LIBRO QUINTO

I giorni della Genesi ripetizione di un unico giorno.

1. 1. Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu creato il giorno [in cui] Dio creò il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che fossero sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse. Dio infatti non aveva [ancora] fatto piovere sulla terra e non c'era [ancora] alcun uomo che lavorasse la terra. Una sorgente però zampillava dalla terra e irrigava tutta la faccia della terra 1. Ora certamente acquista maggior peso l'opinione secondo la quale Dio creò un unico giorno, a partire dal quale si poterono contare poi i sei o sette giorni a motivo della ripetizione di quell'unico giorno. La Scrittura infatti lo afferma ormai più chiaramente, concludendo in certo qual modo tutto ciò che aveva detto dal principio fino al passo citato qui sopra quando soggiunse: Questo è il libro della creazione, ovvero della effettuazione del cielo e della terra, quando fu creato il giorno. Nessuno infatti vorrà dire che in questa frase i termini "cielo" e "terra" sono intesi nel senso in cui erano stati nominati prima che la Scrittura accennasse alla creazione del giorno [nella frase]: Nel principio Dio creò il cielo e la terra 2. Questa frase potrebbe essere intesa nel senso che Dio fece qualcosa senza il "giorno", ancor prima che avesse fatto il "giorno"; in qual senso ciò potrebbe essere interpretato l'ho esposto - per quanto ho creduto essere mio dovere esporlo - a suo luogo; in esso però non ho voluto negare ad alcuno la libertà di proporre una spiegazione migliore. Ora invece l'agiografo dice: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra, quando fu creato il giorno, mostrando assai chiaramente - come io penso - di parlare di "cielo" e "terra" non già nel senso in cui usa questi termini al principio, prima che fosse creato il "giorno", quando le tenebre erano sopra l'abisso; adesso invece parla della creazione del cielo e della terra quando fu creato il giorno, dopo cioè ch'erano già state formate e distinte tutte le parti e le specie delle cose con cui è disposto e composto tutto l'insieme della creazione, e per cui esso forma il cosmo chiamato "mondo".

Il cielo e la terra "prima" e "dopo" la creazione del giorno.

1. 2. In questo passo dunque l'agiografo parla del cielo - con tutto ciò ch'esso contiene - che Dio, dopo averlo creato, chiamò "firmamento" e parla della terra - con tutto ciò ch'essa contiene - che, insieme all'abisso, occupa la parte più bassa [del mondo]. L'agiografo infatti prosegue e soggiunge: Dio creò il cielo e la terra; in tal modo, col nominare il cielo e la terra prima di menzionare la creazione del giorno e ripeterla dopo aver ricordato la creazione del giorno, non permette di supporre che egli nomini adesso "cielo" e "terra" come al principio, prima ancora che fosse creato il giorno. Poiché egli prosegue così: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno [in cui] Dio fece il cielo e la terra 3. Se dunque uno volesse intendere la prima frase del testo sacro: Il libro della creazione del cielo e della terra nel senso in cui è detto: Nel principio Dio fece il cielo e la terra prima ch'egli creasse il giorno, poiché anche qui "cielo" e "terra" sono menzionati prima della creazione del giorno, dovrebbe esser corretto in considerazione delle parole che seguono poiché, anche dopo aver ricordato la creazione del giorno, la Scrittura parla di nuovo di "cielo" e di "terra".

Si spiega meglio il contesto di Gen 2, 4.

1. 3. Senonché anche la particella quando, messa in relazione all'espressione fu fatto il giorno, dovrebbe costringere qualsiasi eventuale cavillatore ad escludere la possibilità di un'altra interpretazione. Se infatti l'inciso si presentasse enunciato così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra. Creato fu il giorno; Dio fece il cielo e la terra", si potrebbe forse pensare che l'agiografo parli del libro della creazione nello stesso senso in cui aveva parlato della creazione del cielo e della terra al principio, prima della creazione del giorno; si potrebbe inoltre supporre che l'agiografo aggiungesse: fu fatto il giorno nel senso in cui prima aveva detto che Dio fece il giorno e immediatamente aveva ripetuto: Dio fece il cielo e la terra, come se già fossero stati creati come essi risultarono dopo la creazione del giorno. L'inciso invece è inserito in modo che la frase quando fu fatto il giorno, si può collegare sia alle parole precedenti, sì che ne risulti un'unica frase: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno, sia alle seguenti sì che ne risulti una frase completa, e cioè: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra; per conseguenza l'agiografo ci costringe senza dubbio ad intendere che menziona il cielo e la terra come furono fatti quando fu fatto il giorno. Di poi, dopo la frase: Dio fece il cielo e la terra, lo scrittore sacro aggiunge: e ogni piante selvatiche 4, cosa questa che fu certamente opera del terzo giorno: da ciò appare più chiaramente che quel medesimo giorno è l'unico giorno creato da Dio e mediante la sua ripetizione fu fatto il secondo, il terzo e tutti gli altri [giorni] fino al settimo.

Perché è aggiunto: la verzura campestre.

2. 4. Ma poiché l'espressione "cielo e terra" secondo l'usanza della Scrittura vuol denotare in questo passo tutto l'insieme delle creature, ci si può chiedere perché mai l'autore sacro aggiunga: e ogni specie di piante selvatiche. A me pare ch'egli abbia usato questa espressione per farci capire più chiaramente qual giorno ci vuol presentare quando dice: quando fu fatto il giorno. Facilmente infatti uno potrebbe pensare che l'agiografo abbia voluto parlare del giorno costituito dalla luce fisica, il cui percorso ci presenta l'avvicendarsi del giorno e della notte. Quando però ricordiamo l'ordine di successione con cui furono fatte le creature e vediamo che ogni specie di piante selvatiche fu creata il terzo giorno prima che fosse fatto il sole - che fu fatto solo al quarto giorno e la cui presenza misura la durata del nostro giorno quotidiano e a noi familiare - allorché sentiamo: quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche, veniamo ammoniti a concepire un giorno preciso e particolare che dovremmo sforzarci di rappresentarci con l'intelletto, sia come un giorno fisico consistente in non so qual luce a noi ignota, o come un giorno spirituale, consistente nell'unanime coro delle creature angeliche, ma del tutto diverso da quello che noi conosciamo quaggiù sulla terra.

Dall'ordine della narrazione si comprende la simultaneità della creazione.

3. 5. Non sarà neppure inutile la seguente osservazione: l'autore sacro non disse - come avrebbe potuto dire - Questo è il libro della creazione del cielo e della terra, quando Dio fece il cielo e la terra. In questo caso, sotto i termini "cielo" e "terra" avremmo inteso anche tutto ciò che è nel cielo e sulla terra, come suole esprimersi la sacra Scrittura, poiché molto spesso con i termini "cielo" e "terra" indica l'universo, aggiungendo talora la parola "mare", tal altra aggiungendo addirittura la frase: e tutto ciò che contengono 5. In tal modo, qualunque di queste espressioni avesse usato, avremmo compreso anche il giorno, tanto quello creato al principio, quanto questo prodotto dalla presenza del sole. La Scrittura non si è espressa tuttavia così, ma ha menzionato il giorno solo nella proposizione incidentale, dicendo: Quando fu fatto il giorno. La Scrittura inoltre non dice neppure: "Questo è il libro della creazione del giorno, del cielo e della terra", come se le diverse creazioni fossero riferite secondo un ordine successivo. Essa non si è neppure espressa così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno, il cielo e la terra; quando Dio fece il cielo e la terra ed ogni specie di piante selvatiche". Infine non si espresse neppure così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra. Dio fece il giorno, il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche". Tali infatti erano le espressioni che sarebbero state richieste dal linguaggio abituale della Scrittura; essa invece dice: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu creato il giorno Dio creò il cielo e la terra e ogni sorta di piante selvatiche, quasi per fare intendere che Dio creò il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche quando fu creato il giorno.

La creazione dei vegetali prima del sole prova la settenaria ripetizione dell'unico giorno.

