DISCORSO 288

NEL NATALE DI GIOVANNI BATTISTA

(La voce e la Parola)

La celebrazione della nascita di S. Giovanni.

1. La festività odierna nella ricorrenza annuale richiama alla memoria che il precursore del Signore nacque in circostanze di eccezionale singolarità; soprattutto oggi conviene che la sua nascita sia oggetto della nostra riflessione e della nostra lode. A questo infatti e a tale prodigioso evento è dedicato il giorno anniversario, ad evitare che la dimenticanza cancelli dai nostri cuori i benefici di Dio e le meraviglie dell'eccelso. Giovanni, dunque, quale araldo del Signore, fu inviato davanti a lui, ma creato per mezzo di lui. Infatti: Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e nulla senza di lui è stato fatto 1. Davanti all'uomo-Dio fu inviato l'uomo che riconosceva il suo Signore, annunziava il suo Creatore; individuandolo interiormente già presente sulla terra, mostrandolo a dito. Le parole di lui infatti sono proprie di chi sta a indicare il Signore e gli rende testimonianza: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo 2. A ragione, dunque, la sterile generò l'araldo, la vergine il giudice. Nella madre di Giovanni la sterilità ricevette la fecondità; nella madre di Cristo, la fecondità non intaccò la verginità. Se la vostra pazienza e un interesse tranquillo e un attento silenzio mi vorrà rendere possibile, con l'aiuto di Dio, che io dica quanto egli mi concede di esporre, ciò sarà, senza dubbio, frutto della vostra attenzione e prezzo dell'opera del nostro impegno, così che io possa far penetrare nelle vostre orecchie e nei vostri cuori qualcosa che attinge un grande mistero.

Giovanni è più che un profeta; nel disprezzo di sé esalta Cristo.

