Studi agostiniani

 
Esistenza e libertà
Agostino nella Filosofia del Novecento/1
 

Luigi Alici, Remo Piccolomini
Antonio Pieretti (edd.)
  
  
 


Città Nuova

LUIGI ALICI, REMO PICCOLOMINI, ANTONIO PIERETTI (edd.)
Esistenza e libertà.
Agostino nella filosofia del Novecento/1
Città Nuova, Roma 2000.

 

LUIGI ALICI

Introduzione

 

1. Un incontro fecondo

Se è vero, come ha scritto Goulven Madec, che il pensiero filosofico contemporaneo è permeato da una inattesa "ubiquità dottrinale" di Agostino, appare estremamente difficile, per questo stesso motivo, tentare di identificare e censire alcune matrici tematiche che sono alla base di tale ubiquità, rintracciandone la distribuzione sul piano storiografico attraverso una rete complessa e sfuggente, costituita di volta in volta da motivi ispiratori e qualificanti o da suggestioni feconde e non dimenticate. Questo volume offre una prima articolazione di tale intreccio, di cui verranno esplorate nei volumi successivi altre configurazioni significative. Gli Autori qui presentati appartengono ad un arco molto ampio e diversificato della filosofia del Novecento, che è aperto dalla prospettiva fenomenologica e che attraversa, oltrepassandola, la filosofia dell’esistenza. In tutti compare un’attenzione documentabile e rilevante al pensiero e all’opera di Agostino, anche se non appare immediatamente riconducibile ad una omogeneità di preferenze tematiche o ad un comune intento interpretativo.

In un certo senso, le differenze che impediscono di ricondurre tali Autori nell’alveo di un medesimo orientamento filosofico si riflettono anche in una diversa configurazione dell’eredità agostiniana che è rilevabile nelle loro opere. Proprio per questo motivo, la lettura degli studi che compongono questo volume riveste un duplice motivo di interesse, storiografico e teoretico. Sul piano storiografico, anzitutto, ci viene offerta una documentazione straordinariamente ricca, attraverso la quale si può certificare l’estensione e l’incidenza dell’opera di Agostino nella cultura filosofica mitteleuropea, soprattutto tedesca, dei primi decenni di questo secolo; una presenza non superficiale e sporadica, ma approfondita e diffusa, ben più di quanto si potrebbe sospettare, anche al di là degli Autori presi in esame in questo volume.

Tale presenza si rivela come occasione preziosa di collegamento e di dialogo fra teologi e filosofi, fra persone di formazione, sensibilità e orientamento diverso. Nel percorso che unisce (e successivamente divide) la ricerca di Husserl e quella di Heidegger, in particolare, Agostino è un autore studiato e fatto studiare; la sua opera è oggetto di insegnamento, di discussione, di scontro, fino al punto da essere considerata come una fonte imprescindibile attorno alla quale maestri e discepoli si cimentano nella fatica di una ricerca comune, accompagnando, più o meno consapevolmente, la nascita e lo sviluppo di una produzione filosofica che lascerà un segno profondo nella storia del pensiero contemporaneo.

Anche sul piano teoretico il confronto con Agostino suscita, altresì, indubbi motivi di interesse: per un verso, infatti, esso favorisce una libera elaborazione di concetti e motivi agostiniani, rendendo possibile un loro ripensamento attraverso una vasta gamma di accentuazioni tematiche, approfondimenti, correzioni e sviluppi (con tutti i vantaggi e i pericoli che una siffatta opera di attualizzazione sempre comporta); per un altro verso, da questo intenso dialogo lo stesso impianto speculativo di molti di questi Autori esce profondamente arricchito e trasformato. Insomma, grazie ad una feconda circolarità ermeneutica, non solo ci viene restituito uno spettro molto ricco e internamente differenziato dell’agostinismo, ma ci viene anche offerta la possibilità di compaginare in modo più coerente e meno dispersivo un plesso tematico che definisce un’intera stagione del pensiero contemporaneo, la cui fisionomia complessiva altrimenti potrebbe apparirci sfuggente e disperdersi in una diaspora incomponibile di posizioni.

