LETTERA 73

Scritta nell'anno 404.

Agostino risponde alla lettera 68 di Girolamo sforzandosi di dissolvere i malintesi (n. 1-5). Ha ricevuto la sua apologia contro Rufino e si mostra addolorato per la discordia fra due sì grandi amici, augura la loro riconciliazione, che avverrà solo se riconosceranno le loro reciproche colpe (n. 6-10).

AGOSTINO INVIA CRISTIANI SALUTI A GIROLAMO SUO VENERATO SIGNORE, AMATISSIMO FRATELLO E COLLEGA NEL SACERDOZIO

Agostino è accarezzato e ferito dalla lettera di Girolamo.

1. 1. Penso che prima di ricevere la presente sia già arrivata nelle tue mani la mia lettera inviata per il tramite del servo di Dio e mio figlio, il diacono Cipriano. Da essa avrai potuto accertarti completamente ch'è mia la lettera di cui tu stesso hai ricordato che erano giunte dalle tue parti delle copie. Già m'immagino sotto la tempesta dei colpi che mi assesterai con la tua risposta come il presuntuoso Darete battuto dai poderosi e duri cesti di Entello. Adesso comunque rispondo alla lettera da te gentilmente inviatami per mezzo del santo figlio nostro Asterio. In essa ho riscontrato molti segni della tua affettuosa benevolenza verso di me, ma anche gli indizi ch'io ti abbia in qualche modo offeso. Così se da una parte nel leggerla mi sentivo accarezzato, dall'altra però mi sentivo subito ferito. Quello che soprattutto mi ha stupito è il fatto che, mentre affermi di non aver ritenuto dover prestar fede, così alla leggera, alle semplici copie d'una lettera, per evitare che, rimanendo offeso dalla tua risposta, io non ti rinfacciassi giustamente che prima avresti dovuto accertarti che la lettera fosse mia e solo dopo rispondermi, tu poi nel seguito della lettera esigi ch'io ti scriva schiettamente se la lettera è mia oppure te ne mandi altre copie munite di maggior garanzia d'autenticità, in modo da potere senza rancore o collera, intrattenerci a discutere sulla sacra Scrittura. Ma, domando io, in qual modo potremmo intrattenerci senza rancore in tali discussioni se sei pronto ad offendermi? Anche nel caso che tu non lo sia, come potrei io, senz'essere offeso da te, lagnarmi giustamente d'esserlo stato e pretendere che prima avresti dovuto provare che la lettera fosse mia e solo dopo rispondermi, cioè offendermi? A dir la verità, io sono ben lontano dal considerarmi offeso anche nel caso che tu volessi e potessi dimostrarmi con argomenti inoppugnabili d'aver compreso meglio di me quel passo della lettera dell'Apostolo [ai Galati] o altri simili passi della sacra Scrittura; anzi nemmeno lontanamente penso di non considerare come un guadagno e di non ringraziare se sarò istruito da un maestro come te, oppure corretto da un critico come te!

Sono piuttosto le insinuazioni di Girolamo a offendere Agostino.

1. 2. Se però tu, fratello carissimo, non ti fossi considerato offeso dai miei scritti, non avresti neppure creduto ch'io potessi considerarmi offeso dalla tua risposta. Non considerandoti offeso, in realtà non mi sarei mai indotto a supporre che la tua risposta fosse tuttavia tale da offendermi. Anche se la tua risposta non fosse su questo tono, ma tu m'avessi creduto proprio uno stolto che potesse considerarsi offeso, m'hai fatto senz'altro un torto proprio per avermi giudicato tale. Orbene, in nessun modo m'avresti giudicato così alla leggera quale non mi hai giammai conosciuto per esperienza, dal momento che non hai voluto credere, così alla leggera, a delle copie della mia lettera, pur conoscendo il mio modo di scrivere. Se infatti hai previsto, e non a torto, le giuste lagnanze che avrei fatte, se tu avessi creduto troppo alla leggera che fosse mia una lettera non mia, con quanto maggior diritto potrei risentirmi io, se uno non mi avesse giudicato tale, quale in realtà non mi aveva conosciuto? Per nessun motivo dunque saresti dovuto giungere al punto di giudicarmi tanto scemo da potermi stimare offeso per una tua risposta dettata senz'alcuna intenzione di offendermi.

