LETTERA 225

Scritta nel 428 o 429.

Prospero d'Aquitania ad Agostino " illustre difensore della fede cattolica " (n. 1), ragguagliandolo degli ultimi avanzi dell'eresia pelagiana soprattutto tra i Marsigliesi e sulle lamentele riguardo a quanto Agostino aveva scritto sulla distinzione degli uomini, la chiamata di Dio alla fede e circa la predestinazione degli eletti (nn. 2-4), sulla grazia proveniente e sul numero determinato degli eletti (nn. 5-6) e chiedendogli d'esporgli chiaramente i punti più oscuri di tale questione (nn. 7-9).

PROSPERO AL BEATISSIMO SIGNORE PADRE AGOSTINO, PATRONO INEFFABILMENTE MIRABILE, INCOMPARABILMENTE DEGNO D'ONORE ED EMINENTE TRA TUTTI

Agostino strenuo difensore della grazia.

1. Sebbene io ti sia ignoto d'aspetto, nondimeno ti sono in qualche misura già noto - se ti ricordi - per i miei sentimenti e per le mie espressioni, poiché ti ho inviato e ho ricevuto una lettera per le mani del santo fratello, il diacono Leonzio. Se oso ancora scrivere alla Beatitudine tua, lo faccio non solo per il desiderio di porgerti, come allora, il mio saluto, ma anche per il mio attaccamento alla fede, di cui vive la Chiesa. Conoscendo la zelante premura con cui vegli su tutti i membri del corpo di Cristo 1 e come lotti con la forza della verità contro le insidie delle eresie, non ho alcun timore d'esserti molesto e importuno se ti parlo d'un affare che riguarda la salvezza di molti e parimenti la tua pietà. Mi riterrei anzi colpevole se, degli errori che mi avvedo essere molto dannosi, non informassi il difensore qualificato della fede.

Opposizione ad Agostino dei monaci di Marsiglia.

2. Tra i servi di Cristo residenti nella città di Marsiglia, molti reputano contrarie al pensiero dei Padri e al sentimento della Chiesa tutte le idee che, negli scritti della Santità tua contro l'eresia di Pelagio, hai esposte riguardo alla vocazione degli eletti fondata sul decreto di Dio. Per un certo tempo hanno preferito incolpare la tardità della loro intelligenza, anziché biasimare ciò che non comprendevano, e alcuni di essi avevano intenzione di domandare alla Beatitudine tua una spiegazione più chiara e più particolareggiata di questo problema. Per disposizione della divina misericordia capitò allora che, avendo incontrato lo stesso genere di difficoltà alcune persone dell'Africa, tu pubblicassi l'opera intitolata La correzione e la grazia piena d'argomenti desunti dalle Sacre Scritture. Essendo poi quest'opera venuta a nostra conoscenza per una felice, insperata occasione, credemmo che si sarebbero sopite tutte le lagnanze degli oppositori, poiché in essa era la risposta così piena e perfetta a tutte le questioni sulle quali si voleva consultare la Santità tua, che sembrava che tu l'avessi composta appunto per calmare l'agitazione sorta in mezzo a noi. Ma, in realtà, come l'attenta lettura di quell'opera della Beatitudine tua ha apportato aumento di luce e di scienza a quelli che già seguivano la santa e apostolica autorità del tuo insegnamento, così ha allontanato ancor più quelli che erano impediti di seguirlo dalle tenebre del pregiudizio. Divergenza così netta da parte di costoro è da tenersi anzitutto nei confronti di loro stessi, perché lo spirito dell'eresia pelagiana potrebbe ingannare persone così illustri e così segnalate per il loro zelo nella pratica di tutte le virtù; in secondo luogo c'è da temere altresì che i semplici, che hanno un gran rispetto per quelli in considerazione della loro virtù, pensino di poter seguire, in perfetta sicurezza, dottrine insegnate da quei tali di cui accettano l'autorità senza discutere.

Rigettano la predestinazione insegnata da Agostino.

