OMELIA 89

La venuta di Cristo ha aumentato la responsabilità degli uomini.

Salutare per i credenti, la sua venuta è causa di perdizione per chi non crede in lui.

[Il peccato che li comprende tutti.]

1. Il Signore aveva detto ai suoi discepoli: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; ma faranno tutto questo contro di voi a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato (Gv 15, 20-21). Se ora cerchiamo di sapere a chi si riferiscono queste parole, vediamo che il Signore ha parlato così dopo aver detto: Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi (Gv 15, 18). Ciò che adesso aggiunge: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa (Gv 15, 22), si riferisce in modo più esplicito ai Giudei. Ai Giudei alludeva anche prima, come lo indica tutto il contesto del discorso, quando diceva: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, anche la vostra osserveranno; ma faranno tutto questo contro di voi a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. A tali parole aggiunge quest'altre: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa. Come il Vangelo ampiamente documenta, i Giudei hanno perseguitato Cristo; Cristo ha parlato ai Giudei, non ad altri popoli; in essi quindi ha personificato il mondo che odia Cristo e i suoi discepoli; non ha inteso dire che solo essi sono quel mondo, ma ha voluto mostrare che essi a quel mondo appartengono. Che significa allora: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa? Forse che i Giudei erano senza peccato prima che Cristo venisse a loro nella carne? Chi è tanto stolto da affermare una simile cosa? Con un termine generico vuole riferirsi ad un particolare peccato grave, non ad ogni e qualsiasi peccato. E infatti, questo è un peccato che impedisce la remissione di tutti gli altri, e senza del quale tutti gli altri possono essere perdonati. Esso consiste nel fatto che non hanno creduto in Cristo, che era venuto appunto perché gli uomini credessero in lui. Questo peccato i Giudei certamente non l'avrebbero, se egli non fosse venuto. Sicché la sua venuta quanto è stata salutare ai credenti, altrettanto è stata funesta a quanti in lui non hanno creduto. Di lui, che è il capo e il principe degli Apostoli, si può dire quanto gli Apostoli hanno detto di se stessi, che per certuni è un profumo che dalla vita conduce alla vita, e per certi altri è invece un profumo che dalla morte conduce alla morte (2 Cor 2, 16).

2. Però la frase che subito dopo aggiunge: Ma adesso non hanno scusa per il loro peccato (Gv 15, 22), può far sorgere una domanda: coloro ai quali Cristo non si è mostrato e ai quali non ha parlato, sono scusati per il loro peccato? Se non hanno scusa, perché qui il Signore dice dei Giudei che non hanno scusa appunto perché egli è venuto ed ha parlato loro? E se gli altri popoli sono scusati, lo sono al punto da evitare la pena o soltanto una pena severa? A questa domanda, con l'aiuto del Signore e secondo la mia capacità, rispondo dicendo che questi popoli sono scusati del peccato di incredulità nei confronti di Cristo, in quanto Cristo non si è presentato e non ha parlato loro, ma non sono scusati per tutti i peccati. Ma non fanno parte di questi, quei popoli che Cristo ha raggiunto nella persona dei discepoli, e ai quali per mezzo dei discepoli ha parlato. E' quanto egli fa al presente: per mezzo della sua Chiesa, infatti, raggiunge i popoli, e ad essi per mezzo della sua Chiesa rivolge la sua parola. E' in questo senso che ha detto: Chi accoglie voi accoglie me (Mt 10, 40); chi disprezza voi disprezza me (Lc 10, 16). Ecco perché l'apostolo Paolo può dire ai Corinti: Volete forse una prova del Cristo che parla in me? (2 Cor 13, 3).

3. Ci rimane da sapere se possono avere questa scusa coloro che sono morti o muoiono prima che Cristo per mezzo della Chiesa sia venuto a loro, e prima di aver udito il messaggio evangelico. Certamente sono scusati, ma non per questo possono sfuggire alla condanna. Quanti infatti hanno peccato senza la legge, senza la legge pure periranno; quanti invece hanno peccato avendo la legge, per mezzo della legge saranno giudicati (Rm 2, 12). Questa parola dell'Apostolo: periranno, suona più terribilmente dell'altra: saranno giudicati. Essa quindi sembra mostrare che questa scusa non solo non giova, ma aggrava la situazione. Coloro infatti che invocheranno la scusa di non aver udito, periranno senza la legge.

4. E' il caso di chiederci se coloro che hanno disprezzato o fatto resistenza a quanto hanno udito, e, non contenti di ciò, hanno anche perseguitato accanitamente quelli che hanno loro parlato, sono da annoverare tra coloro per i quali un po' meno severa è risuonata l'affermazione: per mezzo della legge saranno giudicati. Infatti, se una cosa è perire senza la legge e un'altra essere giudicati per mezzo della legge, ed una cosa è più grave e l'altra più leggera, è evidente che non sono da collocare tra quelli che subiranno una pena più lieve coloro che non solamente hanno peccato senza la legge, ma a nessun costo hanno voluto accogliere la legge di Cristo, e che anzi, per quanto è dipeso da loro, hanno cercato di distruggerla. Peccano invece nella legge coloro che hanno la legge, coloro cioè che l'accolgono e la riconoscono santa e riconoscono santi, giusti e buoni i comandamenti (cf. Rm 7, 12) ma che per debolezza non adempiono i precetti, della cui giustizia non possono assolutamente dubitare. Si potrebbe forse distinguere la loro sorte da quella di coloro che sono senza legge, se si potesse intendere l'affermazione dell'Apostolo: per mezzo della legge saranno giudicati, non nel senso che costoro non periranno; ma questa interpretazione sarebbe strana. Infatti qui l'Apostolo non parla di infedeli e di fedeli, ma di Gentili e di Giudei: gli uni e gli altri, se non saranno salvati dal Salvatore che è venuto a cercare ciò che era perduto (cf. Lc 19, 10), certamente andranno perduti. Si può tuttavia ritenere che alcuni periranno più gravemente degli altri, cioè subiranno pene più gravi. Perire, agli occhi di Dio, significa essere privato, in seguito alla condanna, della beatitudine che Dio concede ai suoi santi: e la diversità delle pene corrisponde alla diversità dei peccati. Tale diversità, comunque, è riservata all'insondabile giudizio della sapienza divina, e sfugge all'indagine e al giudizio dell'uomo. Certamente, coloro ai quali il Signore si è recato e ai quali ha rivolto la sua parola, non hanno scusa per il loro grande peccato d'incredulità, e non possono dire: Non l'abbiamo visto, non l'abbiamo sentito. Sia che tale scusante fosse stata accettata o respinta da colui i cui giudizi sono imperscrutabili, certamente, anche se non avrebbero evitato ogni condanna, avrebbero tuttavia subìto una condanna un po' più lieve.

5. Chi odia me odia anche mio Padre (Gv 15, 23). Qui forse ci si dirà: Come si fa a odiare uno che non si conosce? Difatti, prima di dire: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa, aveva detto ai suoi discepoli: faranno tutto ciò contro di voi, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Come possono dunque non conoscerlo e odiarlo? Se infatti credono che egli sia non ciò che è, ma un'altra cosa, si trovano a odiare, non lui, ma l'idea sbagliata che di lui si sono fatta. E tuttavia, se gli uomini non fossero capaci di tutt'e due le cose: ignorare e odiare il Padre suo, la Verità non avrebbe detto che essi non conoscono suo Padre e insieme lo odiano. Ammesso che sia possibile dimostrare come ciò avvenga, non è possibile farlo ora, perché questo discorso deve avere termine.