Lasciando naturalmente al lettore l’opportunità di rintracciare fra gli studi che vengono presentati in questo volume un percorso di continuità storiografica e di fondamentale sintonia tematica, vorrei limitarmi in questo breve intervento introduttivo a suggerire qualche possibile chiave di lettura, che giustifichi il carattere unitario di questa rassegna ed aiuti ad evidenziarne le principali implicazioni teoriche.

 

2. Un nuovo paradigma della comprensione

Il progetto fenomenologico nasce, come è noto, da un’istanza di comprensione del senso, affidata ad una radicale riconsiderazione dello sguardo trascendentale della coscienza. Questa riconsiderazione è possibile attraverso una severa ascesi teoretica, che deve poter attraversare gli strati più superficiali ed esteriori del vivere mondano ed empirico. La condizione dell’apparire del senso è la riduzione del fattuale che rende possibile uno spostamento strategico dello sguardo. Da questo punto di vista, potremmo dire con Ricoeur, "fenomenologia e psicologia fenomenologica sono parallele e costituiscono un ‘doppio’ che continuamente suscita la confusione delle due discipline, l’una trascendentale, l’altra empirica. Solo la riduzione le distingue e le separa. La fenomenologia deve qui lottare - conclude Ricoeur - contro un malinteso che continuamente rinasce e che essa stessa genera".

L’esplorazione fenomenologica di un nuovo paradigma della comprensione impone quindi di misurarsi con l’originaria vocazione teoretica del pensiero greco, cercando però di correggerne la deriva essenzialista e di innestarvi una passione del senso, che unifica il vissuto soggettivo, assumendo inequivocabili tonalità riflessive. E’ precisamente in questo punto che la ricerca agostiniana viene intercettata, valorizzata ed associata al nuovo programma speculativo che avrebbe trasformato profondamente il volto della filosofia del Novecento.

Lo studio di Pierre Chapelle de la Pachevie, che apre il volume, è emblematico di questo approccio. Agostino appare a Husserl come colui che ha saputo coniugare trascendenza e conversione in una filosofia della interiorità dai tratti paradigmatici per l’intero pensiero occidentale. Intentio, cogito, inventio disegnano in un certo senso un terreno fenomenologico in cui il motivo dominante della conversio è colto soprattutto nei termini di un ritorno e di una riduzione all’essenziale, frutto di un percorso laborioso e sofferto. C’è una distanza di fondo tra conoscenza ingenua e conoscenza autentica, che misura la fatica della riduzione e il valore del guadagno speculativo che essa promette: il come del conoscere e l’origine del senso.

Una nuova donazione di senso polarizza quindi il processo della conversio fenomenologica, che ha la sua croce da portare nel cammino esaltante e faticoso della elevazione dello sguardo. Ma qui le due strade subito si dividono: mentre per Agostino, come annota puntualmente Chapelle, resta un dislivello irriducibile della verità rispetto allo sguardo più elevato dell’anima, la verità fenomenologica non è il conosciuto, ma la conoscenza; non è la verità, ma il darsi della verità; ciò a cui essa mira è l’origine teleologica del pensiero, piuttosto che dell’esistere. Il miracolo dello sguardo basta a se stesso per appagare l’impresa fenomenologica, che diventa vita stessa della verità per la sua capacità di insediarsi entro il campo della visione pura, costituito nello svelarsi reciproco dell’oggetto intenzionato e dell’atto che lo intenziona.

Si comprende bene per quale motivo, di conseguenza, quanto più si accentua nella ricerca husserliana la positività dell’ego cogito tanto più si allenta il richiamo ad Agostino; la rivendicazione dell’autonomia del fenomenologico va di pari passo con una distanziazione sempre più marcata dall’eteronomia del religioso, fino al punto in cui la conversione diventa il ruotare del soggetto su se stesso. Il ritorno ad Agostino dell’ultimo Husserl (insieme con gli equivoci e gli inevitabili fraintendimenti che esso comporta) risponde a questo punto solo all’esigenza di accreditare la fenomenologia come la forma più pura ed autentica della religiöse Umkehrung.