3. Ecco dunque la dottrina ch'essi professano: Ogni uomo ha peccato per il fatto che ha peccato Adamo; nessuno si salva in virtù delle opere proprie ma in virtù della grazia di Dio mediante la rigenerazione battesimale. Cionondimeno a tutti gli uomini, senza eccezione, è offerta la propiziazione contenuta nel sacramento del sangue di Cristo, di modo che chiunque vuole accostarsi alla fede e al battesimo è in grado di salvarsi. D'altra parte Dio nella sua prescienza conosce, prima della creazione del mondo, quelli che crederanno e quelli che persisteranno nella fede con l'aiuto susseguente della sua grazia. Dio inoltre ha predestinato al suo regno 2 coloro di cui prevedeva che, dopo essere stati chiamati gratuitamente alla fede, sarebbero stati degni di essere eletti e sarebbero usciti da questa vita con una santa morte. Ecco perché gl'insegnamenti divini ammoniscono ciascuno a credere e ad agire in modo che nessuno deve disperare di ottenere la vita eterna, essendo preparata la ricompensa per quanti amano Dio con tutto il cuore. Riguardo poi al decreto col quale Dio chiama alla fede e in virtù del quale sarebbe stata fatta una separazione tra gli eletti e i reietti prima dell'inizio del mondo, o della creazione del genere umano, di modo che, a seconda del volere del Creatore, alcuni sarebbero dei recipienti nobili e altri recipienti ignobili 3: tale ipotesi toglie, a chi è caduto, la preoccupazione di rialzarsi e offre ai santi un'occasione di tiepidezza, poiché sarebbe inutile lo sforzo da parte degli uni e degli altri nel caso che né i riprovati possano entrare nel regno malgrado tutta la loro diligenza né gli eletti possano esserne privati malgrado la loro negligenza. Comunque essi si comportino, non potrà accadere loro se non quello che Dio ha già stabilito; con una speranza così incerta è impossibile correre con risolutezza poiché vano sarà ogni sforzo teso verso la salvezza, se Dio ha predisposto diversamente nella sua predestinazione. In tal modo ammettere un decreto di Dio che previene la volontà umana equivale a eliminare ogni impegno di fare il bene e a sopprimere le virtù, e, sotto il nome di predestinazione, a introdurre una specie di fatalismo o ad affermare che il Signore ha creato nature di specie differenti, se è vero che nessuno può essere una cosa diversa da quello che è stato creato. Insomma, per riassumere le loro opinioni in modo breve e completo, tutte le obiezioni che in quel libro la Santità tua si è poste contro se medesima, prendendole dalle idee dei suoi contraddittori, e anche tutte quelle a te fatte su questo problema da Giuliano nei libri che tu hai scritti contro di lui, e da te rigorosamente confutate, questi santi uomini le proclamano come proprie con estrema violenza. E quando noi adduciamo contro di loro i libri della Beatitudine tua corredati da validissime e innumerevoli citazioni delle Sacre Scritture e noi stessi aggiungiamo altre prove, seguendo il modello dei tuoi insegnamenti, per metterli alle strette, cercano di giustificare la loro ostinazione ricorrendo alla tradizione e affermano che da nessun ecclesiastico sono stati mai spiegati, nel senso in cui sono intesi attualmente, i passi dell'epistola dell'apostolo Paolo ai Romani 4, con cui si cerca di dimostrare l'esistenza della grazia di Dio che previene i meriti degli eletti. Quando però domandiamo loro di spiegare quei passi secondo il senso degli autori di cui vogliono seguire l'opinione, riconoscono di non aver trovato ancora alcuna spiegazione che li soddisfi e pretendono che non si parli di misteri, di cui nessuno ha mai potuto penetrare la profondità. Alla fine la loro ostinazione totale arriva al punto di dichiarare che la nostra dottrina è d'ostacolo all'edificazione spirituale di chi ci ascolta e perciò, anche ammesso che sia vera, non dovremmo divulgarla, perché sarebbe pericoloso trasmettere un insegnamento che non dev'essere accolto, mentre non v'è alcun inconveniente a tacere su problemi incomprensibili.

Tesi di altri più vicine a Pelagio.