3. 6. Il racconto precedente indica d'altra parte un giorno creato originariamente e lo considera come "un" giorno, dopo il quale annovera un secondo giorno, in cui fu fatto il firmamento, e poi un terzo, in cui furono distinte le nature specifiche della terra e del mare e la terra produsse alberi ed erbe. Vuole forse ciò essere la conferma di quanto ci siamo sforzati di dimostrare nel precedente libro, che cioè Dio creò tutte le cose nello stesso tempo? In effetti il testo del racconto precedente aveva ricordato come tutte le cose furono create o compiute secondo l'ordine successivo dei sei giorni; ora invece tutte le cose son fatte rientrare in un sol giorno sotto il nome di "cielo e terra", con l'aggiunta anche delle specie vegetali. Certamente, secondo quanto ho detto sopra, se il lettore intendesse "giorno" nel senso ordinario, sarebbe poi indotto a correggere il proprio pensiero, se ricordasse che Dio ordinò alla terra di produrre la piante selvatiche prima che esistesse il nostro giorno solare. In tal modo, senza bisogno di addurre la testimonianza d'un altro libro della sacra Scrittura, la quale dice che Dio creò ogni cosa simultaneamente 6, la prossima affermazione della pagina seguente ci richiama alla mente questa verità, dicendo: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche. Di conseguenza dobbiamo capire non solo che quel "giorno" fu ripetuto sette volte affinché fossero fatti sette giorni ma altresì che, quando sentiamo [dalla Scrittura] che tutte le cose furono fatte simultaneamente quando fu fatto il "giorno", dobbiamo comprendere anche, se ne siamo capaci, che la ripetizione del "giorno" per sei o sette volte avvenne senza intervalli più o meno prolungati o spazi di tempo. Se invece uno non ne fosse capace, lasci esaminare questi argomenti da chi ne è capace; continui però a proseguire con la Scrittura che non lo abbandona nella sua debolezza [spirituale], ma con amore materno l'accompagna con passi più lenti, poiché essa parla in modo da schernire i superbi con la sua sublimità, da atterrire con la sua profondità gli studiosi che riflettono, da saziare gli spiriti grandi con la sua verità e nutrire i piccoli con la sua affabilità.

Perché è detto che le verzure furono create prima che germogliassero.

4. 7. Che cosa vuol dire allora la frase che segue? Poiché il testo continua così: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che fosse sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse 7. Che cosa vuol dire ciò? Non si dovrà forse indagare dove Dio creò quelle piante prima che fossero sulla terra e prima che germogliassero? Chi non sarebbe più incline a credere che Dio le creò quando germogliarono e non prima, se questo passo della sacra Scrittura non gli insegnasse che Dio le creò prima che germogliassero? Per conseguenza se uno, che crede con sentimento religioso, non riuscisse a scoprire dove siano state create, dovrebbe tuttavia credere che furono create prima che germogliassero, poiché non si può credere senza un sentimento religioso di fede.

Le cose che sono nel Verbo prima di ogni creatura non furono create.

4. 8. Che diremo allora? Diremo forse - come hanno pensato alcuni - che tutte le cose furono create nel Verbo di Dio prima che germogliassero dalla terra? Ma se le cose sono state create così, furono create non già quando fu fatto il giorno, ma prima che fosse fatto. La Scrittura, al contrario, afferma chiaramente: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che quella fosse sulla terra, e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse. Se dunque furono create quando fu fatto il giorno, non lo furono certo precedentemente e perciò non già nel Verbo, che è coeterno al Padre, esistente prima del giorno e assolutamente prima che fosse fatto alcunché; esse invece furono fatte quando fu fatto il giorno. Infatti le cose che sono nel Verbo prima d'ogni creatura, certamente non sono state fatte; al contrario le piante selvatiche furono fatte quando fu fatto il giorno, come asserisce la frase della Scrittura, ma tuttavia prima che fossero sulla terra, anzi prima che germogliassero, come la Scrittura dice delle piante selvatiche e delle piante coltivate.

I vegetali furono creati nelle loro ragioni causali.

4. 9. Dove furono fatte, dunque, le piante selvatiche? Forse nella terra in forma di ragioni [seminali], allo stesso modo che nei semi sono già tutti gli elementi d'ogni cosa prima che si evolvano in una forma o in un'altra e sviluppino la loro crescita e i loro caratteri specifici nel corso dei tempi? Ma questi semi che noi vediamo sono già sulla terra, sono germogliati di già. Oppure diremo che i semi non erano sulla terra ma dentro la terra e perciò furono creati prima che spuntassero poiché spuntarono solo quando germogliarono e spuntarono alla luce del giorno in conseguenza del processo della loro crescita, come vediamo avvenire adesso alle piante attraverso gli spazi di tempo assegnati a ciascuna specie? I semi dunque furono forse creati quando fu creato il "giorno" e in essi era già insita ogni specie di piante selvatiche e ogni specie di piante coltivate non ancora sotto la forma con la quale appare la vegetazione dopo essere spuntata sulla terra, ma con la potenzialità con la quale sono già nelle "ragioni" seminali? Fu dunque la terra a produrre dapprima i semi? Non così però si esprimeva la Scrittura quando diceva: E la terra produsse piante alimentari, ossia piante coltivabili portanti seme secondo la loro specie e a propria somiglianza e alberi da frutto e aventi il proprio seme in se stessi secondo la propria specie sulla terra 8. Da questo passo è chiaro che i semi sono nati dalle erbe e dagli alberi e questi, al contrario, sono nati dalla terra e non dai semi, soprattutto perché le parole di Dio si esprimono proprio così. La sacra Scrittura infatti non dice: "I semi producano sulla terra piante alimentari e alberi fruttiferi", ma: la terra produca piante alimentari e contenenti il seme, indicando in tal modo che è il seme a nascere dall'erba e non l'erba dal seme. E così fu. E la terra produsse 9, cioè: così fu nella conoscenza del "giorno" suddetto e in seguito la terra produsse le piante affinché avvenisse così anche nelle creature che furono fatte.

Le creature sono conosciute diversamente dall'angelo e dall'uomo.

4. 10. Ma come sono stati creati quei vegetali e quelle piante prima che fossero sulla terra e prima che nascessero? Forse come se per esse una cosa fosse l'esser fatte col cielo e con la terra quando fu fatto quel "giorno" affatto diverso da tutti gli altri e trascendente la nostra conoscenza, creato da Dio per primo, e un'altra cosa nascere poi sulla terra, cosa che avviene in un periodo dei giorni del nostro mondo, determinati dal corso del sole attraverso gli spazi di tempo appropriati a ogni specie di creature? Se la cosa sta così e quel "giorno" è il coro e l'unità degli Angeli e delle Virtù supercelesti, le creature di Dio sono conosciute senza dubbio dagli Angeli in un modo di gran lunga diverso da quello con cui le conosciamo noi. Prescindendo dal fatto che quella conoscenza essi l'hanno nel Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa, io credo che anche la loro conoscenza delle creature in se stesse è di gran lunga diversa dalla nostra. Essi infatti le conoscono nella loro, per così dire, primordialità ovvero originarietà come Dio le creò originariamente e dopo quella creazione si riposò dalle sue opere senza creare più nulla ulteriormente. La nostra conoscenza, al contrario, si basa sulle leggi con cui le cose create da lui in precedenza Dio le governa ormai attraverso la successione dei tempi, e così, mediante il governo del mondo, dopo aver completato le sue opere conforme alla perfezione del numero sei, Dio continua ad operare senza interruzione 10.

Creazione nelle ragioni causali e creazioni visibili.

4. 11. La Scrittura dunque dice che la terra produsse le erbe e gli alberi in virtù di cause insite originariamente, nel senso cioè che ricevette la potenzialità di produrli. In essa infatti erano già stati creati, per così dire, nelle radici dei tempi, gli esseri futuri destinati a esistere nel corso dei tempi. Dio infatti piantò, in seguito, un giardino verso Oriente e vi fece germogliare ogni sorta d'alberi graditi alla vista e buoni da mangiare 11. Non dobbiamo tuttavia dire che Dio aggiunse alla creazione qualcosa che non avesse fatto prima e che si dovesse aggiungere alla completezza degli esseri, con la quale nel sesto giorno portò a termine tutte le sue opere molto buone. Al contrario tutte le nature dei cespugli e degli alberi erano già state fatte nella creazione primordiale, dalla quale Dio si riposò, dando poi impulso e governando nel corso del tempo gli stessi esseri che aveva creati e dopo la creazione dei quali si era riposato; per questo motivo Dio non solo piantò allora il giardino, ma ancora adesso pianta tutti gli alberi che nascono. Chi altro infatti crea ancora adesso questi esseri, se non chi continua a operare senza interruzione? Ma Dio adesso crea gli esseri mediante quelli che già esistono; al principio, al contrario, essi furono creati da lui quando non esistevano affatto, quando fu creato il "giorno" e cioè la creatura spirituale e intellettuale che neppure esisteva.

