DISCORSO 32

SU GOLIA E DAVIDE
E IL DISPREZZO DEL MONDO

Nella Scrittura ci sono cose palesi e cose occulte.

1. Dio, nostro Signore, volendo curare e risanare ogni languore della nostra anima, quando si leggevano le pagine divine traeva fuori molte medicine dalle sante Scritture, come da suoi armadi. Queste medicine attraverso il nostro ministero debbono essere applicate alle nostre ferite. Non ci dobbiamo infatti ritenere ministri ad opera dei quali il medico [celeste] si degna guarire gli altri, senza che noi stessi abbiamo bisogno d'essere guariti. Se ci volgiamo a lui, se con tutto il cuore gli offriamo noi stessi affinché ci curi, saremo tutti guariti. Sono state lette molte cose, e importanti e necessarie. Tutte le cose nella Scrittura sono così, ma ce ne sono alcune che vengono maggiormente nascoste e celate affinché il ricercatore vi si eserciti; altre invece sono poste alla portata immediata come cose palesi, affinché costituiscano una medicina per quanti lo desiderano. Questo salmo 1 contiene grandi misteri, tanto che, se volessimo trattarli tutti fin nei [minimi] particolari, temo che la nostra comune debolezza non reggerebbe, sia per il clima caldo, sia per le forze del corpo, sia per l'ingegno ritardato [di alcuni], sia per la nostra stessa capacità, per niente affatto adeguata [all'impresa]. Ne deliberemo quindi solo un poco, quanto riteniamo essere sufficiente al nostro dovere e all'attesa ardente della vostra Carità.

Ascoltare attentamente la parola di Dio.

2. In primo luogo il titolo. Esso è: A Golia 2. Mi rivolgo a coloro che non sono principianti nella conoscenza della Scrittura divina. Essi amano frequentare questa scuola, non odiano il maestro come fanno i ragazzi irrecuperabili, nella chiesa prestano orecchio attento ai lettori e aprono quel recipiente che è il loro cuore al fluire della divina Scrittura. Costoro, quando si raccolgono dentro queste pareti, non pensano alle faccende di casa né si dilettano di vane conversazioni su affari domestici. Non si adunano per trovare altre persone con cui chiacchierare di sciocchezze ma persone insieme alle quali udire cose utili: non amano parlare di cose altrui, dopo aver esaurito le proprie. Coloro dunque che vengono [in Chiesa] non in questa maniera ma vi vengono di frequente [e come si conviene] non sono all oscuro circa il titolo di questo salmo, e cioè: A Golia. Sanno chi sia stato Golia. Tuttavia, per riguardo agli altri, che ora sono attenti, mentre altre volte erano stati meno attenti o forse avevano avuto il costume di soffocare nel loro cuore il seme, diciamo così, utile con le preoccupazioni di affari secolareschi 3, raccontiamo anche queste cose stravecchie, a cui sono assuefatti coloro che sono attenti e diligenti nei confronti della parola divina.

Il coraggio di David.

3. Golia fu un filisteo, cioè uno degli stranieri che in quel tempo guerreggiavano contro i figli di Israele 4. In quello stesso tempo il santo Davide - l'autore cioè di questo salterio, anzi colui ad opera del quale lo Spirito Santo ha composto il salterio - era un ragazzo, che pasceva le pecore del padre, aveva pochi anni, era sì e no un adolescente. I suoi fratelli, ormai giovinotti, prestavano servizio militare ed erano nell'esercito del re. Mandato dai genitori, Davide portò ai fratelli qualcosa da casa, conforme avevano bisogno. In tal modo, durante la battaglia si trovò a far parte dell'esercito, pur non essendo ancora soldato, ma soltanto servo e fratello di soldati. C'era in quel tempo quel tal Golia di cui sopra s'è parlato: un uomo gigantesco per la corporatura, coperto di armi, allenato di forze, tronfio di superbia. Orgogliosamente egli provocava il popolo avverso a singolare certame, cioè che uno qualunque scelto nelle loro file venisse a combattere contro di lui e, con quel duello, si risolvesse la questione di tutta la guerra. La clausola da convenire e accettare era quella che, chi di loro due avesse vinto, si considerasse vincitrice quella parte da cui era provenuto il vincitore. Re del popolo dei giudei, figli di Israele, era Saul. Si angustiava, si tormentava, cercava in tutto l'esercito un uomo pari a Golia; ma non lo trovava, né per la statura fisica né per l'audacia provocatoria. Se ne stava così sulle spine, quando questo ragazzetto, cioè Davide, coraggiosamente progettò d'avanzare contro il gigante, fiducioso non delle sue forze ma del nome del suo Dio. La cosa fu riferita al re, presentandola non come una spavalderia giovanile ma come un gesto di fiduciosa religiosità. Il re non disse di no, non negò l'assenso. Vedendo quel ragazzo così audace, comprese che qualcosa di divino era in lui, in quanto un'età così tenera non poteva presumere cose del genere senza un impulso divino. Consentì quindi volentieri, e Davide avanzò contro Golia.