4. Alcuni di loro, però, si allontanano tanto poco dai sentieri dei Pelagiani che, quando sono costretti ad ammettere la grazia di Cristo e la sua priorità rispetto ad ogni merito umano - poiché, se fosse largita in compenso dei meriti, non potrebbe più chiamarsi grazia - pretendono che questa grazia si riferisca all'atto della creazione in cui ogni individuo, prima che potesse meritare nulla poiché non esisteva ancora, è stato costituito dalla grazia del Creatore come un essere libero e ragionevole, di modo che, distinguendo il bene e il male 5, possa indirizzare la propria volontà alla conoscenza di Dio e all'osservanza dei suoi comandamenti e arrivare alla grazia della rigenerazione in Cristo, naturalmente con le forze della natura, domandando, cercando, bussando 6; in tal modo se riceve, se trova, se entra, si deve al motivo che, avendo fatto buon uso della natura, ha meritato, con l'aiuto della grazia iniziale, di arrivare alla grazia salvatrice di Cristo. Quanto al decreto con cui Dio chiama gli uomini (alla salvezza) lo fanno consistere solo nel fatto che Dio ha stabilito di non accogliere alcuno nel suo regno, se non mediante il sacramento della rinascita, mentre sostengono che tutti senza eccezione sono chiamati al dono della salvezza, sia mediante la legge naturale, sia mediante la Legge scritta, sia mediante la predicazione del Vangelo. In tal modo, da una parte diventano figli di Dio tutti coloro che lo vogliono, dall'altra sono inescusabili quelli che non vogliono abbracciare la fede (e sono perciò puniti), poiché la giustizia di Dio vuole che si perdano coloro che non hanno voluto credere 7, mentre la sua bontà si manifesta nel fatto che non esclude nessuno dalla vita eterna, ma vuole che tutti gli uomini senza eccezione si salvino e giungano alla conoscenza della verità 8. Essi citano, a tal proposito, come prove, alcuni passi delle divine Scritture in cui viene esortata e incitata la volontà degli uomini all'obbedienza, lasciando al loro libero arbitrio di fare o di trascurare ciò che loro è comandato. E come di un prevaricatore si dice che non ha ubbidito perché non ha voluto, così è anche logico, secondo loro, affermare senza esitazione del fedele ch'è stato obbediente perché lo ha voluto; ciascuno d'altronde ha uguale potere di fare tanto il male che il bene e l'animo si muove con uguale impulso verso i vizi o verso le virtù; la grazia di Dio sostiene chi tende verso il bene, mentre una giusta condanna attende chi segue il male.

La prescienza di Dio e i futuribili.

5. Tuttavia nella discussione si obietta loro il caso dell'innumerevole moltitudine di bambini i quali, senza avere altri peccati che quello originale, in forza del quale tutti gli uomini, alla loro nascita, incorrono nella condanna che dovette subire il primo uomo, e senza avere ancora l'uso del libero arbitrio, né aver compiuto azioni personali, si vedono separati gli uni dagli altri, non senza giustizia da parte di Dio, al punto che, destinati ad esser tolti da questa vita prima di poter distinguere il bene dal male, gli uni, grazie alla rigenerazione 9, vengono accolti come eredi del regno celeste, mentre gli altri, non avendo ricevuto il battesimo passano nella schiera di coloro destinati a subire la morte eterna. Questi bambini - rispondono essi - si perdono e si salvano secondo la previsione che la scienza di Dio ha avuta di quello che diverrebbero nella maggiore età, se fossero preservati fino all'età in cui si è capaci d'agire responsabilmente. Non si rendono conto che la grazia di Dio, la quale - a quanto essi sostengono - accompagna ma non precede i meriti umani, arrivano a farla dipendere anche dalle volontà che, secondo la loro immaginazione, ammettono essere prevenute dalla stessa grazia. Ma essi sono talmente ostinati a far dipendere la scelta di Dio da meriti irreali, quali che siano, che, non esistendo meriti anteriori, ne immaginano di futuri che però non esisteranno giammai, e con una nuova specie d'assurdità immaginano che sia stato previsto ciò che non si compirà giammai e che ciò ch'è stato previsto non si sia compiuto. Ma questa prescienza divina dei meriti umani, secondo la quale si comporterebbe la grazia della chiamata (alla salvezza) credono di poterla invocare a più giusto titolo quando si vengono a considerare quelle nazioni (pagane) cui nei secoli passati Dio ha lasciato seguire le loro vie 10, e quelle che ancora attualmente si perdono a causa dell'empietà dell'antica loro ignoranza, senza essere state illuminate né dalla luce della Legge né da quella del Vangelo; d'altra parte però, nella misura in cui è stata aperta ai predicatori la porta ed è stato accordato l'accesso, un popolo (i pagani), che giaceva nelle tenebre e all'ombra della morte, ha visto una gran luce 11, e un popolo che un tempo non era il popolo di Dio, adesso invece lo è, e coloro di cui Dio un tempo non aveva avuto pietà, adesso invece hanno ottenuto misericordia 12, ciò - dicono - è avvenuto perché il Signore ha conosciuto, nella sua prescienza, quelli che avrebbero creduto e ha voluto che ogni nazione ricevesse i maestri, che dispensano la sua parola, al tempo in cui in una nazione ci fossero volontà disposte a credere. Ciò inoltre non mette in dubbio il detto (della Sacra Scrittura) secondo il quale Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e possano giungere alla conoscenza della verità 13, e sono senza scusa quanti, da una parte potevano con la sola intelligenza naturale arrivare al culto dovuto al solo vero Dio, e d'altra parte non hanno avuto la grazia d'ascoltare la predicazione del Vangelo solo perché non lo avrebbero accettato.