L'inizio del tempo.

5. 12. Così, dunque, il decorso del tempo iniziò con il movimento - mutamento delle creature; invano quindi si ricerca il tempo prima della creazione, come se fosse possibile trovare il tempo prima del tempo. Se infatti non ci fosse alcun movimento delle creature, spirituali o corporali, mediante il quale al passato succede il futuro attraverso il presente, non vi sarebbe affatto il tempo. La creatura poi non potrebbe muoversi - mutarsi, se non esistesse. Il tempo dunque è iniziato con la creazione anziché la creazione col tempo; l'uno e l'altra poi provengono da Dio, poiché da lui, grazie a lui e in lui sono tutte le cose 12. Ma l'espressione "Il tempo è cominciato con la creazione" non si deve intendere nel senso che il tempo non sarebbe una creatura, poiché il tempo è il mutamento delle creature da uno stato in un altro, mentre le cose si succedono secondo l'ordinamento di Dio che governa tutto ciò che ha creato. Ecco perché, quando pensiamo alla creazione primordiale degli esseri, cioè alle opere dalle quali Dio si riposò il settimo giorno, non dobbiamo immaginare quei giorni come i nostri giorni solari né l'operazione di Dio come se fosse l'attività con cui ora compirebbe qualcosa nel tempo, ma dobbiamo pensare piuttosto il modo con cui operò ciò da cui cominciò il tempo, il modo cioè con cui fece tutte le cose simultaneamente dando loro anche un ordine risultante non da intervalli temporali ma dalla connessione delle cause; in tal modo gli esseri creati simultaneamente furono anche portati a compimento alla perfezione mediante la ripetizione del "giorno" [della creazione] fatto presente per sei volte.

Anteriorità temporale e anteriorità causale.

5. 13. Non quindi in un ordine cronologico ma in un ordine di causalità fu creata dapprima la materia informe e formabile, sia spirituale che corporale, a partire dalla quale fosse fatto ciò che doveva essere fatto, sebbene essa non esistesse prima d'essere creata, e non fu creata se non dal sommo e vero Dio, dal quale hanno origine tutte le cose. Essa è indicata [dalla Scrittura] alle volte con il termine di "cielo e terra", fatti nel principio da Dio prima dell'unico "giorno" creato da lui - è denotata così perché con essa furono fatti il cielo e la terra - altre volte con il termine di "terra invisibile e caotica", e di "abisso tenebroso", come ho già esposto nel primo libro.

Piano universale e ordine della creazione.

5. 14. Comunque, tra gli esseri che, da informi che erano, furono formati e dei quali la Scrittura dice più chiaramente che furono creati o fatti o prodotti, fu creato per primo il "giorno". Era infatti conveniente che tra le creature avesse il primato la natura che fosse capace di conoscere le creature mediante il Creatore e non il Creatore mediante le creature. In secondo luogo fu creato il firmamento, con cui comincia il mondo materiale, in terzo luogo la natura del mare e della terra, e nella terra - per così dire - potenzialmente la natura delle erbe e degli alberi. Così infatti la terra, conforme alla parola di Dio, produsse le piante prima che fossero germogliate, ricevendo tutti gli impulsi dello sviluppo potenziale degli esseri ch'essa avrebbe dovuto manifestare nel corso del tempo secondo i loro caratteri specifici. In seguito, dopo la creazione di questo - diciamo così - domicilio degli esseri, il quarto giorno furono creati i luminari e le stelle affinché la parte superiore del mondo fosse corredata per prima degli esseri visibili che si muovono all'interno del mondo. Il quinto giorno fu creata la natura delle acque, poiché essa è unita al cielo e all'atmosfera e, per ordine di Dio, produsse i propri abitanti, vale a dire tutte le specie di animali natanti e volanti; li produsse in potenzialità con i ritmi del loro sviluppo che avrebbero dovuto essere manifestati attraverso convenienti spazi di tempo. Il sesto giorno furono creati similmente gli animali terrestri, ultimi elementi - diciamo così - tratti fuori dall'ultimo elemento del mondo, ma anch'essi in potenza, i cui ritmi di sviluppo li avrebbe mostrati in seguito il tempo in modo visibile.

Il giorno primordiale e gli altri sette giorni.

5. 15. Il primo "giorno" conobbe la serie di tutta la creazione ordinata gerarchicamente. Mediante quella conoscenza il "giorno" fatto presente - per così dire - sei volte, pur essendo un sol "giorno", presentò in certo qual modo come fatta in sei giorni la creazione. Esso conoscendo le creature dapprima in Dio e poi in se stesse - pur senza rimanere in esse ma riferendo anche la loro conoscenza inferiore all'amore di Dio - produsse in quei giorni una sera, un mattino e un mezzogiorno, non attraverso intervalli temporali ma attraverso la successione ordinata degli esseri creati. Quando infine il "giorno" conobbe il riposo del proprio Creatore - poiché Dio si riposa da tutte le sue opere, riposo che non ha sera - il giorno meritò per questo d'essere benedetto e santificato. Ecco perché la sacra Scrittura 13 insegna e la Chiesa riconosce che il numero sette è in qualche modo consacrato allo Spirito Santo.

Conclusioni delle precedenti spiegazioni.

5. 16. Questo è dunque il libro della creazione del cielo e della terra, poiché nel principio Dio fece il cielo e la terra 14 nel senso che egli fece quel che potrebbe chiamarsi materia formabile, che in seguito doveva essere formata in virtù della sua parola, precedendo la propria formazione non per un'anteriorità di tempo ma di origine. Poiché, senza dubbio, quando essa ricevette una forma, fu dapprima creato il "giorno"; quando fu creato il "giorno" Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che esistesse sulla terra e ogni specie di piante coltivate. Questa è la spiegazione che abbiamo data senza escludere che un altro possa aver espresso o possa esprimere in futuro un'opinione più chiara e più in armonia con il testo.

Perché l'erba creata prima che piovesse.

6. 17. A che cosa è riferita e che cosa vuole indicare la frase che segue: Poiché Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c'era l'uomo che la coltivasse 15? È difficile indagarlo. Si potrebbe pensare che Dio creò l'erba dei campi prima che germinasse, poiché ancora non aveva fatto piovere sulla terra; se infatti avesse creato l'erba dopo la pioggia, sarebbe potuto sembrare che fosse germinata a causa della pioggia piuttosto che creata da Dio. Ma che significa ciò? L'erba che spunta dopo la pioggia è forse creata da un altro e non da Dio? Ma come mai non c'era l'uomo che coltivasse la terra? Non aveva forse Dio creato già l'uomo il sesto giorno e non si era forse riposato da tutte le sue opere il settimo giorno? Oppure la Scrittura ricorda questi fatti riprendendo il racconto da principio poiché, quando Dio creò ogni specie di piante selvatiche e ogni specie di piante coltivate, non aveva ancora fatto piovere sulla terra e l'uomo non esisteva ancora? In realtà Dio creò i vegetali nel terzo giorno, l'uomo invece nel sesto. Ma quando Dio fece ogni specie di piante silvestri e ogni specie di piante coltivate prima che germogliassero sulla terra, non solo non esisteva l'uomo che coltivasse la terra, ma sulla terra non c'era neppure l'erba che, secondo l'affermazione della Scrittura, fu creata prima che germogliasse. Creò forse Dio la vegetazione il terzo giorno poiché non c'era ancora l'uomo che la facesse nascere lavorando la terra? Come se tanti alberi e tante specie d'erbe non nascessero sulla terra senza alcun lavoro dell'uomo!

Pioggia e lavoro dell'uomo riguardo alle piante.

6. 18. È forse questo il motivo per cui la Scrittura ha esposto i due fatti, che cioè ancora non era piovuto sulla terra e che non c'era ancora l'uomo che la coltivasse? Poiché, anche dove non c'è il lavoro dell'uomo, questi vegetali nascono a causa della pioggia. Ce ne sono però alcuni che anche mediante la pioggia non nascono se non in seguito al lavoro dell'uomo. Ecco perché adesso è necessario il concorso dell'una e dell'altro affinché nascano tutte le piante, mentre allora non c'era né l'una né l'altro e per questo Dio le creò con la potenza del suo Verbo senza bisogno della pioggia e del lavoro dell'uomo. Anche adesso infatti è lui che crea ma ormai con il concorso della pioggia e del lavoro dell'uomo, quantunque non sia nulla né chi pianta né chi irriga, ma è Dio che fa crescere 16.

