SULLO STESSO SALMO 30

ESPOSIZIONE II

Discorso 2

Il Corpo Mistico.

1. Rivolgiamo la nostra attenzione al resto del salmo, e riconosciamo noi stessi nelle parole del Profeta. Perché se avremo esaminato noi stessi nel tempo della tribolazione, godremo nel tempo della ricompensa. Avevo fatto notare alla vostra Carità, nell'esporre la prima parte di questo salmo, che è Cristo che parla; né avevo passato sotto silenzio come si debba intendere il Cristo integrale, con il Capo e il Corpo; e avevo confermato questa tesi anche con testimonianze delle Scritture, a mio avviso piuttosto adeguate e abbondanti; e così si era tolto ogni dubbio sul fatto che Cristo sia Capo e Corpo, Sposo e Sposa, Figlio di Dio e Chiesa, Figlio di Dio fattosi figlio dell'uomo per noi, per rendere cioè i figli degli uomini figli di Dio; e così fossero due in una carne sola, per quel grande sacramento, coloro che nei Profeti vengono riconosciuti come due in una sola voce. Precedentemente è stato espresso il ringraziamento dello stesso che dice: hai guardato la mia umiltà, hai salvata dalle angustie l'anima mia, e non mi hai consegnato tra le mani del nemico, hai posto i miei piedi in luogo spazioso; è il ringraziamento dell'uomo liberato dalla tribolazione, delle membra di Cristo liberate dalla sofferenza e dalle insidie. E di nuovo dice: abbi pietà di me, o Signore, perché sono afflitto. Ma nella tribolazione, senza dubbio, vi è angustia; perché allora dice: hai posto i miei piedi in luogo spazioso? Se ancora tribola, come possono essere in luogo spazioso i suoi piedi? Forse ciò dipende dal fatto che una sola è la voce, dato che uno solo è il corpo: ma talune membra vivono in luogo spazioso, mentre altre vivono nell'angustia, cioè alcuni sperimentano la facilità della giustizia, mentre altri soffrono nella tribolazione? Perché, se alcune membra non sentissero una cosa ed altre un'altra, l'Apostolo non direbbe: se soffre un membro tutte le membra soffrono con lui, e se è glorificato un solo membro godono con lui tutte le membra 1. Alcune chiese, ad esempio, godono la pace, altre sono nella tribolazione; per queste che posseggono la pace i piedi sono in luogo spazioso, mentre quelle che sono nella tribolazione patiscono angustie: ma, e questi contrista la tribolazione loro, e quelli consola la pace di questi. Appunto perché vi è un solo Corpo, non vi sono dissensi: infatti solo il dissenso produce la divisione. Al contrario la carità opera l'accordo, l'accordo genera l'unità; l'unità mantiene la carità e la carità conduce alla gloria. Dica dunque con la voce di qualcuno dei suoi membri: abbi pietà di me, o Signore, perché sono afflitto; turbato è nell'ira il mio occhio, l'anima mia e le mie viscere.

La sofferenza della Chiesa.