Precisamente in questo passaggio la rilettura husserliana può essere incrociata con quella di Edith Stein, segnata da un doppio incontro con Agostino: attraverso Husserl (grazie anche alla paziente raccolta degli appunti stenografici da cui verranno ricavate le Lezioni sulla coscienza interna del tempo) la Stein intravede il guadagno speculativo dell’Ipponate nella sintesi di temporalità e interiorità, come via privilegiata nella ricerca del fondamento; attraverso Teresa d’Avila viene avviata ad un approfondimento diretto dell’opera di colui che ormai diventa per lei un autorevole maestro delle profondità dell’anima. Tale approfondimento richiede una conoscenza puntuale, documentata, sistematica degli scritti di Agostino; una conoscenza che, rispetto a Husserl, diventa contemporaneamente più fedele alla lettera e allo spirito di quegli scritti, come viene rilevato nello studio di Angela Ales Bello.

Il raccordo di vivere ed essere, attorno al quale prende le mosse la riflessione più matura della Stein, che ha ormai preferito il silenzio del Carmelo alle aule universitarie, trova in Agostino un contributo essenziale: la intima scientia annuncia la dimensione coscienziale come vita stessa dell’io e riapre le grandi questioni intorno alla conoscenza di Dio e alla relazione tra essere finito ed essere eterno. La stessa indagine intorno all’analogia trinitaria offre a questo punto un impulso decisivo sul piano teoretico e insieme un modello insuperato di dialogo tra l’impegno della ricerca e il dono della Rivelazione.

Su questa linea, sotto molti aspetti, può essere ricondotta anche la lettura jaspersiana, che vede in Agostino un "riformatore creativo del pensare", colui che, pur tra forti contraddizioni (anzi, per molti versi proprio grazie ad esse), ha avviato un’opera di autochiarificazione, di riflessione sulla presenzialità del nostro esserci, che può considerarsi paradigmatica per l’intera storia del pensiero occidentale. Anche Jaspers, ci ricorda Italo Sciuto, riconosce nella conversione il presupposto imprescindibile e la sorgente originaria della riflessione agostiniana. L’incontro con un Dio che è irraggiungibile nella sua trascendenza e nello stesso tempo presente nella storia grazie all’incarnazione di Cristo impegna tutta la ricerca di Agostino in un’opera inesauribile di chiarificazione della fede, attraverso la quale l’esistenza scopre l’ambiguo statuto della propria finitezza, costantemente in bilico tra apertura comunicativa e chiusura autoritaria, tra fede filosofica e fede ecclesiastica. Misurandosi con il paradosso insuperabile dell’indicibilità dell’assoluto, il pensiero di Agostino raggiunge quindi, secondo Jaspers, le sue vette più alte, cercando di spingersi nel punto di tangenza di finitezza e infinità, esistenza e trascendenza; ed anche se la densità della cifra, alla fine, s’impoverisce nella accessibilità del segno, la sua capacità di guardare nel fondo di se stesso dilata il pensiero che prepara l’autentico movimento verso la trascendenza.

Già attraverso queste letture emerge in modo evidente uno dei nodi storiografici e teoretici di fondo di questo primo volume: la libertà che "apre" l’esistenza e rivela il dinamismo più profondo della comprensione è una conquista raggiunta in qualche modo nonostante la fede cristiana di Agostino o, al contrario, proprio grazie ad essa? Nel primo caso, come emerge dalle letture di Husserl e Jaspers, è possibile liberare il suo radicalismo speculativo dall’involucro dogmatico che lo appesantisce e mortifica, ricavandone un modello di pensiero che coinvolge e appassiona l’esistenza proiettandola verso le altezze irraggiungibili della verità; nel secondo caso, invece, come sottolinea anche la Stein insieme ad altri interpreti, è proprio la suprema auctoritas divina che dischiude, attraverso la rivelazione, orizzonti ermeneutici impensabili invitando l’intelligenza alla conversione dello sguardo.

