rilevanza di Agostino in Autori di ispirazione tomista

2. Appendice bibliografica

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