1. 1. Commentando il libro della sacra Scrittura intitolato La Genesi dal principio fino all'espulsione del primo uomo dal paradiso, abbiamo composto undici libri sia affermando e difendendo ciò che per noi è certo, sia ricercando ed esprimendo le nostre opinioni o esitazioni su ciò che è incerto. Quanto abbiamo potuto e come l'abbiamo potuto [spiegare], l'abbiamo esposto e messo per iscritto non tanto per prescrivere a ciascuno che cosa pensare sui punti oscuri, quanto per mostrare la necessità d'essere istruiti noi stessi su ciò di cui noi dubitavamo, e per distogliere il lettore dal fare affermazioni temerarie su problemi per i quali non siamo riusciti a presentare una dottrina sicura. In questo dodicesimo libro, al contrario, ormai liberi dalla preoccupazione, da cui eravamo impediti, di spiegare punto per punto il testo delle Sacre Scritture, tratteremo con maggior libertà ed ampiezza la questione del paradiso perché non si creda che abbiamo voluto evitare di chiarire ciò che pare insinuare l'Apostolo, che cioè il paradiso sia situato al terzo cielo, quando dice: So che quattordici anni fa un uomo in Cristo, non so se con il corpo o se fuori del corpo, lo sa Dio, fu rapito fino al terzo cielo. So inoltre che quest'uomo, non so se con il corpo o senza il corpo, solo Dio lo sa, fu rapito in paradiso e udì parole ineffabili che a un uomo non è possibile pronunciare 1.
1. 2. A proposito di queste parole il primo quesito che di solito ci si pone è che cosa intende dire l'Apostolo quando parla del "terzo cielo", e in secondo luogo se vuol farci intendere che lì è il paradiso oppure vuol dire che, dopo essere stato rapito al "terzo cielo", fu rapito anche nel paradiso dovunque questo si trovi; sicché essere rapito al "terzo cielo" non sarebbe la stessa cosa ch'essere rapito nel paradiso, ma prima sarebbe stato rapito al "terzo cielo" e poi di lì nel paradiso. È un problema tanto oscuro che, a mio avviso, non può essere risolto se uno - basandosi non [solo] sulle parole dell'Apostolo citate più sopra, ma anche su altri eventuali passi della sacra Scrittura o su ragioni evidenti - non riuscirà a trovare un argomento capace di provare che cosa è o non è il paradiso; se cioè è sito nel "terzo cielo", poiché non appare chiaro neppure se lo stesso "terzo cielo" è da considerarsi come un luogo materiale o forse come una condizione spirituale. Si potrebbe in realtà affermare che un uomo avrebbe potuto essere rapito con il suo corpo solo in un luogo materiale ma poiché [in questo passo] l'Apostolo afferma anche di non sapere se fu rapito nel corpo o fuori del corpo, chi oserebbe affermare di sapere ciò che l'Apostolo afferma di non sapere? Tuttavia se lo spirito senza il corpo non può essere rapito in luoghi materiali né un corpo in luoghi spirituali, la stessa incertezza dell'Apostolo - dal momento che nessuno dubita che fa quell'affermazione parlando di se stesso - ci costringe in un certo senso ad ammettere che il luogo ove fu rapito l'Apostolo era tale che non si potrebbe sapere né distinguere se fosse materiale o spirituale.
2. 3. Quando infatti nel sogno o nell'estasi si formano immagini corporee, queste non si distinguono affatto dai corpi se non quando, ripreso l'uso dei sensi del corpo, la persona riconosce d'essere stata tra quelle immagini ch'essa non percepiva per mezzo dei sensi del corpo. Chi, infatti, destatosi dal sonno, non si accorge subito che le cose viste in sogno erano [puramente] immaginarie, sebbene - quando le vedeva nel sogno - non fosse capace di distinguerle dalle visioni degli oggetti percepiti dagli individui che sono desti? Io tuttavia so che a me è capitato - e non dubito quindi che anche altri possa aver avuto o possa avere la stessa mia esperienza - di veder qualche cosa in sogno e d'essere conscio che la vedevo in sogno e che le immagini, che di solito c'ingannano ritenendole reali, non erano dei veri corpi, ma anche dormendo ero perfettamente sicuro e convinto che quelle immagini erano solo fantasie che mi venivano in sogno. Ciononostante io talvolta mi sono ingannato: come quando, vedendo ugualmente nel sogno un mio amico, mi sforzavo di persuaderlo di questa stessa verità, che cioè le cose che noi vedevamo, non erano corpi ma solo immagini di persone sognanti, sebbene m'apparisse anche lui certamente tra quelle immagini nella stessa loro forma. Cionondimeno io dicevo altresì che non era neppure vero che noi fossimo a conversare insieme e che anch'egli nel sonno vedeva allora qualche altra cosa e ignorava assolutamente se io vedevo quegli oggetti. Quando però mi sforzavo di convincerlo ch'egli non era lì in persona, d'altra parte ero anche propenso a pensare ch'egli era lì poiché non avrei certamente potuto conversare con lui se avessi avuto l'esatta impressione ch'egli in persona non era lì. Per conseguenza la mia anima, benché in modo misterioso fosse sveglia mentre io dormivo, poteva essere lo zimbello solo d'immagini corporee come se fossero dei veri corpi.
2. 4. A proposito dell'estasi ho potuto sentire quanto dichiarava un tale, un campagnolo a mala pena capace d'esprimere ciò di cui aveva avuto esperienza: egli sapeva ch'era sveglio e vedeva qualcosa ma non con gli occhi del corpo. Per dirlo con le sue parole e per quanto io posso ricordarmele: "A veder lui - mi raccontava - era l'anima mia, non erano i miei occhi; io non sapevo tuttavia se fosse un corpo o l'immagine d'un corpo". Egli non era capace di discernere di che si trattasse ma era tanto semplice e sincero che lo ascoltavo come se fossi stato io stesso a vedere ciò che egli mi narrava d'aver visto.
2. 5. Se perciò Paolo vide il paradiso così come a Pietro apparve il vassoio calato giù dal cielo 2, a Giovanni apparvero tutte le visioni descritte nell'Apocalisse 3, a Ezechiele apparve la pianura piena d'ossa di morti e la loro risurrezione 4, a Isaia apparve Dio assiso [sul suo trono] e davanti a lui i Serafini e l'altare da cui fu preso il carbone ardente che purificò le labbra del Profeta 5, è evidente che [Paolo] non poteva sapere se vedeva quelle cose nel corpo o fuori del corpo.
3. 6. Ma se quelle realtà furono viste da San Paolo fuori del suo corpo e non erano corpi, possiamo chiederci ancora se fossero immagini di cose corporee oppure una sostanza che non ha alcuna somiglianza con i corpi, così com'è Dio, com'è lo spirito o l'intelligenza o la ragione dell'uomo, così come sono le virtù della prudenza, giustizia, castità, pietà e tutte le altre realtà di qualsiasi specie che noi enumeriamo, distinguiamo, definiamo con l'intelligenza o con il pensiero senza percepirne non solo i lineamenti o i colori ma neppure il suono, l'odore e il sapore, senza che il tatto ne abbia la sensazione di caldo o di freddo, di molle o di duro, di liscio o di ruvido, ma le percepiamo per mezzo di un'altra visione, di un'altra luce, di un'altra evidenza, di gran lunga più eccellente e più sicura di tutte le altre.
3. 7. Ritorniamo dunque alle medesime parole dell'Apostolo ed esaminiamole più attentamente fissando anzitutto nel nostro intelletto la inconcussa convinzione che il suo discernimento della natura corporea e incorporea era immensamente più perfetto di quel che noi riusciamo a conoscere per quanti sforzi facciamo. Se dunque egli sapeva che per mezzo del corpo non possono affatto vedersi le realtà spirituali né fuori del corpo possono vedersi quelle corporali, per qual motivo non precisò in qual modo poté vederle quando si riferisce proprio alle realtà vedute? Se infatti era sicuro ch'erano realtà spirituali, perché non era ugualmente sicuro d'averle viste fuori del corpo? Se invece sapeva ch'erano realtà corporali, come mai non sapeva anche che non avrebbe potuto vederle se non per mezzo del corpo? Perché dunque dubita se le vide con il corpo o fuori del corpo, se non forse perché dubita ugualmente se quelle realtà fossero corpi o somiglianze di corpi? Vediamo dunque prima, in tutto il contesto del passo che esaminiamo, di che cosa egli non dubita e così, quando resterà solo ciò di cui dubita, dalle sue certezze apparirà forse anche il motivo del suo dubbio.
3. 8. So - egli dice - che un uomo in Cristo quattordici anni fa, non so se con il corpo o fuori del corpo, solo Dio lo sa, fu rapito fino al terzo cielo 6. Egli dunque sa che quattordici anni prima un uomo in Cristo era stato rapito fino al terzo cielo. Di ciò egli non ha il minimo dubbio e quindi non dobbiamo dubitare neppure noi. Paolo però dubita d'essere stato rapito con il suo corpo o fuori del corpo; se perciò egli ne dubita, chi di noi oserà esserne certo? Ne verrà forse anche di conseguenza che possiamo dubitare dell'esistenza del terzo cielo, in cui dice che quell'uomo fu rapito? Se infatti gli fu mostrata [in un sogno ispirato] la realtà oggettiva, gli fu mostrato il terzo cielo; se invece gli fu mostrata solo un'immagine somigliante a realtà materiali, quello non era il terzo cielo, ma la visione si svolse secondo un determinato ordine in modo che a Paolo sembrò di salire al primo cielo e poi di vederne un altro al di sopra di quello e di salirvi e di nuovo gli parve di vederne un altro ancora più alto e giunto a quest'ultimo l'Apostolo poté dire di essere stato rapito al terzo cielo. Ma che quello ov'era stato rapito fosse il terzo cielo, Paolo non ebbe alcun dubbio e volle che neppure noi ne dubitassimo. Ecco perché inizia il suo racconto dicendo: Io so; data questa premessa ciò che egli dice di sapere non lo crede vero se non chi non crede all'Apostolo.
4. 9. Paolo dunque sa che quell'uomo fu rapito fino al terzo cielo. Per conseguenza il luogo ove fu rapito è realmente il terzo cielo e non un simbolo materiale come quello mostrato a Mosè, il quale però era tanto consapevole della differenza esistente tra la sostanza di Dio e la creatura visibile, con cui Dio si faceva vedere ai sensi umani e corporali, da dire: Mostrati a me in persona 7; per di più non era neppure l'immagine d'una sostanza corporale come quella che vedeva Giovanni con lo spirito, a proposito della quale domandava cosa fosse e gli veniva risposto: "È una città", oppure: "Sono popoli", o qualcos'altro, quando vedeva la bestia o la donna o le acque o qualche altro oggetto. Paolo invece dice: So che un uomo fu rapito al terzo cielo 8.
4. 10. Se invece con il termine "cielo" avesse voluto denotare un'immagine spirituale somigliante a una sostanza corporale, sarebbe potuta essere così anche un'immagine del suo corpo quella in cui fu rapito e salì al terzo cielo. Parlerebbe dunque in questi termini anche del proprio corpo, benché si trattasse solo di un'immagine del cielo, e non si sarebbe preoccupato di precisare che cosa sapeva e che cosa non sapeva; sapeva cioè che quell'uomo era stato rapito fino al terzo cielo ma non sapeva se con il corpo o fuori del corpo, ma avrebbe semplicemente narrato la visione chiamando gli oggetti da lui visti con i nomi di altri oggetti a cui quelli rassomigliavano. Anche noi, quando raccontiamo i nostri sogni o qualche rivelazione avuta in sogno, diciamo: "Ho visto un monte", "Ho visto un fiume", "Ho visto tre persone" o altre cose del genere dando alle immagini il nome degli oggetti a cui erano simili; l'Apostolo invece dice: "Questo lo so; quest'altro non lo so".
4. 11. Ma se tutte e due le cose gli apparvero sotto forma di un'immagine, ambedue gli erano ugualmente note o ugualmente ignote; se tuttavia egli vide realmente il cielo - e perciò gli era noto - in qual modo il corpo di quell'uomo poté apparirgli solamente sotto forma di un'immagine?
4. 12. Poiché, se Paolo vedeva il cielo materiale, per qual motivo non si rendeva conto se lo vedeva con gli occhi del corpo? Se invece era incerto se lo vedeva con gli occhi del corpo o dello spirito (e perciò dice: Se [ciò avvenne] con il corpo o fuori del corpo io non lo so 9), come mai non gli era incerto anche se vedeva realmente il cielo materiale o questo gli si mostrava solo sotto forma di una immagine? Così pure, se vedeva una sostanza incorporea non sotto l'aspetto d'una immagine corporea ma così come si vede la giustizia, la sapienza e altre cose della stessa specie, e di tal natura era il cielo, è anche evidente che nulla di tale specie può vedersi con gli occhi del corpo. Per conseguenza, se sapeva d'aver visto qualcosa di tal genere, non poteva dubitare d'averlo visto in modo diverso che mediante gli occhi del corpo. So - egli dice - che un uomo in Cristo, quattordici anni fa... Questo lo so, e non ne dubiti nessuno che mi crede. Ma se nel corpo o fuori del corpo io non lo so, Dio solo lo sa 10.
5. 13. Cos'è dunque, [o Paolo] ciò che tu sai e distingui da ciò che ignori, affinché quanti a te credono non siano ingannati? So - dice - che quell'uomo fu rapito fino al terzo cielo 11. Ma quel cielo o era un corpo o era uno spirito. Se era un corpo e fu visto con gli occhi del corpo, perché mai allora Paolo sa che è quel cielo ma non sa d'averlo visto con il corpo? Se invece era spirito, o gli fu presentata l'immagine d'un corpo - e allora resta tanto l'incertezza se fosse un corpo, quanto l'incertezza se lo vedesse con il corpo - oppure fu visto come è vista con la mente la sapienza senza bisogno di nessuna immagine corporea e tuttavia [in tal caso] è certo che non si sarebbe potuto vedere per mezzo del corpo. Perciò tutte e due le cose o sono vere o sono incerte; oppure come mai può esser certo ciò che fu visto, incerto invece il mezzo con cui fu visto? È evidente che Paolo non poté vedere una natura incorporea per mezzo del corpo. I corpi, al contrario, anche se non possono vedersi senza le loro qualità corporee visibili, vengono visti di certo per mezzo del corpo ma in modo assolutamente diverso - se c'è una visione di tal sorta --. Per conseguenza sarebbe strano che quest'altra sorta di visione potesse assomigliare così perfettamente a una visione oculare da trarre in inganno l'Apostolo o costringerlo a dubitare fino al punto che, avendo visto il cielo corporeo in modo diverso da quello che si vede con gli occhi del corpo, potesse dire d'essere incerto se lo vide con il corpo o fuori del corpo.