2. Ricerchiamo donde derivi questa tribolazione, poiché, liberato, il salmista sembrava un momento prima godere per una certa giustizia largamente elargitagli dal dono di Dio, e da qui essersi fatto ampio spazio per i suoi piedi nella pienezza della carità. Donde deriva dunque questa tribolazione se non probabilmente dal fatto che il Signore dice: poiché abbonderà l'iniquità, si raggelerà la carità di molti 2? La Chiesa, infatti, dapprima sostenuta da un piccolo numero di Santi, come se fossero state gettate le reti, si è moltiplicata e sono stati pescati innumerevoli pesci, dei quali era stato predetto: L'ho annunziato e detto: si sono moltiplicati oltre ogni numero 3; fino al punto quasi da affondare le barche, e da strappare le reti, come si narra riguardo a quella prima pesca 4, avvenuta prima della Passione del Signore. Da queste moltitudini dunque si sono tanto accumulati che a Pasqua si riempiono le chiese al punto che la ristrettezza delle loro pareti non può contenere la folla di questi. Ma come può [il Salmista] non soffrire riguardo a questa moltitudine, quando vede che riempiono i teatri e gli anfiteatri quegli stessi che poco prima hanno riempito le chiese? che sono immersi nella corruzione quegli stessi che poco prima erano dediti alle lodi di Dio? che bestemmiano Dio quei medesimi che rispondevano Amen, ringraziando Dio? Insista, perseveri, non venga meno anche nella folla copiosa degli iniqui, poiché neppure il grano viene meno tra la moltitudine della paglia fino a quando, dopo la vagliatura, non sarà posto nel granaio ove sarà in società con i santi, onde non soffrire più alcuna impurità della polvere. Perseveri dunque, perché anche il Signore, pur avendo detto: poiché abbonderà l'iniquità si raggelerà la carità di molti (affinché, essendo stata preannunciata questa abbondanza di male, non cadano né vacillino i nostri piedi), ha aggiunto subito che avrebbe sollevato, consolato e consolidato i fedeli, dicendo: chi avrà perseverato fino alla fine questi sarà salvo 5.

Perché si adira la Chiesa.

3. Vedi dunque costui collocato - come a me sembra - nella tribolazione. Invero, dato che è collocato nella tribolazione, quasi dovesse dolersi (la tribolazione infatti comporta un adeguato dolore) si dice adirato nella tribolazione e prorompe: abbi pietà di me, o Signore, perché sono afflitto; turbato è nell'ira il mio occhio. Se stai tribolando perché ti adiri? Si adira per i peccati altrui. Chi non si adirerebbe vedendo che gli uomini confessano Dio con la bocca, e lo negano coi costumi? Chi non si adirerebbe vedendo gli uomini rinunziare al secolo a parole e non a fatti? Chi non si adirerebbe vedendo i fratelli che insidiano i fratelli e non serbano fede al bacio che si scambiano durante i misteri di Dio? E chi può e numerare tutte le ragioni per le quali si adira il Corpo di Cristo, che nell'intimo vive dello Spirito di Cristo, che geme come grano in mezzo alla paglia? A stento infatti appaiono coloro che così gemono, che così si adirano, come a stento si può scorgere il grano quando è trebbiato sull'aia. Chi non sa quante spighe sono state poste, crede che tutto sia paglia; e da ciò che è considerato tutto paglia, ne uscirà poi purificata una grande massa. Per questi dunque, che non appaiono e gemono, si adira colui che altrove dice: lo zelo per la tua casa mi divora 6. E anche in un altro passo, poiché vede molti compiere il male, dice: mi prese tedio per i peccatori che abbandonano la tua legge 7. E ancora, in un altro passo: vidi gli insensati e mi consumavo 8.

L'ira e l'odio.

4. Ma c'è da temere che questa ira giunga a esser tanta da convertirsi in odio. L'ira infatti non è ancora odio; tu ti adiri con tuo figlio, e certo non odi il tuo figlio: conservi l'eredità a colui che ti sente adirato. Anzi, proprio per questo ti adiri, perché non dissipi, vivendo male con costumi corrotti, ciò che tu gli hai riserbato. L'ira, dunque, non è ancora odio: non ancora odiamo coloro con i quali ci adiriamo; ma se questa ira rimarrà e non sarà rapidamente divelta, crescerà e diventerà odio. Proprio perché si sradichi l'ira appena nata, e non si converta, in odio, la Scrittura ci insegna dicendo: non tramonti il sole sulla vostra ira 9. Tu trovi talvolta un fratello che nutre odio e rimprovera un altro che si adira; in lui c'è odio e nell'altro corregge l'ira; ha una trave nel suo occhio e rimprovera la pagliuzza nell'occhio del suo fratello 10. Ma questa pagliuzza e ramoscello, se non viene presto divelta, diverrà una trave. Peraltro non dice qui: si è spento il mio occhio per l'ira, ma dice: È turbato. Se si fosse già spento si tratterebbe di odio, non più di ira. Osserva perché si è spento l'occhio di chi odia. Dice infatti Giovanni: chi odia il fratello suo è tuttora nelle tenebre 11. Prima di andare nelle tenebre, l'occhio si è turbato nell'ira; ma dobbiamo stare attenti perché l'ira non si converta in odio e l'occhio non finisca per esser cieco. Qui pertanto il Salmista dice: turbato è per l'ira il mio occhio, l'anima mia e il mio ventre, cioè sono turbate le mie viscere; il ventre sta appunto per viscere. Talvolta infatti ci si può adirare, ma non manifestarlo apertamente, con gli iniqui, i perversi, con coloro che deviano dalla legge e vivono nel male. Quando ci adiriamo e non possiamo farlo apertamente, si turbano le nostre viscere. Tanta infatti è a volte la loro perversità, che non si può neppure correggere.

