LETTERA 114

Scritta dopo la precedente.

Agostino esorta Fiorentino (un funzionario imperiale) ad osservare le disposizioni di legge emanate a tutela degli imputati a giudizio.

A FIORENTINO, SIGNORE E FIGLIO DILETTISSIMO, AGOSTINO AUGURA SALUTE NEL SIGNORE

1. Con l'ordine di quale autorità hai arrestato Favenzio te la vedrai da te. Quanto a me, so che qualunque autorità costituita in sottordine è soggetta alle leggi del suo imperatore. Orbene, per mezzo del fratello e collega di sacerdozio Celestino, ti ho inviato il testo della legge che avresti dovuto naturalmente conoscere anche prima che te la mandassi io. In virtù di questa, a coloro che da qualunque autorità ricevono l'ordine di comparire in giudizio, è concesso di essere condotti nella cancelleria della polizia municipale per essere interrogati se vogliano trattenersi nella città, in cui vengono arrestati, per il periodo di trenta giorni, onde procurarsi del denaro o ordinare la propria difesa secondo quanto richiede il caso, pur restando sempre, beninteso, sotto una moderata sorveglianza. Ora questa legge, come mi ha riferito il prete sopra ricordato, è stata letta alla tua venerata persona, ma ciononostante io te ne mando ugualmente ancora una copia assieme alla presente, non per farti una minaccia, ma per rivolgerti una preghiera dettata non solo dal sentimento di umanità in favore di un uomo, sebbene pure di misericordia che deve avere un vescovo. Io vengo perciò, mio signore e figlio, a intercedere presso di te nella misura consentita dalla umanità e dalla carità: dègnati di accordare questo favore non solo per riguardo alla tua reputazione ma pure alla mia raccomandazione; non ti rincresca cioè di eseguire quanto è prescritto dalla legge dell'imperatore, di cui sei al servizio come ufficiale.