La sorgente irrigante la terra, la pioggia e la creazione dei vegetali.

6. 19. Che vuol dire dunque ciò che la Scrittura soggiunge: Ma una sorgente zampillava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra 17? Quella sorgente che sgorgava con tanta abbondanza sarebbe potuta essere simile a una pioggia per tutta la terra, allo stesso modo che il Nilo lo è per l'Egitto. Perché dunque la Scrittura mette in risalto come importante il fatto che Dio creò quei vegetali prima che piovesse, dal momento che la pioggia sarebbe potuta riuscire utile nella stessa misura della sorgente che irrigava tutta la terra? Ma anche se la sorgente fosse stata un po' meno utile, sarebbero forse nate meno piante, ma non si può dire tuttavia che non ne sarebbero nate affatto. Forse che anche su questo punto la Scrittura, secondo il suo solito parlare con il linguaggio - per così dire - dei deboli, ma adatto ai deboli, inculca qualche insegnamento che può essere capito dai forti? Certamente: con il "giorno", ricordato poco prima, la sacra Scrittura ha voluto indicare l'unico "giorno" creato da Dio e che Dio fece il cielo e la terra allorquando fu creato il "giorno", perché, nei limiti della nostra capacità, comprendessimo che Dio creò tutto in una sola volta, sebbene la precedente enumerazione dei sei giorni sembrasse indicare degli intervalli di tempo; allo stesso modo la sacra Scrittura, dopo aver detto che Dio insieme col cielo e la terra creò ogni specie di piante selvatiche prima che fosse sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che spuntassero, aggiunge: Dio infatti non aveva ancora fatto piovere sulla terra e non c'era ancora l'uomo che la coltivasse 18, come se dicesse: "Dio [all'inizio] non creò quei vegetali come li crea attualmente quando fa piovere e quando l'uomo lavora". Essi in realtà si sviluppano attraverso spazi di tempo che non esistevano allorché Dio creò nello stesso tempo tutte le cose, con cui cominciarono anche i tempi.

Tutti i germi primordiali sono umidi e crescono con l'umidità.

7. 20. Quanto dunque alla frase che segue: Una sorgente poi sgorgava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra 19, essa ci fa capire - a mio parere - quali esseri vengono creati da quel momento a intervalli di tempo dopo la creazione primordiale, in cui furono create tutte le cose nello stesso tempo. Inoltre la sacra Scrittura giustamente - a mio giudizio - comincia la narrazione dall'elemento d'onde nascono tutte le specie sia degli animali che delle erbe e degli alberi perché sviluppino le loro potenzialità differenti e proprie della natura d'ogni essere. Poiché tutti i semi primordiali, sia quelli dai quali deriva ogni carne, sia quelli dai quali nascono tutti i vegetali, sono umidi e crescono in virtù dell'umidità. In essi ci sono inoltre energie di straordinaria efficacia che portano con sé, derivanti dalle opere compiute da Dio e dalle quali egli si riposò il settimo giorno.

Qual era la "sorgente" di Gen 2, 6?

7. 21. Possiamo tuttavia domandarci a buon diritto che cosa dobbiamo immaginarci che fosse questa sorgente capace d'irrigare la superficie di tutta la terra. Se infatti essa esisteva e fu poi ostruita o s'inaridì, dobbiamo cercarne la causa, poiché adesso noi vediamo che non c'è alcuna sorgente con cui possa irrigarsi tutta la superficie della terra. Fu dunque forse il peccato del genere umano a meritare anche questo castigo, per cui quella sorgente così abbondante sarebbe stata ridotta in modo da togliere dalla terra la produttività ottenuta senza alcuno sforzo e così aumentare la fatica degli agricoltori. Sebbene non la si trovi accennata in nessun passo della Scrittura, si potrebbe fare una simile supposizione umana, se non vi si opponesse il fatto che il peccato dell'uomo, al quale fu imposto il castigo del lavoro faticoso, fu commesso dopo che l'uomo aveva goduto le delizie del paradiso [terrestre]. Il paradiso inoltre aveva una sorgente sovrabbondante - di cui si dovrà parlare più accuratamente in seguito a suo luogo - sorgente unica per la sua origine, dalla quale, secondo quanto narra la Scrittura, sgorgavano i quattro fiumi noti a tutti gli uomini. Dov'era dunque questa sorgente e dov'erano questi fiumi, dal momento che quell'unica sorgente traboccante sgorgava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra? Poiché non era di certo allora il Ghion - ora chiamato Nilo --, uno dei quattro fiumi, a irrigare l'Egitto quando quella sorgente sgorgava dalla terra e innaffiava largamente non solo l'Egitto ma l'intera superficie della terra.

Seconda ipotesi della spiegazione.

7. 22. Dovremo forse credere che Dio volle da principio irrigare tutta la terra con le acque di un'unica enorme sorgente, affinché gli esseri, che aveva creati potenzialmente nella terra, nascessero da quel momento con il concorso delle acque anche nel volgere dei tempi in un numero diverso di giorni secondo la diversità della loro specie? Diremo forse che in seguito, dopo aver piantato il paradiso, ostruì la sorgente e con molte altre sorgenti riempì d'acqua la terra come la vediamo adesso? Diremo invece forse che dall'unica sorgente del paradiso fece scaturire quattro grandi fiumi distinti in modo che non solo la restante terra - piena di differenti specie delle sue creature le quali compiono il loro sviluppo nel tempo con ritmi appropriati a ciascuna specie - avesse anche le proprie sorgenti e i propri fiumi, ma che il paradiso, piantato in un luogo particolare, facesse sgorgare quei quattro fiumi da quella sorgente primordiale? Oppure si dovrà pensare che Dio con quell'unica sorgente del paradiso, che prima sgorgava più abbondante, irrigò tutta la terra e la fecondò perché, nel corso dei tempi, producesse le specie che vi aveva create senza intervalli di tempi e in seguito ridusse lì l'impetuosa ed enorme scaturigine delle acque in modo che ormai per tutta la terra si spandessero sorgenti e fiumi da diverse origini e in seguito, nel territorio di quella sorgente - che ormai non irrigava più tutta la terra ma faceva scaturire solo i quattro ben noti fiumi - piantò il paradiso per collocarvi l'uomo da lui creato?

Entro quali limiti si può congetturare su ciò che la Scrittura tace.

8. 23. La Scrittura non c'informa appieno in che modo, dopo la primordiale creazione degli esseri, trascorsero i tempi e, in seguito, furono governati gli esseri fatti nella creazione primordiale e portati a compimento il sesto giorno. La Scrittura invece ci dice solo - nella misura giudicata opportuna e sufficiente dallo Spirito che ispirava lo scrittore sacro - le notizie che potevano essere utili non solo alla conoscenza delle cose già create, ma anche alla prefigurazione di quelle future. Noi perciò, nella nostra ignoranza, possiamo solo congetturare i possibili eventi che l'autore sacro, pur non ignorandoli, tralasciò di narrare. Noi ci sforzeremo, nei limiti della nostra capacità e con l'aiuto [di Dio], di non dar motivo a pensare che nelle Sacre Scritture vi sia qualche assurdità o contraddizione che urti il sentimento del lettore che, reputando impossibili certi fatti narrati dalla Scrittura, s'allontani dalla fede o non vi si accosti.

Difficoltà riguardo alla "sorgente" di Gen 2, 6.

9. 24. Quando perciò, a proposito di questa sorgente, ci domandiamo come mai ciò che dice la Scrittura: Sgorgava dalla terra e ne irrigava tutta la superficie 20 può sembrare non impossibile, se le ipotesi relative da noi avanzate parranno a qualcuno incapaci [di risolvere il quesito], cerchi da se stesso un'altra spiegazione, purché sia messa in evidenza la veridicità della Scrittura che è senza dubbio verace anche se ciò non è del tutto chiaro. Se infatti vorrà addurre prove per dimostrare che la Scrittura è falsa, o non potrà dir nulla di vero riguardo alla creazione e al governo delle creature oppure, se dirà cose vere, la riterrà falsa poiché non la comprende. Così accadrebbe, se uno sostenesse che tutta la superficie della terra non si sarebbe potuta irrigare con una sola sorgente, per quanto si voglia abbondante, poiché, se non irrigava anche i monti, non sarebbe stata più un'erogazione di fecondità ma l'inondazione di un diluvio: se infatti allora la terra si fosse trovata in questo stato, tutto sarebbe stato mare e la terraferma non sarebbe ancora stata distinta dalle acque.