Se t'ho offeso, perdonami.

2. 3. Non resta quindi se non l'ipotesi che saresti stato pronto a offendermi se tu fossi venuto a sapere da segni indubbi che la lettera era mia! In tal caso, poiché non penso che tu in questo caso avresti creduto dovermi offendere senza un giusto motivo, non mi rimane che riconoscere il mio peccato di averti per primo offeso con quelle mie lettere che, non posso negarlo, sono mie. Perché dunque cercare di andare contro corrente e non chiederti piuttosto perdono? Ebbene, ti scongiuro per la mansuetudine di Cristo 1: perdonami se t'ho offeso e non ricambiare male per male! Mi sentirò invece offeso se mi tacerai gli errori, qualunque siano, che potrai trovare in quel che faccio o in quel che dico. Poiché, se mi rimprovererai cose non criticabili, recherai offesa più a te che a me. Ma non è né pensabile né compatibile con la tua condotta e col tuo santo ideale di perfezione che tu faccia una simile cosa col proposito deliberato di offendermi, incolpandomi malignamente di cose di cui hai perfetta consapevolezza che io non sono colpevole. Per conseguenza una delle due: o devi criticarmi con benevolenza, anche se non ho colpa di quello che tu reputi criticabile, o devi trattarmi con affetto paterno poiché non riuscirai a distaccarmi da te. Può darsi pure che tu veda le cose diversamente da quel che sono in realtà; ad ogni modo quel che importa è che tu agisca ispirato da carità: io, da parte mia, accoglierò con infinita gratitudine le critiche che mi farai, ispirato dalla più sincera amicizia, quantunque non meriterebbe d'essere criticata un'opinione che può essere giustamente difesa, oppure riconoscerò contemporaneamente la tua bontà e il mio errore e, nella misura che il Signore me lo concederà, mi serberò riconoscente per quella e mi correggerò di questo.

Meglio l'amara ma salutare verità dei nemici che il silenzio degli amici paurosi.

2. 4. Perché allora dovrei aver paura delle tue parole, forse anche dure ma certamente salutari, come se fossero i cesti di Entello? In realtà Darete veniva solo percosso, non già curato, e per conseguenza ne usciva vinto ma non guarito. Io invece non ne soffrirò se riceverò con rassegnazione la tua correzione medicinale; e anche se, per la debolezza umana in genere o per la mia in particolare, non riuscissi ad evitare il dispiacere neppure quando venissi rimproverato per una colpa reale; è sempre meglio sopportare il dolore che procura il taglio d'un ascesso alla testa piuttosto che non guarirne per evitare il dolore. Questa verità fu acutamente intuita da chi disse che in genere sono più utili i nemici i quali ti biasimano che non gli amici i quali hanno paura di farti dei rimproveri 2. I primi, infatti, nel litigare con noi ci manifestano spesso difetti reali di cui possiamo correggerci; i secondi invece, temendo d'inacidire la dolcezza dell'amicizia, si dimostrano meno liberi di quanto sarebbe necessario nel giudicare gli amici. Perciò, anche se hai l'impressione d'essere un bue stanco forse per la vecchiaia fisica, ma non certo per il vigore dell'animo, dal momento che innaffi col sudore della tua fatica e con ottimi risultati la vigna del Signore, eccomi qui: se ho detto qualche sproposito, punta pure su di me più forte il tuo piede! Non mi sarà gravoso il peso della tua età, purché venga triturata la paglia della mia colpa.

Agostino brama la familiarità con Girolamo.

