OMELIA 60

Gesù si turbò nello spirito.

Colui che è morto per noi, ha voluto anche turbarsi per noi. E' la nostra debolezza che si esprime nel suo turbamento.

1. Non è un piccolo problema, o fratelli, quello che ci presenta il Vangelo di san Giovanni, quando dice: Dette queste cose, Gesù si conturbò nello spirito e dichiarò solennemente: In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà (Gv 13, 21). Il turbamento di Gesù, non nella carne ma nello spirito, era provocato da ciò che stava per dire: uno di voi mi tradirà? E' forse questa la prima volta che gli si affaccia alla mente il pensiero del tradimento, o soltanto ora ne ha la rivelazione, e perciò resta turbato dalla improvvisa scoperta di un male così grave? Non alludeva forse al tradimento quando poco prima diceva: Uno che mangia il pane con me, leverà il calcagno contro di me (Gv 13, 18)? E ancor prima non aveva detto: Voi siete mondi, ma non tutti? Allora l'evangelista aveva fatto notare: Egli sapeva infatti chi lo tradiva (Gv 13, 10-11). Del resto, molto prima aveva già segnalato il traditore, dicendo: Vi ho scelto io tutti e dodici; eppure uno di voi è un diavolo (Gv 6, 74). Perché dunque ora si conturbò nello spirito, alludendo scopertamente al traditore col dire: In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà? Forse si turbò nello spirito perché ormai stava per rivelare il traditore, che non sarebbe più rimasto nascosto a nessuno e tutti lo avrebbero identificato? Oppure, dato che il traditore era ormai sul punto di uscire, e tornare poi conducendo con sé i Giudei ai quali il Signore doveva essere consegnato, fu turbato per l'approssimarsi della passione, per il pericolo ormai imminente, per l'incombente mano del traditore di cui già conosceva l'animo? Il motivo per cui Gesù si turbò nello spirito, è quello stesso per cui egli precedentemente disse: Ora l'anima mia è turbata. E che devo dire: Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per quest'ora sono venuto (Gv 12, 27). Come dunque la sua anima si era turbata per l'approssimarsi della passione, così anche ora, nel momento in cui Giuda sta per uscire per poi tornare con i Giudei, al pensiero dell'imminenza di un sì nefando delitto del suo traditore, si turbò nello spirito.

[E' la nostra debolezza che si turba in lui.]

2. Si turba dunque colui che ha il potere di dare la sua vita e il potere di riprenderla (cf. Gv 10, 18). Si turba una tale potestà, si turba la rupe solidissima, o non piuttosto è turbata in lui la nostra debolezza? E' proprio così. Non veda il servo nulla di indecoroso nel suo Signore, ma il membro riconosca se stesso nel suo Capo. Colui che per noi è morto, per noi altresì si è turbato; colui che è morto per una decisione della sua potenza, in virtù di questa medesima potenza si è turbato; colui che trasfigurò il nostro umile corpo configurandolo al corpo della sua gloria (Fil 3, 21), ha anche trasfigurato in sé le emozioni della nostra debolezza partecipando alla nostra sofferenza mediante la commozione della sua anima. Perciò quando colui che è grande, forte, sicuro, invitto, ci appare turbato, non dobbiamo temere per lui, come se potesse venir meno: egli non perde se stesso ma cerca noi. Sì, dico, è proprio noi che egli cerca in questo modo. Nel suo turbamento dobbiamo vedere noi stessi, per non disperarci quando a nostra volta siamo turbati. Il turbamento di colui, che se non volesse non si turberebbe, è una consolazione per noi che ci turbiamo anche se non vogliamo.

[L'animo di un cristiano non può non turbarsi.]