5. [v 11.] Poiché è venuta meno nel dolore la mia vita, e i miei anni nei gemiti. È venuta meno - dice - nel dolore la mia vita. E l'Apostolo: Ora sì viviamo, se voi rimanete saldi nel Signore 12. Tutti coloro che sono perfetti, in forza del Vangelo e della grazia di Dio, non vivono qui se non per gli altri; poiché la loro vita in questo secolo non è più loro necessaria. Ma poiché la loro dedizione è necessaria agli altri, avviene in essi quanto dice il medesimo Apostolo: Bramo dissolvermi ed essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore; ma il rimanere nella carne è necessario per voi 13. Ma quando uno vede che dalla sua dedizione, dalle sue fatiche, dalla sua predicazione, gli uomini non traggono profitto, la vita dell'uomo si debilita per l'indigenza. Indigenza e fame veramente penose, poiché, in certo modo, la Chiesa si nutre di coloro che noi guadagniamo al Signore. In che senso si nutre? Perché li assorbe nel suo Corpo. Infatti tutto ciò che noi mangiamo lo assorbiamo nel nostro corpo. Così opera la Chiesa per mezzo dei santi: ha fame di coloro che vuole guadagnare e quando in qualche modo li ha guadagnati, in un certo senso si nutre per essi. Pietro rappresentava la Chiesa, quando a lui discese dal Cielo la grande piastra piena di ogni specie di animali quadrupedi, di serpenti e di uccelli, nei quali generi erano raffigurate tutte le genti. Il Signore prefigurava la Chiesa, che avrebbe divorato tutte le genti incorporandole a sé; disse dunque a Pietro: Uccidi e mangia 14. O Chiesa (cioè Pietro, perché sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa 15), uccidi e mangia; prima uccidi e poi mangia: uccidi ciò che essi sono e trasformali in ciò che tu sei. Quando dunque è predicato il Vangelo e colui che lo predica vede che gli uomini non ne traggono profitto, come può il predicatore non gridare: poiché nel dolore è venuta meno la mia anima, e gli anni miei nei gemiti. Indebolito è nella necessità il mio vigore, e le mie ossa si sono turbate? Questi anni nostri che qui trascorriamo sono in mezzo ai gemiti. Perché? Perché ha abbondato l'ingiustizia e si è raggelata la carità di molti. Nei gemiti, non nelle voci chiare; quando la Chiesa vede molti precipitare nel male, reprime in se stessa i suoi gemiti e dice a Dio: non ti è nascosto il mio gemito 16. Queste parole sono dette in un altro salmo ma ben si adattano anche qui, esse significano: anche se il mio gemito è nascosto agli uomini, a te non è nascosto. Indebolito è nella necessità il mio vigore, e le mie ossa si sono turbate. Di questa necessità già abbiamo parlato: nelle ossa si intendono gli intrepidi della Chiesa, i quali, anche se non sono scossi dalle persecuzioni degli estranei, sono tuttavia turbati dalle ingiustizie dei fratelli.

La cattiva condotta di molti cristiani.