4. In tutto il popolo che era dalla parte da cui muoveva Davide non si aveva fiducia se non in Dio; negli altri invece la speranza era tutta riposta sulle forze di un uomo. Ma cos'è l'uomo se non ciò che abbiamo cantato in questo salmo? L'uomo è simile alla vanità, i suoi giorni passano come ombra 5. Vana dunque la loro speranza, in quanto collocata su un'ombra che passa. Quanto a Davide, venne rivestito di armi, quasi che, essendo inferiore [al filisteo] per età e forza, potesse uguagliarsi a lui mediante l'aggiunta delle armi. Ma quelle armi - armi vecchie - non aiutavano, appesantivano piuttosto l'età nuova. E a questo si riferisce anche quanto ci ha descritto la lettura dell'Apostolo fatta prima del salmo. Diceva: Spogliatevi dell'uomo vecchio e rivestitevi del nuovo 6. Davide rifiutò il vecchiume delle armi: le buttò via. Disse che gli erano pesanti e che lo imbrigliavano. Voleva correre al combattimento quanto più libero potesse, forte non in sé ma nel Signore, armato non di spada ma di fede.

Simbolismo delle cinque pietre.

5. Egli dunque gettò via le armi e si scelse il mezzo con cui combattere. Questo non fu senza una portata simbolica. Vedete infatti combattere fra loro come due vite: una vecchia, rappresentata nei filistei; un'altra nuova, rappresentata negli israeliti. Nella prima schiera il gruppo del diavolo, in quest'altra la raffigurazione del Signore Gesù Cristo. Prese cinque pietre dal torrente, dal fiume, e le pose nel recipiente da pastore in cui era solito mungere il latte. Così armato avanzò in battaglia. Le cinque pietre erano la legge, la quale è contenuta nei cinque libri di Mosè. Nella legge giovano alla salvezza i dieci comandamenti, dai quali dieci comandamenti dipendono gli altri. La legge dunque è raffigurata e nel numero cinque e nel numero dieci. Per questo Davide combatté col cinque e cantò col dieci, dicendo: Salmeggerò a te nel salterio a dieci corde 7. Né scagliò tutt'e cinque le pietre, ma ne prese una. Infatti nel numero delle pietre designò il numero dei libri, nell'unica pietra l'unità di coloro che osservano la legge. È infatti l'unità che adempie la legge, cioè la carità. Per questo furono prese quelle cinque pietre dal fiume. E il fiume cosa rappresentava in quel tempo?.

Varietà dei sensi biblici.

6. Nelle Scritture non sempre le stesse cose vengono significate da determinati segni. Questo deve sapercelo la vostra Santità sulla base di certe altre norme, anche perché abbiate la capacità d'imparare quando ascoltate il lettore. Le cose che nelle Scritture vengono proposte in forma di allegoria non sempre hanno lo stesso significato. Non sempre la parola "monte " significa il Signore, non sempre la parola "pietra" o "leone " significano il Signore. Non sempre son da prendersi in senso buono o in senso cattivo, ma a seconda dei passi scritturali a cui si riferisce il rimanente contesto della lettura stessa. Una cosa del genere capita riguardo alle lettere. In tante migliaia di parole e di discorsi si ripetono sempre le stesse lettere; non si accrescono di numero. Le parole sono infinite, il numero delle lettere limitato. Le parole, nessuno può contarle; le lettere, da cui si forma la moltitudine delle parole, lo possono tutti. Quando una lettera si pone in contesti diversi, ha valore secondo il testo, né vale sempre la stessa cosa. Cosa c'è di più diverso che "Dio " e "diavolo "? Tuttavia, sia che diciamo Dio sia che diciamo diavolo, all'inizio c'è sempre la lettera D. Dunque la lettera vale per il posto dove sta; ma sbaglierebbe e sarebbe nell'assurdo e dimostrerebbe una mente puerile colui che, leggendo - per esempio - la lettera D nel nome di Dio, temesse di porla nel nome "diavolo", quasi che questo costituisca un'offesa a Dio. Così chiunque ascolti da persona impreparata le divine Scritture. Tanto per non allontanarci dal nostro caso, poniamo che ascolti, per esempio, un'allegoria in cui si tratti di un fiume, come nel passo in cui è detto: L'impeto del fiume rallegra la città di Dio 8, che è detto dell'effusione dello Spirito Santo, della quale in un altro luogo dice il profeta: Si inebrieranno all'abbondanza della tua casa, e li abbevererai al torrente delle tue delizie 9. Quel tale dunque prende la parola "fiume " in senso buono e lo loda e se ne rallegra; ma quando giunge al passo dove si dice che "fiume " significa gli uomini flaccidi e dediti alle cose temporali, che passano insieme con l'amore per le cose passeggere, rimane esterrefatto. Siccome in un altro brano aveva preso il fiume per significare qualcosa di buono, adesso si turba. Diventa muto nelle Scritture, come è muto in fatto di lettere, se non vorrà trasferire le stesse lettere ad altre parole ma le avrà tenute fisse per quelle parole in cui l'ha apprese la prima volta.