2. Vi furono dei profeti prima di Giovanni, e molti, e grandi, e santi, degni di Dio, pieni di Dio, che preannunziavano il Salvatore, testimoni della verità. Nondimeno, di nessuno di loro si poté dire quel che fu detto di Giovanni: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista 3. A che mira una tale grandezza inviata a precedere il Grande? Alla testimonianza di una profonda umiltà. Era tale infatti la sua potenza da poter essere ritenuto il Cristo. Giovanni avrebbe potuto sfruttare l'errore degli uomini anche senza darsi da fare a persuadere di essere il Cristo, perché, pur tacendo da parte sua, già glielo attribuivano quanti lo ascoltavano e lo vedevano. Non era suo compito seminare l'errore, ma di incoraggiare alla fedeltà. Ma, quale umile amico dello Sposo, pieno di zelo verso lo Sposo, egli non si sostituisce, da adultero, allo Sposo, rende testimonianza all'amico suo, si fa anche premura di presentare alla sposa Colui che era il vero Sposo; per essere amato in lui, ha in orrore di essere amato al suo posto. Chi possiede la sposa - dice - è lo sposo. E, come se tu chiedessi: E che dici di te? Ma l'amico dello sposo - dice - è lì in piedi e l'ascolta, ed è pieno di gioia alla voce dello sposo 4. È lì in piedi ed ascolta: il discepolo ascolta il maestro; è in piedi perché ascolta; perché, se non ascolta, cade. È un fatto che vale a garantire perfettamente la dignità di Giovanni; infatti, pur potendo farsi valere quale il Cristo, preferì rendere testimonianza a Cristo, attirare l'attenzione su di lui, abbassarsi, piuttosto che essere accolto in suo luogo e venire a mancare a se stesso. A ragione è stato riconosciuto più che un profeta. Quanto ai Profeti, infatti, che vissero prima della venuta del Signore, così dice il Signore stesso: Molti Profeti e giusti hanno desiderato vedere quel che voi vedete e non lo videro 5. In realtà, coloro che erano ripieni dello Spirito di Dio, per annunziare il Cristo venturo, bramavano vederlo presente sulla terra, se fosse stato possibile. Ecco perché quel ben noto Simeone desiderava fosse differita la sua separazione dal mondo per vedere nato Colui per il quale era stato creato il mondo 6. E proprio a lui fu concesso vedere neonato il Verbo di Dio, nella carne; ma non insegnava ancora, non era ancora pubblicamente il maestro Colui che, presso il Padre, era appunto il maestro degli angeli. Lo vide, dunque, Simeone, ma neonato; Giovanni, al contrario, quando già evangelizzava, già procedeva alla scelta dei discepoli. Dove? Presso il fiume Giordano. Di là ebbe inizio infatti il magistero di Cristo. Ivi fu raccomandato il battesimo che avrebbe impartito Cristo, in quanto si assunse il compito del battesimo che doveva precedere, di preparare la via, dicendo: Preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri 7. Volle perciò il Signore essere battezzato dal servo, perché vedessero che cosa ricevono coloro che vengono battezzati dal Signore. Di qui dunque il progredire di quanto giustamente aveva anticipato la profezia: Dominerà da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra 8. Presso quel fiume dal quale Cristo dette inizio al suo dominio, Giovanni poté vederlo, lo conobbe, gli rese testimonianza. Si abbassò davanti al potente, così che, dal potente, l'umile venisse esaltato. E si presentò quale amico dello Sposo: e in che modo amico? alla pari con lui forse? Lungi da noi: di gran lunga inferiore. Inferiore di quanto? Non sono degno - disse - di sciogliere il legaccio del suo sandalo 9. Questo Profeta, anzi, più che profeta, meritò di essere preannunziato da un Profeta. A suo riguardo, infatti, Isaia disse ciò di cui oggi ci è stata data lettura: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata e ogni monte e colle sarà abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle scoscese pianure; ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. Grida: Che cosa griderò? Ogni uomo è come l'erba, e tutta la sua gloria come un fiore del campo: secca l'erba, il fiore appassisce, ma la Parola del Signore dura sempre 10. Faccia attenzione la Carità vostra. Giovanni, richiesto se fosse il Cristo, o Elia, o uno dei Profeti, disse: Non sono il Cristo, né Elia, né un profeta 11. E quelli: Chi sei, dunque? Io sono la voce di uno che grida nel deserto 12. Disse di sé che era voce. Tu hai Giovanni quale voce. Che hai quale Cristo se non il Verbo? Si fa precedere la voce perché poi sia inteso il Verbo. E quale Verbo? Ascolta chi te lo sa rivelare chiaramente: In principio - dice - era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: Egli era in principio presso Dio. Per mezzo di lui sono state create tutte le cose e nulla è stato creato senza di lui 13. Se ha creato tutte le cose, anche Giovanni. Di che ci meravigliamo se il Verbo si creò una voce? Osserva, osserva l'uno e l'altra presso il fiume, e la voce e il Verbo. La voce: Giovanni, il Verbo: Cristo.

Quale differenza tra voce e parole.

