LETTERA 192

Scritta alla fine del 418.

Agostino al diacono (poi romano pontefice) Celestino sulla mutua benevolenza (nn. 1-2).

A CELESTINO VENERABILE E AMATISSIMO SIGNORE, SANTO FRATELLO E COLLEGA NEL DIACONATO, AGOSTINO (AUGURA) SALUTE NEL SIGNORE

Perenne è il debito della carità.

1. Mi trovavo molto lontano da Ippona quando là mi giunse la lettera della Santità tua recapitatami dal chierico Proietto; al mio ritorno però, dopo averla letta, attendevo l'occasione propizia per darti la risposta che sapevo già era mio dovere darti, quand'ecco mi è capitata graditissima l'occasione della partenza dell'accolito Albino, nostro amatissimo fratello. Rallegrandomi quindi anzitutto della tua salute, che t'auguro sempre ottima, ricambio alla Santità tua i saluti di cui sono debitore. Non potrò d'altra parte sdebitarmi giammai dell'amore che ti debbo; è questo l'unico debito che, anche se soddisfatto, ci tiene sempre obbligati. E' un dovere che si soddisfa quando si adempie, ma vi si è obbligati anche nel caso che sia stato soddisfatto, poiché non vi è istante in cui non si debba adempiere; e non è nemmeno un bene che si perda quando si dà ad altri, che anzi si moltiplica col darlo, poiché si dà solo con l'averlo e non già col mancarne. E poiché non si può dare se non si ha, non può nemmeno aversi se non si dà; al contrario, anzi, anche quando uno lo dà, cresce in lui e tanto più uno ne acquista quanto più numerosi sono coloro ai quali lo dà. Orbene, come potrebbe essere negato agli amici l'amore ch'è dovuto perfino ai nemici? Ma ai nemici l'amore è mostrato con qualche riserva, mentre agli amici è dimostrato in contraccambio senza alcuna riserva. Esso tuttavia fa di tutto per ricevere ciò che dà, anche da coloro ai quali rende bene per male. Se infatti amiamo sinceramente un nemico, desideriamo che diventi nostro amico, poiché non lo amiamo se non desideriamo che sia buono; ma ciò non avverrà mai se non abbandonerà il peccato dell'inimicizia.

Come esercitare la carità.

2. L'amore dunque non si dona come il denaro. Anche prescindendo dal fatto che il denaro, dandolo agli altri, diminuisce mentre l'amore s'accresce, essi differiscono anche per il fatto che se daremo a uno del denaro, a quel tale vorremo più bene se non cercheremo di riaverlo, mentre uno non può essere veramente prodigo d'amore se non esige il ricambio dell'amore ch'egli dona. Quando infatti si riceve del denaro, se ne appropria chi lo riceve mentre chi lo dona se ne espropria; l'amore invece non solo cresce nel cuore di chi lo esige da parte di colui ch'egli ama, anche se non lo riceve in cambio, ma anche colui, dal quale lo riceve, comincia ad averlo quando lo ricambia. Ti contraccambio quindi volentieri, mio signore e fratello, e accetto con gioia l'affetto vicendevole; mentre lo ricevo, continuo a chiedertelo e, mentre te lo contraccambio, continuo ad essertene debitore. Dobbiamo infatti ascoltare docilmente l'unico Maestro di cui siamo condiscepoli, che per bocca del suo Apostolo ci dà il seguente comandamento: Nessun altro debito dovete avere verso alcuno se non quello dell'amore scambievole 1.