Simbolismo del fiume.

7. Se la vostra Santità ha recepito tutto questo, vi è stata detta una cosa, a quanto ci sembra, utilissima, una cosa che vi dovrebbe aiutare molto non solo ad ascoltare [con profitto] le nostre trattazioni ma anche a comprendere in se stesse le Scritture, sulle quali noi intessiamo le nostre trattazioni. Sta di fatto che il fiume dal quale allora Davide prese le cinque pietre non raffigurava, in quel caso, una cosa buona. So, è vero, che a certuni potrebbe venire in mente di attribuire a quel fiume un significato buono: così se qualcuno volesse vedervi rappresentato il battesimo, per cui le pietre tratte fuori dal fonte battesimale, cioè gli uomini battezzati, dovrebbero essere fortissimi contro il diavolo, raffigurato da Golia. Tuttavia, dato il numero cinque, per noi ha consistenza il ragionamento secondo cui dicevamo che nel numero cinque è simboleggiata la legge, a motivo dei cinque libri di Mosè. Che significa il fatto che [le pietre] furono prese nel fiume e collocate nel recipiente usato dai pastori? L'abbiamo già detto. Con la venuta del nostro Signor Gesù Cristo, perché il diavolo fosse realmente vinto, la legge passò alla grazia. Cos'è più significativo, per indicare la grazia, d'una grande quantità di latte? Quelle cinque pietre furono però prese dal fiume. Il fiume era simbolo del popolo che [allora] era instabile, dedito alle cose temporali, amante di quel che passa: un popolo che, sospinto dall'impeto della cupidigia, fluiva verso il mare del mondo presente, qual era appunto l'antico popolo dei giudei. Aveva ricevuto la legge ma calpestava la legge: passava sopra la legge e veniva sospinto nel mare, come faceva la corrente del fiume sopra quelle pietre. Quelle pietre infatti non avevano costituito un argine al fiume per trattenerne la corrente, poiché se davvero fosse stato così, avrebbero rappresentato la costrizione della legge e coloro che, pur avendo cominciato a fluire mossi dai loro piaceri e dalle loro bramosie, giungendo ai precetti della legge, si fermano frenando l'impeto delle loro voglie malsane. Ma non così erano quelle pietre; esse erano dentro il fiume e su di esse scorrevano le acque, come il popolo trasgressore passava sopra alla legge. Perciò dunque le prese il Signore: le prese dalla legge e le portò alla grazia, cioè le prese dal fiume e le cacciò nel recipiente proprio dei pastori.

La grazia è forza per adempiere la legge.

8. Chi vuol dunque osservare la legge pensi alla grazia. Per questo erano nell'antico popolo anche quei dieci precetti del salterio a dieci corde; ma i dieci precetti opprimevano quel popolo col timore. Non era in essi la carità, che è opera della grazia, ma il timore 10. I precetti del Signore erano penali per quel popolo in quanto, mancando l'amore, non potevano essere osservati: la gente si sforzava, ma era sopraffatta dalla cupidigia. Quando dunque uno passa alla grazia, non adempie precetti diversi, ma adempie mediante la grazia quegli stessi che altrimenti non era in grado d'adempiere. La forza tuttavia non risiede nei precetti ma nella grazia di Dio. Se infatti lo si dovesse ai precetti della legge, anche la legge li adempirebbe. Chi passa a Cristo passa dal timore all'amore e con l'amore comincia a potere quello che non poteva col timore: per cui chi trepidava nel timore nell'amore non trepida più. Per questo la legge è in dieci precetti e la significa il fatto che Davide-uomo (il quale passa alla grazia quando dice: Salmeggerò a te sul salterio a dieci corde11 ormai canta nei precetti, cioè adempie con gioia i precetti stessi.

Gratuità della grazia.

9. Sapendo dunque, fratelli, che la grazia adempie il precetto della legge, nessuno deve presumere delle proprie forze. Questo vuol dire che si deve presumere [solo] della grazia di Dio: ecco, Dio ti chiama e ti comanda di fare qualcosa, ma lui stesso ti somministra le forze perché quel che ti comanda tu lo possa adempiere. Quanto a te, devi prestare una grande fede, affinché di fronte all'inondazione della grazia ti umili, supplichi Dio, senza presumere in alcun modo di te stesso, ti spogli di Golia e ti rivesta di Davide. Si riferisce a questo quanto si dice nel medesimo salmo, quanto avevamo cominciato a ricordare: Che cosa è l'uomo? 12. Queste parole avvertono l'uomo che non deve presumere di se stesso. Osservate un istante come canti contro Golia, che presumeva di sé, e come ti elogi Davide, che, debole a livello umano, era robustissimo in Dio. Che cosa è l'uomo? E dice cosa sia l'uomo: Perché ti sia manifestato a lui 13. Questo è tutto l'uomo: che Dio gli si manifesti. Se invece Dio non gli si manifesta, l'uomo è un nulla. Che cosa è l'uomo al quale Dio non si manifesta? L'uomo è simile alla vanità, i suoi giorni passano come ombra 14. Orbene, che cosa è l'uomo perché ti sia manifestato a lui? e il figlio dell'uomo perché lo apprezzi? Che significa: Lo apprezzi? Ti è piaciuto sceglierlo e collocarlo in un posto superiore, più elevato. Tutto questo è opera della tua misericordia, non lo si deve ai meriti di lui.