 

3. Finitezza inquieta

Il confronto con Agostino, quale emerge dai contributi raccolti in questo primo volume, consente anche di accertare la progressiva curvatura in senso ontologico-esistenziale, impressa nella prima metà di questo secolo all’orientamento fenomenologico. L’istanza riflessiva, che accompagna il proposito di oltrepassare l’immediatezza esteriore della fattualità per raggiungere il dominio originario del senso, infiltra un incancellabile presentimento di finitezza nello spazio rarefatto della perfetta intelligibilità. La purificazione metodica dello sguardo non riesce a costituire un ambiente teoreticamente sterile, né a sgomberare il campo dell’immanenza dalla fatticità ingombrante del sé, che appare come un ostacolo insormontabile e destabilizzante.

Agostino accompagna e sollecita questo passaggio in una fase decisiva nella stessa riflessione heideggeriana. Come sottolinea puntualmente Costantino Esposito nel suo studio, all’inizio del corso friburghese del semestre estivo 1921 su Agostino e il neoplatonismo, Heidegger si discosta profondamente dalle interpretazioni correnti dell’opera agostiniana, che tendevano ad assumerla come un mero dato storiografico, riconducibile nel quadro più generale dei rapporti tra grecità e cristianesimo. Secondo il filosofo tedesco, invece, Agostino offre un approfondimento ben più radicale, evidenziando il nesso tra storicità e "compimento" ontologico dell’esistenza; tale compimento, infatti, si configura come rapporto problematico e storicamente irrisolvibile dell’io con se stesso.

In tal modo la lettura heideggeriana di Agostino si colloca alla confluenza di due diversi nuclei tematici e problematici: da un lato la fenomenologia dell’io viene intesa come il modo in cui la vita fattuale comprende se stessa, e con ciò si compie come esistenza o "esserci" (Dasein); dall’altro questo esserci verrebbe individuato da Agostino come tempo vissuto e quindi come apertura al mistero del senso dell’essere: infatti la temporalità non investe solo gli atti di coscienza, ma l’essere stesso dell’esserci. Da qui scaturisce l’intera gamma di quelle vibrazioni partecipative che consegnano l’esistere ad una insicurezza fondamentale: fatticità, inquietudine, cura sono alcune delle modalità che consentono la elaborazione di una ermeneutica esistenziale della vita segnata da una precaria tensione al compimento.

Ma proprio a partire da qui le due vie, quella agostiniana e heideggeriana, finiscono per divergere profondamente: quella radicale problematicità che in Agostino apre la dialettica di creatura e creatore, ricevendo una risolutiva mediazione salvifica nell’evento storico della redenzione, in Heidegger può essere mantenuta solo a patto di un irreversibile esito nichilistico: il dato può essere assunto solo come darsi. L’autoreferenzialità dell’esistere esige una fedeltà assoluta all’essere originario dell’esserci, che in ultima analisi diventa radicale impossibilità e angosciante estasi nichilistica, avendo peraltro rifiutato di risolvere la finitezza entro le sicurezze ontoteologiche di una verità intesa nel senso della metafisica greca. Questa sarebbe invece, secondo Heidegger, la via seguita da Agostino: una via in qualche modo incompiuta, per aver svincolato la vita spirituale dal giogo insuperabile della temporalità, tradendo così irrimediabilmente l’instabilità inquieta che la caratterizza.

L’interpretazione heideggeriana segna in profondità molte altre letture di Agostino, sia attraverso il filo diretto del contatto con il maestro, come nel caso di Jonas e Hannah Arendt, sia attraverso la più generale partecipazione ad una sensibilità, un’atmosfera, una temperie culturale, segnata dalla cifra inconfondibile della finitudine esistenziale, dell’inquietudine, dello spaesamento, come ad esempio in Jaspers e in Camus. E se Jonas e la Arendt, come si dirà più avanti, risolveranno l’impronta heideggeriana del loro incontro con Agostino in ambiti diversi di approfondimento, imprimendo ad essi una accentuata curvatura etica, quasi a voler marcare la distanza da una opprimente eredità nichilistica, per molti altri Autori, che intendono andare avanti sulla strada dell’analitica esistenziale Agostino diventa, accanto a Kierkegaard, il campione dell’esistenza inquieta, che dà lo scacco ai facili ottimismi dei grandi sistemi trascendentali e conferisce un brivido dimenticato alla riflessione sulla libertà.

