LETTERA 5* [275]

AL BEATISSIMO SIGNORE VALENTINIANO, SUO VENERABILE E AMATISSIMO FRATELLO E SUO COLLEGA NELL'EPISCOPATO, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE

 

Ag. risponde ai quesiti di Valentiniano.

1. Tu mi prometti la tua presenza, ma invece di essa m'invii da risolvere dei quesiti, i quali - come scrivi - turbano il tuo spirito. Io però, sebbene avessi preferito averti qui con me, tuttavia pur in mezzo alle mie occupazioni, siccome sei lontano, ti do alla meglio una risposta che mi sarebbe stato più facile darti in tua presenza discorrendo tra noi.

1) Perché i battezzati chiedono la remissione die loro debiti con il Padre nostro.

2. Il tuo primo quesito è il seguente: perché i battezzati, subito dopo [il rito], recitando la preghiera insegnata dal Signore, riconoscono i loro debiti, di cui chiedono la remissione, pur essendo già stati rimessi loro tutti i peccati proprio nel battesimo? Tu però hai risolto da te stesso il medesimo quesito [dicendo che ciò avviene] a causa dei colpevoli desideri e degli illeciti impulsi del cuore che assai facilmente s'insinuano di soppiatto nell'umana debolezza. Ma tu dici che t'è venuto in mente [un altro quesito concernente] il caso dei bambini che non possono né pensare né parlare, come se uno potesse comandare o costringere di rigenerare i bambini, come gli adulti, mediante il lavacro [del battesimo] 1, se non fossero costretti a purificarsi con tale lavacro a causa del peccato originale, o se al loro posto gli adulti non rispondessero una frase della preghiera insegnata dal Signore, come del simbolo della fede, senza la quale non potrebbero assolutamente essere battezzati e perciò coloro che li portano in braccio rispondono invece di essi alle formule di rito quando vengono interrogati. Non c'è dunque alcun motivo per cui tu debba restar turbato a proposito dei bambini quanto ai " debiti " che i battezzati, subito dopo il battesimo, in cui vengono rimessi tutti i " debiti " precedenti, chiedono di nuovo che siano rimessi loro a causa di quelli che s'insinuano di soppiatto per la propensione al male dei pensieri umani.

2) Quale " spirito " è quello di cui si parla in Gen 6, 3.

3. Tu inoltre mi poni il seguente quesito: In qual senso bisogna prendere la frase di Dio che suona così: Il mio Spirito non durerà in siffatti uomini nel secolo? I nostri manoscritti però hanno la seguente lezione: Il mio Spirito non durerà in eterno in siffatti uomini 2. Si corregga dunque l'errore del tuo manoscritto o dei vostri manoscritti e non ci sarà più alcun problema, a causa del quale ti affanni a ricercare perché Dio abbia detto: nel secolo; come se avesse voluto indicare che per dei peccatori sacrileghi bastasse il castigo della morte della vita presente, mentre ha piuttosto minacciato la morte eterna dicendo: Il mio Spirito non durerà in eterno in siffatti uomini. È stata dunque l'ambiguità dell'espressione greca a ingannare il traduttore; egli ha tradotto nel secolo, mentre avrebbe dovuto dire almeno per il secolo. Poiché l'espressione greca () può significare, in latino, tanto per il secolo, quanto per l'eternità. Quanto poi al quesito che mi poni: Di quale spirito si parla? Di quello che conferisce la vita al corpo o di quello che santifica l'anima? non costituisce alcun problema, dal momento che senti dire da Dio: Il mio Spirito. Egli infatti avrebbe detto: Il loro spirito, se avesse voluto farci intendere lo spirito che fa vivere il corpo in quanto fa parte della natura dell'uomo, mentre l'espressione Il mio Spirito non durerà in siffatti uomini non poteva dirsi in senso proprio se non di quello che non si riferisce alla natura degli uomini e che potrebbe perdurare in essi qualora, per essersi resi schiavi delle passioni carnali e per aver abbandonato Dio, non avessero meritato di perdere lo Spirito Santo, ch'è dono di Dio 3. Se infatti si riferisce al loro corpo il loro spirito, in virtù del quale essi erano uomini, in che modo sarebbe potuto perdurare in essi dal momento ch'erano destinati, un giorno o l'altro, a morire? Se invece lo si riferisce alla parte [della natura umana] mediante la quale vive il corpo, come mai potrebbe non perdurare in essi, dal momento che sono gli stessi spiriti a uscire dal corpo all'istante della morte e devono inevitabilmente [continuare a] essere, ovunque si voglia, sia per la loro felicità, sia per la loro infelicità? Penso di aver dato una risposta sufficiente ai tuoi quesiti. Per quanto, al contrario, riguarda la tua presenza fisica, per verità non la esigerei, se tu non me l'avessi promessa; ma poiché tu me l'hai promessa, la reclamo come un tuo debito.