In che senso intendere quella sorgente.

10. 25. A questo tale si risponde che ciò potrebbe verificarsi in certi periodi di tempo come fa il Nilo che in determinati periodi dell'anno straripa inondando le pianure dell'Egitto e in altri rientra nel suo alveo. Se invece si pensa che il Nilo cresce ogni anno a causa delle acque e delle nevi invernali non so di qual parte ignota e lontana del mondo, che cosa potrebbe dirsi delle alterne maree dell'Oceano, che cosa di certi litorali che sono di volta in volta scoperti per largo tratto e ricoperti poi dalle acque? Per non parlare di quanto si narra della straordinaria intermittenza di certe sorgenti, che in determinati periodi dell'anno traboccano tanto da inondare tutta la regione in cui si trovano, mentre in altri periodi somministrano a mala pena acqua potabile sufficiente [attinta] dai pozzi più profondi? Perché dunque sarebbe incredibile che da una sola sorgente dell'abisso con l'alternanza di flusso e di riflusso fu irrigata allora tutta la terra? Ma forse è proprio questo immenso abisso che la Scrittura ha voluto chiamare "sorgente" e non "sorgenti" a causa dell'unica natura delle acque; non si tratta della massa d'acque chiamata mare, la quale con la sua enorme estensione visibile a tutti e con le sue acque salate lambisce le terre emerse, ma solo di quella contenuta nelle cavità nascoste della terra, dalle quali si diramano le sorgenti e i fiumi attraverso lunghi canaletti e vene e scaturiscono in differenti luoghi. Questa sorgente secondo la Scrittura scaturiva dalla terra attraverso innumerevoli fessure di caverne e di crepacci e irrigava tutta la superficie della terra spargendosi - per così dire - capillarmente, non formando però una superficie continua come quella del mare o di uno stagno, bensì allo stesso modo che vediamo scorrere le acque nel letto dei fiumi o nei meandri dei ruscelli e bagnare le terre vicine con il loro straripare. Chi non accoglierebbe questa congettura se non chi è pervaso da spirito litigioso? L'espressione della Scrittura infatti, secondo cui tutta la superficie della terra era bagnata, si può intendere anche nello stesso senso in cui si può dire che tutta la superficie di un vestito ha un dato colore anche se non ha una tinta unita ma ha quel colore qua e là; e ciò soprattutto perché, essendo allora la terra appena creata, si può pensare che almeno la maggior parte - se non tutta - era pianeggiante e per conseguenza i corsi d'acqua, che ne sgorgavano, potevano dividersi e spargersi più largamente.

Conclusione delle considerazioni sulla "sorgente" di Gen 2, 6.

10. 26. Per spiegare quindi l'estensione o l'abbondanza di questa sorgente possiamo avanzare varie ipotesi. O essa aveva una sola scaturigine in qualche parte della terra oppure la Scrittura parla di un'unica sorgente - che sgorgava dalla terra e con tutte le sue diramazioni si spargeva ed irrigava tutta la superficie della terra - per indicare un'unica massa d'acqua contenuta nelle occulte cavità della terra, dalle quali sgorga l'acqua di tutte le sorgenti grandi e piccole. Oppure, poiché la Scrittura non dice: "una sola sorgente scaturiva dalla terra", ma dice: Una sorgente scaturiva dalla terra 21, possiamo anche pensare, come ipotesi più probabile, che la Scrittura usi il singolare per il plurale per farci intendere in questo modo che c'erano molte sorgenti sparse su tutta la terra e irrigavano le loro proprie località e regioni, allo stesso modo che noi diciamo: "il soldato" per indicarne molti, come la Scrittura dice "la locusta" e "la rana" a proposito delle piaghe 22 con cui furono colpiti gli Egiziani, pur essendo sterminato il numero delle locuste e delle rane. Ma non dobbiamo affaticarci più oltre su questo problema.

Creazione del tempo e fuori del tempo.

11. 27. Noi invece dobbiamo considerare assai bene se possiamo ritenere del tutto sicura l'opinione in base alla quale affermavamo che diversa fu l'azione di Dio quando fece le creature nella creazione primordiale, dalle quali si riposò il settimo giorno, e diversa è quella con cui le governa e per cui continua a operare tutt'ora. Allora Dio agì creando tutti gli esseri simultaneamente, senza intervalli di tempo, ora invece, seguendo gli intervalli di tempo per i quali vediamo gli astri muoversi da levante ad occidente, le condizioni atmosferiche mutare dall'estate all'inverno, i semi germogliare, crescere, verdeggiare, disseccare in determinati periodi di giorni, allo stesso modo che anche gli animali son concepiti, sono formati, nascono nei limiti e periodi di tempo stabiliti, e percorrendo le varie età giungono alla vecchiaia e alla morte, e così tutti gli altri esseri temporali. Orbene, chi è che produce tutti questi cambiamenti se non Dio senza alcuno di simili movimenti da parte sua? Egli infatti non è soggetto al tempo. Di conseguenza, tra le opere, da cui Dio si riposò il settimo giorno, e quelle che continua a fare tutt'ora, la Scrittura, inserendo un inciso nel suo racconto, vuol mostrare d'aver terminato d'esporre le prime e comincia a descrivere le seconde. Ecco come la Scrittura mostra di avere esposto le prime: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu fatto il giorno Dio creò il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima ch'esse fossero sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliassero. Dio infatti non aveva ancora fatto piovere sulla terra e non c'era ancora l'uomo che la coltivasse 23. Ecco invece come comincia la descrizione delle seconde opere: Ora una sorgente sgorgava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra 24. Dalla menzione di quella sorgente e di poi, per tutto il racconto che segue, le cose ivi narrate sono fatte nel corso dei tempi, non tutte insieme.

Tre modi di considerare la creazione.

12. 28. Triplice è dunque il modo di essere delle creature: il primo è quello per cui sono nel Verbo di Dio le ragioni immutabili di tutte le creature, il secondo è quello delle opere fatte da lui e dalle quali si riposò il settimo giorno, il terzo è quello delle opere che continua a compiere tutt'ora dopo di quelle. Di questi tre modi di essere quello che ho ricordato per ultimo ci è noto in qualche maniera tramite i sensi del corpo e la nostra comune esperienza. I primi due invece non sono accessibili né ai nostri sensi né all'umana facoltà di pensare e perciò devono credersi anzitutto sull'autorità di Dio e poi conoscersi in qualche modo attraverso le realtà che ci sono note, secondo la maggiore o minore capacità di ciascun individuo sostenuto dall'aiuto di Dio affinché ci riesca.

a) Nella sapienza di Dio.

13. 29. La Sapienza di Dio, per mezzo della quale sono state create tutte le cose, conosceva queste cose prima che fossero create. I divini archetipi immutabili ed eterni sono attestati dalla sacra Scrittura che dice: In principio era il Verbo e il Verbo era in Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio in Dio. Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui e nulla è stato fatto senza di lui 25. Chi sarà dunque tanto insensato da affermare che Dio ha fatto delle cose senza conoscerle? Ora, se le conosceva, come le conosceva se non in se stesso nel quale era il Verbo, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose? Poiché, se le conosceva fuori di sé, chi gliele aveva insegnate? Chi mai infatti ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi è mai stato suo consigliere? Chi mai gli ha dato qualcosa per primo e gli sarà dato il contraccambio? Poiché da lui, grazie a lui e in lui sono tutte le cose 26.

Tutto è stato creato mediante il Verbo, luce delle anime.

13. 30. D'altronde anche le parole che seguono nel Vangelo [di Giovanni] confermano assai chiaramente questa narrazione. Infatti l'Evangelista soggiunge: Ciò che è stato fatto è vita in lui e la vita era la luce degli uomini 27, poiché certamente le anime razionali, nella cui specie è incluso l'uomo fatto ad immagine di Dio, non hanno altra vera luce propria se non lo stesso Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa e della cui vita esse potranno divenire partecipi dopo che saranno purificate da ogni peccato ed errore.

In qual senso tutte le cose sono vita del Verbo.