6. [v 12.] Sono divenuto l'obbrobrio di tutti i miei nemici; e soprattutto dei miei vicini, e motivo di timore per chi mi conosce. Son divenuto l'obbrobrio di tutti i miei nemici: chi sono i nemici della Chiesa? I Pagani, i Giudei? Peggio di tutti vivono i cattivi cristiani. Vuoi vedere in che modo vivono peggio di tutti, i cattivi cristiani? Di loro parla il profeta Ezechiele, paragonandoli ai tralci inutili 17. Supponi che i pagani siano gli alberi selvatici che stanno fuori della Chiesa: di essi si può fare ancora qualche cosa; allo stesso modo per cui dagli alberi atti a esser lavorati si trae il legno adatto per l'artigiano, e, anche se è nodoso, ricurvo e con spessa corteccia, tuttavia scortecciato, lavorato con l'ascia e spianato, può servire a qualche costruzione utile all'uomo. Ma con i rami già tagliati e ormai secchi, gli artigiani non possono far niente; son buoni soltanto per il fuoco. Fate attenzione, fratelli. Mentre all'albero selvatico si preferisce ovunque il ramo ancora attaccato alla vite, in quanto il ramo dà frutti, mentre non ne dà l'albero selvatico, tuttavia, quando il tralcio è tagliato dalla vite, se lo si paragona all'albero selvatico si comprende che questo è migliore, perché da esso l'artigiano può trarre qualcosa, mentre si cerca il ramo secco soltanto per il fuoco. Orbene, osservando la moltitudine di coloro che vivono male nella Chiesa, per tutti i miei nemici - dice - sono divenuto un obbrobrio. Peggiori, dice, son coloro che vivon male nei miei sacramenti, di coloro che ad essi non si sono mai accostati. Perché non dovremmo dirlo chiaramente nella nostra lingua, almeno quando esponiamo il salmo? E se forse in altri tempi non oseremmo dirlo, che almeno la necessità dell'esposizione arrechi la libertà di correggere. Sono l'obbrobrio - dice - di tutti i miei nemici. Di costoro afferma l'apostolo Pietro: La loro condizione ultima è divenuta peggiore della prima; meglio infatti sarebbe stato per loro non conoscere la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, ritrarsi indietro dal santo comandamento che a loro è stato dato. Dicendo: meglio sarebbe stato per loro non conoscere la via della giustizia, non reputò forse che sono migliori i nemici che stanno fuori, di quelli che dentro vivono male, e per i quali è oppressa e rattristata la Chiesa? Meglio - dice - sarebbe stato per loro non conoscere la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, ritrarsi indietro dal santo comandamento che a loro è stato dato. Osserva infine a quale orribile cosa li ha paragonati: Si è verificato per loro il detto del verace proverbio: il cane tornò al suo vomito 18. Orbene siccome di gente siffatta sono piene le chiese, non è forse con grande verità che qui dicono quei pochi, o meglio nella voce di pochi dice la stessa Chiesa: per tutti i miei nemici sono divenuto un obbrobrio, e soprattutto per i miei vicini; e motivo di timore per chi mi conosce? Sono diventato troppo obbrobrioso per i miei vicini, cioè per coloro che già si avvicinavano a me per credere; ossia i miei vicini si sono troppo spaventati di fronte alla malvagia vita dei cattivi e falsi cristiani. Avete mai pensato, fratelli miei, quanti vorrebbero essere cristiani, ma sono scandalizzati dai cattivi costumi cristiani? Questi sono appunto i vicini che già si accostavano, ma ad essi noi siamo apparsi un obbrobrio troppo grande!