5. 14. Poiché dunque l'Apostolo che si preoccupò tanto di precisare che cosa sapeva e che cosa non sapeva, non avrebbe potuto mentire, non ci resta forse altro se non intendere che l'oggetto della sua ignoranza era il seguente: se cioè mentre era rapito al cielo egli era nel suo corpo - come l'anima dell'uomo è nel corpo quando si dice che il corpo è in vita ma l'anima è estraniata dai sensi del corpo mentre è sveglio o dorme o è in estasi - o se realmente era fuori del corpo in modo che questo restava nella morte finché - al termine di quella visione - l'anima si sarebbe riunita alle sue membra esanimi. In tal caso egli non si sarebbe svegliato come uno che si desta dal sonno né sarebbe tornato a [percepire con] i propri sensi come uno dopo essere stato rapito in estasi, ma sarebbe tornato veramente a vivere di nuovo dopo essere morto. Per conseguenza ciò che Paolo vide quando fu rapito al terzo cielo - e afferma anche di sapere - lo vide nella sua realtà e non sotto un'immagine. Egli però era incerto se il rapimento fuori del corpo lasciò il suo corpo veramente morto o se la sua anima vi restò sempre in qualche modo presente come essa si trova in un corpo vivente finché la sua mente sarebbe stata rapita per vedere e udire i segreti ineffabili della visione; ecco perché, forse, egli afferma: Se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio 12.
6. 15. Ora, gli oggetti che sono visti non già in immagine ma nella realtà, anche se non sono visti per mezzo del corpo, sono visti con una visione superiore a tutte le altre. Per quanto Dio mi aiuterà, cercherò di spiegare queste differenti specie di visioni. Quando leggiamo quest'unico precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso 13, incontriamo tre specie di visioni: una per mezzo degli occhi con cui vediamo le lettere; la seconda per mezzo dello spirito umano con cui c'immaginiamo il prossimo anche quando è assente; la terza mediante un'intuizione intellettiva con cui si vede l'amore stesso mediante l'intelligenza. Di queste tre specie di visioni la prima è manifesta a tutti poiché per mezzo di essa vediamo il cielo e la terra e tutto ciò che in essi cade sotto i nostri occhi. Quanto alla seconda specie di visione con cui ci rappresentiamo realtà materiali assenti non è difficile far capire in che consista, poiché noi ci rappresentiamo il cielo e la terra e tutto ciò che in essi possiamo vedere anche stando nell'oscurità. In questo caso però noi non vediamo nulla con gli occhi del corpo e tuttavia con l'anima vediamo delle immagini corporee - siano esse vere immagini rappresentanti corpi da noi visti e che ancora riteniamo nella memoria, oppure immagini fittizie come può formarle l'immaginazione. L'immagine, che ho in mente, di Cartagine, che io conosco, è diversa da quella, che mi formo, di Alessandria, che io non conosco. La terza specie di visioni, per cui vediamo intellettivamente l'amore, comprende le realtà che non hanno immagini simili o identiche a se stesse. Per esempio un uomo, un albero, il sole e qualunque altro corpo celeste o terrestre, se sono presenti, sono visti nella forma loro propria; se invece sono assenti, vengono resi presenti allo spirito per mezzo d'immagini impresse nell'anima. Vi sono due modi di vedere realtà di tal genere: l'una per mezzo dei sensi del corpo, l'altra per mezzo dello spirito in cui sono contenute le immagini. L'amore, al contrario, è forse visto in un modo quando è presente nella sua forma specifica, e diversamente quando è assente in qualche immagine che gli rassomiglia? No, di certo. Ma per quanto l'amore può essere visto dall'anima intellettiva, uno lo vede più chiaramente e un altro meno; se invece noi ce lo rappresentiamo con una sorta d'immagine corporea, esso non è [affatto] l'amore che noi vediamo.
7. 16. Queste sono tre specie di visioni, di cui abbiamo detto qualcosa anche nei libri precedenti, a seconda che l'argomento pareva esigerlo, senza tuttavia menzionarne il numero. Ora, dopo averle spiegate brevemente, poiché la questione che trattiamo ne esige una discussione un po' più diffusa, dobbiamo denotarle ciascuna con un termine determinato e appropriato per non perdere tempo in continue circonlocuzioni. La prima dunque la chiameremo "visione corporea", poiché è percepita dal corpo ed è presentata ai sensi del corpo; la seconda la chiameremo "visione spirituale", poiché tutto ciò che non è corpo e tuttavia è qualcosa, si chiama appunto - e giustamente - spirito, e certamente l'immagine di un corpo assente, benché sia simile a un corpo, non è un corpo e non lo è più dell'atto della visione con cui è percepita. La terza la chiameremo "visione intellettuale", poiché proviene dall'intelletto e sarebbe illogico chiamarla - ricorrendo a un neologismo - "mentale" con il pretesto ch'è percepita dalla mente.
7. 17. Se volessi dare una ragione più esatta di questi termini, sarebbe necessario un discorso più lungo e più intricato, mentre è poco o per nulla necessario. Basta dunque sapere che una cosa è detta "corporea" o nel senso proprio quando si tratta di corpi, o in senso figurato, come nell'espressione: Poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità 14. In effetti la divinità non è un corpo ma, poiché Paolo chiama ombra delle realtà future 15 le pratiche religiose dell'Antico Testamento, usando l'analogia delle ombre [del mondo fisico], dice che la pienezza della divinità abita "corporalmente" in Cristo, poiché in lui si compie tutto ciò ch'era prefigurato da quelle ombre e così, in un certo senso Cristo è l'incarnazione di quelle ombre, cioè la realtà di quelle figure e di quei simboli. Allo stesso modo quindi che quelle figure sono chiamate "ombre" con un termine preso in senso figurato anziché in senso proprio, così anche quando dice che la pienezza della divinità abita "corporalmente" in Cristo, usa un termine in senso figurato.
7. 18. Il termine "spirituale" si usa in diversi sensi. Per esempio anche il nostro corpo, nello stato in cui sarà nella risurrezione dei santi è chiamato "spirituale" dall'Apostolo allorché dice: Si semina un corpo naturale, risorgerà un corpo spirituale 16, poiché in modo meraviglioso, per la sua completa speditezza e incorruttibilità, sarà sottomesso allo spirito e senza alcun bisogno di alimenti corporali sarà vivificato solo dallo spirito, ma non perché avrà una sostanza incorporea. Per di più il corpo, come l'abbiamo adesso, non ha l'essenza di un'anima e non può essere identificato con l'anima anche se viene chiamato "animale". Anche l'aria della nostra atmosfera o il vento - che è il moto dell'aria - si chiama ugualmente "spirito", com'è detto nel Salmo: Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, spirito della bufera 17. Si chiama "spirito" anche lo spirito dell'uomo e delle bestie, come dice la sacra Scrittura: Chi sa se lo spirito dell'uomo sale in alto e quello della bestia scende in basso nella terra? 18 Si chiama "spirito" la stessa mente razionale, in cui c'è - per così dire - un occhio dell'anima, a cui spetta l'immagine e la conoscenza di Dio. Ecco perché l'Apostolo dice: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestitevi dell'uomo nuovo, quello creato secondo Dio 19, mentre in un altro passo parla dell'uomo interiore che si rinnova per la conoscenza di Dio a immagine del suo Creatore 20. Così pure, dopo aver detto: Io quindi con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece servo la legge del peccato 21, in un altro passo, ripetendo questo stesso concetto, dice: La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, sicché voi non fate quel che vorreste 22; e così ciò, che chiama "mente", lo chiama anche "spirito". Vien chiamato "spirito" anche Dio, come afferma il Signore nel Vangelo: Dio è spirito e quelli che l'adorano devono adorarlo in spirito e verità 23.
8. 19. Da nessuno di questi sensi summenzionati, in cui è usato il termine "spirito", abbiamo preso quello per denotare come "spirituale" la specie di visione di cui stiamo ora trattando, ma l'abbiamo preso dall'uso singolare del termine, che troviamo nella Lettera ai Corinti, ove lo "spirito" è distinto dalla "mente" in un testo chiaro quant'altri mai: Se infatti pregherò in una lingua - è detto - il mio spirito prega ma la mia intelligenza resta senza frutto 24. In questo passo il termine "lingua" dev'essere intesa nel senso che si riferisce a espressioni di significato oscuro e mistico che non edificano alcuno se si toglie loro la comprensione che ne ha la mente, poiché non si comprende ciò che si ode. Per conseguenza Paolo dice anche: Chi parla in una lingua, non parla agli uomini ma a Dio, poiché nessuno intende mentre lo spirito dice cose misteriose 25. Paolo dunque indica assai chiaramente che in questo passo parla d'una sorta di lingua in cui sono dei segni, cioè, per così dire, delle immagini e somiglianza delle cose, che per esser compresi hanno bisogno d'essere intuiti dalla mente, e quando non sono compresi, Paolo dice che questi segni sono nello spirito e non già nella mente. Egli quindi dice più chiaramente: Se tu benedirai Dio solo con lo spirito, colui che occupa il posto di uno che non è istruito in qual modo risponderà Amen alla tua benedizione, dal momento che non sa cosa dici 26? Poiché dunque con la lingua - il membro del corpo ch'è mosso nella bocca quando si parla - sono emessi di certo segni delle cose ma non sono proferite le cose stesse, Paolo, usando una metafora, chiama "lingua" qualunque emissione di segni prima che siano compresi; quando però l'intelligenza - che è l'attività caratteristica e propria della mente - ne afferra il senso, allora si ha la rivelazione o la conoscenza o la profezia o l'insegnamento. Di conseguenza Paolo dice: Se io venissi da voi parlando in lingue, a che cosa vi sarei utile, se non vi parlassi per rivelarvi o farvi conoscere o profetizzare o insegnarvi qualcosa? 27 Egli intenderebbe dire che [ciò accade] quando l'intelligenza afferra il senso dei segni o, in altre parole, la lingua, affinché ciò ch'è percepito lo sia non solo con lo spirito ma anche con la mente.
9. 20. Pertanto coloro ai quali i segni erano presentati nello spirito mediante immagini d'oggetti materiali senza che la mente compisse la sua funzione di renderli anche comprensibili, non avevano ancora la profezia; e colui, che interpretava ciò che un altro aveva visto, era più profeta di colui che aveva [solo] visto. È dunque chiaro che la profezia attiene più alla mente che allo spirito, prendendo questo in un senso proprio particolare in relazione al nostro argomento, nel senso cioè d'una potenza dell'anima inferiore alla mente in cui sono formate le sembianze d'oggetti materiali. Così Giuseppe, che comprese il significato delle sette spighe e delle sette vacche, era perciò più profeta che non il Faraone che le aveva viste in sogno 28, poiché il Faraone aveva visto solo delle forme prodotte nel suo spirito mentre Giuseppe comprese quelle immagini con l'intelligenza della luce concessa alla sua mente. Il primo quindi aveva il dono delle lingue, il secondo invece il dono della profezia perché in quello c'era la rappresentazione delle immagini di certe cose, in questo l'interpretazione delle [stesse] immagini. Meno profeta è dunque chi, mediante immagini di cose materiali, vede nello spirito i segni delle cose significate, ma più profeta chi è dotato solo della capacità di comprenderle, ma sommamente profeta è chi è superiore agli altri per il fatto di possedere entrambe le doti: cioè non solo quella di vedere nello spirito le immagini rappresentative degli oggetti materiali ma anche quella di comprenderle con la vivacità dell'intelligenza. Tale era Daniele: la sua superiorità fu messa alla prova e fu dimostrata dal fatto che non solo riferì al re il sogno che quello aveva avuto ma gliene rivelò anche il significato 29; poiché le stesse immagini di oggetti materiali erano state formate nel suo spirito e la loro interpretazione era stata rivelata nella sua mente. Noi perciò usiamo il termine "spirito" nel senso usato dall'Apostolo là dove lo distingue dalla mente quando dice: Io pregherò con lo spirito ma pregherò anche con la mente 30, indicando con ciò che i segni delle cose vengono formati nello spirito e la loro interpretazione rifulge nella mente. In base a questa distinzione - ripeto - chiamiamo ora "spirituale" questa specie di visione con cui ci rappresentiamo [nel pensiero] le immagini degli oggetti anche assenti.
10. 21. Invece la visione intellettuale, ch'è propria della mente, è superiore alle altre. Il termine "intelletto", per quanto io ricordo, non può essere usato in un'ampia gamma di sensi, come sappiamo invece che ne ha il termine "spirito", poiché sia che diciamo "intellettuale", sia che diciamo "intelligibile", noi significhiamo la stessa cosa. Senonché alcuni hanno pensato che [tra i due termini] ci sia una differenza: secondo loro "intelligibile" sarebbe una realtà che si può percepire solo dall'intelligenza, "intellettuale" invece sarebbe la mente che comprende; ma che ci sia un essere percepibile solo dell'intelligenza e non sia anche dotato d'intelligenza è un problema grosso e difficile. Io al contrario credo che non ci sia alcuno che pensi o affermi l'esistenza d'un essere che conosca mediante l'intelligenza e non possa essere conosciuto anche dall'intelligenza, poiché la mente non può essere vista che dalla mente. Perciò, dato ch'essa può essere vista, è anche intelligibile e, dato che può anche vedere, è intellettuale secondo la distinzione ricordata or ora da noi. Messo quindi da parte il difficile problema se ci sia qualcosa che possa essere solo intelligibile senz'essere intelligente, per adesso prendiamo nello stesso senso i termini "intellettuale" e "intelligibile".