Questo approccio è particolarmente evidente in Jaspers, come s’è già accennato; aprendo la strada ad una forma di coraggiosa psicologia smascherante, Agostino porta in primo piano la lotta della volontà con se stessa, sottraendo la riflessione sulla libertà alle tranquille idealità noetiche in cui poteva rifugiarsi e restituendola alla sua irrequieta origine esistenziale, dove l’attestazione di sé deve farsi largo attraverso un cammino sofferto e appassionante. Qui Jaspers s’avvicina ad un aspetto essenziale della propria filosofia, rappresentato dalla finitezza che vincola l'uomo ai limiti della situazione e insieme lo apre alla vertigine delle possibilità. Nell'antinomia dell'agire libero convergono il riconoscimento di una dipendenza nella decisione e l’avvertimento di una responsabilità non eludibile. L’originalità di Agostino consisterebbe quindi nell’aver denunciato il pericolo che si cela in ogni rivendicazione di autosufficienza, riconoscendo la profondità metafisica che si cela nell’esperienza fondamentale di una libertà donata.

Una analoga attenzione torna in piano in Albert Camus. Ancora una volta Agostino è il compagno dei primi passi, che lascia un’impronta decisiva nella sua formazione filosofica, per poi trasformarsi in una presenza discreta e sempre più lontana, anche se forse mai dimenticata. Il saggio di Antonio Pieretti ricostruisce i termini essenziali di questo incontro, al quale non è estranea una comune matrice geografica, che accomuna i due Autori nel segno di una solarità vibrante e appassionata. Ma è soprattutto la tormentata esperienza interiore dell’"altro africano", come viene chiamato Agostino, ad affascinare Camus; tale fascino nasce da una tensione ricorrente fra amore alla vita e ossessione del male, che però non impedisce al pensiero agostiniano di confrontarsi in profondità con il neoplatonismo, riscattando il cristianesimo dal rischio di un pericoloso isolamento fideistico e dando vita ad una solida sintesi dottrinale, che lo stesso Camus definisce "seconda rivelazione".

Le due polarità attorno alle quali, secondo Camus, ruota la ricerca di Agostino sono il rapporto tra male, libertà e grazia da un lato e le verità rivelate dell’Incarnazione e della Trinità dall’altro. Il risultato di questo impegno è una cristianizzazione dell’ellenismo decadente, più che una ellenizzazione del Cristianesimo primitivo. Ed anche se il Camus più noto e consacrato da grandi successi letterari appare ormai lontano da questo impianto, nel quale peraltro ha sempre ravvisato un equilibrio instabile e conflittuale di libertà e grazia, tutta la sua produzione successiva sarà costantemente dominata dalla domanda assillante intorno al senso della vita e dalla rivolta di fronte all’enigma inaccettabile del male: siamo ancora dinanzi, probabilmente, all’eredità di Agostino, un’eredità tanto più scomoda, quanto più depauperata delle sue risposte originarie.

 

4. La libertà e l’amore

L’approdo ultimo, e in un certo senso riassuntivo, di questo vasto arcipelago di posizioni sembra confluire in una ripresa del tema della libertà in stretta connessione con quello dell’amore. Un modo nuovo di esplorare la genesi del senso ha consentito, come abbiamo accennato, di immergersi nella fragile instabilità dell’esistenza, dove la vertigine del possibile si affaccia sull’abisso del bene e del male, cercando una compagnia preziosa nella forza trainante dell’amore. Secondo la maggior parte di questi autori, tali aspetti sono in Agostino momenti inseparabili di uno stesso itinerario.