7. [v 12.] Son divenuto motivo di timore per chi mi conosce. Cosa c'è tanto da temere? Dice: motivo di timore sono diventato per chi mi conosce. Che c'è tanto da temere per l'uomo quanto il vedere molti dai quali si sperava bene, vivere male e giacere in molteplici azioni disoneste? Perciò teme che siano di tal genere coloro che credeva buoni, e sospetta male di quasi tutti i buoni. Quale uomo? E come è caduto? Come è stato trovato in quella turpitudine, in quel delitto, in quella cattiva azione? E credi che non siano tutti così? Questo è il timore di quelli che mi conoscono, cosicché, anche per coloro che ci conoscono, il più delle volte siamo in sospetto. E se non ti consolasse ciò che sei, se sei qualcosa, non crederesti che esista un altro simile. La coscienza, quale che sia, consola l'uomo, in modo che l'uomo che vive bene dica a se stesso: o tu che ora temi che tutti siano così, sei tu tale? Risponderà la coscienza: non sono così. Ebbene, se non lo sei, sei forse il solo? Stai attento che non sia peggiore questa superbia di quella malvagità. Non dire quindi che tu sei il solo. Infatti anche Elia, un tempo, scoraggiato per la moltitudine degli empi disse: Hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, ed io sono rimasto solo e reclamano la mia vita. Ma che gli risponde l'oracolo divino? Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato le ginocchia davanti a Baal 19. Dunque, fratelli, di fronte a tutti questi scandali, uno solo è il rimedio, non pensare male del tuo fratello. Con umiltà sforzati di essere quello che vorresti che fosse lui, e non penserai che egli è quello che tu non sei. Ma tuttavia ci sia pure un certo timore nei confronti di coloro che si conoscono ed anche di quelli che si conoscono bene.

L'oscurità delle profezie.

8. Coloro che mi vedevano sono fuggiti via da me. Era da perdonarsi se fossero fuggiti lontano da me coloro che non mi vedevano: ma anche coloro che mi vedevano sono fuggiti via da me. Ma se quelli che non mi vedevano sono fuggiti fuori da me (e non dovremmo dire che sono fuggiti fuori, perché prima non erano dentro; infatti se fossero stati dentro avrebbero visto me, cioè avrebbero conosciuto il Corpo di Cristo, avrebbero conosciute le membra di Cristo, avrebbero conosciuta l'unità di Cristo), molto più degno di pianto, molto più intollerabile è il fatto che molti che mi hanno visto sono fuggiti fuori da me, ossia che coloro che hanno conosciuto che cosa sia la Chiesa, sono usciti fuori ed hanno fondato eresie e scismi, contro la Chiesa. Ad esempio trovi oggi un uomo che è nato nella setta di Donato, non sa che cosa sia la Chiesa, è fedele alla setta in cui è nato: non strappi a lui un'abitudine che ha succhiato insieme con il latte della nutrice. Ma dammi, dammi uno che ogni giorno si nutre delle Scritture, che legge, che predica: è possibile che quivi non veda: chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra 20? È possibile che quivi non legga: si ricorderanno, e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e adoreranno al suo cospetto tutte le stirpi delle Genti 21? Se qui scorgi l'unità di tutto il mondo, perché fuggi fuori, non solo patendo tu stesso la cecità, ma anche provocandola agli altri? Quelli che mi vedevano, cioè che sapevano che cosa sia la Chiesa, che già la contemplavano nelle Scritture, sono fuggiti fuori da me. Credete infatti, fratelli miei, che tutti coloro che hanno fondato eresie nelle diverse parti del mondo non sapessero dalle Scritture divine che è stata profetizzata la diffusione della Chiesa in tutto il mondo? Con ragione dico alla vostra Carità: certamente siamo tutti cristiani, o almeno tutti siamo detti cristiani e tutti ci segniamo con il segno di Cristo; più velatamente i Profeti hanno parlato di Cristo che della Chiesa, penso perché vedevano in spirito che contro la Chiesa gli uomini avrebbero fondato sette, e, mentre intorno a Cristo non avrebbero dovuto sostenere tante lotte, a motivo della Chiesa avrebbero suscitato grandi contese. Perciò riguardo a quello per cui si sarebbero accese le più grandi liti, più chiaramente è stato predetto e più apertamente è stato profetato, perché valga a condanna di coloro che hanno visto e se ne sono fuggiti fuori.