Per i Marsigliesi la grazia è dovuta ai meriti.

6. Nostro Signor Gesù Cristo - dicono poi - è morto per tutto il genere umano e dalla redenzione, frutto del suo sangue, non è escluso assolutamente nessuno, anche se trascorre la propria vita nella totale ignoranza di lui, poiché il sacramento della misericordia di Dio è destinato a tutti gli uomini e perciò, se molti non vengono rigenerati con quel sacramento, ciò si deve solo al fatto che Dio prevede che non hanno la volontà di riceverlo. Per quanto dunque dipende da lui, Dio tiene preparata per tutti la vita eterna, ma, per quanto dipende dal libero arbitrio, essa è conseguita da quanti credono spontaneamente in Dio e, per merito di questa fede, ricevono l'aiuto della grazia. Ma il motivo principale che ha spinto costoro, dalla cui opposizione ci sentiamo urtati, a predicare una grazia di tal fatta, mentre prima ne avevano un'idea giusta, è questa: se riconoscessero che la grazia previene tutti i meriti e accorda ad essi la possibilità di esistere, dovrebbero necessariamente ammettere che Dio, in virtù d'un decreto dell'eterna sua volontà e d'una decisione arcana, ma constatabile nei suoi effetti, crea da una parte recipienti destinati ad usi nobili, dall'altra recipienti destinati a usi ignobili 14, poiché nessuno è giustificato se non in virtù della grazia e nessuno nasce se non nel peccato 15. Orbene, è proprio questo ch'essi rifiutano di riconoscere, e hanno timore d'attribuire all'azione di Dio i meriti dei santi e non vogliono ammettere che il numero degli eletti non può né aumentare né diminuire, poiché in tal caso non avrebbero più ragione di essere le esortazioni coni cui si stimolano gl'infedeli e i (Cristiani) negligenti e sarebbe inutile l'incoraggiamento all'attività e al lavoro rivolto a uno il cui zelo sarà vano se non è uno degli eletti; si può insomma esortare uno a correggersi o a diventare migliore solo se saprà che può diventare buono col proprio impegno e che la propria libertà riceverà l'aiuto di Dio nel caso in cui essa avrà scelto di ubbidire ai comandamenti di Dio. E così, poiché in coloro, che sono giunti all'uso della ragione, sono due i fattori della salvezza: la grazia di Dio e l'ubbidienza dell'uomo, pretendono che questa preceda la grazia e, pertanto, bisognerebbe credere che l'inizio della salvezza dipende da chi è salvato e non da chi salva, ed è la volontà umana a procurarsi il soccorso della grazia divina e non già la grazia ad assoggettare a se stessa la volontà umana.

Le teorie dei Marsigliesi assai pericolose.

7. Che tali idee siano quanto mai erronee ce l'ha rivelato la misericordia di Dio e ce l'ha insegnato la Beatitudine tua. Noi quindi possiamo rifiutare ad esse il nostro assenso, ma non abbiamo la stessa autorità di coloro che le professano: questi infatti non sono soltanto di molto superiori a noi per i meriti della loro vita, ma alcuni di loro, in vista dell'onore del sommo sacerdozio da loro ottenuto, occupano un grado molto più elevato del nostro e difficilmente si trova, salvo un piccolo numero d'intrepidi amanti della grazia perfetta, chi osi opporsi agl'insegnamenti di personalità tanto eminenti. Perciò, con la nuova dignità, è cresciuto il pericolo non solo per coloro che ascoltano i loro insegnamenti, ma anche per coloro che li espongono agli uditori, dal momento che il rispetto dovuto ad essi induce molti a chiudersi in un silenzio infruttuoso oppure a dare un assenso non ragionato; essi stessi infine considerano quanto mai salutare una dottrina che non incontra alcuna opposizione. Poiché dunque in questi avanzi dell'eresia pelagiana si alimenta la radice velenosa d'una funesta virulenza; se è vero che è male riporre nell'uomo il principio della sua salvezza; ch'è un'empietà mettere la volontà umana al di sopra di quella divina, quando si dice che uno ottiene l'aiuto di Dio perché lo vuole e non già che uno vuole perché è aiutato; se è male credere che l'uomo, nato nel male, può cominciare ad accogliere in sé il bene da parte di se stesso e non da parte del sommo Bene; se è vero che uno piace a Dio solo grazie ai doni di lui, concedici in questa situazione, o papa beatissimo e ottimo padre, l'aiuto della tua Pietà, per quanto lo potrai con la grazia di Dio, degnandoti di delucidarci con le spiegazioni più chiare possibili i punti particolarmente oscuri e difficili a comprendersi riguardo alle suddette questioni.