11. 22. Queste tre specie di visioni - corporale, spirituale e intellettuale - devono perciò essere esaminate una per una in modo che la ragione ascenda dall'inferiore alla superiore. Un po' più sopra abbiamo già citato come esempio in qual modo in una sola frase possano vedersi tutt'e tre le specie di visioni. Quando infatti si legge: Amerai il prossimo tuo come te stesso 31, si vedono le lettere materialmente, ci si presenta il prossimo spiritualmente e si contempla l'amore intellettualmente. Noi però possiamo rappresentarci spiritualmente anche le lettere quando sono lontane dalla vista [fisica] e si può vedere corporalmente anche il prossimo ch'è davanti ai nostri occhi; l'amore al contrario non può essere né visto nella sua essenza con gli occhi del corpo né venir pensato con lo spirito mediante un'immagine che sia la sembianza d'un copro, ma può essere conosciuto e percepito solo dalla mente, cioè dall'intelligenza. La visione corporale non sovrintende di certo a nessuna delle due specie di visioni, ma ciò che è percepito per mezzo di essa viene annunciato alla visione spirituale che agisce in certo qual modo da sovrintendente ad essa. Mi spiego: quando un oggetto è visto dagli occhi, immediatamente se ne forma l'immagine nello spirito; ma quella rappresentazione non è percepita da noi se non quando, rimossi gli occhi dall'oggetto che stavamo vedendo, ne scopriamo l'immagine nell'anima nostra. Se poi lo spirito è quello d'un essere irrazionale, per esempio d'una bestia, l'annuncio fatto dagli occhi giunge solo fino allo spirito. Se, al contrario, l'anima è razionale, l'annuncio arriva anche all'intelletto che presiede allo spirito. In tal modo, se l'oggetto percepito dagli occhi è annunciato allo spirito perché se ne formi in esso un'immagine, è il simbolo di qualche realtà, o il suo significato è compreso immediatamente dall'intelletto oppure viene ricercato, poiché non si può comprendere un simbolo né cercare di comprenderlo se non mediante la mente.
11. 23. Il re Baldassarre vide le dita d'una mano che scrivevano sulla parete, e immediatamente l'immagine di un oggetto materiale formatosi per mezzo d'una sensazione corporea fu impressa nel suo spirito e rimase impressa nella sua immaginazione anche dopo ch'era avvenuta la visione ed era svanita. Il re la vedeva nello spirito ma non la comprendeva; quel segno non l'aveva compreso neanche quando veniva tracciato materialmente e appariva a gli occhi del corpo sebbene anche allora egli comprendesse che si trattava d'un segno ed era in grado di saperlo grazie alla funzione della mente. E poiché ne indagava il significato, era senz'altro la mente a fare quell'indagine. Ma non essendo il re riuscito a scoprirne il significato, si fece avanti Daniele che, grazie alla mente illuminata dallo spirito profetico rivelò al re conturbato il significato profetico del segno 32. A motivo di questa visione, ch'è propria della mente, Daniele fu dunque più profeta del re che aveva visto con gli occhi del corpo un segno materiale e presente nello spirito vedeva l'immagine dell'oggetto dopo ch'era scomparso, ma per mezzo dell'intelletto poteva solo riconoscere ch'era un segno e ricercarne il significato.
11. 24. Pietro, mentre era rapito in estasi, vide scendere dal cielo un recipiente, legato ai quattro capi d'un lenzuolo, pieno di vari animali, quando udì anche una voce che gli diceva: Uccidi e mangia 33. Dopo aver ripreso i sensi, Pietro si chiedeva perplesso che significasse quella visione, quand'ecco lo Spirito annunciargli l'arrivo degli uomini inviati da Cornelio e dirgli: Ecco, degli uomini ti cercano, alzati, scendi e va' con loro poiché li ho mandati io 34. Giunto in casa di Cornelio, spiegò lui stesso il significato delle parole udite nella visione: Ciò che Dio ha mondato, non devi più chiamarlo profano 35, e poi disse: Dio però mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro alcun uomo 36. Poiché dunque egli era rapito in estasi fuor dei sensi del corpo quando vide quel recipiente, fu mediante lo spirito che udì anche le parole: Uccidi e mangia, e: Ciò che Dio ha mondato, non devi più chiamarlo profano. Ripresi poi i sensi del corpo, tutto ciò che aveva visto e udito lo riteneva nella memoria e vedeva le immagini nel medesimo spirito che aveva visto la visione e le considerava nel suo pensiero. Tutti quegli oggetti non erano realtà materiali ma [solo] immagini d'oggetti materiali sia quando le aveva viste dapprima nell'atto del rapimento estatico, sia quando in seguito le ricordava e le aveva presenti nell'immaginazione. Quando invece era perplesso e si sforzava di comprendere il significato di quei segni, era la sua mente a sforzarsi d'intenderli ma senza risultato finché non gli fu annunciato l'arrivo degli inviati da parte di Cornelio. Orbene, con l'aggiungersi a questa visione percepita con gli occhi del corpo anche la voce dello Spirito Santo, che nello spirito gli diceva di nuovo: Va' con loro - visione in cui lo Spirito non solo gli aveva mostrato quel segno ma aveva anche impresso in lui quelle parole - la sua intelligenza con l'aiuto di Dio comprese il significato di tutti quei segni. Un attento esame di questi ed analoghi fatti dimostra assai chiaramente che la visione corporale è ordinata a quella spirituale e quest'ultima a quella intellettuale.
12. 25. Ma quando, essendo noi svegli, la mente non è rapita fuori dei sensi corporali e abbiamo una visione corporale, la distinguiamo da quella spirituale in cui ci rappresentiamo con l'immaginazione oggetti assenti, sia ritenendo nella memoria cose a noi già note, sia formando in qualche modo nello spirito l'immagine di cose a noi ignote, ma che tuttavia esistono, sia immaginando con la nostra libera fantasia cose che non esistono affatto in nessun luogo. Da tutti questi oggetti noi distinguiamo quelli materiali - che noi vediamo e sono presenti ai sensi del corpo - al punto che non abbiamo alcun dubbio che siano corpi reali e che quegli altri sono immagini di corpi. Quando invece o per una eccessiva tensione mentale o per un attacco violento di malattia - come di solito accade ai frenetici nell'accesso della febbre - o per l'unione di qualche altro spirito buono o cattivo, le immagini degli oggetti materiali s'imprimono nello spirito come se gli oggetti fossero presenti ai sensi del corpo pur rimanendo tuttavia l'attenzione dell'anima nei sensi del corpo. In tal caso le immagini degli oggetti materiali, che si formano nello spirito, si vedono come gli oggetti reali sono presenti ai sensi del corpo. Ne risulta che nello stesso tempo una persona, che è presente, si vede con gli occhi, mentre un'altra, che è assente, è vista con lo spirito come la si vedesse con gli occhi [del corpo]. Noi abbiamo conosciuto persone che in questo stato morboso conversavano sia con altre persone presenti in quel luogo, sia con altre assenti, come se fossero presenti. Tornate poi in sé, alcune raccontavano ciò che avevano visto, altre invece non ci riuscivano; allo stesso modo alcune si dimenticano dei sogni, altre invece se ne ricordano. Quando al contrario l'attenzione della mente è del tutto stornata e rapita fuori dai sensi del corpo, allora si parla ordinariamente piuttosto di estasi. In questo caso, pur avendo gli occhi spalancati, una persona non vede affatto alcun oggetto presente, qualunque esso sia, né sente affatto alcuna parola: lo sguardo dell'anima è interamente concentrato o nelle immagini degli oggetti viste nello spirito o nelle realtà incorporee presenti senz'alcuna rappresentazione d'immagini d'oggetti materiali.
12. 26. Quando però nella visione spirituale la mente, rapita del tutto fuor dai sensi del corpo, è occupata da immagini d'oggetti materiali - sia nel sogno che nell'estasi --- se gli oggetti che vede non significano nulla, sono immaginazioni dell'anima stessa; in questo modo anche persone deste, sane di mente e pienamente padrone di sé, contemplano nel proprio spirito immagini di molti oggetti materiali che non sono presenti ai sensi del loro corpo. C'è tuttavia questa differenza: tali persone sono sempre in condizione di distinguere quelle immagini dagli oggetti reali a esse presenti. Può darsi al contrario che quelle immagini abbiano un significato speciale, si presentino esse sia a persone che dormono sia a persone sveglie e che nello stesso tempo vedono con i loro occhi immagini d'oggetti presenti dinanzi a loro e nello spirito vedono immagini d'oggetti assenti come se fossero dinanzi ai loro occhi, sia a persone la cui mente è tutta rapita fuori dei sensi nello stato chiamato estasi; questo è un fenomeno straordinario: può accadere cioè che mediante l'unione con un altro spirito una cosa conosciuta da lui, quello spirito la manifesti - mediante quelle immagini - allo spirito con cui è unito, sia che lo spirito comprenda da se stesso le immagini che gli vengono mostrate, sia che vengano comprese da un altro spirito e da questo rivelate alla mente. Se infatti immagini di tal genere vengono rivelate - ed evidentemente non possono venir rivelate dal corpo - non ci resta da dire se non che sono rivelate da qualche spirito.
13. 27. Alcuni - è vero - sostengono che l'anima umana ha in se stessa una facoltà divinatoria. Ma se è così, come mai l'anima non è in grado di esercitarla ogni volta che lo vuole? Forse perché non ha l'aiuto necessario per poterla effettuare? E allora, quando riceve l'aiuto, può forse riceverlo da nessuno o dal corpo per mettere in atto quella facoltà? Non ci resta dunque altra ipotesi se non quella che l'anima venga aiutata da uno spirito. Inoltre in che modo viene aiutata? Accade forse nel corpo qualcosa per cui si liberi - per così dire - dal corpo e balzi fuori lo sforzo mentale dell'anima e arrivi fino al punto di vedere in se stessa le immagini simboliche delle cose ch'erano già in essa senza che fossero viste, allo stesso modo che riteniamo anche nella memoria molti oggetti che non sempre vediamo? O sono forse immagini formate nell'anima che prima non c'erano, o sono in qualche spirito in cui l'anima, penetrando e poi lanciandosi fuori può vederle? Ma se quelle immagini erano già nell'anima come sue proprie, perché mai non poteva anche comprenderle? Talvolta, infatti, anzi il più delle volte, essa non le comprende. O forse, allo stesso modo che il suo spirito è aiutato a vedere in sé le immagini, così anche la mente, senza ricevere un simile aiuto, non può capire le cose che sono nello spirito? O forse non si tratta d'allontanare o allentare gli impedimenti frapposti dal corpo perché l'anima di proprio impulso sia attratta verso ciò che deve contemplare, ma è l'anima stessa a esser trasportata verso quegli oggetti, sia per vederli con lo spirito, sia per conoscerli con l'intelletto? O forse l'anima vede quegli oggetti talora da se stessa e talora per mezzo di un altro spirito? Qualunque sia di queste ipotesi quella giusta, non si deve affermare alcunché avventatamente. Una cosa tuttavia non dev'essere messa in dubbio: le immagini corporali viste dallo spirito, sia di chi è sveglio, sia di chi dorme, sia di chi è malato, non sempre sono segni d'altre realtà; sarebbe però strano se potesse aver luogo un'estasi senza che somiglianze di realtà materiali abbiano un significato.
13. 28. Naturalmente non c'è da stupirsi che anche degli indemoniati dicano talvolta verità che sfuggono alla conoscenza dei presenti; il fatto è certamente dovuto a una non so quale misteriosa unione con lo spirito cattivo di modo che lo spirito dell'ossesso e quello del vessatore risulta in un certo senso un unico e medesimo spirito. Quando invece uno spirito buono afferra o rapisce lo spirito d'una persona per trasportarlo a visioni straordinarie, non può esserci alcun dubbio che quelle immagini sono segni d'altre cose utili a conoscersi, poiché questo è un dono di Dio. Senza dubbio è assai difficile distinguere quando lo spirito maligno agisce in un modo apparentemente pacifico e, senza vessare il corpo, prende possesso dello spirito umano e dice quello che può, dicendo finanche la verità e svelando utili conoscenze del futuro. Egli allora si maschera - come dice la Scrittura - da angelo di luce 37, affinché, una volta acquistatosi la fiducia [d'una persona] riguardo a cose evidentemente buone, con l'inganno nei suoi tranelli l'attragga. Questo spirito - a quanto io penso - non può riconoscersi che mediante il dono di cui parla l'Apostolo quando elenca i diversi doni di Dio: a un altro il discernimento degli spiriti 38.
14. 28. Non è difficile discernere lo spirito cattivo quando ha raggiunto il suo scopo, quello cioè di condurre uno a ciò ch'è contrario ai buoni costumi o alla norma della fede; poiché in tal caso sono molti i capaci di discernerlo. Il dono del discernimento invece, fin dall'inizio - quando lo spirito appare ancora a molti come uno spirito buono - di primo acchito mette uno in grado di giudicare immediatamente se uno spirito è cattivo.
14. 29. Tuttavia, sia mediante visioni corporali, sia mediante immagini d'oggetti materiali rivelate nello spirito, gli spiriti buoni istruiscono [le persone] mentre quelli cattivi le ingannano. La visione intellettuale al contrario non inganna poiché o non la comprende chi l'interpreta diversamente da quello che è oppure, se la comprende, ne scopre immediatamente la verità. Gli occhi infatti non sanno che fare quando vedono un oggetto somigliante a un altro oggetto e che non riescono a distinguere dall'altro; così pure l'attenzione dell'anima non può far nulla quando nello spirito si forma l'immagine d'un oggetto ch'essa non è in grado di distinguere dall'oggetto stesso. Allora però interviene l'attività dell'intelletto che ricerca il significato degli oggetti visti oppure l'utilità che vogliono insegnare; allora o scopre la verità e così raggiunge l'effetto [della sua ricerca] oppure non la scopre, e allora continua a riflettere per non cadere in un errore esiziale a causa d'una funesta temerità.
14. 30. Un intelletto assennato sa giudicare, con l'aiuto di Dio, la natura e l'importanza delle cose, a proposito delle quali non è dannoso per l'anima giudicarle diversamente da quello che sono in realtà. Uno, per esempio, può essere giudicato buono dalle persone buone anche se nell'intimo è cattivo; ciò è piuttosto funesto per lui anziché pericoloso per coloro che lo giudicano, purché lo sbaglio non riguardi la vera realtà, cioè lo stesso Bene, grazie al quale uno diventa buono. Così non nuoce ad alcuno credere nel sonno che siano oggetti reali le immagini delle cose viste in sogno, come non fu un male per Pietro di credere, a causa della subitaneità del miracolo, d'avere una visione quando fu sciolto dalle catene e fu condotto [fuori della prigione] da un angelo 39, o quando nell'estasi rispose al Signore: Non sia mai, Signore, poiché non ho mangiato mai nulla di profano o d'impuro 40, credendo che fossero veri animali gli oggetti che gli erano stati fatti vedere nel vassoio 41. Quando noi scopriamo che tutte queste cose sono diverse da come le avevamo credute allorché le vedevamo, non sentiamo alcun rammarico che ci siano apparse in quel modo, purché non abbiamo da rimproverarci né un'infedeltà ostinata né un'interpretazione falsa o sacrilega. Perciò anche quando il diavolo c'inganna con visioni corporali, nessun danno ci viene arrecato per il fatto che gli occhi vengono illusi, se non sbagliano riguardo alle verità di fede e alla sana intelligenza, mediante la quale Dio insegna a coloro che sono a lui ubbidienti. Oppure se il diavolo ingannasse l'anima con una visione spirituale mediante immagini d'oggetti materiali, inducendola a pensare che sia corpo quello che non lo è, non reca alcun danno all'anima purché non consenta a una cattiva suggestione.