14. 31. [La frase di Giovanni] perciò non dev'essere letta così: Ciò che è stato fatto in lui, è vita, separando con una virgola ciò che è stato fatto in lui e aggiungendo poi è vita. Non c'è nulla infatti che non sia stato fatto in lui, dal momento che la Scrittura, dopo aver enumerato molte creature, anche quelle della terra, dice in un Salmo: Hai fatto ogni cosa nella Sapienza 28, e l'Apostolo afferma: Poiché in lui sono state create tutte le cose nel cielo e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili 29. Ne verrà di conseguenza che, se punteggeremo il testo in quel modo, anche la stessa terra e tutto ciò ch'essa racchiude sono vita [in lui]. Ma se è assurdo dire che tutte quelle cose vivono, quanto più assurdo è dire che sono vita? E ciò soprattutto per il fatto che l'Evangelista determina con precisione di quale specie di vita parli quando soggiunge: e la vita era la luce degli uomini. Dobbiamo quindi separare la frase mettendo una virgola dopo le parole: Ciò che è stato fatto aggiungendo poi [l'inciso] è vita in lui, cioè non è vita in se stesso, vale a dire nella propria natura per cui è avvenuto che esso sia creazione e creatura, ma è vita nel Verbo, poiché tutte le cose che sono state fatte per mezzo di lui le conosceva prima che esistessero. Per conseguenza tutte le cose erano in lui non come creature fatte da lui ma come la vita e la luce degli uomini che non è se non la stessa Sapienza e lo stesso Verbo, cioè l'unigenito Figlio di Dio. Le creature sono dunque vita in Lui nello stesso senso che la Scrittura dice: Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio d'avere la vita in se stesso 30.

"Vita" delle anime razionali è la luce del Verbo.

14. 32. Non si deve inoltre tralasciare neppure il fatto che i manoscritti più corretti hanno: Ciò, che è stato fatto, era vita in lui, di modo che era vita s'intende nel medesimo senso della frase: In principio era il Verbo e il Verbo era in Dio e il Verbo era Dio 31. Perciò, ciò che è stato fatto, era già vita in lui, e non una vita qualsiasi - poiché anche delle bestie si dice che vivono, ma non possono godere d'essere partecipi della sapienza - ma la vita che era luce degli uomini. Infatti le anime razionali, una volta purificate dalla sua grazia, possono giungere alla visione di quella luce, di cui non c'è nulla di più eccellente e felice.

In che modo tutte le cose create erano conosciute dal Creatore.

15. 33. Ma anche se leggiamo e comprendiamo il passo [di Giovanni così]: Ciò, che è stato fatto, è vita in lui, resta il senso che ciò che per mezzo di lui è stato fatto è vita in lui, la vita per cui Egli vide tutte le cose quando le fece e come le vide così le fece, vedendole non al di fuori di se stesso, ma in se stesso enumerò tutte le cose fatte da lui. La visione che ha lui non è diversa da quella che ha il Padre ma è un'unica visione, come unica è la loro sostanza. Infatti anche nel libro di Giobbe si parla così della Sapienza, per mezzo della quale tutte le cose furono fatte: Ma dove si trova la Sapienza? E dov'è il luogo dell'Intelligenza? Il mortale ne ignora la via ed essa non si trova tra gli uomini 32. [L'autore sacro dice ancora] poco dopo: Abbiamo sentito parlare della sua gloria. Il Signore [solo] ne fa conoscere la via ed Egli [solo] sa dov'essa si trovi. Egli infatti vede perfettamente tutto ciò che è sotto il cielo e conosce ciò ch'esiste sulla terra, tutto ciò che Egli ha fatto; quando fece il peso dei venti e regolò le acque con misura, e come le vide così le enumerò 33. Con questi ed altri simili testi si dimostra che tutte le cose, prima d'essere fatte, erano nella conoscenza del Creatore e certamente in un modo superiore lì ove sono nella loro [piena] verità, eternità ed immutabilità. Sebbene debba esser sufficiente a ciascuno conoscere o credere senza esitazione che Dio ha fatto tutte queste cose, tuttavia non penso che ci sia qualcuno tanto stolto da credere che Dio abbia fatto cose che non conosceva. Inoltre, se le conosceva prima di farle, prima d'esser fatte erano certamente in lui, nel modo d'essere con cui vivono e sono vita [in lui] eternamente ed immutabilmente; tuttavia, in quanto cose create, esse hanno la loro esistenza come ogni altra creatura nella sua propria natura.

Con la mente percepiamo più facilmente Dio che le creature.

16. 34. La natura eterna e immutabile di Dio ha l'essere in se stesso come [da lui] fu detto a Mosè: Io sono colui che sono 34; egli cioè ha l'essere in un modo di gran lunga diverso da quello degli altri esseri che sono stati fatti, poiché esiste veramente e originariamente ciò che esiste sempre allo stesso modo e non solo non muta, ma non può mutare affatto, mentre nulla di ciò, ch'egli fece, esiste come lui e ha originariamente tutte le cose allo stesso modo che è lui. Poiché Dio non potrebbe fare gli altri esseri se, prima di farli, non li conoscesse; e non li conoscerebbe, se non li vedesse, e non li vedrebbe se non li avesse [in sé], e non avrebbe le cose ancora non fatte se non nel modo in cui è lui stesso che non è stato fatto. Sebbene - dico - la sostanza-natura di Dio non possa esprimersi con termini umani e non possa spiegarsi in un modo o in un altro senza ricorrere a espressioni relative allo spazio e al tempo, mentre essa esiste prima di tutti i tempi e fuori da tutti gli spazi, tuttavia è più vicino a noi, lui il Creatore, che non le molteplici cose fatte da lui. In lui infatti noi abbiamo la vita, il movimento e l'essere 35; la maggior parte di quelle cose, al contrario, sono lontane dal nostro spirito poiché, essendo materiali, hanno una natura diversa e il nostro spirito non è capace di vederle in Dio considerate nelle ragioni causali secondo le quali sono state fatte e perciò non possiamo conoscerne la quantità, la grandezza, la qualità pur non vedendole con i sensi del corpo. Quelle cose infatti sfuggono ai nostri sensi poiché ci sono inaccessibili o sono separate dalla nostra vista e dal nostro tatto ostacolati da altri esseri interposti od opposti. Per conseguenza occorre uno sforzo maggiore per scoprire le cose che non il loro Creatore. È infatti una felicità incomparabilmente superiore conoscere Dio con spirito religioso anche in minima parte che comprendere l'universo nella sua totalità. Ecco perché a ragione nel libro della Sapienza sono rimproverati coloro che indagano questo mondo: Se infatti - dice - furono capaci di sapere tanto da potere scrutare il mondo, come mai non trovarono più facilmente il suo Signore36 Poiché le fondamenta della terra sono fuori del nostro campo visivo, ma chi l'ha fondata è vicino al nostro spirito.

Un altro modo di considerare la creazione.

17. 35. Consideriamo ormai le cose fatte da Dio tutte insieme e portate a termine il sesto giorno, dalle quali si riposò il settimo giorno; le sue opere, riguardo alle quali egli agisce fino al presente, saranno da noi considerate in seguito. Egli infatti è prima del tempo: diciamo invece che sono all'origine del tempo le cose che sono da quando cominciò il tempo, come il mondo, mentre diciamo esistenti nel tempo quelle che nascono nel mondo. La Scrittura dunque, dopo aver detto: Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui non è stato fatto nulla, poco dopo soggiunge: Egli era in questo mondo, e il mondo è stato fatto per mezzo di lui 37. Di quest'opera di Dio la Scrittura in un altro passo dice che Dio aveva fatto il mondo a partire da una materia informe 38. Questo mondo - come abbiamo già ricordato - la Scrittura lo denota generalmente con il nome di "cielo e terra" e dice che è stato creato da Dio quando fu creato il "giorno". Spiegando quel passo ci siamo sforzati - nei limiti delle nostre possibilità - di mostrare che le due affermazioni della Scrittura riguardo alla creazione del mondo possono essere messe d'accordo, nel senso cioè ch'esso non solo fu portato a termine in sei giorni con tutte le cose che contiene, ma altresì che fu creato il "giorno"; in tal modo il racconto della creazione risulta d'accordo con l'affermazione della Scrittura che [Dio] fece ogni cosa simultaneamente 39.

b) nella simultaneità dell'atto creativo: La duplice conoscenza angelica.

