LETTERA 197

Scritta alla fine del 419 o all'inizio del 420.

Agostino a Esichio, vescovo di Salona, sulle settimane di Daniele e la fine dei tempi, dimostrando che quelle riguardano la prima venuta di Cristo (nn. 1 e 5) e che la fine del mondo non può venire prima che sia predicato il Vangelo a tutte le genti (nn. 2-4).

AGOSTINO A ESICHIO BEATISSIMO SUO SIGNORE.

Le settimane di Daniele.

1. Posso finalmente rispondere alla Santità tua approfittando del ritorno di Cornuto, tuo figlio e nostro collega nel sacerdozio, latore della lettera con cui hai avuto la cortesia d'informarti presso la mia umile persona, e compio il dovere di contraccambiarti i saluti rispettosi raccomandandomi vivamente alle tue preghiere assai gradite al Signore, o beatissimo mio signore e fratello. Quanto a certe espressioni profetiche spesso ripetute, sulle quali hai desiderato che io ti scrivessi qualcosa, mi è parso più opportuno inviare alla tua Beatitudine le spiegazioni delle medesime espressioni tratte dai trattati di quel santo e dottissimo personaggio che è Girolamo, caso mai tu non le avessi. Se invece tu le avessi già e non avessero soddisfatto il tuo quesito, ti chiedo che non ti dispiaccia di farmi sapere la tua opinione a tal riguardo e in qual senso tu stesso intendi i medesimi vaticini profetici. Per conto mio penso che le settimane di cui parla Daniele bisogna intenderle riferite soprattutto al tempo passato, poiché non oso computare il tempo (che ci separa) dalla seconda venuta del Salvatore, la quale avverrà alla fine del mondo. Non penso nemmeno che alcun profeta abbia fissato in anticipo il numero degli anni che passeranno prima di detta fine, ma che abbiano molto più peso le parole del Signore: Nessuno può conoscere i tempi che il Padre ha riserbati al proprio arbitrio 1.

Ignota a tutti la fine del mondo.

2. Riguardo a ciò che dice Cristo in un altro passo, e cioè: Nessuno sa né il giorno né l'ora 2, alcuni lo intendono nel senso che pensano di poter computare i tempi ma che nessuno può sapere solo il giorno e l'ora precisi. Ora, senza dire che la Sacra Scrittura usa spesso il termine " giorno " e " ora " nel senso di " tempo " in genere, nella Scrittura è detto assai chiaramente che quei tempi ci sono ignoti. Il Signore, infatti, interrogato dai suoi discepoli su tale argomento, rispose loro: Nessuno può sapere i tempi che il Padre ha riserbati al suo arbitrio 3. Ora Gesù non disse: " il giorno " o " l'ora ", ma: i tempi, termine, questo, che non suole essere usato per indicare un breve spazio di tempo come un giorno o un'ora, soprattutto se teniamo presente l'espressione della lingua greca, dalla quale sappiamo che è stato tradotto nella nostra lingua il medesimo libro dove sta scritto, sebbene la traduzione latina non lo abbia reso con sufficiente fedeltà. Nel greco infatti si legge: i nostri invece traducono questi due termini con la parola " tempi ", sebbene essi abbiano tra di loro una notevole differenza. I Greci infatti chiamano bensì tempi determinati, ma non quelli che passano nel volgere delle età, bensì quelli che si pensa siano relativi a circostanze opportune o inopportune per fare qualcosa, come la mietitura, la vendemmia, il caldo, il freddo, la pace, la guerra eccetera, mentre chiamano il corso normale dei tempi.

Differenza tra e

3. Gli Apostoli inoltre non rivolsero certo quella domanda come se volessero sapere solo l'ultimo giorno o l'ultima ora, cioè una piccola parte del giorno, ma se era quello il tempo opportuno in cui sarebbe stato ricostituito il regno di Israele. Fu allora che sentirono rispondersi: Nessuno può conoscere i tempi che il Padre si è riserbati al proprio arbitrio; cioè i . Ora, se questi termini si traducessero in latino con tempora aut opportunitates, neppure così si renderebbe l'esatto senso di essi, poiché sono chiamati le circostanze sia opportune che inopportune. Calcolare dunque i tempi, cioè i per sapere quando sarà la fine del mondo e la venuta del Signore, mi pare non sia altro che voler sapere ciò che Cristo stesso ha detto che nessuno può sapere.

Il mondo finirà dopo l'annuncio del Vangelo a tutte le genti.

4. Orbene, l'opportunità di quel tempo non giungerà prima che il Vangelo sia predicato in tutto il mondo per servire di testimonianza a tutte le genti. Ciò è affermato in modo assai chiaro dal Salvatore che dice: Questo Vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo a testimonianza per tutte le genti e allora verrà la fine 4. Che cosa vuol dire: allora verrà, se non che " non verrà prima "? Noi dunque non sappiamo quanto tempo dovrà passare in seguito, ma non dobbiamo affatto dubitare che non verrà prima d'allora. Se dei servi di Dio si sobbarcassero alla fatica di percorrere tutta la terra per calcolare nel miglior modo possibile a quanti popoli non è stato ancora predicato il Vangelo, potremmo in qualche modo sapere quanto tempo ancora dovrà passare fino alla fine del mondo. Se poi a causa di regioni irraggiungibili e inabitabili non si può pensare che dei servi di Dio possano percorrere tutta la terra e riferire con esattezza quanti popoli e quanti abitanti sono ancora all'oscuro del Vangelo di Cristo, penso che sia molto meno possibile capire nelle Sacre Scritture quanto spazio di tempo ci separi ancora dalla fine del mondo, dal momento che leggiamo in esse: Nessuno può conoscere i tempi riserbati dal Padre al proprio arbitrio 5. Pertanto, anche se ci fosse stato riferito con assoluta certezza che il Vangelo è predicato tra tutti i popoli, nemmeno allora potremmo dire quanto tempo resterebbe ancora prima della fine; potremmo solo dire che questa s'avvicina ormai sempre più. Ma ci si potrebbe replicare che i popoli romani e la maggior parte di quelli barbari furono evangelizzati in brevissimo tempo e che la conversione di alcuni popoli alla fede cristiana non è stata lenta, ma talmente rapida che non è incredibile possano essere evangelizzati completamente tutti i rimanenti popoli nei pochi anni, se non della nostra vita, che siamo già vecchi, almeno dei giovani destinati ad arrivare alla vecchiaia. Ma se la cosa avverrà proprio così, sarà più facile dimostrarlo con esperienza diretta quando sarà avvenuta, che scoprirlo nelle Sacre Scritture prima che avvenga.

Meglio una prudente ignoranza che una falsa scienza.

5. Mi ha costretto a dire ciò l'opinione di un tale che anche il presbitero Girolamo 6 bolla di temerarietà per avere osato spiegare le settimane di Daniele come riguardanti la seconda venuta di Cristo e non già la prima. Se per i tuoi meriti superiori Dio rivelerà o ha già rivelato qualcosa di meglio alla santa umiltà del tuo cuore, ti prego di volermelo cortesemente comunicare. Accogli inoltre questa mia risposta come quella d'una persona la quale preferirebbe sapere anziché ignorare ciò che mi hai domandato; siccome però non sono riuscito a saperlo, preferisco confessare una cauta ignoranza anziché professare una falsa scienza.