3. Indaghiamo quale differenza intercorra tra voce e parola: procediamo attenti; non è cosa di poco conto e richiede uno sforzo non limitato. Il Signore a me concederà di non provare stanchezza nella spiegazione e a voi nell'ascolto. Ecco due qualcosa, la voce e la parola. Cos'è la voce? Cos'è la parola? cos'è? Mettetevi in ascolto di ciò a cui, in voi stessi, potete dare assenso; postavi la domanda proprio da parte vostra, datevi quindi la risposta. La parola, se non può avere un mezzo che la esprima, non si chiama parola. D'altra parte, la voce, sebbene non sia altro che un suono e dia luogo a clamori disordinati, - come avviene in chi grida non in chi parla -, si può chiamare voce, ma non si può chiamare parola. Non so chi si è sentito gemere, è una voce; ha urlato, è una voce. È un certo suono indefinibile che diffonde strepito e assorda le orecchie senza alcuna traccia di intelligibilità. Del resto, la parola, se non ha una qualche espressione, se non fa giungere altro alle orecchie, se non apporta altro alla mente, non si chiama parola. Perciò, come dicevo, se gridi, è voce; se dici: uomo, è parola; così pure se dici: bestiame; se: Dio; se: mondo, oppure qualcosa d'altro. Ho espresso, infatti, questi suoni tutti con un contenuto indicativo, non vuoti, non che risuonano e nulla fanno capire. Dunque, se avete ormai compreso la distinzione tra voce e parola, ascoltate ciò che vi deve stupire in questi due, Giovanni e Cristo. La parola è di grandissimo valore anche senza voce; la voce non ha senso senza la parola. Ne rendiamo ragione e, se ci è possibile, chiariremo quanto ci siamo proposti. Ecco, hai voluto dire qualcosa: quello stesso che vuoi dire è già concepito interiormente; lo ritiene la memoria, è deciso dalla volontà, ha vitalità dall'intelletto. Inoltre questo stesso che vuoi dire non è proprio di alcuna lingua. Anche il concetto che vuoi esprimere, che si è creato nell'animo, non è proprio di alcuna lingua, né greca, né latina, né cartaginese, né ebraica, né di alcun popolo. Il concetto è stato concepito solo nell'animo, è sul punto di essere espresso. Perciò, come ho detto, è una qualche concezione, una qualche opinione, un ragionamento concepito nell'intimo, pronto a venir fuori, per penetrare in chi ascolta. Di conseguenza, in quanto è conosciuta da chi la possiede interiormente, perciò è parola, già nota a chi è pronto ad esprimerla e non ancora a chi è prossimo ad ascoltarla. Dunque, ecco che attende nell'intimo la parola già prodotta, nella sua interezza: tende a venir fuori per esser pronunciata per chi ascolta. Chi ha dato origine alla parola bada a ciò che deve dire, però gli è nota la parola che ha dentro di sé, presta attenzione a colui che sarà il suo ascoltatore. Parlerò in nome di Cristo alle persone colte nella Chiesa e sono deciso a rendere accessibile a quanti non sono sprovveduti anche qualcosa che esiga appunto maggiore penetrazione. Faccia dunque attenzione la Carità vostra. Considerate la parola concepita interiormente, tende a venir fuori, vuole essere espressa: fa attenzione a chi si debba rivolgere. Nota un Greco? cerca la voce greca con la quale raggiungere il Greco. Nota un Latino? cerca la voce latina per raggiungere il latino. Nota un Cartaginese? cerca la voce punica per raggiungere il Cartaginese. Escludi la diversità degli uditori, e quella parola che è concepita nell'intimo non è greca, né latina, né punica, né di qualsiasi altra lingua. Va cercando di venir fuori in quella voce che ha riscontro nell'uditore presente. Ora, fratelli, ecco un esempio perché possiate comprendere. Ho ideato in me di dire: Dio. Questa mia concezione interiore è qualcosa di grande. Evidentemente, Dio non è le due sillabe; senza dubbio questa breve voce non è Dio. Voglio dire: Dio, faccio attenzione a chi devo parlare. È Latino? Dico Deum. È Greco? dico qeovn. Al Latino dico Deum, al Greco dico qeovn. Tra Deum e qeovn c'è differenza di suono: altre sono le lettere qui, altre sono là; al contrario, nel mio intimo, nel momento che decido di parlare, nel momento che penso, non c'è alcuna diversità di lettere, nessuna variazione di suono delle sillabe: c'è quello che è. Perché venisse pronunziata per il Latino è usata una voce, un'altra per il Greco. Se volessi rivolgermi al Cartaginese ne userei un'altra; se all'Ebreo, un'altra; se all'Egiziano, un'altra; se all'Indiano, un'altra. Con il sostituirsi delle persone quante e quante voci non assumerebbe la parola interiore senza alcun mutamento o variazione di sé? Va incontro al Latino con voce latina, al Greco con voce greca, all'Ebreo con voce ebraica. Raggiunge chi ascolta e non si allontana da chi parla. In ogni caso, forse che perdo, parlando, quanto suscito in un altro? Quel suono usato come tramite ha trasmesso in te qualcosa che non si è allontanato da me. Io adesso pensavo: Dio; tu non avevi ancora udito la mia voce; all'udirla, anche tu hai cominciato ad avere ciò che io pensavo: ma io non ho perduto ciò che avevo. Dunque, in me, quasi nel mio centro vitale, quasi nel santuario della mia anima, la parola ha preceduto la mia voce. Non è ancora risuonata la voce nella mia bocca, e già la parola è presente nel mio intimo. D'altra parte, perché venga fuori verso di te quello che ho concepito interiormente, ricerca il servizio della voce.

Il servizio della voce è necessario a che la parola penetri nella mente di chi ascolta.

