LETTERA 34

Scritta dopo la precedente.

Agostino, ardentemente desideroso della pace e dell'unità della Chiesa (n. 1), si lamenta con Eusebio perché un giovane furibondo e snaturato, che aveva l'abitudine di battere la madre, minacciata perfino di morte, sia stato ribattezzato dai Donatisti (n. 2), colpendo al cuore la madre Chiesa (n. 3); Agostino lo prega d'informarsi se il fatto è avvenuto per ordine di Proculiano e di sollecitare dallo stesso un dibattito per trattare tutta la questione, pronto a farsi sostituire dal vescovo Sansucio (n. 4-6).

AGOSTINO ALL'ESIMIO, RAGGUARDEVOLISSIMO E ONORANDO FRATELLO EUSEBIO

Desiderio di pace e di unità cristiana.

1. Dio solo, cui son palesi i segreti del cuore umano, sa che quanto io amo la pace cristiana altrettanto sono addolorato delle azioni sacrileghe di coloro che, in modo indegno ed empio, persistono nella rottura di questa pace. Dio sa pure che questo mio dolore nasce da un sentimento di pace e che non agisco per costringere alcuno a tornare contro sua volontà nella comunione della Chiesa Cattolica, ma affinché a tutti gli erranti appaia chiara la verità, e, una volta resa manifesta mediante il nostro ministero con l'aiuto di Dio, persuada da se stessa a farsi abbracciare e seguire.

Lo sventurato giovane ribattezzato dai Donatisti.

2. Ora, per non parlare d'altro, ti domando che cosa può esserci di più esecrando di quel che accade in questi tempi? Un giovane dissennato vien ripreso dal proprio vescovo perché batte continuamente la madre e non tiene lontane dal seno, che gli ha dato la vita, l'empie sue mani neppure nei giorni in cui la severità delle leggi perdona perfino i più scellerati. È arrivato perfino a minacciare la madre di passare nella sètta di Donato e di toglierla di mezzo, non contento di percuoterla, al solito, con incredibile furore. La minaccia, passa nella sètta di Donato, viene ribattezzato in preda al furore, è rivestito della veste candida, mentre ancora freme d'ira contro il sangue materno. Lo si mette nel coro su d'un'alta pedana per mostrarlo all'assemblea dei fedeli, che scoppiano in gemiti, e mentre questo figlio scellerato medita il matricidio, lo si presenta come spiritualmente rigenerato!

Dovere di denunciare i misfatti d'un apostata.

3. Orbene, potresti approvare simili mostruosità tu che hai un animo così nobile? Mai e poi mai potrei credere di te una simile assurdità: conosco bene la tua saggezza! Una madre secondo la carne viene percossa nelle membra con cui ha generato e allevato il figlio snaturato; la Chiesa, madre spirituale, riprova tale comportamento; ed eccola anch'essa percossa nei sacramenti, coi quali ha dato vita e nutrimento all'ingrato! E non ti pare di averlo sentito gridare pieno di rabbia e di furore parricida: "Che farò dunque alla Chiesa, che mi proibisce di battere mia madre? Ho trovato quel che ho da fare! Sarà ferita anch'essa con tutte le offese possibili; s'avveri in me qualcosa per cui le sue membra abbiano a soffrire! Passerò nella sètta di coloro che sanno cancellare la grazia per cui divenni figlio della Chiesa, che sanno distruggere il carattere che presi nel suo grembo. In tal modo strazierò con fieri tormenti tutte e due le mie madri: per prima mi piangerà morto quella che mi ha generato dopo. Per addolorare questa, morrò spiritualmente; per torturare quella vivrò carnalmente". Cosa altro aspettiamo, stimatissimo Eusebio, se non che costui, sentendosi ormai sicuro perché Donatista, impugni le armi contro la povera donna, ormai vecchia decrepita, vedova, priva d'aiuto, di percuoterla quale gli era proibito quand'era nella Chiesa cattolica? Qual altro progetto poteva in realtà concepire nell'animo furibondo, allorché diceva alla madre: "Passerò nella sètta di Donato e berrò il tuo sangue"? Eccolo: già sanguinario nella coscienza, rivestito della veste candida, ha già mantenuto la prima parte della sua promessa; gli resta solo la seconda, cioè bere il sangue di sua madre. Se dunque si approvano certe azioni, venga pure spinto dai suoi chierici e santificatosi a compiere tutto quello che ha promesso durante gli otto giorni in cui deve portare il suo abito bianco.