15. 31. Talvolta perciò sorge la questione circa il consenso dato durante il sonno quando alcuni sognano perfino d'avere un rapporto carnale o contrariamente al loro ideale di vita religiosa o anche ai buoni costumi. Siffatti sogni avvengono solo perché ci vengono in sogno le cose che pensiamo anche da svegli - senza acconsentire al piacere che si prova per esse, ma immaginandole come quando, per qualche motivo, parliamo anche di tali argomenti - e durante il sonno quelle immagini tornano alla mente con tanto risalto da eccitare per via di un processo naturale la carne, e il liquido [seminale], raccolto nei suoi meati per cause naturali, lo emette attraverso gli organi genitali: così, neppure io potrei parlare di questo argomento. Orbene, se le immagini di queste cose corporali, alle quali non potevo non pensare per esporre queste idee, si presentassero in sogno con la stessa vividezza con cui i corpi si presentano agli occhi d'uno ch'è desto, potrebbe accadere ciò che invece non potrebbe fare senza peccato una persona sveglia. Chi infatti potrebbe non rappresentarsi ciò almeno quando parla di questo e la necessità dell'argomento esige ch'egli dica qualcosa dell'unione carnale ch'egli ha avuta? Inoltre, quando l'immagine che si forma nell'immaginazione di chi parla, si presenta nella visione di chi sogna, tanto vivida che non può distinguersi da un'effettiva visione carnale, la carne immediatamente si eccita e segue ciò che ordinariamente è l'effetto di tale eccitazione: ciò avviene senza peccato come senza peccato ne parla uno da sveglio e senza dubbio, per parlarne, non ha potuto non pensare al coito. Tuttavia, grazie alla buona disposizione, l'anima purificata dal desiderio d'un bene migliore, distrugge molte brame passionali che non hanno alcuna attinenza con gli stimoli naturali della carne; siffatti stimoli le persone caste li reprimono e frenano quando sono sveglie, mentre quando dormono non possono fare altrettanto poiché non sono in grado di controllare le rappresentazioni d'immagini corporee non distinguibili dai corpi reali. Grazie dunque a quella buona disposizione dell'anima anche nel sonno risultano evidenti certi suoi meriti. Anche Salomone, per esempio, preferì [in una visione] mentre dormiva, la sapienza a tutti gli altri beni e la chiese ai Signore, disprezzando tutte le altre cose, e - come attesta la Scrittura - il suo desiderio riuscì gradito al Signore che non tardò a dargli l'adeguata ricompensa per il suo eccellente desiderio 42.
16. 32. Stando così le cose, le visioni corporali hanno attinenza con i sensi del corpo che fluiscono attraverso una specie di canaletti di capacità differente. Quel che nel corpo è l'elemento più sottile di tutti gli altri e perciò più simile all'anima è la luce; anzitutto essa è diffusa, allo stato puro, attraverso gli occhi e risplende con i raggi luminosi emessi dagli occhi per percepire gli oggetti visibili, inoltre essa, unendosi, mediante una sorta di mescolanza in primo luogo con l'aria pura, in secondo luogo con l'aria fosca e tenebrosa, in terzo luogo con il vapore acqueo più denso e in quarto luogo con sostanze terrene compatte dà origine ai cinque sensi - insieme a quello della vista in cui essa è più perfetta essendo allo stato puro --, come ricordo di avere spiegato nel quarto e anche nel settimo libro. Ora, il cielo visibile ai nostri occhi e da cui risplendono i luminari e gli altri astri è certamente superiore a tutti gli elementi materiali, come il senso della vista è superiore agli altri sensi del corpo. Ma poiché ogni spirito è senza dubbio superiore a ogni corpo, ne segue che la natura spirituale, compresa quella in cui sono prodotte le immagini d'oggetti materiali, è superiore a questo nostro cielo fisico non per il posto che occupa ma per l'eccellenza della sua natura.
16. 33. A questo punto viene fuori una cosa straordinaria: sebbene lo spirito abbia la precedenza sul corpo e l'immagine d'un corpo viene dopo un corpo, tuttavia - poiché ciò ch'è posteriore nel tempo si forma in ciò ch'è anteriore nella natura - l'immagine d'un corpo in uno spirito è più eccellente del corpo stesso considerato nella sua propria sostanza. Inoltre non si deve credere neppure che un corpo produca qualcosa nello spirito, come se lo spirito fosse soggetto, al pari d'una materia, all'azione del corpo. Poiché chi produce qualche cosa è, sotto ogni rispetto, superiore alla cosa con la quale egli la produce. Ora, il corpo non è in alcun modo superiore allo spirito; al contrario è evidente ch'è lo spirito superiore al corpo. Sebbene dunque noi prima vediamo un corpo che non avevamo visto in precedenza e se ne formi allora un'immagine nel nostro spirito, per mezzo del quale ci ricordiamo dell'oggetto quando esso è assente, tuttavia non è il corpo a formar quell'immagine nello spirito ma è lo spirito a formarla in se stesso. Ciò avviene con una straordinaria rapidità ed è impossibile spiegare quanto essa sorpassi le azioni tanto lente del nostro corpo: appena gli occhi vedono un oggetto se ne forma l'immagine nello spirito di colui che lo vede senza neppure un attimo d'intervallo. Lo stesso avviene a proposito dell'udito: se lo spirito immediatamente non formasse in se stesso l'immagine della parola percepita dalle orecchie e non la serbasse nella memoria, uno non saprebbe se la seconda sillaba fosse proprio la seconda per il fatto che naturalmente non esisterebbe più la prima, dileguatasi dopo aver colpito l'orecchio. Così ogni vantaggio del discorrere, ogni dolcezza del canto, infine ogni movimento relativo alle azioni del corpo svanirebbe e cesserebbe e non acquisterebbe alcuno sviluppo, se lo spirito non serbasse il ricordo dei movimenti fisici passati per collegarli con altre azioni future; ma di certo non sarebbe il ricordo di quei movimenti futuri se non se ne fosse formata un'immagine in se stesso. In noi ci sono anche le immagini dei nostri movimenti futuri prima che abbiano inizio le azioni stesse. Quale azione infatti compiamo noi con il corpo che lo spirito non abbia formato in precedenza nel suo pensiero, vedendo prima in se stesso e in un certo modo ordinando le somiglianze di tutte le nostre azioni visibili?
17. 34. È difficile scoprire e spiegare in qual modo gli spiriti - anche quelli immondi - vengano a conoscere quelle immagini d'oggetti materiali presenti nell'anima nostra, oppure quale ostacolo incontri l'anima nostra da parte del nostro corpo terrestre, che c'impedisce di vedere a nostra volta nel nostro spirito le immagini che hanno essi. Da sicurissime testimonianze mi risulta che i demoni hanno svelato i pensieri degli uomini; essi tuttavia, se potessero intuire nell'interno dell'uomo l'intima natura delle virtù, non li tenterebbero. Se, per esempio, il demonio avesse potuto intuire la notissima ed eroica pazienza di Giobbe, non avrebbe certamente desiderato d'essere sconfitto da colui ch'egli tentava. D'altronde non deve sorprenderci il fatto ch'essi annunciano eventi già passati ma accaduti in località lontane, della realtà dei quali si ha conferma solo dopo alcuni giorni. [Gli spiriti cattivi] sono in grado di fare ciò non solo grazie all'acume della loro vista incomparabilmente superiore alla nostra ma anche alla straordinaria agilità dei loro corpi, senza dubbio di gran lunga più sottili dei nostri.
17. 35. Da sicure informazioni mi risulta pure che un tale posseduto da uno spirito immondo, e che viveva ritirato in casa sua, era solito indicare in qual momento un prete si metteva in cammino da una località distante dodici miglia per recarsi a visitarlo, tutti i luoghi ove si trovava lungo il tragitto, di quanto s'avvicinava, quando entrava nel suo podere, in casa sua e nella sua camera da letto fino a quando si trovava alla sua presenza. Tutti questi particolari, anche se l'ossesso non li vedeva con gli occhi, non li avrebbe tuttavia palesati con tanta veracità se non li avesse visti in qualche modo; ma l'uomo era in preda alla febbre e annunciava quelle cose come se fosse in uno stato di delirio frenetico. E forse era proprio un frenetico, ma a motivo di quei fenomeni lo si reputava un ossesso. Nessun alimento per ristorarsi accettava dai suoi, ma solo da quel prete; resisteva inoltre ai suoi con tutta la violenza che poteva e si calmava solo alla venuta del prete; a lui solo si mostrava ubbidiente, a lui solo rispondeva docilmente. Tuttavia quell'alienazione mentale od ossessione demoniaca non cedé neppure all'esorcismo del prete, se non quando guarì dalla febbre e in seguito non provò mai più nulla di simile.
17. 36. Conosco anche un tale ch'è senza dubbio frenetico, il quale predisse la morte d'una donna, non come chi predice il futuro ma come chi ricorda un fatto già trascorso. Una volta infatti, mentre veniva menzionata quella donna in sua presenza, "È morta - esclamò - io l'ho vista che veniva portata al sepolcro e sono passati per questa strada con il cadavere". La donna però era ancora viva e in buona salute; ma pochi giorni dopo essa morì all'improvviso e fu condotta al sepolcro lungo la strada ch'egli aveva predetto.
17. 37. C'era, ugualmente, nel nostro monastero un ragazzo che all'inizio della pubertà soffriva dolori atroci negli organi genitali. I medici non riuscivano a diagnosticare che specie di malattia fosse quella; tutto quel che sapevano era che il membro virile era nascosto nella cavità del pube, in modo che non si sarebbe potuto vedere neppure qualora fosse stato asportato il prepuzio che, per la sua eccessiva lunghezza, penzolava in fuori, e solo allora si sarebbe potuto scoprire a stento. Stillava poi un umore viscoso e irritante che procurava dolori brucianti ai testicoli e all'inguine. Questi dolori acuti non li aveva però di continuo ma, quando li sentiva, prorompeva in alte e forti urla agitando scompostamente le membra, sebbene la sua intelligenza restasse interamente sana, come quando si è in preda a violenti dolori fisici. Poi in mezzo alle sue grida perdeva i sensi e rimaneva supino con gli occhi aperti ma senza vedere alcuno dei presenti, senza scuotersi quando gli davano dei pizzicotti. Poco dopo, svegliandosi come dal sonno, non sentiva più dolore e rivelava le cose che aveva viste. Passati però pochi giorni soleva ricadere nelle medesime crisi. Egli affermava che in tutte o in quasi tutte le sue visioni vedeva due persone di cui una era un anziano e l'altra un giovinetto: esse gli dicevano o mostravano ciò che raccontava d'aver udito o visto.
17. 38. Un giorno vide un coro di fedeli che cantavano inni con gioia, circonfusi di luce meravigliosa, e una schiera di empi immersi nelle tenebre, i quali soffrivano diversi e atroci tormenti, mentre l'anziano e il giovanetto l'accompagnavano glieli mostravano e gli spiegavano perché gli uni avevano meritato la felicità e gli altri l'infelicità. Questa visione egli l'ebbe la domenica di Pasqua, dopo aver trascorso tutta la Quaresima senza sentire alcuno di quei dolori che prima gli erano risparmiati appena per tre giorni di seguito. Proprio all'inizio della Quaresima aveva avuto una visione, in cui quelle due persone gli avevano promesso che durante quei quaranta giorni non avrebbe sentito alcun dolore. Quei due inoltre gli diedero una specie di prescrizione medica, quella cioè di farsi tagliare il prepuzio troppo lungo. Egli seguì il loro consiglio e per lungo tempo non sentì più alcun dolore. Allorché però cominciò a sentire di nuovo gli stessi dolori e ad avere le stesse visioni, ricevette da quei due di nuovo un consiglio, d'immergersi cioè nel mare fino al pube e uscirne solo dopo esserci rimasto per un certo tempo, promettendogli che per l'avvenire non avrebbe sentito più quell'atroce dolore ma solo il fastidio di quell'umore viscoso. In seguito non andò mai più soggetto alla perdita dei sensi né mai più ebbe visioni simili a quelle ch'era solito avere quando tra dolori e terribili urli restava completamente privo dei sensi e diventava muto. Più tardi tuttavia i medici con le loro cure riuscirono a guarirlo ma egli non perseverò nella vocazione religiosa.
18. 39. Se uno potesse investigare e comprendere con certezza le cause e le modalità di queste visioni e divinazioni, preferirei le sue spiegazioni anziché si aspettino altri da me la discussione delle mie opinioni. Tuttavia non nasconderò ciò che penso, in modo che i dotti non mi deridano prendendomi per uno che asserisce categoricamente, e gli ignoranti non mi prendano per un maestro che desidera insegnare, ma dagli uni e dagli altri sia considerato come uno che discute e ricerca piuttosto che come uno che sa. Io considero tutte queste visioni simili a quelle di chi sogna. Ora, anche i sogni sono talvolta falsi e talvolta veri, talora perturbati e talora tranquilli; i sogni veri poi sono alle volte del tutto simili agli eventi futuri o sono previsioni chiare, mentre altre volte sono previsioni annunciate con significati oscuri e - per così dire - espresse in modo figurato: la stessa cosa può dirsi di tutte quelle visioni. Ma gli uomini amano scoprire cose ignote con loro meraviglia e indagare le cause di fatti insoliti mentre non si curano di conoscere fatti quotidiani, per lo più simili a quelli, che hanno spesso un'origine anche più oscura. Così avviene per le parole, cioè per i segni, che usiamo nel parlare. All'udire una parola insolita si cerca di sapere anzitutto che cos'è, ossia che cosa significhi e, dopo averlo saputo, si cerca di sapere donde deriva quel termine mentre non ci si preoccupa affatto d'ignorare tante parole che usiamo nel linguaggio quotidiano. Allo stesso modo, quando accade qualcosa d'insolito, di natura corporale o spirituale, si cerca di scoprirne ansiosamente le cause e la natura e se ne esige la spiegazione dai dotti.
