LETTERA 268

Scritta dopo il 395.

Un certo Fascio, oppresso dai debiti, s'era rifugiato in chiesa; Agostino ne aveva soddisfatto i creditori facendosi prestare una somma da un tal Macedonio (n. 1); prega i fedeli di fare una colletta per restituire quella somma (nn. 2-3).

AI DILETTISSIMI E DESIDERATISSIMI SIGNORI DEL POPOLO CRISTIANO DI CUI SONO SERVO, IO AGOSTINO INVIO SALUTI NEL SIGNORE

Agostino sollecita una colletta per aiutare Fascio.

1. La deferenza che la Santità vostra ha verso di me per riguardo a nostro Signore Gesù Cristo, deferenza assai nota e provata in mille occasioni, mi ha dato coraggio di osare, sebbene assente, ciò di cui sono solito godere quando sono tra voi; io d'altronde con lo spirito sono sempre con voi, non solo perché la grazia di nostro Signore Gesù Cristo non cessa di spandere il suo soavissimo profumo, ma anche perché non permettete che io, il quale sono vostro servo per amore del Vangelo, soffra delle strettezze. Orbene, il nostro fratello Fascio era messo alle strette dagli esattori perché restituisse diciassette solidi d'oro, di cui era debitore, e non trovava lì per lì come trarsi d'impaccio; per non subire una punizione corporale, ricorse all'aiuto della santa Chiesa. Poiché inoltre gli esattori avevano urgenza di partire e non potevano dargli quindi una dilazione, m'importunarono con fastidiose lagnanze in modo ch'io lo consegnassi loro, oppure procurassi loro il modo di ricevere la somma che mi provavano essere loro dovuta. Feci allora a Fascio la proposta di rivolgermi alla vostra Santità per parlarvi della condizione critica in cui si trovava, ma egli, trattenuto dal pudore, mi supplicò di non farlo. Io perciò, costretto in tal modo da una situazione critica più grave, mi feci dare (in prestito) diciassette solidi d'oro dal nostro fratello Macedonio, soldi ch'io diedi subito per l'affare di Fascio, mentre egli mi prometteva che avrebbe potuto soddisfare il debito in un determinato giorno; se dopo un tale termine non avesse potuto soddisfarlo, acconsentiva ch'io parlassi di lui al buon cuore di voi, che siete stati sempre soliti dimostrarvi fratelli ai vostri fratelli.

I frutti eterni delle opere di misericordia.

2. Siccome dunque ora Fascio è lontano, non rimane da fare altro se non che voi veniate in aiuto, non già a lui, che nessuno può costringere perché assente, ma a me che mi sono impegnato con promessa e la cui reputazione vi è sempre presente. In realtà è già trascorso il giorno in cui aveva promesso di presentarsi a soddisfare il debito e io non trovo che cosa rispondere a colui, che mi ha prestato i diciassette solidi d'oro, fidandosi della mia parola, se non fare quanto gli ho promesso che avrei fatto. Ma poiché non mi sono ricordato di parlarvi di questa faccenda il giorno di Pentecoste, allorché eravate presenti in numero maggiore, vi prego che vogliate compiacervi di considerare questa mia lettera come un discorso rivoltovi a viva voce, poiché vi suggerirà il resto e vi farà sentire le mie esortazioni, nei vostri cuori, Dio nostro Signore nel quale voi avete creduto, che non abbandona mai coloro che temono e onorano il suo nome. In lui voi e noi siamo sempre uniti, sebbene col corpo siamo apparentemente lontani da voi. Egli vi promette la messe della vita eterna che germoglierà da questa semente di opere buone, poiché così dice l'Apostolo: E nel fare il bene non stanchiamoci poiché, se non ci stancheremo, a suo tempo mieteremo. Finché dunque abbiamo tempo, facciamo del bene a tutti, specialmente a coloro che ci sono congiunti nella fede 1. Poiché dunque la persona, per supplire i bisogni della quale vi chiedo di fare ciò che ordina il Signore, è un fedele Cristiano, nostro fratello nella fede, fatelo senza rammaricavi, senza mormorare, ma anzi con gioia e con entusiasmo. Voi in realtà fate credito a Dio e non a un uomo, poiché è Dio a promettervi che non perderete nulla di quanto darete per compassione ma lo riceverete con gli interessi immortali nel giorno del giudizio 2. Poiché inoltre lo stesso Apostolo dice: Affermo poi che mieterà anche scarsamente chi seminerà scarsamente 3, dovete capire ch'è tempo di procurarci con sollecitudine e con alacrità il dono della vita eterna, mentre siamo ancora in vita, poiché, quando arriverà la fine del mondo, sarà dato solo a coloro i quali lo avranno guadagnato con la fede, prima di poterlo vedere.

In qual modo si devono aiutare i poveri.

3. Ho scritto anche ai presbiteri che, se mancherà qualcosa dopo la raccolta delle offerte date dalla Santità vostra, la completino con i beni della Chiesa, purché tuttavia voi diate con entusiasmo quello che vi pare, poiché quello che offrite, sia che provenga dalle vostre sostanze private sia che provenga dai beni della Chiesa, tutto appartiene a Dio e la vostra deferenza mi è più cara dei tesori della Chiesa, come dice l'Apostolo: Non ch'io vada in cerca di doni; quel che cerco è un interesse che si moltiplichi sul vostro conto 4. Rallegrate dunque il mio cuore perché bramo di godere dei vostri frutti essendo voi gli alberi di Dio ch'egli si compiace d'innaffiare abbondantemente per mezzo del nostro servizio. Il Signore vi preservi da ogni male nella vita presente e nella futura, dilettissimi signori e fratelli desideratissimi.