10. Cerca cos'abbia di proprio l'uomo. Troverai che è il peccato. Cerca cos'abbia di proprio l'uomo. Troverai che è la menzogna. Togli il peccato; e tutto ciò che riscontrerai nell'uomo è roba di Dio. Non ami dunque, l'uomo, ciò che è roba propria. Anche a questo può riferirsi quanto afferma l'Apostolo: Nessuno cerchi ciò che è suo 15. Capita a volte che certuni, ascoltando dai lettori queste parole, si sentano incoraggiati a usurpare la roba altrui. Ma devi distinguere chi è che ti dice: Non cercare ciò che è tuo. Qualche volta ti vien detto da un suggeritore cattivo, qualche altra invece da un maestro di rettitudine. Dio è maestro di rettitudine. Se dunque ascolti da Dio l'ammonimento di non cercare quel che è tuo, non prenderlo nel senso consueto dell'espressione. Ciò che Dio ti esorta a fare è sempre qualcosa di buono. Lo dicevamo sopra: se cerchi quel che è tuo, trovi che è il peccato. Non cercare dunque il peccato e non avrai cercato quel che è tuo. Non cercare la menzogna e non avrai cercato quel che è tuo. La verità infatti è da Dio, la menzogna è da te.

Non dar luogo al diavolo.

11. Capita a volte che il diavolo presenti cattive suggestioni. Il suo dominio però può esercitarsi [solo] su chi gli consente, non può costringere chi gli resiste. Non può sedurre o attrarre se non chi, sotto qualche aspetto, già trova simile a sé. Ecco, trova uno che ha qualche bramosia: questa bramosia apre la porta alla suggestione diabolica pronta ad entrare. Ovvero lo trova in preda a qualche timore: lo sprona a fuggire ciò che egli sta temendo, come anche lo sprona ad appropriarsi di ciò che sta desiderando. Egli entra per queste due porte: della cupidigia e del timore. Chiudile, e avrai adempiuto il monito dell'Apostolo ascoltato nella lettura odierna: Non date spazio al diavolo 16. Con questo voleva mostrare l'Apostolo che, sebbene chi entra e prende possesso è il diavolo, tuttavia è l'uomo che gli fornisce lo spazio per poter entrare.

12. Nulla è quindi l'uomo al quale Dio non si è manifestato e che Dio non stima e al quale non dà la grazia. Con questa grazia, avendo trovato in lui materia di condanna, gli condona tutto il male - supposto che l'uomo lo confessi - sicché poi possa coronarlo, una volta conseguita la fede. Difatti, quando il Signore viene in un uomo, cosa vi trova se non quel che è oggetto di condanna? Proprio così, fratelli! Riflettete e persuadetevi che tanto nel popolo d'Israele quanto fra i pagani, egli non ha trovato se non materia di condanna. Per questo, venendo a dei peccatori, volle venire umile, non in veste di giudice, e risparmiarli: di modo che in un primo momento usasse con loro misericordia, rimettendo i peccati, e così, in un secondo tempo, potesse trattarli con severità, castigando i peccati. Non abusiamo, cioè non usiamo male della sua misericordia, e non sperimenteremo la sua severità. Questo è dunque l'uomo: tutto ciò che Dio gli comunica, il fatto che gli dà la sua grazia, su cui Davide riponeva la propria fiducia. Golia, viceversa, confidava in sé e nelle sue forze: era superbo, orgoglioso, sprezzante; fin dal principio ripose esclusivamente in se stesso la completa vittoria di tutto il suo popolo. E siccome ogni superbia comporta della sfrontatezza, ecco perché fu abbattuto da un sasso che gli andò dritto in fronte. Apparve così la fragilità d'una fronte che si presentava con la sfrontatezza della propria superbia, e vinse la fronte che recava l'umiltà della croce di Cristo.

Il segno della croce impresso sulla fronte del cristiano.

13. Per questo motivo anche noi portiamo in fronte il segno della croce. Chi lo comprende? Dico così, fratelli, perché molti se lo fanno ma non vogliono capirlo. Dio cerca uno che [responsabilmente] compia i suoi segni, non un simulatore. Se sulla fronte porti il segno dell'umiliazione di Cristo, porta nel cuore l'imitazione dell'umiltà di Cristo. Ora, abbiamo detto, fratelli, che dà luogo al diavolo colui che a lui apre le porte del desiderio e del timore. Ma desiderio e timore di che cosa? In effetti, desideriamo anche il regno dei cieli e temiamo la geenna. Ma si tratta delle due porte del desiderio delle cose temporali e del timore delle pene temporali. Queste il più delle volte portano al male e offrono spazio al diavolo. Allo stesso modo il desiderio delle cose eterne e il timore delle pene eterne producono nel cuore dello spazio alla parola di Dio.