18. 40. Quando, per esempio, uno mi domanda che significhi catus e rispondo: prudens (cioè "assennato") o acutus (cioè "d'ingegno acuto") e la risposta non lo soddisfa ma continua a domandare donde deriva la parola catus, sono solito replicare e domandare a mia volta donde derivi la parola acutus. Ciò tuttavia quel tale l'ignorava certamente ma, poiché quella era una parola corrente, si rassegnava ad ignorarne l'origine. Quando invece una risuona alle sue orecchie una parola strana, crede d'avere una nozione insufficiente del suo significato se non rintraccia anche la sua derivazione. Così dunque, se uno mi domanda donde derivano le immagini d'oggetti materiali che appaiono nell'estasi - cosa che raramente accade all'anima --, io domando a mia volta donde derivano le immagini che appaiono nel sogno e che l'anima percepisce ogni giorno, ma nessuno si cura di far l'indagine di questo fenomeno o non la si fa a sufficienza. Si pensa infatti che la natura di siffatte visioni sia meno meravigliosa perché avvengono ogni giorno, o che si debba prestar loro minore attenzione perché succedono a tutti, oppure si crede che, nell'ipotesi che facciano bene quanti non indagano su di esse, farebbero meglio a non essere curiosi neppure riguardo alle visioni straordinarie. Io, al contrario, mi meraviglio assai di più e rimango stupito maggiormente quando considero la rapidità e la facilità con cui l'anima forma in se stessa le immagini d'oggetti materiali percepite mediante gli occhi del corpo che non quando considero le visioni prodotte nel sogno o anche nell'estasi. Tuttavia quale che sia la natura di quelle immagini, essa non è certamente corporea. Colui, al quale non è sufficiente sapere ciò, cerchi di saperne da altri anche l'origine: io confesso di non saperla.
19. 41. Questa è la conclusione che si può trarre facilmente dai fatti di cui abbiamo esperienza e di cui ho portato degli esempi ). Così il pallore, il rossore, il tremore o anche una malattia del corpo hanno cause derivanti talvolta dal corpo, tal'altra dall'anima. Sono causate dal corpo quando all'interno di esso c'è un versamento di liquido o quando vi s'introduce dall'esterno un alimento o qualche altro elemento corporeo. Al contrario sono generate dall'anima quando essa è turbata dalla paura o confusa per la vergogna o è mossa dall'ira o dall'umore o da qualche altra emozione di tal genere; ciò accade non senza ragione se è vero che l'elemento spirituale, che anima e governa il corpo, quando è turbato più violentemente produce anche un turbamento più violento. Così avviene anche all'anima quando rivolge la sua attenzione agli oggetti che le sono presentati non per mezzo d'una sostanza incorporea e si rivolge a essi senza poter distinguere se siano corpi o immagini mentali di corpi; questa sua condizione dipende talora dal corpo, talora da uno spirito. Dipende dal corpo sia per un fenomeno naturale, come accade nelle visioni di chi sogna - poiché dormire è per l'uomo una funzione del corpo - sia per il turbamento dei sensi a causa di qualche malattia, come quando i frenetici vedono oggetti materiali e insieme immagini simili agli oggetti materiali, come se fossero anch'essi sotto i loro occhi oppure quando hanno perduto completamente i sensi come accade spesso a coloro che afflitti da lunghe e pericolose malattie e ben presenti con il corpo ma a lungo assenti con lo spirito e che più tardi, tornati alle normali relazioni con gli altri, raccontano d'aver visto molte cose. Questa condizione dell'anima dipende, al contrario, dallo spirito quando alcuni, pur essendo completamente validi e sani di corpo, sono rapiti in estasi fuori di sé e così anche mediante i sensi del corpo vedono veri corpo e mediante lo spirito cose simili ai corpi ma senza poterle distinguere dei corpo, oppure sono rapiti fuori dei sensi del corpo senza però percepire assolutamente nulla per mezzo di essi e così, per effetto di quella visione spirituale, si vengono a trovare tra immagini mentali di corpi. Ma quando a rapire [fuori dei sensi] delle persone per far avere a loro visioni di tal genere è uno spirito cattivo, ne fa o degli ossessi o dei frenetici o dei falsi profeti. Quando, al contrario, a rapire [fuori dei sensi] è uno spirito buono, ne fa dei fedeli che pronunciano parole misteriose oppure, se queste sono intelligibili, ne fa dei veri profeti o ne fa, secondo le circostanze, dei veggenti che raccontano la visione che dev'essere manifestata da essi.
20. 42. Quando però la causa di simili visioni dipende dal corpo, non è il corpo a presentarle, poiché il corpo non ha il potere di formare alcunché di spirituale, ma alle volte il processo dell'attenzione, che parte dal cervello e regola la sensazione, è assopito o turbato o anche bloccato. Allora, poiché il corpo non le permette affatto o solo in parte di percepire gli oggetti o dirigere verso di essi la forza della sua attenzione, l'anima stessa - la quale con un moto suo proprio non può tralasciare questa sua attività - forma da se stessa nello spirito immagini di oggetti materiali o contempla quelle che le sono presentate. Ma se essa le forma da se stessa, sono soltanto rappresentazioni immaginative; se invece contempla quelle che le vengono presentate, sono immagini mostrate in una visione. Infine, quando gli occhi soffrono di qualche disturbo oppure sono spenti - perché la causa non risiede nel cervello dal quale è guidata la forza intenzionale della sensazione - si formano siffatte visioni di oggetti materiali sebbene l'ostacolo a percepire gli oggetti derivi da parte del corpo. I ciechi infatti vedono oggetti nel sonno piuttosto che nella veglia. Nel sonno infatti il processo della sensazione che conduce lo sforzo dell'attenzione fino agli occhi è assopito nel cervello e perciò l'attenzione si distoglie [dalle vie dei sensi], si dirige altrove e percepisce le immagini che si presentano nel sogno come se fossero le forme degli oggetti presenti agli occhi: per conseguenza, sembrandogli d'essere desto, chi dorme s'immagina di vedere non immagini di oggetti ma oggetti veri e propri. Quando, al contrario, i ciechi sono svegli, l'attenzione è condotta attraverso le stesse vie ma, giunta alla sede degli occhi, non si spinge innanzi [verso gli oggetti] ma rimane lì e perciò i ciechi si accorgono d'essere svegli e d'essere nelle tenebre quando vegliano anche durante il giorno piuttosto che quando dormono sia di giorno che di notte. D'altra parte anche tra coloro che non sono ciechi, parecchi dormono a occhi aperti senza vedere nulla con i loro occhi, ma ciò non significa che non vedono proprio nulla, poiché vedono in spirito le immagini dei sogni; se al contrario sono svegli ma con gli occhi chiusi, non hanno né le visioni di coloro che dormono né quelle di coloro che sono desti. Tuttavia, poiché in costoro il processo della sensazione non è né assopito né turbato né bloccato ma va dal cervello fino agli occhi e conduce l'attenzione dell'anima fin proprio alle porte del corpo sebbene chiuse, ne segue che essi possono rappresentarsi immagini d'oggetti ma senz'affatto scambiarli per veri oggetti percepiti dagli occhi.
20. 43. È molto importante sapere ove si produce l'ostacolo che impedisce di percepire gli oggetti, quando l'ostacolo dipende dal corpo. Se risulta che l'ostacolo si trova all'entrata stessa o, per così dire, alla porta dei sensi - come per esempio negli occhi, nelle orecchie e negli altri sensi del corpo - viene impedita soltanto la percezione degli oggetti materiali, mentre l'attenzione dell'anima non è distornata verso un altro oggetto in modo da scambiare le immagini degli oggetti per oggetti reali. Se, al contrario, la causa dell'impedimento è nell'interno del cervello da cui si dipartono le vie per arrivare a percepire gli oggetti esterni, allora sono assopiti o turbati o interrotti gli organi mediante i quali esplica le sue energie tese a vedere o percepire gli oggetti esterni. Ma poiché l'anima non perde questa sua tensione, ma forma immagini tanto vivide che non è in grado di distinguere le immagini degli oggetti dagli oggetti veri e propri e non sa se ha a che fare con le une o con gli altri e, quando lo sa, lo sa in modo di gran lunga diversa da quello ch'essa ha quando è consapevole delle immagini degli oggetti presenti nella sua fantasia o che si presentano alla sua immaginazione. Questo fenomeno non può essere compreso - sia pure solo in qualche modo - se non da coloro che l'hanno esperimentato. Da ciò deriva che, mentre io dormivo, mi rendevo conto di vedere qualcosa in sogno e tuttavia le immagini da me viste non le distinguevo dagli oggetti reali come di solito le distinguiamo quando ce le rappresentiamo anche ad occhi chiusi o quando siamo nelle tenebre. L'attenzione dell'anima ha un potere diverso secondo che arrivi agli organi sensori anche chiusi o che nello stesso cervello - da cui essa tende a percepire gli oggetti - esista una causa che la svia verso un altro oggetto; in tal caso, benché sappia talora di non vedere oggetti reali ma immagini d'oggetti, oppure, a causa della sua poca istruzione, pensi che siano anch'esse oggetti reali pur rendendosi conto di vederle non con gli occhi del corpo ma con lo spirito, cionondimeno questa disposizione è di gran lunga diversa dall'attività per cui la tensione dell'anima la rende presente al proprio corpo. Ecco perché anche i ciechi sanno d'essere svegli quando distinguono con sicurezza le immagini degli oggetti rappresentate nell'immaginazione dagli oggetti che non possono vedere.
21. 44. Quando invece in un corpo sano con i sensi non assopiti nel sonno l'anima è rapita da qualche arcana forza spirituale verso visioni di cose assomiglianti ad oggetti materiali, non ne segue che, poiché è diverso il modo della visione, sia diversa anche la natura delle cose viste, atteso che tra le cause d'origine fisica vi sono differenze che sono talvolta anche di natura contraria. Così, nel caso dei frenetici quando non dormono è piuttosto nel cervello che i canali della sensazione sono turbati e perciò essi vedono oggetti come li vedono i sognanti la cui attenzione durante il sonno è sviata dalle percezioni dello stato di veglia ed è portata ad avere quella sorta di visioni. Ora, benché il primo caso avvenga nello stato di veglia e l'altro nel sonno, tuttavia gli oggetti visti nell'uno e nell'altro non sono di specie diversa poiché procedono dallo spirito, dal quale e nel quale si formano le immagini degli oggetti materiali. Così, benché sia diversa la causa che distoglie l'attenzione, quando l'anima d'una persona sana di corpo e sveglia viene rapita da una misteriosa forza spirituale in modo da vedere, invece di un oggetto, immagini rappresentanti realtà materiali, la natura delle visioni è tuttavia la medesima. Infatti non può dirsi neppure che, quando la causa risiede nel corpo, l'anima produce con il suo proprio potere, senz'alcuna preveggenza del futuro, immagini d'oggetti materiali come fa di solito quando si rappresenta qualcosa, mentre al contrario, quando è rapita da uno spirito perché abbia siffatte visioni, queste le sono presentate da Dio; la sacra Scrittura infatti dice chiaramente: Io effonderò il mio Spirito su ogni uomo; i giovani avranno visioni e i vecchi faranno sogni 43, attribuendo entrambi i fenomeni all'azione di Dio. La Scrittura dice anche: A lui apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Non aver paura di prendere con te la tua sposa Maria 44, e ancora: Prendi il bambino e va' in Egitto 45.
22. 45. Io pertanto non penso che lo spirito di una persona venga rapito da uno spirito buono per fargli vedere immagini di tal genere se non quando esse hanno un significato speciale; quando invece la causa delle visioni è nel corpo in modo che lo spirito umano s'indirizzi verso di esse per vederle più distintamente, non si deve credere che abbiano sempre un significato; tuttavia ne hanno uno quando sono ispirate da uno spirito che le rivela sia a uno che dorme sia a uno sofferente di qualche disturbo fisico da cui sia privato dell'uso dei sensi del corpo. Io conosco pure casi di persone sveglie e non afflitte assolutamente da alcuna malattia né tormentate dal delirio, nelle quali furono prodotte, mediante qualche misterioso impulso, certe rappresentazioni che, in seguito a spiegazioni date oralmente, si rivelarono essere delle profezie. Ciò è successo non solo a persone che avevano pronunciato frasi alle quali avevano dato un senso diverso; è questo il caso del gran sacerdote Caifa che fece una profezia senza l'intenzione di farla; ma è il caso anche di altre persone che avevano intenzione di fare una predizione riguardo ad eventi futuri.
22. 46. Alcuni giovani, per esempio, in una località ove erano capitati durante un loro viaggio, volendosi divertire con una burla, si finsero astrologhi, pur ignorando assolutamente il nome dei dodici segni dello zodiaco. Vedendo che il loro ospite ascoltava sbalordito ciò che dicevano e asserivano ch'era perfettamente vero, continuarono il gioco con maggiore audacia. L'ospite restava tuttavia affascinato e approvava tutto ciò che quelli dicevano. Alla fine li interrogò sulla sorte del figlio di cui aspettava ansiosamente il ritorno poiché era lontano da lungo tempo e tardava in modo inconcepibile; egli quindi era angosciato pensando che gli fosse accaduta qualche disgrazia. Quei giovani però non si preoccupavano della verità che l'ospite avrebbe potuto conoscere dopo la loro partenza e, pur di renderlo tuttavia felice per il momento, sul punto di apprestarsi a partire gli risposero che il figlio stava bene, che si avvicinava e che sarebbe arrivato lo stesso giorno in cui gli facevano la predizione. Essi infatti non temevano che, una volta trascorso interamente quel giorno, il loro ospite si mettesse il giorno seguente sulle loro tracce per redarguirli. Ma, per venire subito alla conclusione, nel momento in cui si disponevano a partire, ecco che all'improvviso arrivò il figlio mentre essi erano ancora lì, in casa.