L'orrendo misfatto.

4. La destra del Signore, tuttavia, è potente a tenere lontano da questa povera e desolata vedova il furore di codesto sciagurato e a distoglierlo, coi mezzi a Lui noti, da un disegno sì criminale. Io però, colpito da tanta angoscia, cos'altro potrei fare che alzare la mia voce di protesta? Dunque, gli apostati commettono tali misfatti, e a me si viene a dire: "Sta zitto"? Il Signore tenga lontano da me tale demenza, per cui, mentre Egli per bocca del suo Apostolo mi comanda dicendo che dal vescovo devono essere confutati quelli che insegnano cose sconvenienti 1, io me ne stia zitto per paura delle loro indignate minacce! Ho voluto che questa sacrilega scelleratezza fosse registrata nei verbali degli atti pubblici proprio perché specialmente in altre città, ove sarà più opportuno parlarne, nessuno abbia a pensare che io deplori dei fatti immaginari; perfino ad Ippona, infatti, si va già dicendo che non fu Proculiano a ordinare ciò, mentre la cosa è stata riferita ufficialmente nei registri municipali dagli ufficiali di pubblica sicurezza.

Invito a Proculiano per l'unità cristiana.

5. Orbene, che cosa possiamo fare con più moderazione che trattare un affare sì grave per mezzo di te, rivestito come sei di autorità tanto spiccata e dotato di profonda e tranquilla prudenza? Ti chiedo quindi, come t'ho già fatto chiedere per mezzo dei nostri fratelli, persone buone ed oneste inviate appositamente, che ti degni d'indagare se Vittore abbia ricevuto questo mandato dal suo Vescovo, come ha riferito, oppure gli ufficiali civili abbiano registrato il falso negli Atti pubblici, nonostante che appartengano alla stessa comunione. Se poi Proculiano acconsentisse a trattare insieme e pacificamente la questione dello scisma, lo farei volentieri, affinché apparisse ancor più manifesto l'errore già di per sé evidente. Ho infatti sentito dire che, per evitare qualunque tumulto popolare, propone che siano presenti alle nostre discussioni solo dieci persone serie e onorate per ciascuna delle due parti e cerchiamo quale, secondo le Sacre Scritture, sia vera dottrina. Alcuni inoltre hanno riferito che Proculiano ha avuto da ridire perché non sono andato a Costantina, dal momento che i Donatisti vi s'erano riuniti in gran numero, e dice che dovrei recarmi a Mileo, perché lì, come essi affermano, terranno prossimamente un concilio. Ma queste sono chiacchiere ridicole; come se il mio compito fosse di occuparmi di loro e non della Chiesa d'Ippona! Quanto alla presente questione, essa riguarda soprattutto me e Proculiano. Nel caso però ch'egli si ritenesse impari a cimentarsi con me, potrebbe ricorrere, qualora lo preferisse, all'aiuto di qualche collega. In realtà nelle altre città la nostra azione si svolge solo nell'interesse della Chiesa o di quel che ci permettono o ci impongono i vescovi delle medesime città, nostri fratelli nel sacerdozio.

Propone il Vescovo Sansucio, illetterato, a far le sue veci.

6. Del resto non comprendo bene che cosa costui, che dice di essere vescovo da tanti anni, possa temere da parte d'un vescovo novellino quale sono io, per rifiutarsi d'intrattenere una discussione con me. Teme per caso la mia cultura letteraria, che forse non ha imparato per nulla o solo superficialmente? Ma quale importanza può avere la cultura nella questione che si deve discutere sulla base della Sacra Scrittura o di documenti ecclesiastici o pubblici, cosa di cui egli s'occupa da tanti anni e in cui perciò dovrebbe essere ben più versato di me? C'è finalmente qui il mio fratello e collega Sansucio, vescovo della Chiesa di Turri, il quale non possiede la minima cultura letteraria, che costui dice di temere. Ebbene, sia pure questo vescovo a incontrarsi e a trattare con lui! Io lo pregherò e, come spero nel nome di Cristo, mi concederà senz'altro di far le mie veci in questa faccenda. Il Signore poi, come spero, lo aiuterà in questo dibattito per la verità, perché, anche se non è raffinato nel parlare, è però assai versato nella vera fede. Non c'è dunque alcun motivo perché Proculiano rimetta il dibattito della questione ad altri e rifiuti di trattare tra noi ciò che del resto è solo di nostra competenza. A ogni modo, come già ho detto, io non escludo neppure coloro di cui domanderà l'aiuto.