Superare la cupidigia.

14. In breve dunque, o fratelli. Se vogliamo vivere bene, amiamo quel che promette Dio più che non quello che promette questo mondo; e temiamo quel che Dio minaccia più di quello che minaccia il mondo. Forse che quanto abbiamo detto è cosa grossa o smisurata? Ti viene la tentazione di commettere una frode. Vuoi frodare per accrescere il denaro. Dio promette a chi non froda l'eterno regno dei cieli, ma il desiderio del denaro ti vince. Difatti chi è che non vorrebbe il regno dei cieli? Ora, questo preferire le cose terrene è peccare: preferire il presente e non credere a ciò che è futuro, preferire ciò che credi tu uomo e non desiderare ciò che Dio promette. Eppure, ciò che l'uomo vede può essergli strappato anche sotto gli occhi, può perdersi anche se ne ha il pieno possesso; invece quello che promette Dio, è vero che adesso non può essere veduto con l'occhio del corpo, ma quando si sarà giunti a possedere quanto Dio promette, non si temerà di perderlo, poiché nessuno è più potente di colui che ce l'ha donato. In una parola, fratelli, attaccatevi con l'amore alle promesse di Dio, e le bramosie mondane non vi assoggetteranno.

Non intimorirsi di fronte alle minacce.

15. A un tratto ecco insorgere la tentazione del timore. Ti si dice: "Proferisci una falsa testimonianza in mio favore". Inizia con le promesse, ma non riesce ad ingannarti: tu anteponi le promesse di Dio alle promesse dell'uomo e la perversa bramosia non ti vince. Allora ti tenta con le minacce, e comincia con cose orribili. Egli è, poniamo il caso, uno dei potenti della città, un potente secondo il mondo, e ha tutta l'aria di voler tradurre in pratica le sue minacce. Quanto a te, ti supera il timore del male incombente. Se Dio lo reputasse di tuo giovamento, potrebbe certo allontanare da te questa minaccia, ma se non te la toglie, devi convincerti che egli non te la permetterebbe se non sapesse che ti giova. Allontanò egli il fuoco dai tre fanciulli 17. Forse che Dio ha subìto mutamenti per non aver sottratto i martiri alla spada? Il medesimo che fu Dio dei tre fanciulli fu Dio dei Maccabei. I primi uscirono illesi dal fuoco, gli altri furono tormentati col fuoco 18; gli uni e gli altri però riuscirono vincitori in Dio eterno. Difatti né i primi riponevano la propria felicità nella presente vita temporale, né gli altri venivano sopraffatti dalle minacce temporali.

16. Quindi non temere chi ti minaccia. Che cosa è infatti un uomo? È simile alla vanità, e i suoi giorni passano come ombra 19. O non ti nuocerà ovvero, ombra qual è, passerà prima che le sue spine possano raggiungerti. Dio invece è potente 20. Se poi gli sarà stato consentito di nuocerti, nuocerà per un po' di tempo alla tua ombra, cioè a quello che in te c'è di transitorio, alla tua vita temporale, alla tua vita vecchia. Fino alla morte infatti portiamo qualcosa dell'uomo vecchio 21. Egli può nuocere alla tua vita temporale, nessuno invece può toglierti la tua vita eterna. Può sottrarti quanto hai d'ingombrante che ti tiene attaccato al mondo. Così potrai unirti a Dio, al quale t'eri legato con la carità frutto della speranza già inviata d'anticipo.

17. In una forma veramente fine si dice nei salmi a proposito dell'uomo cattivo: Come un rasoio affilato hai reso l'inganno 22. Così lo irride lo Spirito di Dio. Cosa sottolinea nel rasoio? Non il fatto che con il rasoio si può uccidere una persona ma lo scopo per cui è fatto il rasoio: il quale è fatto appunto per radere i capelli. Ora, cosa c'è nel corpo di così superfluo quanto i capelli? Con quanta insistenza, con quanta cura, cautela e attenzione si affila un rasoio, perché rada un capello! Così è anche l'uomo cattivo. Si apparta, pensa, ripensa, computa, aggiunge frode a frode, ordisce macchinazioni, si prepara i complici, si compra i falsi testimoni, affila il rasoio. Ma cosa potrà fare al giusto, se non radergli le cose superflue?.

Non riponiamo nelle cose secolari la nostra felicità.