In Scheler si può già misurare agevolmente il senso di questa consapevolezza. Lo studio di Giovanni Ferretti ricerca attentamente i punti di tangenza e di distanza tra i due Autori, scavando in un terreno fertile, ma scarno di riferimenti diretti. Agostino è per Scheler l’autore di una vera e propria "filosofia cristiana", di cui la sua filosofia della religione intende offrire una ripresa fenomenologica. Ed anche se la lettura scheleriana di Agostino appare drasticamente selettiva, privandosi di alcuni riferimenti qualificanti, come i temi dell’interiorità e del peccato, è soprattutto nel nome del primato dell’amore che avviene l’incontro più fruttuoso e significativo; capovolgendo l’eros in agape, Agostino pone le premesse per ridisegnare l’intera architettura della vita spirituale, a livello psicologico, gnoseologico e metafisico, a partire da un movimento intenzionale assunto come fonte del conoscere e del volere, e quindi come nucleo costitutivo della persona.

Il primato metafisico dell’amore e, più in generale, il primato del valore sull’essere, assumono quindi una posizione strategica, diventando nello stesso tempo radice e culmine del cammino della ricerca umana, suscitato da Dio stesso. Attraverso questa via Scheler giunge quindi a riconoscere nell’intenzione di trascendenza una componente antropologica di fondo, che Agostino ha ben espresso nella tematica dell’inquietum cor nostrum e che egli vorrebbe estendere dall’ambito della rivelazione cristiana all’orizzonte più ampio della naturale esperienza religiosa. A partire da qui lo sviluppo della ricerca scheleriana segue, com’è noto, un proprio percorso che lo porterà ad abbandonare l’impianto teistico; tuttavia la presenza di Agostino resta determinante, assumendo il carattere di un "felice incontro nel cuore di un chiasmo".

Anche il contatto di Jonas con Agostino, come evidenzia Enrico Peroli, appare segnato da una attenzione prevalente ad una analisi fenomenologica della libertà; si tratta però di un incontro molto diverso, segnato dal sospetto verso i vincoli dogmatici che possono mortificare tale analisi ed espresso in forma diretta e approfondita in un’opera del 1930, composta sotto la guida di Heidegger e Bultmann, sulla base di un interesse che non sembra avere però seguito nella sua produzione successiva. Rispetto all’ideale stoico di una libertà da godere nella quiete impassibile della propria cittadella interiore, con il cristianesimo, secondo Jonas, la dialettica della libertà viene interiorizzata: non scaturisce più dal rapporto con il mondo, ma con se stessa. Nasce da qui un cammino riflessivo in cui liberazione e autocomprensione vanno di pari passo, anche se la purezza originaria del kerygma finisce con l’essere snervata da un appesantimento ontologico, quasi una specie di pedaggio da pagare alla filosofia greca per legittimare ogni tentativo di inculturazione della fede.

Di conseguenza, rispetto all’originario impianto paolino, anche in seguito alla polemica antipelagiana, s’afferma in Agostino una interpretazione ontologica del rapporto tra legge e grazia, che finisce per irrigidire e banalizzare la legge, sdrammatizzando e depotenziando ogni conflitto. Da questo rassicurante apparato categoriale si tiene lontano, invece, lo gnosticismo, nel quale Jonas ricercherà quel senso di drammatica deiezione esistenziale mortificato dall’ontologia.

Su questa strada incontriamo anche la lettura di Hannah Arendt, che però insiste maggiormente sulla tensione interna del pensiero agostiniano; accanto alla lezione di Heidegger e Bultmann, qui fanno sentire i loro benefici effetti anche le interpretazioni di Guardini e Jaspers. Agostino è essenzialmente colui che egli non abbandona le incertezze della ricerca dopo la conversione alla nuova fede, impegnandosi al contrario a riflettere sulle sue implicazioni; poiché egli rimane filosofo, salva anche la politica, frenando ogni tentazione escatologistica e restituendo nuova dignità allo spazio pubblico, dove una fede incarnata contrasta la tentazione della fuga dal mondo. Ma Agostino è soprattutto colui che, rispetto ai Greci, riconosce l’abisso del libero arbitrio, elaborando una teoria della volontà che si trasfigura in amore e consente di misurarsi con una questione che diventa centrale della modernità.