2. 5. Leggo pure e ripenso con profondo sospiro di nostalgia l'espressione da te scritta verso la fine della tua lettera: " Dio volesse che meritassi di poterti abbracciare e d'intrattenermi in conversazione con te! s'insegna o s'impara sempre qualcosa gli uni dagli altri ". Io poi a mia volta dico: " Magari abitassimo almeno in regioni vicine! Così, anche se non fosse possibile intrattenerci in conversazione, le nostre lettere potrebbero essere almeno più frequenti! " Attualmente invece la lontananza dello spazio che ci tiene separati fisicamente è tale che io ero giovane quando scrissi alla Santità tua a proposito di quelle parole dell'Apostolo ai Galati 3; me ne ricordo bene; adesso invece eccomi già vecchio, e non ho ancora meritato di ricevere la tua risposta, ed è più facile ti giungessero prima copie della mia lettera grazie a chissà quale occasione sopraggiunta in antecedenza, che non la mia lettera autentica, nonostante tutte le mie precauzioni! Fatto sta che la persona che l'aveva presa in consegna non l'ha poi né recapitata a te né riportata a me. Oltre a ciò, nella tua lettera che riuscì a giungere nelle mie mani appare tanta cultura, che non mi curerei d'altro se non di stare sempre al tuo fianco. Ma, siccome ciò mi è impossibile, ho in animo d'inviarti qualcuno dei nostri figli nel Signore, perché tu lo istruisca per noi, purché su questo progetto io meriti una risposta da parte tua. Per la verità io non ho né riuscirò mai ad avere tanta scienza scritturistica quanta vedo che ne possiedi tu. D'altronde quel poco di capacità che posso avere in questo campo, la metto completamente a servizio del popolo di Dio. A causa però delle mie occupazioni ecclesiastiche non mi è affatto possibile d'applicarmi agli studi con impegno maggiore di quello richiesto dalle esigenze dei miei fedeli.

La rovinosa polemica di Girolamo con Rufino.

3. 6. Sono all'oscuro di certi scritti giunti in Africa e che sarebbero pieni di malignità contro di te; ho invece ricevuto la risposta che hai scritto contro quelle invettive e che gentilmente m'hai inviata. Appena l'ho letta sono rimasto assai addolorato, debbo confessartelo, nell'apprendere che tra persone tanto care e intime come voi, uniti da un vincolo d'amicizia ben noto a quasi tutte le Chiese, fosse nata una discordia così dannosa. Veramente dalla tua lettera appare abbastanza chiaro come ti freni per trattenere le frecciate del tuo sdegno, per non rendere male per male. Nonostante la tua risposta, mi sentivo struggere di dolore e rabbrividire di spavento, pensando a che cosa mi avrebbero ridotto le invettive scritte dal tuo avversario contro di te, se fossero capitate nelle mie mani. Guai al mondo a causa degli scandali! 4 Ecco, è una realtà e s'avvera a puntino la predizione fatta dalla sacra Scrittura: Per il moltiplicarsi dell'iniquità si raffredderà la carità di molti 5. Potranno ancora due cuori, amici quanto si voglia, essere sicuri di potersi confidare i loro più intimi sentimenti? Nel cuore di chi si può star certi di poter riversare il proprio affetto con abbandono completo e tranquillo? Quale sarà infine l'amico che non si possa temere come un possibile futuro nemico, se perfino tra Girolamo e Rufino è potuta scoppiare la discordia che ora ci fa piangere? Oh, misera e miseranda condizione delle creature! Oh come ci si può ingannare nel giudicare le disposizioni d'animo degli amici in questo mondo, ove non si può assolutamente prevedere come saranno in avvenire! Ma perché stare a ragionare e a lamentarsi della discordia tra due amici, dal momento che uno non sa nemmeno di sé stesso che cosa diverrà domani? In realtà sa solo a un dipresso e a mala pena ciò ch'è attualmente, ma ignora del tutto che cosa sarà in avvenire.

Felicità e prescienza della colpa e del castigo negli Angeli.