18. Pertanto, fratelli se volete esser pronti a seguire la volontà di Dio - e questo lo diciamo a voi e, prima, lo diciamo a noi, anzi lo dice a tutti colui che parla con sicurezza - se vogliamo esser pronti a seguire la volontà di Dio, non amiamo le cose che passano, non crediamo che la nostra felicità sia quella di questo mondo. Ciò credevano quei figli stranieri: riponevano tutta la loro felicità nelle cose temporali, tutta la dolcezza nell'ombra [delle realtà] 23, non nella stessa luce, non nella stessa verità. Osservate quindi, in questo salmo che è su Golia, la sua parte conclusiva. Tutto è proposto con parole quanto mai esplicite, con un dire sommamente piano, tanto che non si richiede l'interprete o l'espositore; per misericordia di Dio le cose sono descritte in modo che nessuno può dire: Ecco, questo l'ha asserito [l'espositore] perché così gli garbava, l'ha spiegato secondo la sua fantasia, l'ha compreso a suo talento. [Niente di tutto questo, ma] le cose sono state proposte in modo che nessuno avanzi scuse. Sono state poi così proposte da Davide, di cui ci si riferiscono le parole e che rappresenta la nuova vita, la vita di Cristo, la vita che ci è stata data ad opera di Cristo. Questa vita schernisce e condanna la vita vecchia, la vecchia felicità degli uomini, e coloro che in essa ripongono la propria speranza e ne vanno a caccia e la ritengono loro [sommo] godimento.

Dio sa dare e sa togliere.

19. Stando alle apparenze, i giusti sembrano tribolare in questo mondo, mentre i perversi, in questo stesso mondo, sembrerebbero vivere nella felicità. E, come se Dio dormisse trascurando le vicende umane, gli uni il più delle volte vanno orgogliosi per l'impunità mentre gli altri sono sopraffatti nella [loro] fragilità. Credono allora che la loro vita buona non rechi ad essi alcun beneficio, in quanto non hanno le cose di cui vedono abbondare i peccatori, gli assassini e gli empi 24. Ma finché chiedono a Dio che doni loro tali cose, quasi fossero d'importanza primaria, sbagliano: bisogna piuttosto stare in guardia per non lasciarsi dominare dalla propria bramosia. Sta scritto infatti: Dio li consegnò in balia delle concupiscenze del loro cuore 25. In realtà, Dio è propizio quando non esaudisce chi gli chiede cose superflue e vane e non le dà; egli esaudisce concedendo la salute attraverso il suo rifiuto. Chi infatti non vede il motivo per cui gli uomini chiedono le cose materiali? Cercano d'averle da Dio per abbandonarsi alla lussuria, per sciupare il tempo in bagattelle o in spettacoli quanto mai stupidi.

20. Dammi un mondano che chieda a Dio le ricchezze. Supponi che gli vengono accordate. Vedi come insieme [con le ricchezze] lo raggiungono innumerevoli lacci che lo portano alla morte. Opprimerà il povero, insuperbirà - lui uomo mortale - sul suo proprio simile, cercherà dalla gente onori vani. Per ottenere tutto questo, offrirà al pubblico giochi indegni, giochi che soddisfano la cattiva passione. Farà delle spese per i giochi, comprerà orsi, sciuperà i suoi averi con i bestiarii, mentre Cristo è affamato nella persona dei poveri. Ma c'è forse bisogno, fratelli, d'aggiungere altre cose? Pensate voi stessi alle cose che noi passiamo sotto silenzio: a quanti mali facciano gli uomini con il loro superfluo, quando accade che ne abbiano a disposizione. Dal momento che l'uomo è così fatto che può usare in simili maniere dell'abbondanza che ha delle cose presenti, non sarebbe meglio che Dio gliele togliesse o non gliele desse per nulla? Non sarebbe un atto di misericordia?.

21. Ma dirà: Io ho fatto il bene, non mi sono approfittato di nulla d'altrui; eppure non mi hai esaudito. Con le cose che ho fo l'elemosina ai poveri, non sottraggo nulla agli altri; ora vengo a chiedere a te, tu dammelo... Come se potesse darti una villa senza toglierla a un altro! Se ti si dicesse: Vendi la tua villa, inorridiresti come di fronte a una maledizione, crederesti ti sia fatta un'ingiustizia. Conservi dell'odio in cuore perché un tale t'ha detto di vendere la tua villa, quasi che uno possa comprarla senza che ci sia chi gliela venda. Perciò, riguardo a quel che tu smanii o desideri comprare, se è cosa cattiva venderlo, tu desideri del male al tuo prossimo. È una bella cosa trovare per strada una borsetta piena di soldi, e quando tu la trovi dici: Dio me l'ha data, quasi che tu la possa trovare senza che un altro se la sia persa. Perché dunque non desideri quei beni, quei tesori, che tutti, senza alcuna angustia, possono possedere insieme con te? Desideri l'oro; desidera piuttosto la giustizia! L'oro non puoi averlo senza che un altro lo perda; la giustizia potete possederla tutt'e due e tutt'e due trarne profitto.

Felicità terrena e felicità eterna.