3. Cadano tutti quegli argomenti dei filosofi, volti a dimostrare l'imperturbabilità del saggio. Dio ha reso stolta la sapienza di questo mondo (cf. 1 Cor 1, 20), e il Signore sa che i pensieri degli uomini sono pieni di vanità (cf. Sal 93, 11). Si turbi pure l'animo del cristiano, non per miseria ma per misericordia; abbia timore che gli uomini si perdano allontanandosi da Cristo, si rattristi quando vede uno perdersi perché si allontana da Cristo; senta il desiderio che gli uomini vengano guadagnati a Cristo, goda quando gli uomini vengono guadagnati a Cristo; tema anche per sé di perdere Cristo; si rattristi per essere lontano da lui; senta il desiderio di regnare con Cristo, e questa speranza lo riempia di letizia. Sono queste le quattro passioni che turbano l'anima: il timore, la tristezza, l'amore e la letizia. Un cristiano non deve temere di sentire, per giusti motivi, queste passioni, evitando di cadere nell'errore dei filosofi stoici e dei loro seguaci; i quali, come scambiano la vanità per verità così considerano l'insensibilità come fortezza d'animo, ignorando che l'animo dell'uomo, come qualsiasi membro del corpo, è tanto più malato quanto più è diventato insensibile al dolore.

4. Ma qualcuno dirà: E' ammissibile, anche di fronte alla morte, che l'animo del cristiano si turbi? Dov'è allora il desiderio di cui parla l'Apostolo, di dissolversi per essere con Cristo (cf. Fil 1, 23), se quando ciò avviene reca turbamento? A chi considera la stessa letizia un turbamento dell'anima, è facile rispondere. Che dire se il turbamento di fronte alla morte non è altro che letizia per l'approssimarsi della morte stessa? Ma questo è gaudio - essi osservano - e non si può chiamare letizia. Ma questo è affermare le stesse cose e allo stesso tempo voler loro cambiare il nome. Prestiamo piuttosto attenzione alla sacra Scrittura, e, basandoci su di essa, cerchiamo, con l'aiuto del Signore, di risolvere questo problema. Quando leggiamo: Così dicendo, Gesù si conturbò nello spirito, non possiamo dire che egli sia stato turbato dalla letizia, se non vogliamo essere smentiti da lui stesso, che altrove dice: L'anima mia è triste fino a morirne (Mt 26, 38). Altrettanto si deve intendere qui, quando il suo traditore è ormai sul punto di uscire solo per poi tornare subito con i complici: Gesù si conturbò nello spirito.

5. Sì, sono molto forti quei cristiani, se ve ne sono, che neppure di fronte alla morte si turbano; ma forse che sono più forti di Cristo? Chi sarebbe così stolto da affermarlo? Per qual motivo, dunque, egli si è turbato, se non per consolare le membra più deboli del suo corpo, cioè della sua Chiesa, con la volontaria partecipazione della sua debolezza, così che quanti dei suoi si sentono turbati nello spirito di fronte alla morte, guardando a lui, non debbano per questo considerarsi reprobi e non debbano lasciarsi prendere dalla disperazione, che è ben peggiore della morte? Quale bene dobbiamo dunque aspettarci e sperare dalla partecipazione alla sua divinità, se il suo turbamento ci tranquillizza e la sua debolezza ci sostiene? Qualunque sia il motivo del suo turbamento, o la compassione nel vedere Giuda perdersi o l'approssimarsi della sua morte, è comunque fuori dubbio che egli si è turbato non per debolezza d'animo ma volontariamente, affinché non dovesse sorgere in noi la tentazione della disperazione, quando non volontariamente ma per debolezza proviamo turbamento. Veramente egli aveva preso su di sé la debolezza della carne, quella debolezza che sarebbe stata consumata dalla risurrezione. Ma lui, che non era solamente uomo ma anche vero Dio, superava di gran lunga, quanto a fortezza d'animo, l'intero genere umano. Niente perciò lo costrinse a turbarsi, ma da se medesimo si turbò; cosa che l'evangelista dichiarò in modo esplicito in occasione della risurrezione di Lazzaro. Allora l'evangelista scrisse che egli si turbò da se stesso (cf. Gv 11, 33), affinché questo valesse anche là dove non è scritto esplicitamente così, e tuttavia si legge che egli si turbò. Sì, colui che liberamente aveva assunto l'uomo nella sua totalità, provò in se stesso, quando lo ritenne opportuno, la commozione propria della sensibilità umana.