Sin dalla giovanile dissertazione sul concetto d’amore emerge quindi nella Arendt il riconoscimento di una irrisolta oscillazione tra la negazione del mondo finito e l’instaurazione di un nuovo assetto mondano, affidato alla ordinata dilectio. Al centro di questa oscillazione non sta però soltanto un difficile cammino tra il richiamo greco all’identità e l’avvertimento cristiano della fragilità; sta anche il riconoscimento di un dramma interiore, che la produzione più matura libera dalle interferenze heideggeriane dell’angoscia e dell’essere-per-la-morte, immettendolo nel solco positivo di una volontà intesa come "molla dell’azione". Ed è proprio grazie al potere d’iniziativa e di sintesi, di cui l’amore è capace, che ogni lacerazione può essere superata dall’agire.

Ancor più attenta al primato dell’amore è la lettura di Romano Guardini, per il quale, come rileva Massimo Borghesi, Agostino è essenzialmente maestro del lumen cordis. Il suo incontro con l’Ipponate è mediato dallo stesso Scheler, di cui però non sono condivise le riserve e le correzioni in senso fenomenologico; il filtro decisivo di san Bonaventura consente a Guardini di apprezzare alcuni tratti della interpretazione scheleriana, ma nello stesso di misurarne anche i limiti, riabilitando in senso storico-esistenziale l’istanza platonica. Nonostante una conoscenza imperfetta e circoscritta di Agostino, il suo pensiero diventa il punto di partenza di una philosophia e theologia cordis di cui Guardini s’impegna a rintracciare gli anelli più significativi nella evoluzione del pensiero moderno.

La sintesi agostiniana di amore e luce offre, in questo orizzonte interpretativo, un paradigma fondamentale della circolarità di amore e conoscenza: il cuore è essenzialmente l’organo dell’amore che, rapito e commosso dinanzi al miracolo dell’essere, motiva lo slancio infinito della libertà; l’esperienza estetica diventa in tal modo assiologica e quindi metafisica. La fede apre così una Weltanschauung infinitamente più ricca e di grande attualità; in modo particolare, la riflessione critica del santo di Ippona intorno alla centralità della volontà gli consente di trasformarsi in interlocutore esigente di Nietzsche, capace di misurarsi con la sfida formidabile del suo ateismo.

Il tentativo di intercettare la lettura fenomenologico-esistenziale di Agostino, riportandola però nell’alveo della tradizione cattolica, continua infine in Erich Przywara, che risente dell’attenzione diffusa al suo pensiero nella cultura filosofica degli anni Venti, impegnandosi altresì in uno studio diretto e intenso delle sue opere. Anche Przywara, come Guardini, insiste sulla figura centrale della polarità; ma la tensione fra aspetti diversi del creato può essere accolta e mantenuta solo nella prospettiva di una apertura verticale: Agostino è precisamente colui che ha interpretato nel modo più profondo sia la lacerazione del nostro essere creaturale, sia il sentimento dell’unità con il creatore. Una filosofia polare non può quindi non essere attraversata dal riconoscimento dell’agostiniano "Dio-in-noi-e-sopra-di-noi".

Nella prospettiva di una ritrovata analogia entis Agostino e Tommaso rappresentano due modelli fondamentali e non alternativi; ciò che conta è valorizzare l’istanza partecipativa, nonostante le connotazioni diverse che essa assume nel loro pensiero. In questo contesto il contributo specifico dell’Ipponate si qualifica come una forma di "realismo abissale" degli opposti, che inscrive l’incontro della creatura con Dio nella prospettiva di un libero e drammatico commercium. L’Agostino "genio dello spirito europeo" insegna quindi a ritrovare le radici originarie di quell’equilibrio di intelligere e amare che nel pensiero contemporaneo appare irrimediabilmente compromesso.