22. 47. Così pure un'altra volta, durante una festa pagana, un giovane danzava accompagnato da un flautista in un luogo dov'erano molti idoli. Egli non era un frenetico posseduto da spirito alcuno ma, come sapevano i circostanti e gli spettatori, imitava per gioco gli ossessi. Era infatti usanza che prima di pranzo si offrissero sacrifici e gl'invasati dagli spiriti si abbandonassero ai loro atti furiosi e che dopopranzo a nessuno dei giovani, che l'avessero desiderato, fosse proibito d'imitarli per gioco. Fu così che quel giovane, mentre eseguiva la sua danza, chiese ed ottenne dalla folla circostante che se la rideva, di fare silenzio e allora predisse che durante la notte ormai imminente sarebbe stata uccisa da un leone nel bosco vicino una persona e che l'indomani sul far del giorno la folla avrebbe abbandonato il luogo della festa e si sarebbe recata a vedere il cadavere di quel malcapitato. La cosa andò proprio in quel modo, sebbene da tutte le sue buffonate apparisse a tutti gli spettatori assai chiaro ch'egli aveva fatto quella predizione per gioco e per scherzo, senza aver avuto mailo spirito turbato o essere stato mai fuor dei sensi. Egli stesso rimase tanto più stupito di ciò ch'era accaduto quanto più era conscio dello stato d'animo in cui si trovava e con quali espressioni aveva predetto quel fatto.
22. 48. In qual modo arrivano nello spirito queste visioni? Vi si formano forse originariamente o sono introdotte già formate e percepite grazie a una sorta d'unione [con il loro spirito]? In questo modo gli angeli mostrerebbero agli uomini i propri pensieri e le immagini degli oggetti materiali ch'essi formano in precedenza nel proprio spirito grazie alla loro conoscenza del futuro, allo stesso modo ch'essi vedono i nostri pensieri non certo con gli occhi - poiché non vedono con il corpo ma con lo spirito - con la differenza però che gli angeli conoscono i nostri pensieri anche se noi non lo vogliamo, mentre noi non possiamo conoscere i loro pensieri se non a condizione che ce li rivelino essi stessi. Gli angeli infatti - a mio avviso - hanno il potere di nascondere i loro pensieri con mezzi spirituali, allo stesso modo che noi nascondiamo il nostro corpo agli occhi altrui ponendo degli ostacoli tra noi e loro. E come mai avviene che nel nostro spirito si percepiscono talora solo immagini significative senza che si sappia se abbiano un significato, mentre altre volte si capisce che significano qualcosa ma il loro significato non risulta certo; altre volte, al contrario, l'anima umana, per una sorta di rivelazione, non solo vede nello spirito queste immagini, ma con la mente conosce anche il loro significato? Ciò è assai difficile saperlo e, ammesso che lo sapessimo, è assai arduo discuterlo e spiegarlo.
23. 49. Per ora tuttavia credo sia sufficiente mostrare che certamente esiste in noi una natura spirituale in cui si formano le immagini degli oggetti materiali. Essa agisce sia quando con i sensi fisici percepiamo un oggetto e subito si forma nello spirito e vien conservata nella memoria l'immagine dell'oggetto, sia quando rimuginiamo nella mente immagini di oggetti assenti ma già conosciuti, per formare una certa visione spirituale mediante le immagini già esistenti nello spirito anche prima che ce le rimuginassimo nella mente; sia quando gli oggetti, che noi non conosciamo ma della cui esistenza non dubitiamo, ci rappresentiamo immagini non corrispondenti a quel che sono realmente ma come ci si presentano all'immaginazione; oppure quando, secondo il nostro arbitrio o la nostra immaginazione, ci rappresentiamo altri oggetti inesistenti o dei quali ignoriamo l'esistenza; oppure quando diverse forme di immagini di corpi si presentano all'anima senza il nostro concorso o contro la nostra volontà. La natura spirituale inoltre agisce in noi quando, avendo intenzione di compiere un'azione fisica, disponiamo nei particolari il progetto da realizzarsi in quell'azione e li anticipiamo tutti nel pensiero; oppure nel corso dell'azione, quando parliamo o facciamo qualcos'altro, anticipiamo tutti i movimenti del corpo rappresentandoceli nell'intimo dello spirito mediante le loro immagini per poterli eseguire - poiché nessuna sillaba, per breve che sia, è pronunciata al suo giusto posto senza che prima sia prevista e risuoni [nella fantasia] --; così pure agisce quando nel sonno si vedono sogni che hanno o non hanno un significato, o quando, essendo turbati i canali interni delle sensazioni a causa d'una malattia, lo spirito confonde le immagini degli oggetti con gli oggetti reali al punto che è quasi affatto impossibile distinguerli - e ciò può accadere sia quando essi abbiano un significato che quando si presentino senza avere alcun significato - oppure si ha l'azione della natura spirituale quando, per l'aggravarsi d'una malattia o per un dolore che ostruisce i canali interni attraverso i quali l'attenzione dell'anima si spinge fuori e, mediante gli organi del corpo, si sforza di percepire il proprio oggetto, nascono o si presentano casualmente nello spirito, con forza maggiore di quando esso è stornato dai sensi nel sonno, immagini delle realtà materiali che hanno un significato o che appaiono senza alcun significato. La natura spirituale agisce infine quando, senz'alcuna causa proveniente dal corpo, sotto l'azione d'uno spirito che se ne impossessa e la rapisce fuori dei sensi, l'anima è trasportata alla visione di immagini di realtà corporee di tal genere e, pur confondendo le immagini con gli oggetti dei sensi, conserva anche l'uso dei sensi del corpo; o quando, rapita da uno spirito, l'anima è distolta dall'uso di tutti i sensi del corpo in modo da essere interamente assorta nella visione spirituale di sole immagini di oggetti materiali,nel qual caso io non vedo come possa esserci visione di qualcosa priva di significato.
24. 50. Per conseguenza la natura spirituale in cui non sono prodotti oggetti materiali ma immagini d'oggetti, ha visioni di una specie inferiore a quelle che mediante la sua luce ha la mente e l'intelligenza. Da questa facoltà vengono infatti giudicate le conoscenze inferiori e vengono viste le realtà che non sono né corpi né cose non aventi alcuna forma simile ai corpi: tali sono la stessa mente e ogni retto sentimento dell'anima - a cui sono contrari i suoi vizi riprovati e condannati giustamente negli uomini --. In qual altro modo infatti si vede l'intelletto se non con un atto dello stesso intelletto? Allo stesso modo [noi vediamo] la carità, la gioia, la pace, la longanimità, la cordialità, la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé 46, e tutte le altre virtù somiglianti, per mezzo delle quali ci avviciniamo a Dio, e [infine] Dio stesso, dal quale, per mezzo del quale e nel quale esistono tutte le cose 47.
24. 51. Differenti sono quindi le visioni che si formano nella medesima anima, sia quelle percepite mediante il corpo - come il cielo fisico e la terra e tutto ciò che in essi può essere conosciuto nella misura che può essere conosciuto [dall'uomo] - sia quelle percepite dallo spirito, ossia le immagini dei corpi, delle quali abbiamo già parlato a lungo --, sia quelle che sono comprese dalla mente e che non sono né corpi né immagini di corpi. In queste visioni però c'è naturalmente un ordine gerarchico, e una è più eccellente di un'altra. Ora, la visione spirituale è superiore a quella corporale; a sua volta la visione intellettuale è superiore a quella spirituale. Infatti non può esserci visione corporale senza quella spirituale, dal momento che nel medesimo istante in cui un oggetto materiale è percepito da un senso del corpo, si produce anche nell'anima qualcosa non identico all'oggetto percepito ma qualcosa di simile a esso. Se ciò non accadesse, non ci sarebbe neppure la sensazione per mezzo della quale si percepiscono gli oggetti esterni. Non è infatti il corpo ad avere le percezioni ma è l'anima per mezzo del corpo, del quale si serve come d'un messaggero per formare in se stessa [l'immagine] dell'oggetto esterno che viene richiamato alla sua attenzione dal mondo esterno. Non può, dunque, esserci una visione corporale se non c'è allo stesso tempo anche una visione spirituale; ma tra le due visioni non può esserci distinzione finché non sia passata quella corporale e l'oggetto percepito mediante i sensi del corpo non si trovi nello spirito. D'altro canto non può esserci una visione spirituale senza che ci sia anche quella corporale, quando appaiono nello spirito immagini d'oggetti assenti o quando ne formiamo molte con la libera attività dell'anima o si presentano allo spirito contro il nostro volere. Così pure la visione spirituale ha bisogno di quella intellettuale quando dev'essere giudicato il suo contenuto, mentre quello intellettuale non ha bisogno della visione spirituale la quale è inferiore a quella. La visione corporale è quindi inferiore a quella spirituale ma tutt'e due sono inferiori a quella intellettuale. Quando perciò noi leggiamo: L'uomo spirituale giudica ogni cosa, egli invece non è giudicato da nessuno 48, non dobbiamo intenderlo nel senso dello "spirito" in quanto distinto dall'anima intellettuale - come nella frase dell'Apostolo: Pregherò con lo spirito, ma pregherò pure con l'intelligenza 49 - ma nel senso inteso da San Paolo in quest'altro passo: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente 50. Abbiamo infatti già spiegato, più sopra, che in un altro senso è detta "spirito" anche la stessa mente, cioè la facoltà mediante la quale l'uomo spirituale giudica ogni cosa. Io perciò penso possa dirsi logicamente e naturalmente che la visione spirituale occupa, diciamo così, un posto intermedio tra la visione intellettuale e quella corporale. Non è quindi illogico - a mio parere - dire che una cosa, la quale per verità non è un corpo ma è immagine d'un corpo, è intermedia tra ciò che è realmente un corpo e ciò che non è né un corpo né immagine d'un corpo.
25. 52. L'anima viene però ingannata dalle immagini delle cose non a causa di un loro difetto, ma della supposizione in base alla quale le giudica, allorché, per difetto d'intelligenza, scambia le apparenze con la realtà di cui quelle sono immagini. L'anima dunque s'inganna nella visione corporale quando si figura che avvenga negli oggetti ciò che si presenta ai sensi del corpo, - come a coloro che viaggiano su una nave pare che si muovano gli oggetti che stanno fermi sulla terra, e a coloro che guardano il cielo sembra che siano fisse le stelle che invece si muovono. Così quando i raggi emessi dagli occhi sono divergenti, ci pare di vedere due immagini d'una stessa lampada; e un remo nell'acqua appare spezzato, e così dicasi di molti altri fenomeni di tal genere - oppure quando l'anima scambia un oggetto per un altro oggetto perché gli somiglia nel colore o nel suono o nel sapore o nel tatto; ecco perché anche un medicamento mescolato con la cera cotto in una pentola è scambiato per un legume, e il rombo d'un carro che passa è preso per un tuono, e l'erba aromatica chiamata cedrina, se non è esaminata da nessun altro senso, la si prende per un limone, o una vivanda condita con una salsa dolciastra sembra confezionata con il miele, e se al buio si tocca un anello mai visto prima, lo si crede d'oro mentre è di rame o d'argento; oppure l'anima s'inganna quando, nel vedere all'improvviso e di punto in bianco certi oggetti, si turba e crede di vederli in sogno o di avere una visione spirituale di tal genere. In tutti i casi di visioni corporali si ricorre quindi all'attestazione degli altri sensi e soprattutto a quella della mente e della ragione in modo da scoprire, per quanto è possibile, che cosa c'è di vero in siffatta specie di visioni. Nella visione spirituale invece, vale a dire nelle immagini dei corpi viste dallo spirito, l'anima s'inganna quando siffatte immagini le prende per oggetti reali o quando, formandosi delle immagini basate su una ipotesi o una falsa congettura, corrispondono anche a oggetti che si figura esistenti senza averli mai visti. Nelle intuizioni dell'intelletto, al contrario, l'anima non s'inganna. Poiché o essa comprende [ciò che vede] e allora possiede la verità, oppure, se non possiede la verità, l'anima non riesce a comprenderlo. Per conseguenza una cosa è, per l'anima, sbagliare riguardo agli oggetti ch'essa vede, un'altra è sbagliare perché non li vede.
26. 53. Succede alle volte che l'anima sia rapita [fuori dei sensi] per avere visioni in cui lo spirito contempla immagini somiglianti agli oggetti in modo da essere completamente estraniata dai sensi del corpo - più di quanto non lo sia ordinariamente nel sonno, ma meno di quanto lo è nella morte --; allora appunto avviene che l'anima, mediante l'ispirazione e l'aiuto di Dio, si rende conto di vedere nello spirito non oggetti materiali ma immagini di oggetti, come succede a coloro i quali sono consci di vedere in sogno anche prima di svegliarsi. Può darsi inoltre che nelle visioni spirituali si vedano eventi futuri - che si vedono attraverso le immagini presentate all'anima - in modo da essere riconosciuti come futuri con assoluta chiarezza sia perché l'intelligenza umana è aiutata da Dio, sia per il fatto che ne spiega il significato qualcuno presente in siffatte visioni, come veniva spiegato a Giovanni nell' Apocalisse 51. In questo caso si tratta d'una rivelazione importante anche se per caso colui, al quale sono rivelati quegli eventi, ignora se sia uscito fuori del corpo o si trovi ancora nel corpo; se infatti questa conoscenza non è rivelata a chi è rapito in estasi, è possibile ch'egli ignori questo suo stato se non gli viene rivelato.
26. 54. Inoltre se uno, allo stesso modo ch'è stato rapito fuori dei sensi del corpo per essere tra le immagini dei corpo che vengono contemplate dallo spirito, viene anche rapito fuori delle stesse immagini per essere trasportato nella regione - diciamo così - delle realtà intellettuali e degl'intelligibili ove la verità appare trasparente senz'alcuna immagine corporale e la sua visione non è offuscata da nessuna nube di false opinioni, lì le virtù dell'anima non sono più penose né fastidiose; lì la concupiscenza non è più frenata con lo sforzo della temperanza, l'avversità non è più tollerata con la fortezza, l'iniquità non è più punita con la giustizia, il male non è più evitato con la prudenza. Lì l'unica e perfetta virtù è amare ciò che si ama. Lì infatti la felicità si beve alla sua stessa sorgente dalla quale si sparge per la nostra vita qualche spruzzo al fine di vivere con temperanza, con fortezza, con giustizia e prudenza tra le prove di questo mondo. Per raggiungere questa mèta, ove sarà il riposo sicuro e l'ineffabile visione della verità, noi ci sottoponiamo allo sforzo di trattenerci dai piaceri e sopportare le avversità, aiutare gli indigenti e opporci ai menzogneri. Lì si vede la gloria del Signore, non mediante una visione simbolica o corporale, come fu vista [da Mosè] sul monte Sinai 52, né mediante una visione spirituale come la vide Isaia 53 o Giovanni nell' Apocalisse 54, ma per mezzo d'una visione diretta, nella misura ch'è capace di percepirla l'anima umana mediante la grazia di Dio che la eleva a sé, per parlare da bocca a bocca a colui ch'egli ha reso degno d'un siffatto colloquio parlandogli non con la bocca del corpo ma con la bocca della mente.