4. Se, con l'aiuto della vostra attenzione e delle preghiere, riesco a dire ciò che voglio, ritengo che ne proverà gioia chi sarà in grado di capire; chi invece non comprenderà, sia indulgente verso l'uomo che si affatica e supplichi Dio misericordioso. In realtà anche questo che vado dicendo è di là che viene. Di là l'origine del mio dire, è interiormente presente quel che dirò: ma l'attività del vociferare comporta lo sforzo di raggiungere le vostre orecchie. Che dunque, fratelli, che dunque? Certamente avete inteso, certo avete già capito che la parola era in me prima che si servisse della voce che l'avrebbe indirizzata alle vostre orecchie. Mi pare che tutti gli uomini comprendano che quanto capita a me, questo stesso accade ad ogni uomo che parla. Ecco, già so quel che voglio dire, è in me, cerco il servizio della voce; prima che la voce risuoni nella mia bocca, la parola è già presente nel mio intimo. Quindi, la parola ha preceduto la mia voce ed in me è prima la parola, poi la voce; ma quanto a te, perché tu comprenda, per prima è la voce a giungere al tuo orecchio, così che la parola possa penetrare nella tua mente. Non ti è possibile infatti conoscere quel che era presente in me prima di aver avuto voce se non è stato in te dopo la voce. Perciò, se Giovanni è la voce, Cristo è la parola: Cristo prima di Giovanni, ma presso Dio; Cristo dopo di Giovanni, ma presso di noi. È un grande mistero, fratelli. Dedicatevi attenzione, insistete nell'approfondire la grande importanza di questa realtà. Mi compiaccio infatti del vostro intelletto, esso mi rende più esigente nei vostri riguardi, con l'aiuto di Colui che io, tanto limitato uomo comune, proclamo Verbo Dio. Con il suo aiuto, dunque, divento più risoluto con voi e, avendo premesso questa nozione circa la differenza tra voce e parola, vedo di introdurre quanto ne deriva di conseguenza. Giovanni impersona la voce nel mistero: non era certo l'unico ad essere voce. Ogni uomo che proclama il Verbo è, quindi, voce del Verbo. Infatti, quale che sia il suono della nostra bocca rispetto alla parola che abbiamo nell'intimo, questo è ogni anima pia messaggera di quel Verbo del quale fu detto: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; egli era in principio presso Dio 14. In quante parole, anzi, in quante voci esce la parola concepita interiormente! Quanti ne suscitò di annunciatori il Verbo che è sempre presso il Padre! Inviò i Patriarchi, inviò i Profeti, inviò tanti e tanti suoi araldi. Restando Verbo, mandò le voci e, dopo le molte voci inviate in precedenza, venne l'unica Persona del Verbo quasi sul proprio veicolo della voce sua, della carne sua. Quindi, raccogli, per così dire, in una sola tutte le voci che precedettero il Verbo e concentrale tutte nella persona di Giovanni. Di tutte queste egli rappresentava il mistero tutte queste egli da solo impersonava per elezione e in senso mistico. Pertanto, è detto voce propriamente, quasi segno distintivo e mistero di tutte le voci.

Il servizio della voce si riduce con la progressiva elevazione dello spirito verso il Verbo.