9. Ricorderò un solo fatto a titolo di esempio. Abramo fu nostro padre, non per la propagazione della carne, ma per la imitazione della fede; nella sua giustizia piacendo a Dio per la fede ebbe il figlio Isacco, che gli era stato promesso, dalla sterile moglie Sara mentre era già nella vecchiaia 22; quando gli fu comandato di immolare a Dio quel figlio stesso, non esitò, non fece obiezioni, e neppure discusse l'ordine di Dio né giudicò malvagio ciò che il Bene Sommo aveva potuto ordinargli. Condusse perciò il figlio suo per immolarlo, gli caricò sulle spalle la legna per il sacrificio, giunse nel luogo prescelto, levò la destra per colpirlo, e si fermò solo perché glielo vietò colui per il cui ordine aveva alzato il braccio 23: colui che per obbedienza era stato pronto a uccidere, per obbedienza risparmiò la vita; sempre obbediente, mai esitante; e tuttavia, per compiere il sacrificio e non andarsene senza aver versato il sangue, trovato un ariete impigliato con le corna nella siepe, quello immolò e fu compiuto il sacrificio. Indaga che cosa significa tutto questo: avvolta nei misteri sta la figura di Cristo. Infine, per farla apparire si discute e perché si manifesti si esamina, in modo che quanto è nascosto sia rivelato. Isacco, figlio unico diletto, è figura del Figlio di Dio, e porta su di sé la legna, come Cristo ha portato sulle spalle la croce 24. Quindi anche lo stesso ariete raffigura Cristo. Che significa infatti essere impigliato con le corna, se non essere, in un certo qual modo, crocifisso? È dunque questa una figura di Cristo. E subito doveva essere predicata la Chiesa, poiché, preannunziato il Capo, doveva essere annunziato anche il Corpo: ha cominciato lo Spirito di Dio, ha cominciato Dio a voler annunziare la Chiesa ad Abramo, e ne fece apparire la figura. In senso figurato annunziava Cristo, e in modo aperto annunziò la Chiesa; dice infatti ad Abramo: poiché hai obbedito alla mia voce e non hai risparmiato il tuo figlio diletto per causa mia, benedicendo ti benedirò, e moltiplicando moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo, come la sabbia del mare, e saranno benedette nel tuo nome tutte le genti della terra 25. E quasi ovunque Cristo è annunziato dai Profeti [avvolto] come nell'involucro del mistero, mentre la Chiesa è preannunziata apertamente; in modo che la vedano anche coloro che si porranno contro di lei, e si adempia in essi la malvagità che è profetizzata in questo salmo: coloro che mi vedevano sono fuggiti fuori da me. Da noi sono usciti ma non erano dei nostri 26; questo ha detto di loro l'apostolo Giovanni.

10. [v 13.] Sono stato dimenticato, come se fossi morto, dal cuore. Sono stato dimenticato, sono caduto in oblio, si sono scordati di me coloro che mi avevano visto; si sono dimenticati di me, se ne sono talmente dimenticati che sono come morto dal loro cuore. Sono stato dimenticato come se fossi morto dal [loro] cuore; sono divenuto come un vaso spezzato. Che vuol dire sono divenuto come un vaso spezzato? Vuol dire che si affaticava senza giovare a nessuno: si è accorto di essere come un vaso che non giova a niente, e quindi si è considerato quasi un vaso spezzato.

Confidare solo in Dio anche in mezzo agli scandali.

11. [v 14.] Perché ho udito l'ingiuria di molti che mi dimorano attorno. Molti abitano attorno a me, ed ogni giorno mi ingiuriano. Quanto male dicono contro i cattivi cristiani, e tali maledizioni ricadono su tutti i cristiani! Dice forse, colui che maledice o che rimprovera i cristiani: ecco cosa fanno i cristiani non buoni? No, dice: ecco che cosa fanno i cristiani; non separa, non distingue. Tuttavia dicono queste cose coloro che abitano attorno, che cioè girano intorno ma non entrano. Perché girano intorno ma non entrano? Perché amano la ruota del tempo; non entrano nella verità perché non amano l'eternità; sono dediti alle faccende temporali quasi fossero legati ad una ruota, e di essi altrove è detto: poni i loro principi come una ruota 27; e ancora: vanno intorno gli empi 28. Riunendosi essi contro di me hanno tenuto consiglio per prendere l'anima mia. Che vuol dire hanno tenuto consiglio per prendere l'anima mia? Perché io acconsenta alla loro malvagità. Infatti, per coloro che maledicono e non entrano, è poco non entrare: con le loro calunnie vogliono fare uscire da qui anche gli altri. Se ti fecero uscire dalla Chiesa, hanno preso la tua anima, hanno cioè ottenuto il tuo consenso: e tu ti troverai vagante e non nella tua dimora.