27. 54. Così - penso io - deve intendersi ciò che la Scrittura dice di Mosè 55.
27. 55. Egli infatti - come leggiamo nell' Esodo - aveva desiderato di vedere Dio non certo come l'aveva visto sul monte [Sinai] né come lo vedeva dentro la tenda, ma nella sua essenza divina, per quanto può percepirla una creatura razionale e intellettuale allorché viene rapita fuori da ogni specie di simboli enigmatici dello spirito. La Scrittura infatti dice così: Se dunque ho trovato la grazia ai tuoi occhi, mostra a me te stesso; fa' che io ti possa vedere chiaramente 56, sebbene qualche riga prima si legga che Dio parlava a Mosè faccia a faccia come uno parla a un suo amico 57. Mosè dunque capiva ciò che vedeva ma desiderava di vedere ciò che non vedeva. Infatti - come si legge qualche riga dopo - avendogli Dio detto: Tu hai trovato grazia ai miei occhi e io ti conosco meglio di tutti gli altri, Mosè rispose: Lasciami vedere la tua gloria 58. Mosè allora, per la verità, ricevette dal Signore una risposta espressa sotto figura e che sarebbe troppo lungo spiegare adesso: Tu non potrai vedere il mio volto e restare in vita, poiché nessuno potrà vedere il mio volto e restare in vita 59. Dio poi soggiunse dicendogli: Ecco un luogo vicino a me: tu starai sulla roccia. Appena passerà la mia gloria, io ti porrò sulla sommità della roccia e ti coprirò con la mia mano e tu mi vedrai di spalle, ma il mio volto tu non lo vedrai 60. La Scrittura però nei passi seguenti non racconta che quella visione sia avvenuta anche in modo che Mosè vedesse Dio in persona e ciò dimostra assai chiaramente che le espressioni della Scrittura sono soltanto figurate per simboleggiare la Chiesa. È infatti la Chiesa "il luogo vicino al Signore" poiché è il suo tempio ed è costruita sulla roccia; inoltre tutte le altre espressioni di questo passo concordano con questa interpretazione. Se tuttavia Mosè non avesse meritato di vederla gloria di Dio ch'egli aveva desiderato ardentemente di contemplare, nel libro dei Numeri Dio non direbbe ad Aronne e Maria, suoi fratelli: Ascoltate le mie parole. Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, mi farò conoscere da lui in visione e gli parlerò per mezzo di sogni. Non così farò con il mio servo Mosè, che è l'uomo di fiducia in tutta la mia casa: io parlerò con lui da bocca a bocca in visione diretta e non per enigmi ed egli ha visto la gloria del Signore 61. Ma non si deve pensare che queste espressioni indichino una sostanza corporale resa presente ai sensi del corpo, poiché certamente in questo modo parlava Dio con Mosè faccia a faccia, a tu per tu; quando tuttavia Mosè gli disse: Mostra a me te stesso 62, e anche adesso, rivolgendosi a coloro che egli rimproverava e al di sopra dei quali esaltava i meriti di Mosè, Dio parlava in questo modo per mezzo d'una creatura corporea resa pesante ai sensi del loro corpo. In quella maniera dunque e nella sua essenza divina parlava Dio in modo di gran lunga più intimo e misterioso in un colloquio ineffabile in cui nessuno potrà vederlo mentre vive in questa vita mortale nei sensi del corpo, ma è concesso solo a chi in certo qual modo muore a questa vita dopo aver abbandonato interamente il corpo oppure quando si estrania e viene rapito fuori dei sensi del corpo al punto di non sapere più, con ragione, come dice l'Apostolo, se si trova ancora nel suo corpo o fuori del corpo, quando viene rapito e trasportato a questa visione.
28. 56. Se perciò questa terza specie di visione, ch'è superiore non solo a ogni visione corporale con cui, per mezzo dei sensi del corpo, si percepiscono gli oggetti materiali, ma è superiore anche ad ogni visione spirituale con cui le immagini degli oggetti sono viste dallo spirito e non dall'intelletto è ciò che l'Apostolo chiama "terzo cielo", con essa la gloria di Dio è vista da coloro i cuori dei quali vengono purificati affinché possano vederla. Ecco perché la Scrittura dice: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 63, non per mezzo di qualche simbolo reso presente sotto forma corporea o spirituale come in uno specchio oscuramente, ma faccia a faccia 64, o - come dice la Scrittura a proposito di Mosè - "da bocca a bocca", cioè mediante una visione dell'essenza di Dio sia pur nella misura quanto si voglia limitata di cui è capace di percepirla l'anima umana, che ha una natura diversa da quella di Dio, anche se purificata da ogni sozzura terrestre ed estraniata da tutti i sensi del corpo e rapita fuori d'ogni immaginazione corporale. Lontani da Dio noi siamo in esilio, appesantiti dal peso [del corpo] mortale e corruttibile per tutto il tempo in cui camminiamo nella fede e non ancora nella visione 65, anche quando in questo mondo noi viviamo santamente. Perché allora non dovremmo credere che Dio al grande Apostolo, maestro dei pagani, rapito fino a quella sublime visione, volle mostrare la vita in cui dovremo vivere in eterno dopo questa vita terrena? E perché non dovrebbe chiamarsi "paradiso" quello, senza confonderlo con quello in cui visse corporalmente Adamo tra alberi fronzuti e carichi di frutti? Poiché anche la Chiesa che ci raduna nel seno della carità è chiamata paradiso con alberi carichi di frutti 66. Ma questa espressione [della sacra Scrittura] ha un senso figurato per il fatto che il paradiso, ove visse realmente Adamo, era simbolo della Chiesa mediante una figura di ciò che doveva venire. Se però consideriamo la cosa più attentamente potremo forse pensare che il paradiso materiale, in cui visse Adamo con il suo corpo, era il simbolo non solo della vita che i fedeli servi di Dio trascorrono quaggiù nella Chiesa, ma anche della vita che dopo questa durerà in eterno. Così Gerusalemme, che significa visione di pace, sebbene sia evidentemente una città di questa terra, è simbolo della Gerusalemme celeste, che è la nostra madre eterna nei cieli. Quest'ultimo senso può applicarsi a coloro che sono salvati nella speranza e, sperando ciò che ancora non vedono, lo aspettano con costanza 67, tra i quali i figli della donna abbandonata sono numerosi, più numerosi di quelli di colei che ha avuto marito 68, ma può applicarsi anche agli stessi angeli santi mediante la Chiesa della multiforme sapienza di Dio 69, con i quali dopo questo pellegrinaggio terrestre dobbiamo vivere senza alcuna pena e senza fine.
29. 57. Ma il terzo cielo al quale fu rapito l'Apostolo potremmo concepirlo pensando che ne esista anche un quarto e altri ancora più in alto, al di sotto dei quali si troverebbe quel "terzo cielo". Così alcuni sostengono l'esistenza di sette cieli, altri di otto, altri di nove o anche di dieci cieli, molti dei quali - affermano - sarebbero disposti a gradini nel solo cielo chiamato firmamento e perciò argomentano o pensano che siano corporei; ma ora sarebbe troppo lungo discutere quelle argomentazioni e opinioni. Può anche darsi che qualcuno sostenga o dimostri, se ne è capace, che anche nelle visioni spirituali o intellettuali vi siano molti gradi e questi siano disposti secondo una progressione in rapporto alle rivelazioni più o meno luminose. Ora, comunque stiano le cose e vengano interpretate e qualunque sia, tra le diverse opinioni, quella che a ciascuno piacerà adottare, io fino a questo momento non posso conoscere o mostrare se non queste tre specie di rappresentazioni di oggetti visti in sogno o di visioni e cioè: quelle percepite dal corpo, dallo spirito e dalla intelligenza. Ma stabilire quale sia il numero e i gradi di differenza di ciascuna specie di visioni e determinare il relativo grado di superiorità di ciascuna di esse rispetto alle altre confesso d'ignorarlo.
30. 58. Ma allo stesso modo che nella luce fisica di questo mondo si trova il cielo che vediamo al di sopra della terra e dove brillano il sole, la luna e le stelle, corpi di gran lunga più eccellenti di quelli terrestri, così nelle visioni di natura spirituale - ove noi vediamo le immagini di oggetti materiali in una specie di luce incorporea ch'è loro propria - ci sono oggetti straordinari e davvero divini mostrati dagli angeli in modo meraviglioso. Sia che grazie a una specie di facile ed efficace congiunzione o mescolanza facciano sì che le loro visioni divengano anche nostre, sia che sappiano - io non so come - formare la nostra visione nel nostro spirito, è una cosa difficile a comprendersi e più difficile a dirsi. Vi sono poi altre visioni [in sogno] più frequenti e umane che traggono origine dal nostro spirito in molte maniere o sono in qualche modo fornite allo spirito dal corpo a seconda che siano disposti nel corpo o nella mente. Poiché gli uomini non solo quando sono svegli rimuginano nel loro spirito immagini d'oggetti materiali, le quali sono il riflesso delle loro preoccupazioni, ma anche quando dormono sognano spesso ciò di cui sentono il bisogno: ciò si spiega perché trattano i loro affari spinti dalla cupidigia dell'anima e, se per caso si sono addormentati con la fame e con la sete, se ne stanno bramosi a bocca aperta davanti a vivande e bevande. Ora, a mio avviso, tutte queste visioni, paragonate alle rivelazioni fatteci dagli angeli, devono essere valutate con il criterio con cui, riguardo alla nostra natura corporale, paragoniamo le realtà terrestri con quelle celesti.
31. 59. Così nelle visioni intellettuali alcune cose sono viste nella stessa anima, come, per esempio, le virtù - alle quali sono opposti i vizi - sia quelle destinate a rimanere [anche nella vita futura] come la pietà, sia quelle utili in questa vita ma destinate a cessare, come la fede, grazie alla quale crediamo le realtà che ancora non vediamo, come anche la speranza per cui aspettiamo con pazienza i beni futuri, e come la pazienza con cui sopportiamo tutte le avversità finché non arriveremo alla mèta dei nostri desideri. Sì, queste virtù e le altre della stessa specie che sono necessarie per condurre a termine il pellegrinaggio terreno, non esisteranno più nella vita futura, per ottenere la quale sono necessarie; anch'esse tuttavia sono viste con l'intelletto, poiché non sono dei corpi né hanno forme somiglianti a quelle dei corpi. Una cosa diversa è però la Luce, dalla quale è illuminata l'anima perché possa vedere, comprendendole conforme alla verità, le cose sia in se stessa sia in questa Luce. Questa Luce infatti è Dio stesso, mentre l'anima è una creatura la quale, benché razionale e intellettuale, fatta a immagine di lui, quando si sforza di contemplare quella Luce, batte le palpebre a causa della sua debolezza e non riesce a vederla interamente. Eppure è per mezzo della Luce ch'essa comprende ogni cosa per quanto ne è capace. Quando dunque l'anima è rapita là e, per essere stata sottratta ai sensi carnali, è resa presente in modo più distinto di fronte a quella visione - non per il fatto d'esserle più vicina nello spazio fisico, ma per un certo modo che è proprio della sua natura - e al di sopra di sé vede la Luce, mediante la cui illuminazione vede tutto ciò che vede anche in sé con l'intelletto.
32. 60. Ora, se mi si chiede se l'anima nel dipartirsi dal corpo vien trasportata in qualche luogo materiale oppure in uno spazio immateriale ma simile a luoghi materiali, o se, al contrario, in nessuno di essi ma in un luogo più eccellente non solo dei corpi ma anche delle immagini dei corpi, risponderò senz'altro ch'essa non può essere portata in un luogo materiale se non con un "corpo" oppure non è portata in nessun luogo materiale. Orbene, se l'anima può avere un "corpo" quando si partirà dal corpo, lo dimostri chi ne è capace; io non lo credo. L'anima, al contrario, è portata, a seconda dei meriti, in un soggiorno spirituale o in luoghi di pena la cui natura è simile a quella dei corpi, luoghi come quelli mostrati a coloro che, rapiti fuori dei sensi, giacendo come se fossero morti, videro le pene dell'inferno. Costoro portavano con sé una certa somiglianza del loro corpo con cui potevano essere portati là e sperimentare con la somiglianza dei loro sensi. Io infatti non capisco perché l'anima avrebbe una somiglianza del proprio corpo quando, mentre il corpo resta privo di sensi pur non essendo totalmente morto, vede oggetti come quelli [delle visioni] raccontate da molte persone una volta tornate tra i vivi appena usciti da quel rapimento, e non l'avrebbe quando, a causa della morte effettiva esce totalmente dal suo corpo. Ne segue dunque che l'anima è portata o verso luoghi di pena oppure verso altri luoghi somiglianti a quelli materiali, non tuttavia di pena, ma di pace e di gioia.
32. 61. Ora, non si può dire che quelle pene o quella pace e quella gioia siano false, poiché le cose sono false quando si scambia una cosa per un'altra a causa di un giudizio erroneo. Così, per esempio, s'ingannava certamente Pietro quando vedeva quel vassoio e immaginava che in esso fossero non immagini di corpi, ma corpi reali 70. Egli errava anche in un'altra occasione quando, avendolo sciolto dalle catene un angelo, uscì dal carcere camminando con il proprio corpo a contatto con oggetti materiali e tuttavia credeva d'avere ancora una visione 71. Ciò si spiega poiché da una parte gli animali contenuti in quel vassoio erano immagini spirituali somiglianti a quelle corporali e d'altra parte la visione d'un uomo sciolto dalle catene per un miracolo aveva l'apparenza di un'immagine spirituale. In entrambi i casi l'anima s'ingannava ma solo perché scambiava una cosa per un'altra. Gli oggetti dunque, da cui le anime, una volta uscite dal corpo, provano il bene o il male, non sono materiali ma solo somiglianti ad essi, dal momento che anche le anime appaiono a se stesse sotto forme simili ai loro corpi; ciononostante quegli oggetti sono reali e sono reali la gioia o la pena prodotte da una sostanza spirituale. Anche nel sonno infatti c'è una gran differenza tra l'aver sogni di gioia o incubi di sofferenza. Ecco perché alcuni si rattristano svegliandosi da sogni in cui avevano goduto dei beni che avevano bramato mentre in altre occasioni, svegliandosi da sogni in cui erano stati in preda a terrori e tormenti, ebbero paura di dormire per non ricadere nei medesimi incubi. Ora, certamente non si deve dubitare che quelle che si chiamano pene dell'inferno sono più intense e perciò sono percepite con dolore più vivo. Coloro, infatti, che sono stati rapiti fuori dei sensi del corpo, hanno raccontato in seguito d'essersi trovati in esperienza più forte di quella d'un sogno benché naturalmente fosse meno intensa di quanto sarebbe stata se fossero morti del tutto. L'inferno dunque esiste, ma io penso che la sua natura sia spirituale, non materiale.