3. 7. Ma c'è ancora un altro problema di cui non so farmi alcuna idea chiara: se gli Angeli santi e beati hanno non solo la conoscenza di quel che ciascuno di loro è attualmente ma pure la prescienza di quel che diverrà, com'è stato mai possibile al diavolo essere felice al tempo in cui era ancora buono, se prevedeva la sua colpa futura e il suo eterno supplizio? Su questo problema vorrei sentire la tua opinione, se pure è necessario averne un'idea precisa. Vedi quali inconvenienti derivano dalle terre e dai mari che ci separano fisicamente! Se la lettera che stai leggendo fossi io in persona, già risponderesti al mio quesito. Ora, invece, quando mi risponderai? Quando mi spedirai la risposta? Quando m'arriverà? Quando potrò averla in mano? Magari ciò avvenisse comunque, una volta! Ma poiché ciò non può avvenire con la prestezza che vorremmo, lo aspetto con la pazienza più grande possibile. Torno quindi a ripetere le parole dolcissime della tua lettera, traboccanti del tuo santo desiderio, che a mia volta faccio mio: " Dio volesse che meritassi di poterti abbracciare e intrattenermi in conversazione con te! S'insegna o s'impara: sempre qualcosa gli uni dagli altri ", pur ammesso ch'io potessi insegnarti alcunché!

Quale rovina la discordia tra due maestri di spirito cristiani!

3. 8. Queste tue parole, non più solo tue ma anche mie, mi sono di gioia e di conforto; anzi il nostro reciproco desiderio, per quanto sospeso in aria e così lontano dall'approdare alla realtà, mi consola non poco; d'altra parte però mi sento trafitto da un dolore acutissimo nel pensare che tra voi due - ai quali Dio aveva concesso, in larga misura e per sì lungo tempo, il desiderio nutrito da noi due, di assaporare nel più stretto rapporto di familiarità le dolcezze della sacra Scrittura - si sia infiltrato il fiele del più aspro rancore che ci rovina! Quando, ove, da chi dovrò temere una simile sciagura, dal momento ch'è potuta abbattersi su persone, come voi, di età già matura e impegnati nello studio della sacra Scrittura, quando, dopo esservi scrollati di dosso la zavorra del mondo, seguivate ormai speditamente il Signore e vivevate assieme nella terra in cui camminò il Signore coi suoi piedi umani e disse: A voi do la mia pace, la mia pace lascio a voi 6? E' proprio vero che la vita umana sulla terra non è che una prova 7! Oh, quanto mi dispiace di non potervi trovare insieme in qualche luogo! Se per caso vi trovassi, a causa del turbamento, del dolore, del timore, mi getterei ai vostri piedi, piangerei tutte le lacrime possibili, vi pregherei con tutte le forze dell'amore che vi porto, prima ciascuno di voi personalmente, poi tutti e due, ciascuno per l'altro e per gli altri, soprattutto per i deboli, per i quali è morto Cristo 8; essi stanno a guardarvi come se foste sul palcoscenico - per così dire - della vita e con gran rischio delle loro anime. Vi pregherei di non scrivere più, di non diffondere più cose che interessano soltanto voi - quelle cose su cui ora non volete mettervi d'accordo - poiché neppure se un giorno vi metterete d'accordo, riuscirete più a distruggerle. Non litigate più su questioni che, una volta riconciliati, avrete vergogna di leggere.

L'amicizia e la libertà d'esprimere le proprie opinioni.

3. 9. Io però devo dire alla tua Carità che nulla, riguardo a questa eventualità, m'ha spaventato maggiormente del fatto che nella tua lettera ho scorto vaghi indizi del tuo sdegno contro di me: non parlo degli accenni a Entello e al bue stanco, che m'è parsa più una piacevole arguzia che una stizzosa minaccia, quanto piuttosto della frase da te scritta evidentemente in tono serio e da me precedentemente messa in rilievo forse più di quanto avrei dovuto, ma non più di quanto temevo. In essa ti sei espresso così: " per paura che tu, sentendoti offeso dalla mia risposta, non mi facessi delle giuste lagnanze ". Ti prego quindi, se è possibile, di discutere su questioni adatte ad alimentare le nostre menti senza che vi s'infiltri il fiele della discordia. Se invece non posso dire quel che mi pare sia da correggere nei tuoi scritti, né tu puoi fare altrettanto nei miei senza che v'entri il sospetto della gelosia e senza guastare l'amicizia, lasciamo da parte queste cose e pensiamo solo a salvaguardare la nostra salute e la salvezza della nostra anima. Non importa se raggiungeremo con minor certezza la scienza che gonfia, purché non si offenda la carità che edifica 9. Quanto a me, m'accorgo d'essere lontano dalla perfezione, di cui sta scritto: Se uno non pecca nel parlare, costui è perfetto 10. Penso però che per la misericordia di Dio non trovo difficoltà a chiederti perdono se t'ho arrecato qualche offesa; tu però me lo devi dire apertamente affinché, col darti retta, tu possa guadagnare il tuo fratello 11. Per il fatto poi che ne sei impedito di farlo a quattr'occhi dalla distanza che ci divide, non devi lasciarmi nell'errore. Insomma, riguardo a ciò che ambedue vogliamo sapere, se io sono convinto o credo o mi pare di poter sostenere qualche opinione diversa dalla tua, farò in modo, nei limiti che mi concederà il Signore, di dartene la dimostrazione senza offenderti. Riguardo invece alla tua offesa, appena m'accorgerò d'averti irritato, non farò altro che chiederti perdono.