22. Ma torniamo al salmo, di modo che la vostra Carità comprenda che "stranieri" son coloro che non reputano esserci altra felicità all'infuori della presente. Quanto a te, ti ritieni meritevole che Dio ti doni anche questa? Scruta come te ne servi. Se non te la dà, sappi che è utile per te il fatto che lui, Padre buono, non te la dia. È come quando tuo figlio piange perché tu gli dia un bel coltello col manico dorato: pianga quanto vuole, tu non gli dài un arnese con cui si farebbe male. Signore, liberami dalla mano dei figli stranieri, la cui bocca ha proferito vanità e la cui destra è destra di iniquità 26. Ed espone di quale vanità e di quale destra voglia parlare. Chiama destra di iniquità la prosperità di questo mondo. Non che essa non si trovi anche fra i buoni, ma i buoni, quando la posseggono, la tengono nella sinistra, non nella destra. Nella destra tengono la felicità eterna; la felicità temporale la tengono nella sinistra. Effettivamente, il desiderio dei beni eterni e della felicità eterna non deve mescolarsi col desiderio dei beni temporali, cioè della felicità presente e temporanea. Questo significa il detto: Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra 27. Dunque: La loro destra è destra di iniquità 28.

23. Ascoltate adesso in che senso abbiano proferito vanità e in che senso abbiano la destra iniqua. Ascoltiamolo tutti! vi sarà utile. Ascoltiamo [tutti], perché non abbiate poi a dire che non avete ascoltato quanto fu detto al servo: "Tu avresti dato; e: Io avrei preteso" 29. Ieri infatti dicemmo che noi siamo servi incaricati di dare; colui che esige è un altro. Le nostre sorelle, rifiutandosi d'ascoltare non vorrebbero, quasi, subire l'esattore. È inutile, fratelli miei. Nessuno si lusinghi sotto questo aspetto. Una cosa infatti è non aver ricevuto e un'altra non aver voluto ricevere. Chi rifiuta il dono di Dio è responsabile di questo rifiuto. Come infatti si dice al servo incaricato di dispensare: Perché non hai dato?, così sarà detto al servo a vantaggio del quale l'altro ebbe l'incarico di far da dispensiere: Perché non hai voluto ricevere? Se non ci fosse stato chi dava, saresti scusato; se invece risuonano le voci dei lettori, anche supposto che tacciano gli espositori (infatti la parola di Dio viene predicata in tutto il mondo e con verità fu detto: Per tutta la terra si sparse il suono di tali parole 30, e inoltre il calore della parola di Dio si diffonde ovunque né c'è chi si nasconda di fronte al suo calore 31 non ci saranno scuse da presentare nel giudizio di Dio. Fratelli, ascoltiamo e mettiamo in pratica! Se vogliamo avere una speranza, non mettiamo avanti delle scuse. Non di rado [anche] il mendico che ti chiede una moneta ti fa risuonare dinanzi alla porta i comandamenti di Dio.

24. Ascoltiamo dunque: La loro bocca ha proferito vanità e la loro destra è destra d'iniquità 32. Osservate la felicità del mondo, nella quale riponevano la loro speranza coloro che proferivano vanità e la cui destra è destra d'iniquità. Difatti così incomincia a dire: I loro figli come piante novelle assai rigogliose 33. È una felicità lecita. Non ha nominato né le frodi, né gli spergiuri, né le rapine o le scelleratezze. Ha nominato la felicità propria di gente - diremo così - innocua. E se questa è da disprezzarsi, quanto non sono da compiangersi coloro che commettono rapine, o furti, o scelleraggini, o omicidi, o adulteri e tutto il resto che la stessa prosperità terrena condanna?.

Continua l'esegesi del Salmo 143.

25. Osservate quale desìderi essere l'uomo che vive la vita nuova, l'uomo che è dalla parte del vaso da pastore, cioè dalla parte della grazia di Dio e del latte con cui siamo nutriti. State a sentire! I loro figli come piante novelle assai rigogliose, le loro figlie agghindate sì da somigliare al tempio 34. Forse per questo le nostre sorelle si rifiutavano d'ascoltarci. Ma ci ascoltino, volenti o nolenti, e imparino a celebrare la Domenica non con la superbia di Golia ma con l'umiltà di Davide. Forse che queste cose debbono essere spiegate? Sono forse oscure? Degli uomini proferiscono vanità e sono chiamati "stranieri". Non appartengono all'eredità di Cristo, al regno di colui al quale diciamo: Padre nostro 35. Sono computati fra gli estranei. Ora cosa chiamano loro felicità? I loro figli come piante novelle assai rigogliose 36, come propaggine da propaggine. Ha molti figli, molti nepoti; è sicuro contro incidenti mortali. Quasi che, tante volte, per un solo incidente non scompaiono uomini a migliaia! I loro figli come piante novelle assai rigogliose. Ecco ammetti che siano i figli come piante novelle assai rigogliose. Non succede forse talvolta che il fuoco divori anche le piante novelle vicine ai boschi? Le loro figlie agghindate sì da somigliare al tempio 37. Passiamo oltre in fretta: bisogna tener conto della verecondia delle donne. Loro stesse, piuttosto, avendo [una femminilità] siano consapevoli di quello che hanno: quello cioè che noi arrossiamo a ricordare. Le loro figlie sono agghindate sì da somigliare al tempio. Le loro dispense sono piene, traboccanti di questo e di quello 38. Come si dice di chi si trova nell'abbondanza: Non ha spazio dove metterlo, nemmeno lui sa cosa possegga. Si riempie una dispensa e i proventi sovrabbondano: sovrabbondano le cose possedute, le dispense traboccano di questo e di quello.