Principali punti da spiegare

8. E anzitutto, poiché la maggior parte di essi crede che questo dissenso non comporta alcuna alterazione alla fede cristiana, mostra quanto pericolo ci sia nella loro convinzione, e in secondo luogo come la grazia preveniente e cooperante, di cui tu parli, non impedisce per nulla il libero arbitrio. Risolvi poi quest'altro quesito: la prescienza di Dio va forse sempre d'accordo col suo decreto, di modo che anche ciò ch'è decretato debba esser considerato come previsto, oppure queste due cose hanno forse una funzione diversa e distinta a seconda dei vari casi e delle categorie delle persone? Così, poiché la chiamata alla salvezza è diversa per i diversi individui, uno potrebbe immaginare che, riguardo a coloro che si salvano senza che debbano far nulla, il decreto di Dio esiste per così dire da solo, mentre riguardo a coloro che devono fare le opere buone (per salvarsi), il decreto di Dio può basarsi sulla sua prescienza. Oppure, ugualmente per ogni caso, la conoscenza di Dio è, in qualche misura, sempre subordinata al suo decreto, sebbene essa, nel rapporto temporale, non possa distinguersi da quello, di modo che, come non c'è cosa alcuna, quale che sia la sua natura, che la conoscenza di Dio non l'abbia prevenuta, così non c'è in noi bene alcuno che non derivi a noi per partecipazione (del sommo Bene) e non provenga da Dio come dal suo autore. Spiegaci infine come la predicazione del decreto di Dio, in virtù del quale diventano fedeli quelli che sono predestinati alla vita eterna, non sarebbe d'ostacolo a nessuno di quelli che dobbiamo esortare a credere e che nemmeno coloro che non sperassero d'esservi predestinati potrebbero aver un pretesto di abbandonarsi alla negligenza. Ti preghiamo inoltre che, sopportando con pazienza la nostra scarsa intelligenza, ci mostri come si può risolvere l'obiezione secondo la quale, esaminando il pensiero degli antichi autori su questo problema, si trovano quasi tutti unanimi nel credere che il decreto di Dio riguardo alla predestinazione si fondi sulla prescienza e perciò fa degli uni dei recipienti nobili e degli altri dei recipienti ignobili 16, perché prevede come terminerebbe la vita di ciascuna persona e ha conosciuto prima quali sarebbero, sotto l'azione coadiuvante della grazia, la sua volontà e le sue azioni.

Agostino s'adoperi per confutare quegli errori.

9. Una volta che avrai spiegato chiaramente questi quesiti, e ne avrai risolti molti altri che il tuo sguardo penetrante può vedere più attinenti alla nostra questione, crediamo e speriamo non solo che per mezzo dei tuoi insegnamenti la nostra fragilità si rafforzerà, ma che anche gli stessi personaggi, illustri per i loro meriti e per l'alta loro dignità, ora offuscati dalle tenebre delle loro false teorie, riceveranno, purificata da ogni impurità, la luce della grazia. D'altronde uno di essi, personaggio di particolare autorità e studioso di problemi spirituali, Ilario, santo vescovo di Arles, è un tuo ammiratore e - lo sappia la Beatitudine tua - seguace per quanto riguarda tutti gli altri punti della tua dottrina; quanto invece al punto che suscita i suoi rimproveri, già da tempo vorrebbe esporre alla Santità tua la sua opinione. Ma poiché non sappiamo con certezza se lo farà e a quale scopo lo farà e poiché la nostra fiacchezza, per una provvidenza della grazia di Dio a favore dei nostri tempi, riprende fiato nel vigore della tua carità e della tua scienza, prosegui a istruire i semplici e a redarguire i superbi. Sarà utile e anche necessario che tu torni a scrivere su ciò che hai già scritto, perché non si reputi poco importante ciò che non viene confutato parecchie volte. Essi infatti reputano sano ciò che non apporta dolore e non sentono una lesione ricoperta dalla pelle; capiscano invece che, se una parte del corpo ha un tumore persistente, sarà necessario intervenire con un'operazione chirurgica. La grazia di Dio e la pace di nostro Signor Gesù Cristo ti coroni in ogni momento e, dopo averti condotto di virtù in virtù, ti glorifichi per l'eternità, o signore e papa beatissimo, difensore ineffabilmente mirabile, incomparabilmente degno d'onore, eminente su tutti noi.