Le maldicenze e il vero male.

3. 10. Non penso neppure per sogno che ti sia potuto irritare per uno dei seguenti casi: cioè o perché ho detto cose che non avrei dovuto dire o perché non le ho dette come avrei dovuto dirle; tanto più che la nostra conoscenza reciproca (non c'è da stupirsene) non è uguale a quella che hanno di noi i nostri amici più intimi e i nostri più stretti familiari. Ti confesso poi che trovo quanto mai naturale abbandonarmi interamente all'affetto di tali persone, soprattutto quando sono oppresso dagli scandali del mondo: nel loro cuore trovo riposo scevro di preoccupazione essendo persuaso che in esso c'è Dio e in Lui m'abbandono sicuro e sicuro mi riposo. In questa mia sicurezza non temo affatto l'incertezza del domani, propria dell'umana fragilità, di cui mi lamentavo poco prima. Quando infatti m'accorgo che un tale è infiammato d'amore cristiano grazie al quale è diventato mio amico fedele, qualunque progetto o pensiero io gli affidi, non lo affido a una persona umana, ma a Colui nel quale egli rimane e per cui è quel che è. Dio infatti è amore e chi rimane nell'amore, rimane in Dio e Dio in lui 12; se poi costui abbandonasse Dio, sarebbe inevitabile che ci procurasse altrettanto dolore, quanta era la gioia che ci procurava mentre rimaneva nell'amore, comunque, se uno da intimo amico qual era diventa nemico, cerchi pure qualche ingegnosa menzogna, ma non vada a scovare cose da offrire in pasto al pubblico per rabbioso risentimento. Chiunque può ottenere questo risultato non già nascondendo quel che ha fatto, ma non facendo ciò che poi vorrebbe nascondere. E' una grazia questa che Dio concede alle persone buone e timorate, di comportarsi cioè con piena libertà e sicurezza con gli amici, qualunque sia il loro atteggiamento futuro, senza svelare mancanze ricevute da parte di altri e senza commettere essi stessi mancanze di cui possano temere possibili rivelazioni. In realtà, quando un maligno inventa qualcosa di falso, o non viene creduto da nessuno o ne scapita solo la reputazione senza che ne vada di mezzo la salvezza dell'anima. Il male compiuto è, al contrario, un nemico che si porta dentro sé stessi, anche se non viene divulgato da nessun amico intimo per sfogo di pettegolezzo o in qualche lite. Per conseguenza chi non s'accorgerebbe, se è intelligente, con quanta pazienza sopporti ora anche tu, col solo conforto della buona coscienza, gl'incredibili attacchi di ostilità da parte di chi t'era una volta intimo amico? E chi non s'accorgerebbe come ciò che costui va blaterando (e forse qualcuno arriverà a prestarvi fede!) è da te considerato come appartenente alla specie delle " armi sinistre ", le quali servono, non meno di quelle di destra, a combattere contro il demonio? Malgrado ciò, preferirei che il tuo avversario fosse possibilmente più moderato piuttosto che vedere te armato a questo modo. E' un fatto mostruoso, strano e doloroso essere arrivati, da quei rapporti di sì stretta amicizia, a simili manifestazioni di ostilità. Sarà, comunque, motivo di gioia più grande il ritorno da tali ostilità alla concordia che regnava in precedenza.