33. 62. Non si devono ascoltare nemmeno coloro i quali affermano che l'inferno corrisponde allo svolgersi della vita presente e che non esiste dopo la morte; ma se la vedano essi in qual senso interpretare le finzioni poetiche. Noi non dobbiamo allontanarci dall'autorità delle Sacre Scritture, alle quali solo dobbiamo prestare fede a proposito di questo problema. Potremmo d'altronde dimostrare che i sapienti pagani non dubitarono affatto della realtà dell'inferno che dopo la vita presente riceve le anime die morti. Con ragione però ci si pone in quesito perché mai si dice che l'inferno è sottoterra, se non è un luogo materiale, o perché si chiama inferno, se non è sotterra. Al contrario, che l'anima non è materiale non è solo una mia opinione ma oso anzi proclamare apertamente di saperlo con certezza. Chi però afferma che l'anima non può avere la somiglianza d'un corpo o addirittura delle membra d'un corpo, dovrebbe dire che non è l'anima quella che in sogno vede se stessa camminare o star seduta, andare e tornare qua e là a piedi o volando, ma nulla di ciò può avvenire senza ch'essa abbia una certa somiglianza d'un corpo. Per conseguenza, se essa porta anche nell'inferno siffatta somiglianza - che non è corporea ma qualcosa di simile a un corpo - sembra che si trovi ugualmente anche in luoghi non fisici ma simili a quelli fisici, sia nel riposo che nei tormenti.
33. 63. Ciononostante debbo confessare altresì di non aver trovato un testo [della sacra Scrittura] ove sia chiamato "inferno" il soggiorno ove riposano le anime dei giusti. Noi inoltre, per la verità, non senza ragione crediamo che l'anima di Cristo andò fino ai luoghi ove sono tormentati i peccatori per liberare dai loro tormenti coloro che, per la sua inscrutabile giustizia, aveva deciso dover liberare. In qual altro senso infatti si può intendere ciò che dice la Scrittura: Dio lo risuscitò dai morti dopo aver abolito le sofferenze degli inferi, poiché non era possibile ch'egli fosse tenuto in loro potere? 72. Io non vedo che si possa intendere [questa frase] se non nel senso ch'egli liberò alcuni dalle pene dell'inferno in virtù del potere per cui è il Signore, poiché ognuno piega a lui le ginocchia nei cieli, sulla terra e sottoterra 73; a causa del suo potere egli non poteva neppure essere tenuto nei lacci delle pene ch'egli aveva sciolti. Ma né Abramo né quel povero ch'era nel suo seno - cioè nel soggiorno misterioso del suo riposo - si trovavano in mezzo alle sofferenze, poiché [nella sacra Scrittura] leggiamo che tra il loro riposo e i tormenti dell'inferno è stabilito un grande abisso; d'altronde la Scrittura non dice neppure ch'essi fossero nell'inferno, poiché [Cristo] dice: Ora avvenne che quel povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando [questi] nell'inferno tra i tormenti, ecc. 74. Vediamo quindi che l'inferno è menzionato non a proposito del riposo del povero ma a proposito del castigo del ricco.
33. 64. Quanto a ciò che Giacobbe dice ai suoi figli: Voi farete scendere con dolore la mia vecchiaia nell'inferno 75, sembra piuttosto indicare che egli temeva di restare sconvolto a causa d'una tristezza sì grande da andare non al riposo dei beati ma nell'inferno dei peccatori. La tristezza infatti è un male non lieve per l'anima, dal momento che anche l'Apostolo era tanto ansioso per un fedele nel timore che fosse oppresso da una tristezza più grave 76. Come dunque ho detto, non ho ancora trovato e cerco ancora un passo delle Scritture - parlo solo di quelle canoniche - in cui il termine "inferno" sia preso in senso buono. Quanto poi al "seno di Abramo" e al riposo in cui quel povero fu portato dagli angeli non so se alcuno possa intenderli se non in senso buono. Non vedo, per conseguenza, come potremmo credere che quel riposo sia nell'inferno.
34. 65. Ma mentre stiamo cercando di dare una risposta al quesito che ci siamo proposti - e sia che la troviamo, sia che non la troviamo --, la lunghezza di questo libro ci spinge a concluderlo una buona volta. Noi abbiamo cominciato la discussione sul paradiso a proposito d'un passo dell'Apostolo, in cui dice di conoscere un uomo, ch'era stato rapito fino al terzo cielo, ma d'ignorare se con il corpo o senza il corpo, e d'essere stato rapito in paradiso e d'aver udito parole arcane che nessuno può ripetere. Noi perciò non determiniamo alla leggera se il paradiso è sito nel terzo cielo oppure se [l'Apostolo] fu rapito anche al terzo cielo e poi di lì nel paradiso. Poiché, se può chiamarsi con ragione "paradiso", nel senso proprio della parola, un luogo ricco di alberi e, in senso figurato, anche una regione - diciamo così - spirituale, ove si gode la felicità, è "paradiso" non solo il terzo cielo, qualunque cosa esso sia - che in realtà è una cosa meravigliosa e sommamente bella --, ma anche la gioia derivante dalla buona coscienza nell'uomo. Ecco perché anche la Chiesa, per i fedeli servi di Dio che vivono nella temperanza, nella giustizia e nell'amore verso Dio, è chiamata giustamente "paradiso" 77, ricca com'è di grazie abbondanti e di caste delizie 78, poiché anche nelle tribolazioni si gloria della propria pazienza ed è ricolma di grande gioia poiché le consolazioni di Dio rallegrano la sua anima in proporzione della moltitudine delle sofferenze che prova nel suo cuore 79. Con quanta maggior ragione può dunque chiamarsi "paradiso" dopo questa vita anche il seno di Abramo in cui non ci sarà più alcuna tentazione ma un meraviglioso riposo dopo tutte le sofferenze di questa vita! Poiché anche lì c'è una luce sua propria e tutta speciale di natura certamente straordinaria. Tale era la luce che vide quel ricco tra i tormenti e nelle tenebre dell'inferno; sebbene ci fosse di mezzo un grande abisso, tuttavia anche da tanto lontano la vide così chiara da riconoscervi il povero ch'egli una volta aveva disprezzato.
34. 66. Se le cose stanno così, si dice o si crede che l'inferno è situato sotterra perché nello spirito è presentata un'appropriata somiglianza delle cose corporali; in tal modo, poiché le anime die defunti, che hanno meritato l'inferno, hanno peccato per l'amore della carne, mediante immagini delle realtà corporee, è procurato loro ciò che suole essere procurato a un cadavere che ordinariamente è sepolto sotterra. L'inferno perciò in latino si chiama inferi poiché è situtato al di sotto [della terra]. Allo stesso modo poi che nell'ambito dei corpi, se si attengono alla legge di gravità, quelli pesanti sono più in basso, così nell'ambito degli spiriti si trovano più in basso tutti quelli che sono più tristi. Ecco perché si dice che anche nella lingua greca l'etimologia del nome con cui è denotato l'inferno esprime il significato di "ciò che non ha nulla di piacevole". Tuttavia il nostro Salvatore, dopo essere morto per noi, non disdegnò di visitare anche quella parte del mondo per liberare di lì coloro ch'egli non poteva ignorare dover essere liberati conforme alla sua divina, occulta giustizia. Ecco perché all'anima del buon ladrone, al quale aveva detto: Oggi sarai con me in paradiso 80, promise non l'inferno ove sono puniti i peccatori, ma il seno di Abramo - poiché Cristo non può non essere dappertutto, essendo lui la Sapienza di Dio che penetra in ogni cosa a causa della sua purezza 81 - oppure promise il paradiso, sia ch'esso si trovi nel terzo cielo o in qualsiasi altro luogo in cui fu rapito l'Apostolo dopo essere stato al terzo cielo, se pur è vero che l'unica dimora, in cui sono le anime dei beati, non è l'unica e medesima cosa denominata con nomi diversi.
34. 67. Pare dunque che per "primo cielo" sia giusto intendere - con un termine generico - tutto questo cielo materiale che si trova al di sopra delle acque e della terra, per secondo cielo invece quello visto dallo spirito, sotto immagini corporali - come quello dal quale a Pietro rapito in estasi fu fatto scendere quel vassoio pieno di animali 82-- e per "terzo cielo" ciò che la mente contempla dopo essere stata separata, allontanata e rapita completamente fuori dei sensi del corpo e talmente purificata da essere capace di vedere e udire in modo ineffabile - grazie alla carità dello Spirito Santo - le realtà che si trovano in quel cielo e la stessa essenza di Dio come anche il Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa 83. Non senza ragione noi crediamo non solo che l'Apostolo fu rapito fin lassù 84, ma altresì che forse è lì il paradiso più eminente e - se così può dirsi - il paradiso dei paradisi. Se infatti l'anima buona trova la gioia nel bene che si trova in ogni creatura, quanto più eccellente è la gioia ch'essa trova nel Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa?
35. 68. Ma che bisogno hanno gli spiriti dei defunti di riprendere il proprio corpo nella risurrezione, se possono avere la suprema felicità senza il loro corpo? È un'obiezione che potrebbe turbare qualcuno ma per verità è un problema troppo difficile a essere trattato completamente in questo libro. Non si deve tuttavia dubitare affatto che la mente dell'uomo, anche allorché è rapita fuori dei sensi del corpo o quando, dopo la morte, avendo abbandonato il corpo, non è più soggetta alle immagini dei corpi, non è in grado di vedere l'essenza immutabile di Dio, come la vedono gli angeli santi. Ciò può avvenire per qualche altra causa misteriosa o perché è innata nell'anima una specie di brama naturale di governare il corpo. Questa brama raffrena in qualche modo l'anima dal tendere con tutte le sue forze verso quel sommo cielo fino a quando non sarà riunita al corpo in modo che quella sua brama rimanga soddisfatta nel governare il corpo. Se, al contrario, il corpo è di tal natura che è difficile e gravoso governarlo come lo è questa carne che si corrompe e appesantisce l'anima 85 - derivando esso da una discendenza corrotta dal peccato - maggiormente distoglie la mente dalla visione del sommo cielo. Era dunque necessario che l'anima fosse strappata ai sensi della medesima carne perché le fosse mostrato come potesse raggiungere quella visione. Quando perciò l'anima, fatta uguale agli angeli riprenderà questo corpo non più quale corpo naturale ma, a causa della futura trasformazione, divenuto corpo spirituale, raggiungerà la perfezione della sua natura, obbediente e dirigente, vivificata e vivificante con una facilità tanto ineffabile che tornerà a sua gloria il corpo che le era di peso.
36. 69. Poiché anche allora ci saranno ovviamente le tre specie di visioni che abbiamo spiegato ma non ci sarà alcun errore che ci farà scambiare una cosa per un'altra né a proposito delle cose corporali, né di quelle spirituali e molto meno a proposito di quelle intellettuali. L'anima godrà perfettamente [nella visione] di queste realtà percepite dall'intelletto ed esse saranno talmente presenti ed evidenti che in confronto ci sono molto meno chiare le forme corporee di questo mondo che noi percepiamo adesso con i sensi del corpo: in quest'ultime forme sono assorte molte persone al punto di pensare che non ve ne siano altre e immaginare che tutto ciò che non è di tal genere non esista affatto. I sapienti invece, a proposito di queste forme [d'oggetti] si comportano diversamente: benché quelle appaiano più ovvie o più eccellenti, essi tuttavia si attengono con maggior sicurezza alle cose di cui si rendono conto, secondo il grado della loro intelligenza, oltrepassando le forme corporali, benché non siano capaci di contemplare le realtà intelligibili con la mente in modo così chiaro come vedono le realtà sensibili con i sensi del corpo. Gli angeli santi al contrario, se da una parte svolgono il compito di giudicare e governare le realtà del mondo materiale, d'altra parte non sono attaccati a esse in modo più intimo; essi inoltre discernono con lo spirito le immagini simboliche di quelle realtà e le trattano, per così dire, con tanta efficacia da poterle comunicare anche allo spirito degli uomini mediante una rivelazione. Per di più essi contemplano l'immutabile essenza del Creatore così chiaramente che, poiché la vedono e l'amano, la preferiscono a tutte le altre cose e giudicano ogni cosa alla luce di essa e si dirigono verso di essa per essere mossi da essa nell'agire e regolano [così] ogni loro azione in conformità con essa. Infine all'Apostolo, sebbene rapito fuori dei sensi del corpo fino al terzo cielo e al paradiso, mancò certamente una cosa per avere una piena e perfetta conoscenza delle cose, poiché non sapeva s'egli c'era con il corpo o senza il corpo. Questa conoscenza [a noi] non mancherà certamente quando, dopo che avremo ripreso il corpo nella riusrrezione dei morti, questo corpo corruttibile si rivestirà d'incorruttibilità e questo corpo mortale si rivestirà d'immortalità 86. Poiché ogni cosa sarà evidente senza errore e senza ignoranza, occupando ciascuna di esse il proprio posto, sia le corporali che le spirituali e le intellettuali, nella propria natura integra e nella perfetta felicità.
37. 70. Io so tuttavia che alcuni dei più stimati commentatori delle Sacre Scritture in conformità con la fede cattolica, che mi hanno preceduto, hanno dato un'interpretazione diversa di quello che l'Apostolo chiama "terzo cielo"; essi cioè vorrebbero sostenere che vi sia una distinzione tra l'uomo corporale, l'uomo naturale e l'uomo spirituale; l'Apostolo inoltre sarebbe stato rapito per contemplare in una visione di straordinaria evidenza il regno delle realtà incorporee che le persone spirituali anche in questa vita amano e desiderano godere al di sopra di ogni altra cosa. La ragione per cui io invece ho preferito chiamare spirituale e intellettuale ciò che quelli chiamano forse naturale e spirituale, usando solo termini differenti per indicare cose identiche, credo d'averla spiegata a sufficienza nella prima parte di quest' [ultimo] libro.