12. [v 15.] Ma io, tra tutti questi obbrobri, tra questi scandali, tra questi mali, tra queste seduzioni - esternamente iniquità e all'interno perversità -, avendo posto mente a uomini giusti e avendone cercati, e non avendo trovato chi imitare, che cosa ho fatto? Quale decisione ho preso? Ma io in te ho sperato, o Signore. Niente di più salutare, niente di più sicuro. Tu volevi imitare non so chi, ed hai trovato uno tutt'altro che buono; lascia perdere questa imitazione. Ne hai cercato un altro, e non so perché ti è dispiaciuto; un terzo ne hai cercato e anche quello non ti è piaciuto; forse perché questo e quell'altro non ti piacciono perirai anche tu? Non rivolgere dunque la tua speranza negli uomini, perché è maledetto chiunque ripone la sua speranza nell'uomo 29. Se guardi ancora all'uomo, se cerchi ancora di imitarlo, di dipendere da lui, ancora vuoi essere nutrito con il latte; e diventerai come un fanciullo sempre attaccato alle mammelle, come sono chiamati i bambini che a lungo succhiano, il che è sconveniente. Perché, nutrirsi con il latte come volendo alimentarsi attraverso un altro corpo, è la stessa cosa che vivere per mezzo di un altro uomo. Sii invece all'altezza di sedere a mensa, e di qui prendi ciò che egli ha preso, o che forse non ha preso. Forse a tuo vantaggio sei incappato in un male, che tu credevi un bene, così come nel seno materno hai trovato qualcosa di amaro, e da tale amarezza sei stato respinto, sì da essere condotto a cercare un cibo più solido. Appunto così fanno le nutrici con i fanciulli troppo attaccati alle mammelle, ponendo qualcosa di amaro sui loro capezzoli: disgustati da ciò i piccoli si allontanano dal seno e desiderano la mensa. Dica dunque: ma io in te ho sperato, o Signore; ho detto: tu sei il mio Dio. Tu sei il mio Dio; se ne vada Donato, se ne vada Ceciliano, né quello né questo sono il mio Dio. Non cammino nel nome di un uomo, mi tengo al nome di Cristo. Ascolta Paolo stesso che dice: forse che Paolo è stato crocifisso per voi, oppure siete stati battezzati in nome di Paolo? 30 Perirei se fossi del partito di Paolo: e come potrei non morire se fossi della setta di Donato? Si allontanino dunque i nomi umani, i delitti umani, le finzioni umane. In te, o Signore, ho sperato; ho detto: tu sei il mio Dio. Non un uomo qualunque, ma tu sei il mio Dio. Un altro può venire meno, un altro può progredire; il mio Dio non viene meno né si accresce; non ha di che perfezionarsi il Perfetto, né ha modo di venir meno l'Eterno. Ho detto al Signore: tu sei il mio Dio.

Gratuità della grazia.