18. 36. In questo universo creato da Dio sono molte cose che non conosciamo, sia perché troppo alte nel cielo per poter essere raggiunte dai nostri sensi, sia perché site in regioni della terra forse inabitabili, sia perché nascoste sotto la terra nelle profondità abissali del mare e nelle oscure cavità della terra. Queste cose dunque non esistevano certo prima d'essere fatte. In qual modo, allora, erano note a Dio se non esistevano? D'altronde, in che modo avrebbe fatto cose che gli erano ignote? In realtà Dio non ha fatto nulla che gli fosse ignoto. Dio pertanto ha fatto le cose che già conosceva, non le ha conosciute dopo averle fatte. Di conseguenza prima che fossero fatte, esse erano e non erano; erano nella conoscenza di Dio, ma non erano nella natura loro propria. Ecco perché fu creato il "giorno", al quale potessero farsi conoscere in entrambi i loro modi di essere: in Dio e in se stesse; in Dio mediante una conoscenza - diciamo così - mattutina o diurna, in se stesse mediante una specie di conoscenza vespertina. Quanto a Dio non m'arrischio di dire che egli le conoscesse, dopo averle fatte, in un modo diverso da quello in cui le conobbe per farle, poiché in lui non c'è variazione né ombra di mutamento 40.

Gli angeli sono messaggeri di Dio, esecutori dei suoi ordini.

19. 37. Per conoscere le cose del mondo di quaggiù Dio non ha certo bisogno di messaggeri come se egli potesse aumentare la sua conoscenza mediante il loro servizio. Egli invece conosce tutte le cose in un modo trascendente e meraviglioso mediante una conoscenza stabile e immutabile. Se Dio ha dei messaggeri, ciò è per il bene nostro e di loro stessi, poiché ubbidire in questo modo a Dio e servirlo per consultarlo circa le cose di quaggiù e ottemperare ai suoi superni precetti e comandi è per essi un bene conforme alla loro natura e sostanza. I messaggeri poi, con termine greco sono chiamati: , termine con cui è denotata l'intera Città celeste, che a nostro parere è il primo "giorno" creato.

Agli angeli fu rivelato il mistero del regno dei cieli dall'origine del tempo.

19. 38. Agli angeli non fu nascosto neppure il mistero del regno dei cieli, rivelato nel tempo opportuno per la nostra salvezza, quello cioè per cui, una volta liberati dal nostro terreno pellegrinaggio, ci uniremo alla loro schiera. Che non lo ignorassero risulta dal fatto che la discendenza, che venne al tempo opportuno, fu disposta per mezzo degli angeli nelle mani di un mediatore, cioè mediante il potere di Colui che è il loro Signore sia nella sua natura divina sia in quella di servo 41. L'Apostolo afferma ugualmente: A me, il minimo tra tutti i santi, è stata data questa grazia, d'annunciare ai pagani le insondabili ricchezze di Cristo e rivelare quale sia il piano provvidenziale del mistero nascosto dall'eternità nella mente di Dio, creatore dell'universo, affinché sia manifestato ai Principati e alle Potestà nei cieli mediante la Chiesa della multiforme sapienza di Dio, formata da lui in Cristo Gesù nostro Signore secondo il suo disegno eterno 42. Questo mistero dunque è rimasto nascosto dall'eternità in Dio in modo però che per mezzo della Chiesa della multiforme sapienza di Dio fosse manifestata ai Principati nel cielo. La Chiesa infatti esiste originariamente là dove, dopo la risurrezione, dev'essere riunita anche la Chiesa di quaggiù, affinché noi siamo simili agli angeli di Dio 43. Ad essi perciò questo mistero era noto fin dall'origine dei secoli, poiché nessuna creatura esiste prima dei secoli ma la creazione esiste dall'origine dei secoli in poi. I secoli stessi hanno cominciato ad esistere a partire dalla creazione e questa esiste dai secoli in poi poiché il suo inizio è l'inizio dei secoli. L'unigenito Figlio di Dio, al contrario, esiste prima dei secoli poiché questi sono stati fatti per mezzo di lui 44. Ecco perché, parlando come la Sapienza identificata con se stesso come la [seconda] Persona [della Trinità] egli dice: Dio mi ha stabilita prima dei secoli 45, affinché [per mezzo della Sapienza] facesse tutte le cose Colui al quale è stato detto: Tutte le cose tu hai fatto per mezzo della Sapienza 46.

19. 39. Tuttavia il mistero nascosto non è noto solo in Dio ma si manifesta loro anche sulla terra quando esso si compie e [così] si svela; ciò è attestato dal medesimo Apostolo che dice così: E senza dubbio grande è il mistero della bontà di Dio, che si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, fu visto dagli angeli, fu annunciato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria 47. Inoltre, se non mi sbaglio, sarebbe strano, se tutto quanto la Scrittura afferma essere conosciuto da Dio come in un presente temporale, non lo affermasse nel senso che Dio lo fa conoscere non solo dagli angeli ma anche dagli uomini. Questo modo di esprimersi con cui l'effetto è indicato da chi lo effettua è frequente nelle Sante Scritture, soprattutto quando si attribuisce a Dio qualcosa che, preso in senso letterale, non gli si confà, come proclama il sentimento della verità che presiede alla nostra mente.

c) Nel divenire temporale.

20. 40. Ormai dunque dobbiamo distinguere le opere che Dio continua a compiere da quella da cui si riposò il settimo giorno. Poiché vi sono alcuni i quali pensano che da Dio è stato fatto solo il mondo e tutto il resto è ormai fatto dallo stesso mondo secondo il comando e l'ordine di Dio, mentre Dio non effettuerebbe più nulla. Contro l'opinione di costoro possiamo addurre l'affermazione del Signore: Mio Padre opera senza interruzione. Ma perché nessuno pensasse che il Padre agisca solo in se stesso e non anche in questo mondo, aggiunge: Il Padre che rimane in me compie le sue opere; e come il Padre risuscita i morti e dà loro la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole 48. Inoltre, siccome Dio compie non solo le opere grandi e importanti ma anche quelle infime di questa terra, l'Apostolo dice: Stolto! Ciò, che tu semini, non prende vita se prima non muore, e quello, che semini, non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, per esempio di grano o di altra specie. Ma Dio gli dà un corpo come ha stabilito e dà a ciascun seme il proprio corpo 49. Che dunque Dio continui ad agire senza interruzione dobbiamo crederlo e, se possibile, comprenderlo nel senso che se la sua azione si sottraesse alle sue creature, queste cesserebbero d'esistere.

In qual senso Dio non crea nuove specie di esseri.

20. 41. Se però noi supponessimo che Dio crea ora una creatura non appartenente alle specie costituite nella creazione primordiale, contraddiremmo senz'altro apertamente alla Scrittura, la quale afferma che Dio portò a termine tutte le sue opere il sesto giorno 50. È infatti evidente che Dio, conforme alle specie da lui create all'origine, crea un gran numero d'esseri nuovi che non aveva creati allora. Ma non si può logicamente credere che Dio crei nuove specie d'esseri, poiché terminò di crearle tutte allora. Dio pertanto, mediante la sua occulta potenza imprime un impulso a tutto l'universo delle sue creature; è proprio in virtù di questo impulso che tutte le creature son messe in movimento, quando gli angeli compiono gli ordini di Dio, quando gli astri compiono la loro orbita, quando i venti soffiano ora in una direzione ora in un'altra, quando l'abisso è agitato dal precipitare delle acque e anche dai vapori condensati turbinanti nell'aria, quando il regno vegetale germoglia e sviluppa i suoi semi, quando gli animali nascono e passano la propria vita secondo il loro proprio istinto, quando ai malvagi è permesso di tormentare i giusti. È così che Dio dispiega i secoli che aveva, per così dire, ripiegati nella creazione primordiale. Quei secoli non si svolgerebbero nel loro corso, se Colui, che li ha creati, cessasse di esercitare il suo governo provvidenziale su di essi.

Tutto è governato dalla divina Provvidenza.