26. Le loro pecore feconde, moltiplicano i loro parti 39. Entrano in poche; partoriscono ed escono in molte. Moltiplicano i loro parti. L'anno precedente erano tante, quest'anno sono tante. Si gode e si esulta. Golia se ne gonfia e, superbo per questa felicità, provoca alla lotta: Chi mi può resistere? chi osa resistermi? Non dicono forse questo gli uomini che abbondano di tali cose? o non sente questo ciascuno ogni giorno dentro di sé? Possiede qualcosa di più che non il suo vicino. Non dice forse: Chi può oppormisi? e se questo mio vicino mi fa un torto, io glielo farò vedere? Vedi se non è un Golia che provochi alla lotta! Ma ecco avanzare Davide, spoglio di armi guerresche, armato di poche pietre. Abbatterà ogni superbia, lui che è un uomo giusto. Come fecero i martiri, che debellarono gli iniqui. In effetti, proprio nel tempo che sembravano essere vincitori erano vinti e in essi era superato il diavolo, loro capo.

Vangelo e salmo concordi contro le vane possessioni.

27. Osservate ancora quella felicità. Le loro pecore si moltiplicano nei parti, i loro buoi son grassi. Non c'è apertura nella loro siepe 40. Non di rado infatti la siepe fa da muro di recinzione. Non c'è apertura né uscita nella loro siepe. Tutto sano, tutto perfetto, tutto pieno. Nessuno schiamazzo nelle loro piazze, non liti, non tumulti. Vedete quale felicità descriva e com'essa appartenga a persone, diciamo, innocenti, affinché nessuno pensi: Ma questo lo dice di coloro che rubano i beni altrui. Non si parla di costoro in questo passo; di loro fa menzione altrove. È infatti chiaro che i delinquenti occorre punirli. Anzi essi debbono comprendere quale pena li attenda proprio dal fatto che anche l'innocente, quando usa dei suoi beni con superbia e senza moderazione, viene da Dio riprovato e collocato nel numero dei figli stranieri. Pensate a quel ricco cui toccò un'annata di copiosissimi frutti 41. Egli non aspirava ad impadronirsi dei proventi altrui, ma era in angustia non avendo locali dove riporre i suoi frutti terreni 42. Non guardando ai poveri, donando ai quali si sarebbe potuto accumulare tesori nel cielo, diceva: Distruggerò le mie dispense, e ne farò di nuove e più grandi, e le riempirò 43. Con che cosa, se non con i suoi raccolti? E dirò alla mia anima: Hai molti beni; saziatene! Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà tolta l'anima, e le cose che hai ammassato di chi saranno44 Nel Vangelo dunque, fratelli, si deride l'uomo che gode per la sua prosperità temporale anche quando questa sua felicità è frutto della raccolta eseguita nel suo campo e non frutto di rapine. Allo stesso modo nel nostro salmo si deride la prosperità temporale, affinché l'anima rinnovata e rigenerata dalla grazia del latte impari a desiderare la beatitudine perpetua e sempiterna. Vedi perciò come bisogna connettere [le parti]: I loro figli come piante novelle assai rigogliose. Le loro figlie agghindate da somigliare al tempio. Le loro dispense piene, traboccanti di questo e di quello. Le loro pecore, feconde, moltiplicano i loro parti. I loro buoi grassi. Non c'è apertura nella siepe né uscita; non schiamazzo nelle loro piazze. Beato dissero il popolo che ha tutte queste cose 45. Ma chi parlava così? Coloro la cui lingua ha proferito vanità 46. Antecedentemente infatti erano stati così descritti.

28. Tu viceversa cosa dici? Loro infatti dicevano che è beato il popolo che possiede di tali cose. Io cosa dico? Beato il popolo il cui Dio è il Signore 47. Quindi beato è quel popolo che, in luogo dei figli e delle figlie adorne, in luogo di grassi buoi e pecore feconde, in luogo di dispense piene e di edifici intatti, in luogo della pace e dell'assenza di liti e di discordie civili, in luogo di tutta questa prosperità vuol possedere il suo Dio; invece delle cose create avere colui che ha creato tutto e dire: Per me è cosa buona essere unito a Dio 48. Che lo serva gratuitamente! Lo serva quando tali cose concede e quando le toglie e quando non le dà; e nulla tema tanto quanto il fatto che abbia ad allontanare se stesso. Pertanto il popolo cristiano, fratelli, che in cuor suo dice: Mi tolga quel che vuole, basta che non mi tolga se stesso, è quel popolo beato il cui Dio è il Signore 49.