A questo punto l’invito a riconoscere e rispettare la tensione polare del pensiero di Agostino non assume solo il significato di un suo recupero cattolico, effettuato in nome di una armonica ed equilibrata integralità (recupero peraltro non ingiustificato, vista la dilagante precomprensione luterana di molti Autori precedenti); ma diventa anche fecondo modello ermeneutico per valutarne le deformazioni unilaterali, frutto di una divaricazione fra un agostinismo lineare della verità e un agostinismo polare tragico dell’amore. Il cammino che conduce da Husserl e Scheler fino a Heidegger diventa, in questa ottica, la esemplificazione storiografica di uno strappo, di una lacerazione al quale il grande Ipponate era invece riuscito a resistere: lo strappo fra il realismo estatico dei neoplatonici e il radicalismo nichilistico dei manichei, fra la sintesi di metafisica classica e teologia della creazione da un lato e il conflitto di libertà esistenziale e teologia della salvezza dall’altro. Così, nell’invito a ricomporre uno scisma inammissibile e a liberare il fragile e inquieto cammino dell’uomo da ogni soffocante velleità di assolutezza, Agostino può tornare a dischiudere orizzonti infiniti dinanzi allo stupore dell’intelligenza.

 

INDICE GENERALE

 

 

PRESENTAZIONE (Luigi Alici, Remo Piccolomini, Antonio Pieretti)

 

INTRODUZIONE (Luigi Alici)

1. Un incontro fecondo

2. Un nuovo paradigma della comprensione

3. Finitezza inquieta

4. La libertà e l’amore

Edmund Husserl. La fenomenologia come "conversio" (Pierre Chapelle de la Pachevie)

1. L’interrogazione filosofica

2. La comprensione di sé

3. L’apertura fenomenologica

Max Scheler. Il primato dell’amore (Giovanni Ferretti)

1. L’attenzione ad Agostino

2. Motivi agostiniani non presenti in Scheler

3. Motivi agostiniani ripresi fenomenologicamente

 

Edith Stein. Intima scientia (Angela Ales Bello)

1. I maestri dell’autocoscienza

2. L’essere dell’io e l’Essere eterno

3. L’analogia trinitaria

 

Martin Heidegger. La memoria e il tempo (Costantino Esposito)

1. Il problema di Agostino

2. Dall’inquietudo alla cura: la fatticità agostiniana come compimento della vita

3. La ricerca di Dio come auto-interpretazione dell’esserci: sulla memoria di Agostino

4. La gravità dell’esistenza e l’aporia della grazia: sulla temtatio di Agostino

5. Il tempo dell’esserci – il tempo come esserci

 

Hannah Arendt. Amor mundi (Laura Boella)

1. Un rapporto difficile

2. Amore, ponte tra due mondi

3. Libertà e amore

 

Hans Jonas. Dialettica della libertà (Enrico Peroli)

1. Tra Paolo e Agostino

2. Il confronto con lo stoicismo

3. Legge e peccato

4. Legge e grazia

5. Fede proto-cristiana e metafisica greca

 

Romano Guardini. Lumen cordis e "visione del mondo" (Massimo Borghesi)

1. L’incontro con Agostino: Scheler e Bonaventura

2. Amore e conoscenza

3. Agostino, Nietzsche, Tommaso

 

Erich Przywara. Deus exterior et interior (Maria Teresa Tosetto)

1. Verso una filosofia della polarità

2. Agostino "genio dello spirito europeo"

3. La via della metafisica creaturale

 

Albert Camus. Unde malum? (Antonio Pieretti)

1. L’inquietudine interiore

2. La sfida del male

3. Fra ellenismo e cristianesimo

4. Una fedeltà difficile

 

Karl Jaspers. La chiarificazione della fede (Italo Sciuto)

1. La "metafisica dell'esperienza interna"

2. Fede filosofica e fede rivelata.

3. Il problema della libertà, dell'amore e della storia

4. Un innovatore creativo e contraddittorio

 

Appendice bibliografica (Donatella Pagliacci)

 

ABBREVIAZIONE DELLE OPERE DI AGOSTINO

INDICE DEI NOMI

 

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