5. Ora, dunque, notate bene quale profondità tocchi l'espressione: Egli deve crescere ed io invece diminuire 15. Fate attenzione, nel caso io riesca ad esprimermi; se non potrò essere esplicito, sarò in grado di aprirmi una via di comprensione, e, se non altro, di avere il pensiero volto alla ricerca del modo, della ragione, della finalità, della causa, tenendo presente la distinzione di cui ho parlato tra voce e parola, per cui proprio la voce, Giovanni in persona, avrà potuto dire: Egli deve crescere ed io invece diminuire. Grande e mirabile mistero! Considerate chi rappresenta la voce, nella cui persona erano presenti i sensi nascosti di tutte le voci e che diceva della persona del Verbo: Egli deve crescere ed io invece diminuire. Perché? Riflettete. Dice l'Apostolo: La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà 16. Qual è il perfetto? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio 17. Ecco il perfetto. Qual è il perfetto? Lo dica pure l'apostolo Paolo: Colui il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un'appropriazione indebita essere uguale a Dio 18. Lo vedremo, qual è realmente, uguale a Dio Padre, questo Verbo di Dio presso Dio per il quale sono state create tutte le cose, ma alla fine. Infatti, quanto al presente, ecco" quel che dice l'evangelista Giovanni: Carissimi, siamo figli di Dio e ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo, carissimi, che quando si sarà manifestato, saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è 19. Questa la visione che ci viene promessa, in vista di tale visione noi usciamo dall'ignoranza, per questa visione purifichiamo i nostri cuori. Infatti: Beati - dice - i puri di cuore perché vedranno Dio 20. Rese visibile la sua carne, la mostrò ai servi, ma quale forma di servo; anche questa sua stessa carne egli rivelò come sua propria voce tra le molte voci da cui si fece prevenire. Si desiderava vedere il Padre, quasi che egli già si potesse vedere qual è: Colui che è il Figlio uguale al Padre si rivolgeva ai servi nella forma di servo. Signore - gli disse Filippo - mostraci il Padre e ci basta 21. Mirava al fine di ogni suo intento, cioè al termine del suo cammino e, quando vi fosse giunto, niente di più avrebbe ricercato. Mostraci il Padre - disse - e ci basta. Bene, Filippo, bene, comprendi benissimo che il Padre ti basta. Che vuol dire "basta"? Che tu non vuoi altro: ti riempirà, ti sazierà, ti renderà perfetto. Ma bada se mai ti basti anche Colui che ascolti. Basta da solo o con il Padre? Ma come può essere da solo dal momento che non si separa mai dal Padre? Risponda dunque a Filippo che vuole vedere: Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai conosciuto? Filippo, chi vede me vede anche il Padre 22. Che altro vuol dire: Filippo, chi vede me vede anche il Padre, se non: Tu non mi hai veduto, perciò cerchi il Padre? Filippo, chi vede me vede anche il Padre. Tu, invece, mi vedi e non mi vedi. Tu non vedi in me chi ti ha creato, ma vedi che sono diventato per te. Chi mi vede - dice -vede anche il Padre. Come possibile se non per il fatto che di natura divina, non considerò un'appropriazione indebita l'essere uguale a Dio 23? Che vedeva allora Filippo? Che spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, divenuto simile agli uomini e apparso in forma umana 24. Filippo, che sarebbe stato aperto alla forma di Dio, questo vedeva, la condizione di servo. Dunque, Giovanni la persona di tutte le voci, Cristo la Persona del Verbo. È necessario che tutte le voci si affievoliscano man mano che facciamo progressi nel riconoscere Cristo. Quanto più vai avanti nella conoscenza della sapienza, tanto meno ti si rende indispensabile la voce. Voce nei Profeti, voce negli Apostoli, voce nei Salmi, voce nel Vangelo. Venga quell'In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 25. Quando lo avremo visto quale egli è, allora non sarà proclamato il Vangelo? Non ascolteremo più le profezie? Non leggeremo più le Lettere degli Apostoli? Perché? Perché le voci vengono meno con l'assurgere del Verbo: infatti Egli deve crescere ed io invece diminuire 26. E veramente il Verbo né progredisce per stesso, né va riducendosi in sé. Al contrario, si dice che fa progressi in noi quando, avanzando nella perfezione, ci eleviamo verso di lui; così come aumenta la luce degli occhi quando, migliorando l'acume della pupilla, si allarga il campo visivo, luce che senza dubbio era ridotta a causa della sua debolezza. Per gli occhi malati era ridotta, ed è maggiore per gli occhi sani: la luce, invece, per se stessa, né in un primo tempo si era affievolita, né in seguito si era fatta più viva. Perciò, il servizio della voce si riduce quando lo spirito fa progressi verso il Verbo. Pertanto, è necessario che il Verbo cresca e che invece Giovanni diminuisca. Questo è il significato delle loro passioni. Giovanni venne diminuito con la decapitazione, Cristo fu innalzato - quasi una crescita - sulla croce. Questo stanno a indicare i giorni della loro nascita. Infatti, dalla nascita di Giovanni ha inizio il decrescere dei giorni; al contrario, dalla nascita di Cristo riprende l'avanzare della luce.