21. 42. Gli esseri, che si formano e nascono nel tempo, ci devono insegnare come dobbiamo considerare queste cose. Non senza ragione infatti la Scrittura dice che la Sapienza si mostra benignamente a coloro che l'amano nei loro sentieri e va loro incontro con la sua infallibile provvidenza 51. Noi inoltre non dobbiamo ascoltare coloro, i quali pensano che dalla divina provvidenza sono governate solo le regioni più alte del mondo, quelle cioè che sono al margine esterno e al di sopra della nostra atmosfera più densa, ma che la parte più bassa che è la terra e il mare, come pure quella dell'atmosfera terrestre più vicina, che s'impregna d'umidità a causa delle esalazioni terrestri e marine - in cui si formano i venti e le nubi - sia piuttosto il gioco del caso e agitata da moti fortuiti. Contro questi tali parla il Salmo, che dopo aver espresso la lode [a Dio] degli esseri celesti, si rivolge anche a quelli della terra e dice: Lodate il Signore dalla terra, mostri marini e voi tutti, abissi; fuoco e grandine, neve e ghiaccio, venti di bufera che adempiono il suo comando 52. Ora, nulla pare essere tanto regolato dal caso quanto tutti questi fenomeni burrascosi e turbolenti, da cui è deformato e sconvolto l'aspetto di queste regioni inferiori del cielo - che non senza ragione è denotato anche con il nome di "terra" - ma quando [il Salmo] soggiunge: che adempiono il suo comando, mostra assai bene che anche l'ordinamento di questi fenomeni, soggetto al comando di Dio, anziché mancare alla natura dell'universo, sfugge piuttosto alla nostra intelligenza. Che dire dunque? Il Salvatore non ha forse detto di propria bocca che non cade in terra nemmeno un passero senza il permesso di Dio 53 e che Dio riveste tuttavia l'erba dei campi sebbene destinata poco dopo ad essere gettata nel forno 54? Dicendo così, nostro Signore non ci assicura forse che non solo tutta questa parte del mondo assegnata agli esseri mortali e corruttibili ma anche le particelle più spregevoli e umili sono governate dalla divina provvidenza?

Argomenti comprovanti la divina Provvidenza.

22. 43. Ma coloro che negano questa verità e non credono nella grande autorità delle Sacre Scritture, pensano che la parte del mondo abitata da noi è soggetta a movimenti dovuti al caso anziché governata dalla Sapienza del sommo Dio; per provarlo ricorrono ingiustamente a due argomenti: quello della variabilità delle stagioni, da me più sopra ricordato, o quello della felicità o infelicità degli uomini che capita loro ma non corrisponde ai meriti acquisiti nella vita. Se però osservassero il meraviglioso ordine che appare nelle membra del corpo d'un qualunque essere vivente - non dico ai medici, che per la necessità della loro professione le scrutano con cura dopo averle messe a nudo e identificate sezionandole, a un individuo qualunque d'intelligenza e riflessione mediocre - non esclamerebbero forse che questi corpi non cessano neppure un istante d'essere governati da Dio, autore d'ogni regola di misura, d'ogni armonia di numeri, d'ogni misura di pesi? Quale opinione può essere più assurda e più stolta di quella secondo la quale l'universo creato sarebbe sottratto alla volontà e al governo della Provvidenza, quando si vede che le creature più infime e spregevoli sono formate con un ordine così straordinario che, se ci si riflette più attentamente, suscitano un indicibile timore reverenziale e ammirazione? Dato poi che la natura dell'anima è superiore a quella del corpo, che c'è di più insensato che pensare che la provvidenza di Dio non giudica affatto il comportamento degli uomini, dal momento che nel loro corpo appaiono con straordinaria evidenza tante prove della sapiente cura che Dio ha delle creature? Ma siccome queste piccole creature sono alla portata dei nostri sensi e possiamo indagarle facilmente, risulta evidente in esse l'ordine che le regola, mentre quelle di cui non possiamo vedere l'ordine, sono giudicate prive di ordine da coloro che pensano non esista nient'altro all'infuori di ciò che possono vedere oppure, se credono che esista, lo suppongono della stessa natura di ciò che sono soliti vedere.

Come Dio ha creato simultaneamente ogni cosa eppure opera senza interruzione.

23. 44. Noi invece, i cui passi sono guidati dalla medesima divina provvidenza mediante la sacra Scrittura affinché non cadiamo in quell'errore, dovremmo sforzarci d'indagare, considerando le opere di Dio con il suo aiuto, dove egli aveva creato simultaneamente queste cose quando si riposò dalle opere che aveva portato a termine e delle quali produce fino al tempo presente le forme visibili attraverso la successione dei tempi. Consideriamo dunque la bellezza di un albero qualunque nel suo tronco, nei suoi rami, nelle sue foglie e nei suoi frutti; questa forma non è certo uscita all'improvviso dalla terra tale e quale in tutta la sua grandezza, ma piuttosto in seguito ad un processo di crescita che ci è noto. Esso infatti spuntò da una radice che un germe aveva piantato precedentemente nella terra e di poi tutti quegli elementi crebbero dopo aver preso la loro forma ed essersi sviluppati nelle diverse loro parti. Il germe inoltre proveniva da un seme: nel seme dunque erano originariamente tutti quegli elementi non già quanto alle dimensioni della loro massa corporea, ma come una forza e una potenza causale. Poiché le dimensioni [raggiunte dall'albero] si formarono grazie a una quantità di terra e di umidità. Ma più meravigliosa e più eccellente è l'energia insita in un piccolo granello, grazie alla quale l'umidità circostante, mescolata alla terra, forma - per così dire - una materia capace di cambiarsi in legno di tale natura, in rami che si spandono, in foglie verdi e di forma appropriata, in frutti attraenti e abbondanti, il tutto in un'ordinata diversità di tutte le sue parti. In realtà che cosa spunta o pende da un albero che non sia stato estratto o ricavato da quella sorta di tesoro nascosto che è il seme? Il seme però deriva da un albero, anche se non da quello ma da un altro, e quello deriva a sua volta da un altro seme; alle volte però l'albero deriva da un altro quando se ne toglie un virgulto e lo si trapianta. Non solo dunque il seme deriva dall'albero ma anche l'albero deriva dal seme e l'albero dall'albero, ma il seme non può derivare mai dal seme se non per tramite di un albero; un albero invece può derivare da un albero anche senza il tramite del seme. Così dunque l'uno deriva dall'altro attraverso alterne generazioni, ma l'uno e l'altro provengono dalla terra, mentre la terra non deriva da essi, ai quali perciò è anteriore la terra che li genera. Ciò vale anche per gli animali: può rimanere il dubbio se il germe viene dagli animali o viceversa ma, qualunque sia il primo di essi, è tuttavia assolutamente certo ch'esso viene dalla terra.

Potenzialità e causalità nella creazione.

23. 45. Nel granello dunque erano già presenti invisibilmente tutti insieme gli elementi che nel corso del tempo si sarebbero sviluppati per formare l'albero; allo stesso modo dobbiamo immaginare che il mondo, quando Dio creò simultaneamente tutte le cose, conteneva simultaneamente tutti gli elementi creati in esso e con esso quando fu fatto il giorno: conteneva cioè non solo il cielo con il sole, la luna e le stelle - la cui forma specifica rimane inalterata durante il loro moto circolare - ma anche il mare e gli abissi che sono soggetti a movimenti - per così dire - incostanti ed essendo situati al di sotto [del cielo] costituiscono l'altra parte del mondo; conteneva inoltre gli esseri che l'acqua e la terra produssero virtualmente e causalmente, prima che comparissero nel corso dei tempi e che noi ormai conosciamo come opere che Dio continua a compiere fino al presente.

Conclusione.

23. 46. In questo senso quindi [è detto]: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu creato il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima ch'esistessero sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse 55. Dio fece non già come agisce fino al presente mediante la pioggia e la lavorazione della terra praticata dagli uomini; per questo infatti [la Scrittura] aggiunge: Poiché Dio non aveva ancora fatto piovere, e non c'era ancora l'uomo che coltivasse la terra 56; ma nel modo in cui creò tutti gli esseri simultaneamente e li portò a termine in sei giorni presentando sei volte agli esseri da lui creati il giorno che aveva creato e lo presentò non già nell'avvicendarsi successivo di periodi di tempi, ma in un piano fatto conoscere qual era nelle sue cause. Dio si riposò dalle sue opere il settimo giorno, degnandosi di rivelare il suo riposo anche al "giorno" perché questo gioisse nel conoscerlo. Ecco perché Dio benedisse e dichiarò sacro quel giorno non a causa di alcuna sua opera ma del suo riposo. Da allora perciò Dio non crea più alcun'altra creatura ma agisce continuamente in quanto governa e guida con l'azione della sua assistenza tutte le creature da lui fatte simultaneamente mentre si riposa e agisce allo stesso tempo, come è stato già spiegato. Delle opere che Dio continua a compiere e che si devono sviluppare lungo il volgersi dei secoli la sacra Scrittura comincia in certo qual modo a narrarli dicendo: Una sorgente sgorgava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra 57. Poiché di questa sorgente abbiamo già detto tutto ciò che abbiamo creduto necessario dire, dobbiamo considerare adesso le cose seguenti come da una specie di nuovo inizio.