13. [v 16.] Nelle tue mani sono le mie sorti. Non nelle mani degli uomini, ma nelle tue mani. Quali sono queste sorti? E perché sorti? Sentendo infatti il nome di sorti, non dobbiamo pensare ai sortilegi. La sorte infatti non è qualcosa di male; ma è cosa che nel dubbio umano indica la volontà divina. Infatti gli Apostoli tirarono a sorte, quando Giuda, dopo aver tradito il Signore, si uccise e, come di lui sta scritto, se ne andò al luogo da lui scelto. Si cominciò allora a cercare chi poteva essere nominato al suo posto. Due discepoli furono eletti secondo il giudizio umano, e uno dei due eletto secondo il giudizio divino; si consultò Dio riguardo ai due per sapere chi voleva tra essi, e cadde la sorte sopra Mattia 31. Che significa dunque nelle tue mani sono le mie sorti? Chiama sorti, a quanto credo, la grazia nella quale siamo salvati. Perché chiama la grazia di Dio con il nome di sorte? Perché nella sorte non c'è elezione, ma la volontà di Dio. Infatti quando si dice: questi fa, quest'altro non fa, si considerano i meriti: e dove si considerano i meriti c'è una scelta, non la sorte. Ma poiché Dio non ha trovato nessun nostro merito, per la sorte della sua volontà ci ha fatti salvi, perché lo ha voluto, non perché ne eravamo degni. Questa è la sorte. A ragione quella tunica del Signore tessuta dall'alto in basso 32, che significa l'eternità dell'amore, fu tirata a sorte perché non poteva essere divisa dai persecutori; e in coloro che la ebbero in sorte prefigurò quelli che appaiono conseguire la sorte dei santi. Dalla grazia siete stati salvati per la fede, e questo non da voi (ecco la sorte); e questo non da voi, ma è dono di Dio. Non per le opere (quasi che voi aveste agito così bene da meritarvi di giungere a questo) non per le opere, affinché nessuno si inorgoglisca. Ma noi siamo fattura di lui, creati in Gesù Cristo in vista delle opere buone 33. Questa sorte, in qualche modo celata, è la volontà di Dio; nel genere umano vi è una sorte, che procede dalla occulta volontà di Dio, presso il quale non vi è iniquità 34. Egli infatti non guarda alle persone, ma la occulta giustizia di lui è per te la sorte.

14. Presti dunque ascolto la vostra Carità, ed osservate come tutto questo sia confermato dall'apostolo Pietro. Quando quel Simon mago battezzato da Filippo si unì a lui, credendo ai miracoli divini compiuti al suo cospetto, vennero gli Apostoli a Samaria, dove appunto anche quel mago aveva creduto e dove era stato battezzato; e gli Apostoli imposero le mani sugli uomini battezzati, e questi ricevettero lo Spirito Santo e cominciarono a parlare le lingue. Simone, meravigliato e stupefatto da tanto divino miracolo, per cui mediante l'imposizione di mani umane lo Spirito Santo era disceso e aveva ricolmato gli uomini, desiderò non questa grazia ma questo potere, e non per essere liberato, ma per essere esaltato. Non appena si manifestò questo desiderio e riempirono il suo cuore la superbia, l'empietà diabolica e l'orgoglio degno di essere abbattuto, disse agli Apostoli: Quanto denaro volete ricevere da me, affinché anche per l'imposizione delle mie mani gli uomini ricevano lo Spirito Santo? Colui che ricercava i beni terreni, che abitava all'esterno [della Chiesa], credette di poter comprare con il denaro il dono di Dio. Egli che ritenne di poter comprare col denaro lo Spirito Santo, stimò avidi anche gli Apostoli, così come egli stesso era empio e superbo. Subito Pietro gli rispose: il tuo denaro vada in perdizione con te, poiché hai creduto di poter comprare con il denaro il dono di Dio. Non c'è per te parte né sorte in questa fede 35; tu non hai cioè niente a che fare con questa grazia che tutti noi riceviamo gratuitamente, dato che tu pensi di comprare con denaro ciò che è dato gratuitamente. Perché data gratuitamente è chiamata sorte: non c'è per te parte né sorte in questa fede. Ho detto queste cose affinché non siamo presi da timore per il fatto che qui si dice: nelle tue mani sono le mie sorti. Che cosa sono dunque queste sorti? L'eredità della Chiesa. Fin dove giunge l'eredità della Chiesa? E tra quali confini è delimitata? Fino a tutti i confini: ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra 36. Non mi prometta dunque l'uomo non so quale particella: Dio mio, nelle tue mani sono le mie sorti. Basti ormai alla Carità vostra: quanto resta lo completeremo domani nel Nome di Dio e con il Suo aiuto.